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martedì 1 luglio 2025

L. Badilla. Leone XIV: primo Papa della Chiesa formato nel mondo della Rete e dell'IA

Grazie a Luis Badilla per questa ampia analisi sulla comunicazione vaticana in Rete, soprattutto con leone XIV: "Oggi, nella sua missione e nel suo lavoro quotidiano, il Pontefice è, per così dire, un altro utente digitale in più accanto ad altri miliardi che cominciano a avvalersi dell’Intelligenza Artificiale che il nuovo Papa ha indicato come una rilevante sfida per l’evangelizzazione. Tra l’altro da ultime indiscrezioni risulta che Prevost abbia una corposa conoscenza di questa materia che studia da qualche anno".
Luigi C.


Leone XIV: primo Papa della Chiesa formato nel mondo della Rete, che conosce e usa quotidianamente da molti anni, e che ha puntato sulla grande sfida dell’Intelligenza Artificiale.

E' molto interessante, e per certi versi allettante, che Papa Prevost sia il primo Vescovo di Roma in grado, per formazione, conoscenza e abitudine, di lavorare con la rete per essere informato, per fare indagini e per comunicare ad ampio raggio. Prima di lui non era mai accaduto. I Papi che si sono susseguiti sul Soglio di Pietro dagli anni 70 in poi, fino alla morte di Francesco, ovviamente sono stati a conoscenza di questa tecnologia che stava e sta rivoluzionando il mondo, in particolare la struttura di pensiero degli esseri umani, ma sostanzialmente non l’hanno usata metodicamente come indispensabile strumento di lavoro.

Robert Francis Prevost prima di assumere l'Ufficio di Pietro. aveva una moderata e discreta presenza su due social: su Facebook, pagina privata (2020) e prima su Twitter - X (@drprevost) nel 2011. Analisti e persone vicine al Papa dal giorno dell'elezione hanno sottolineato che quanto si legge in questi social media, o le segnalazioni che si ricavano dal rilancio di testi di altri, e anche le critiche non sono attribuibili a Papa Leone XIV.

La Chiesa e la Rete

Papa Leone XIV, che il 14 settembre compirà 70 anni, aveva poco più di vent'anni quando cominciarono a circolare i primi computer e connessioni e quindi sostanzialmente, seppure con gradualità, è stato educato e formato con Internet già allora parte della vita delle persone per motivi di lavoro o di studio, tanto più per chi come Robert Prevost si laureò in matematica.

Oggi, nella sua missione e nel suo lavoro quotidiano, il Pontefice è, per così dire, un altro utente digitale in più accanto ad altri miliardi che cominciano a avvalersi dell’Intelligenza Artificiale che il nuovo Papa ha indicato come una rilevante sfida per l’evangelizzazione. Tra l’altro da ultime indiscrezioni risulta che Prevost abbia una corposa conoscenza di questa materia che studia da qualche anno.

La Santa Sede entrò ufficialmente in Internet il 24 marzo del 1997 con il sito nonché dominio "www.vatican.va" che resta lo stesso dopo oltre mezzo secolo. Cinque anni dopo, la Santa Sede per la prima volta diffonde un documento ufficiale sulla rete con il titolo "La Chiesa e Internet" dove getta le fondamenta della sua posizione di fronte a questa nuova sorprendente tecnologia. Da allora, in questi decenni, sono stati pubblicati altri documenti specifici sulla questione oltre alle numerosissime considerazioni papali nei discorsi, omelie e messaggi. Il nocciolo della posizione dal primo momento è stato uno solo: “Internet una sfida e un’opportunità”.

Papa Giovanni Paolo II e la Rete

          Il primissimo contatto fisico di un Papa con un computer è in assoluto di Papa s. Giovanni Paolo II che con un clic inviò, nel 2002, a tutte le Conferenze episcopali del pianeta la sua Esortazione apostolica post sinodale "Ecclesia in Oceania" (22 novembre 2001). Si trattò di una normale e-mail con un allegato di 45 cartelle: 4 Capitoli, la Conclusione e oltre 177 note. Va ricordato, seppur come una parentesi (ma importantissima), che questo è il primo documento in cui Papa Wojtyla fa un esplicito e puntuale riferimento agli abusi sessuali nella Chiesa Cattolica e lo fa con questo pensiero: "Le cure della Chiesa si allargano anche verso quanti sono dediti all'alcool, alla droga o al gioco d'azzardo, o sono vittime di abusi sessuali. I Padri sinodali hanno menzionato pure i rifugiati o quanti cercano asilo: essi sono in aumento, e la loro dignità umana esige che li si accolga e siano loro offerte cure appropriate. Dato che i Paesi dell'Oceania dipendono dagli oceani e dai mari, i Padri del Sinodo hanno espresso preoccupazione per i marinai, che spesso lavorano in condizioni dure e sono sottoposti a molte privazioni."

