Leone
XIV: primo Papa della Chiesa formato nel mondo della Rete, che conosce e usa
quotidianamente da molti anni, e che ha puntato sulla grande sfida
dell’Intelligenza Artificiale.
E'
molto interessante, e per certi versi allettante, che Papa Prevost sia il primo
Vescovo di Roma in grado, per formazione, conoscenza e abitudine, di lavorare
con la rete per essere informato, per fare indagini e per comunicare ad ampio
raggio. Prima di lui non era mai accaduto. I Papi che si sono susseguiti sul
Soglio di Pietro dagli anni 70 in poi, fino alla morte di Francesco, ovviamente
sono stati a conoscenza di questa tecnologia che stava e sta rivoluzionando il
mondo, in particolare la struttura di pensiero degli esseri umani, ma
sostanzialmente non l’hanno usata metodicamente come indispensabile strumento
di lavoro.
Robert
Francis Prevost prima di assumere l'Ufficio di Pietro. aveva una moderata e
discreta presenza su due social: su Facebook, pagina privata (2020) e prima su
Twitter - X (@drprevost) nel 2011. Analisti e persone vicine al Papa dal giorno
dell'elezione hanno sottolineato che quanto si legge in questi social media, o
le segnalazioni che si ricavano dal rilancio di testi di altri, e anche le
critiche non sono attribuibili a Papa Leone XIV.
▅ La Chiesa e la Rete
Papa Leone XIV, che il 14 settembre compirà 70 anni, aveva poco più di vent'anni quando cominciarono a circolare i primi computer e connessioni e quindi sostanzialmente, seppure con gradualità, è stato educato e formato con Internet già allora parte della vita delle persone per motivi di lavoro o di studio, tanto più per chi come Robert Prevost si laureò in matematica.
Oggi, nella sua missione e nel suo lavoro quotidiano, il Pontefice è, per così dire, un altro utente digitale in più accanto ad altri miliardi che cominciano a avvalersi dell’Intelligenza Artificiale che il nuovo Papa ha indicato come una rilevante sfida per l’evangelizzazione. Tra l’altro da ultime indiscrezioni risulta che Prevost abbia una corposa conoscenza di questa materia che studia da qualche anno.La Santa Sede entrò ufficialmente
in Internet il 24 marzo del 1997 con il sito nonché dominio
"www.vatican.va" che resta lo stesso dopo oltre mezzo secolo. Cinque
anni dopo, la Santa Sede per la prima volta diffonde un documento ufficiale
sulla rete con il titolo "La Chiesa e Internet"
dove getta le fondamenta della sua posizione di fronte a questa nuova
sorprendente tecnologia. Da allora, in questi decenni, sono stati pubblicati
altri documenti specifici sulla questione oltre alle numerosissime
considerazioni papali nei discorsi, omelie e messaggi. Il nocciolo della
posizione dal primo momento è stato uno solo: “Internet una sfida e
un’opportunità”.
▅ Papa Giovanni Paolo II e la Rete
Il primissimo contatto fisico di un
Papa con un computer è in assoluto di Papa s. Giovanni Paolo II che con un clic
inviò, nel 2002, a tutte le Conferenze episcopali del pianeta la sua
Esortazione apostolica post sinodale "Ecclesia in
Oceania" (22 novembre 2001). Si trattò di una normale
e-mail con un allegato di 45 cartelle: 4 Capitoli, la Conclusione e oltre 177
note. Va ricordato, seppur come una parentesi (ma importantissima), che questo
è il primo documento in cui Papa Wojtyla fa un esplicito e puntuale riferimento
agli abusi sessuali nella Chiesa Cattolica e lo fa con questo pensiero: "Le cure della Chiesa si allargano anche
verso quanti sono dediti all'alcool, alla droga o al gioco d'azzardo, o sono
vittime di abusi sessuali. I Padri sinodali hanno menzionato pure i rifugiati o
quanti cercano asilo: essi sono in aumento, e la loro dignità umana esige che
li si accolga e siano loro offerte cure appropriate. Dato che i Paesi
dell'Oceania dipendono dagli oceani e dai mari, i Padri del Sinodo hanno
espresso preoccupazione per i marinai, che spesso lavorano in condizioni dure e
sono sottoposti a molte privazioni."