In passato si è scritto parecchio sul fatto che Papa Giovanni Paolo II avesse numerose e quotidiane comunicazioni tramite la rete (mail).  Gli sono state addirittura attribuite riflessioni spirituali e analisi sulla pedofilia nel clero nonché un testo in cui chiederebbe scuse ad una vittima, ma non esiste nessuna documentazione su questi fatti. Persone vicine al lavoro del papa polacco da noi interrogate smentiscono con fermezza queste voci e ricordano che a Papa Wojtyla, come si è visto anche nel pontificato di Papa Francesco in questi ultimi anni, furono attribuiti centinaia di testi, ovviamente tutti falsi.

Papa Benedetto XVI e la Rete

L’interessamento distante di Papa Ratzinger per la Rete sembrerebbe che per un tempo si sia focalizzato soprattutto sulla dimensione bibliografica offerta da Internet, nella possibilità di accedere a documenti e libri con ricerche rapide e autorevoli. Nulla di più. Naturalmente, nell’utilizzo della rete per il lavoro di documentazione non gli mancarono bravi aiutanti e assistenti. In alcuni passaggi del suo pontificato, e nel caso di situazioni delicate e di decisioni difficilissime, captò in modo fulmineo la rilevanza dell’essere informato anche su quanto circolava in rete riguardo la vita della Chiesa e della Sede Apostolica, fenomeno che con le reti sociali in crescita negli anni '90 anticipava nuove e inedite prospettive per l’informazione in generale. Capì subito che la Chiesa stava affrontando una realtà nuova, ingovernabile, e non facilmente decodificabile: i social. Il complesso fenomeno in crescita venne affidato allora al Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali dove ebbe fortune alterne. Dopo un primo interessamento promettente, un incontro mondiale con i principali blog cattolici, la questione si è persa nei meandri del basso profilo.

Il “pasticcio” di Ratisbona

Lo stesso Papa Ratzinger dovette fare esperienza al riguardo almeno in due circostanze molto delicate: nel settembre 2006, nel caso del suo discorso presso l’Università di Ratisbona (Germania), e nel marzo 2009, in occasione della remissione della scomunica dei 4 vescovi consacrati dall’arcivescovo scismatico Marcel Lefebvre.

Quei momenti evidenziarono a fuoco un’insufficienza gravissima nell’ambito della comunicazione del Vaticano: l’0rmai obsoleta lentezza delle informazioni con cui la Santa Sede diffonde e amplifica i suoi contenuti mediatici. Tra l’altro, questa lentezza, come si è visto in questi due eventi ricordati, allora causò danni due volte: sia nel momento di diffondere contenuti sia anche nel momento di recepire o captare l'informazione. In sostanza, il pasticcio di Ratisbona è stato provocato perché la velocità dell’agenzia portò a diffondere testi incompleti. Si voleva venire incontro alle esigenze della immediatezza mediatica e per accelerare i tempi il discorso di Ratzinger venne distribuito senza le note a piè pagina. Le fonti dell’allocuzione papale, più qualche precisazione del Papa, furono pubblicate dopo lo scoppio della polemica e delle proteste che presentavano Benedetto XVI come un persona che voleva screditare il Corano e Maometto.

Il Pontefice, in una nota aggiunta dopo le polemiche, scrive: "[3] Controversia VII 2c: Khoury, pp. 142-143; Förstel, vol. I, VII. Dialog 1.5, pp. 240-241. Questa citazione, nel mondo musulmano, è stata presa purtroppo come espressione della mia posizione personale, suscitando così una comprensibile indignazione. Spero che il lettore del mio testo possa capire immediatamente che questa frase non esprime la mia valutazione personale di fronte al Corano, verso il quale ho il rispetto che è dovuto al libro sacro di una grande religione. Citando il testo dell'imperatore Manuele II intendevo unicamente evidenziare il rapporto essenziale tra fede e ragione. In questo punto sono d'accordo con Manuele II, senza però far mia la sua polemica".

Ecco il passaggio principale pronunciato dal Papa a Ratisbona citando il testo “Controversia” edito dal prof. Theodore Khoury, collocato all’interno di riflessioni molto articolate (Nota 1) e che servì di pretesto per portare avanti un’operazione rabbiosa ingiustificata e inconsistente.  "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava".

Pesante “sconfitta” della comunicazione vaticana in Rete

Su questa vicenda si sono scritti numerosi testi critici, in particolare nei Paesi a maggioranza musulmana sunnita e anche nel mondo degli studiosi e dignitari della famosa Università al-Azhar (Il Cairo, Egitto) sotto la guida, allora, del Grande Imam Muhammad Sayyid Tantawi, molto anziano e malato, con accanto come principale consigliere il successore, Ahmad al-Tayyib, attuale massima guida sunnita.

A sostegno di questa polemica e protesta pretestuosa, oltre alla dittatura egiziana di Mubarak che ritirò il suo ambasciatore presso la Santa Sede, c’erano anche le autorità turche e di altre nazioni musulmane a maggioranza sunnita.

Questo conflitto artificioso segnò negativamente per molto tempo, praticamente fino all’elezione di Francesco nel 2013, i rapporti cattolico-musulmani che in alcuni luoghi e momenti peggiorarono al punto di registrare atti violenti, fanatici e ostili. Ratzinger venne offeso con ogni tipo di insulti e addirittura in alcune piazze furono bruciati sue fotografie.

Eppure la vicenda ebbe un’origine del tutto singolare perché strumentalizzata con abilità e spregiudicatezza. Onestamente le intenzioni attribuite al Papa e le analisi di quanto avrebbe detto erano del tutto arbitrarie e anche menzognere.

La verità dei fatti è rimasta però sino ad oggi sottotraccia. La stessa Santa Sede con la scelta del basso profilo contribuì a complicare tutto. Non ebbe benché la minima reazione di fronte alle menzogne, affabulazioni e castronerie della valanga anti-Ratzinger che si era scaricata in Rete. L’invito al “meno si parla, meglio è” anche questa volta si rivelò insidioso.

Il 12 settembre 2009, giorno dell’intervento di Papa Ratzinger, l’Imam capo delle più importanti comunità musulmani in Germania (Zentralrat der Muslime in Deutschland), ospite dell'evento, e altri imam meno rilevanti, accolsero con entusiasmo e molto positivamente le riflessioni del Pontefice, salvo qualche ora dopo cambiare le loro posizioni drasticamente. Apparve subito ciò che era: una sorta di infantile voltafaccia determinata dal contenuto critici che cominciarono ad arrivare dalla Turchia.

Infatti, da Istanbul vennero diffuse parole molto dure contro Benedetto XVI. Il principale Iman della Turchia, Direttore degli Affari Religiosi (Diyanet), ufficio statale, con il sostegno dell'allora Presidente Abdullah Gül e del Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan, non risparmiò critiche all'intervento del Pontefice montando una scandalo artificiale al quale in particolare si sommarono prestissimo esponenti e autorità islamiche sunnite in particolare dell’Egitto, dove il regime era in gravi difficoltà.

Questo “pasticcio” di diciannove anni fa segnò una rilevante e grave sconfitta della Santa Sede nel caso dell’informazione in Rete. Di questa vicenda però l’alta gerarchia cattolica non seppe trarre le conclusioni buone necessarie poiché anni dopo si registrò un altro grave incidente mediatico nell’utilizzo della Rete.

Le farneticazioni del lefebvriano mons. Williamson

Il secondo passaggio critico nell’ambito del rapporto tra comunicazioni vaticane e Internet è del marzo 2009, quando Papa Benedetto XVI come gesto di riconciliazione revoca la scomunica a quattro vescovi membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X, consacrati dal vescovo scismatico, mons. Marcel Lefebvre. Tra di loro c'era il discusso britannico Richard Williamson (deceduto il 1° febbraio scorso a 85 anni) il quale proprio in quei giorni si trovava al centro di una polemica per un’intervista (a un canale svedese) che circolava in rete in cui diceva che non ci sono evidenze storiche dell'esistenza delle camere a gas e che gli ebrei uccisi dai nazisti non furono sei milioni bensì tutt’al più due-trecentomila.

Papa Ratzinger effettivamente non era a conoscenza delle dichiarazioni del vescovo Williamson e quindi non poteva lontanamente immaginare che mentre si preparava a rimuovere queste scomuniche, le parole di Williamson venivano rilanciate in rete. Chiaramente la Santa Sede ignorava del tutto l’informazione che circolava in rete, meglio, non aveva ancora preso coscienza di quanto stava accadendo in questo nuovo mondo digitale.

Quindi, Papa Ratzinger, dice il vero quando dopo le critiche ricevute scrive “una disavventura per me imprevedibile è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica”. Nelle mani di alcuni alti prelati vaticani però il filmato dell’intervista di Williamson c’era. Ma il Pontefice non era stato avvertito a causa delle procedure lente e farraginose che non facevano — ed è spesso tuttora così — i conti con la comunicazione in rete, con le sue caratteristiche talmente uniche che hanno rivoluzionato ciò che il Concilio Vaticano Ecumenico II chiamò “mezzi di comunicazione”.

La scomunica dei quattro vescovi fu rimossa il 21 gennaio 2009 e la Sala stampa con una Nota fece circolare la notizia il 24 del mese. Nei tre giorni tra la firma e la pubblicazione, Papa Ratzinger non venne aggiornato. Se lo fosse stato, l’intera operazione poteva essere sospesa in attesa di un chiarimento.

Ecco perché spiegando l’accaduto Benedetto XVI scrive nella sua lettera: “Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l’internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie”.

Papa Ratzinger e la posta elettronica. Il primo Tweet

E’ certo, come già detto, che Papa Benedetto XVI non aveva dimestichezza con il computer e con i suoi principali programmi e applicazioni. Eppure era molto interessato al punto di usarlo più spesso di quanto si creda, in particolare per leggere libri vecchi, difficili da reperire in versione cartacea oppure per aggiornarsi con pubblicazioni accademiche di teologia e filosofia recenti. Molti dei suoi ex colleghi professori universitari recapitavano al Pontefice indirizzi URL per accedere ai loro testi di recente produzione. E’ vero che preferiva l’uso della penna ma il numero di comunicazioni via mail con ex colleghi e ex allievi è stato piuttosto alto in alcuni periodi della vita del Pontefice.

Benedetto XVI è ricordato però come il primo Papa ad aprire un account di posta elettronica, cominciando il 12 dicembre 2012 (Festività della Madonna di Guadalupe e data di almanacco: 12-12-12 alle ore 12). Quel giorno Ratzinger entrò in rete con 8 Tweet in diverse lingue [@Pontifex]. "Cari amici, sono lieto di entrare in contatto con voi tramite Twitter. Grazie per la vostra generosa risposta. Vi benedico con il cuore", diceva il Papa nel suo primo lancio. A questi 8 account tempo dopo ne fu aggiunto un nono: quello in latino.

All'inizio, per un tempo breve, Papa Ratzinger, tramite i suoi collaboratori, rispondeva ad alcune domande (l'hashtag #askpontifex). Nei giorni tra la pubblicazione dell'account e il primo tweet, l'hashtag #faiunadomandaalpapa è stato preso d'assalto da migliaia di utenti con le domande più svariate, in particolare quelle sulla fede.

In realtà Papa Benedetto aveva già lanciato un suo primo tweet in assoluto nel 2011 in occasione dell'inaugurazione del portale "News.va" nel quale venivano aggregati la Sala Stampa, il Vis, la Radio Vaticana e il Centro Televisivo Vaticano. Papa Ratzinger twittò in diverse lingue: "Cari amici ho appena lanciato http://www. news.va. Sia lodato Nostro Signore Gesù Cristo. Con le mie preghiere e benedizioni. Benedictus XVI".

Ci sono inoltre alcune narrazioni autorevoli e documentate su scambio di posta elettronica tra Papa Ratzinger e alcune persone e, dunque, potrebbe essere lui in assoluto il primo Papa ad usare questo vettore.

Scambio di mail con Enea Capisani (Bolzano)

          Un cittadino italiano di Bolzano, Enea Capisani, esponente di gruppi cattolici tradizionalisti, che nel 2003 aveva 22 anni, in un bar di Wigratzbad (Baviera, Germania) incontrò per caso il cardinale Ratzinger. Capisani, membro del gruppo "Una Voce Venetia", riuscì a dare al porporato il suo indirizzo di posta elettronica personale, dopo il suo racconto in cui illustrava le attività dell'associazione in difesa della liturgia tradizionale di cui faceva parte. Capisani raccontò che il card. Ratzinger, molto interessato, chiese di tenerlo informato e con gentilezza infine volle che il ragazzo prendesse nota della sua mailbox personale. Il 19 aprile il porporato rispose a due mail spedite da Capisani. Successivamente Capisani scrisse un'altra mail per informare all'ormai Papa Benedetto XVI, in cui parlava della celebrazione di due Messe secondo il vecchio rito nella zona di Bolzano.

"Con sorpresa ed emozione – raccontò Capisani a Il Giornale - il 25 maggio ho ricevuto la risposta, in tedesco, a firma di Benedetto XVI". "Carissimo Enea - si legge nel messaggio - il Santo Padre Benedetto XVI ha con grande gioia appreso la notizia della celebrazione delle Sante Messe in rito romano antico... e invia volentieri a tutti i presenti alla celebrazione la benedizione apostolica. Benedikt XVI Joseph Ratzinger".

Scambio di mail con Mansueto Bassi

La seconda vicenda riguarda un italiano di Mantova, Mansueto Bassi, che nel giugno 2013 come consigliere nazionale dell'associazione "Una Voce" scrive a Papa Benedetto XVI usando il medesimo indirizzo usato da Capisani. Chiedeva al Papa di chiudere la Giornata Mondiale della Gioventù da tenersi a Colonia (Germania) con la recita di un "Pater, Ave, Gloria".

La risposta di Papa Ratzinger - questa volta scritta in prima persona - dalla sua mailbox personale arrivò il 28 luglio: "Egregio Signor Bassi, con grande gioia apprendo la notizia della celebrazione della Santa Messa in Rito tridentino a Mantova, lo stesso rito che io stesso ho celebrato a Wigratzbad, a Weimar... e le formulo i miei complimenti per la riuscita dell'impresa e gli auguri che questa Messa venga celebrata ancora tanti anni a Mantova. I giovani a Colonia... è per me una bellissima cosa vedere i giovani da tutto il mondo venire a Colonia in agosto. Mi sovvengo del tempo in cui le chiese erano ancora piene di giovani, anche se la Santa Messa veniva officiata in latino. Terrò conto della Sua richiesta del Pater-Ave-Gloria al termine della GMG. Non so se sarà possibile recitarlo in latino, ma vedremo ciò che si può fare. Non abbiate paura!. Il mondo deve andare avanti, specialmente in questo momento colpito da terrorismo... non bisogna avere paura. Già san Tommaso d'Aquino 800 anni fa scriveva: 'Quantum potes, tantum aude!'. Avanti con coraggio, Mansueto! Lo dico a Lei, lo ripeterò anche al mondo, ai giovani a Colonia, a tutti! La ringrazio delle sue preghiere e le prometto di pregare anch'io per lei. Benedetto XVI. Joseph Ratzinger".

Papa Francesco e la Rete

Nel caso del rapporto di Papa Francesco con la rete, con Internet, non esistono molte notizie o particolari che consentano di farsi una vaga idea sulla questione. Da indiscrezioni di due ex Segretari personali di Papa Bergoglio si possono desumere tre note speciali: Francesco nutriva grande interessamento per quanto circolava sulla stampa web e leggeva spesso testi stampati prelevati dalle testate web; raramente usava personalmente la posta elettronica che in realtà, nei casi necessari, affidava ai suoi assistenti e mentre nei primi tempi leggeva spesso documenti caricati nel suo computer “non era molto abile nello smanettare sulla tastiera”.

          Il tema della Rete, sfide e opportunità, è molto ricorrente nel magistero di Papa Bergoglio, in particolare nei suoi 12 Messaggi in occasione delle Giornate Mondiali delle Comunicazioni sociali (2014- 2025). In questi testi sono frequenti i moniti contro le fake news e la cattiva informazione, e contro la disinformazione, critiche nelle quali non risparmia aggettivi molto duri. Alla rivista belga “Tertio”, il 7 dicembre 2016, disse: "La disinformazione è probabilmente il danno più grande che può fare un mezzo, perché orienta l’opinione in una direzione, tralasciando l’altra parte della verità. E poi, credo che i media devono essere molto limpidi, molto trasparenti, e non cadere – senza offesa, per favore – nella malattia della coprofilia, che è voler sempre comunicare lo scandalo, comunicare le cose brutte, anche se siano verità. E siccome la gente ha la tendenza alla malattia della coprofagia, si può fare molto danno. Quindi direi queste quattro tentazioni. Ma sono costruttori di opinione e possono costruire, e fare bene immenso, immenso".

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(Nota 1)

Dal testo di Papa Ratzinger nell’incontro con i rappresentanti della scienza nell’Aula Magna dell’Università di Regensburg (12 settembre 2006).

“Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il "Libro" e gli "increduli", egli, in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava".[3] L'imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. "Dio non si compiace del sangue - egli dice -, non agire secondo ragione, „σὺν λόγω”, è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia… Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…" [4]

L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. [5] L'editore, Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente.”


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