In
passato si è scritto parecchio sul fatto che Papa Giovanni Paolo II avesse
numerose e quotidiane comunicazioni tramite la rete (mail). Gli sono state addirittura attribuite
riflessioni spirituali e analisi sulla pedofilia nel clero nonché un testo in
cui chiederebbe scuse ad una vittima, ma non esiste nessuna documentazione su
questi fatti. Persone vicine al lavoro del papa polacco da noi interrogate
smentiscono con fermezza queste voci e ricordano che a Papa Wojtyla, come si è
visto anche nel pontificato di Papa Francesco in questi ultimi anni, furono
attribuiti centinaia di testi, ovviamente tutti falsi.
▅ Papa Benedetto XVI e la Rete
L’interessamento
distante di Papa Ratzinger per la Rete sembrerebbe che per un tempo si sia
focalizzato soprattutto sulla dimensione bibliografica offerta da Internet,
nella possibilità di accedere a documenti e libri con ricerche rapide e
autorevoli. Nulla di più. Naturalmente, nell’utilizzo della rete per il lavoro
di documentazione non gli mancarono bravi aiutanti e assistenti. In alcuni
passaggi del suo pontificato, e nel caso di situazioni delicate e di decisioni
difficilissime, captò in modo fulmineo la rilevanza dell’essere informato anche
su quanto circolava in rete riguardo la vita della Chiesa e della Sede
Apostolica, fenomeno che con le reti sociali in crescita negli anni '90
anticipava nuove e inedite prospettive per l’informazione in generale. Capì
subito che la Chiesa stava affrontando una realtà nuova, ingovernabile, e non
facilmente decodificabile: i social. Il complesso fenomeno in crescita venne
affidato allora al Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali dove ebbe
fortune alterne. Dopo un primo interessamento promettente, un incontro mondiale
con i principali blog cattolici, la questione si è persa nei meandri del basso
profilo.
▅ Il “pasticcio” di Ratisbona
Lo
stesso Papa Ratzinger dovette fare esperienza al riguardo almeno in due
circostanze molto delicate: nel settembre 2006, nel caso del suo discorso
presso l’Università di Ratisbona (Germania), e nel marzo 2009, in occasione
della remissione della scomunica dei 4 vescovi consacrati dall’arcivescovo scismatico
Marcel Lefebvre.
Quei
momenti evidenziarono a fuoco un’insufficienza gravissima nell’ambito della
comunicazione del Vaticano: l’0rmai obsoleta lentezza delle informazioni con
cui la Santa Sede diffonde e amplifica i suoi contenuti mediatici. Tra l’altro,
questa lentezza, come si è visto in questi due eventi ricordati, allora causò
danni due volte: sia nel momento di diffondere contenuti sia anche nel momento
di recepire o captare l'informazione. In sostanza, il pasticcio di Ratisbona è
stato provocato perché la velocità dell’agenzia portò a diffondere testi
incompleti. Si voleva venire incontro alle esigenze della immediatezza
mediatica e per accelerare i tempi il discorso di Ratzinger venne distribuito
senza le note a piè pagina. Le fonti dell’allocuzione papale, più qualche
precisazione del Papa, furono pubblicate dopo lo scoppio della polemica e delle
proteste che presentavano Benedetto XVI come un persona che voleva screditare
il Corano e Maometto.
Il
Pontefice, in una nota aggiunta dopo le polemiche, scrive: "[3]
Controversia VII 2c: Khoury, pp. 142-143; Förstel, vol. I, VII. Dialog 1.5, pp.
240-241. Questa citazione, nel mondo musulmano, è stata presa purtroppo come
espressione della mia posizione personale, suscitando così una comprensibile
indignazione. Spero che il lettore del mio testo possa capire immediatamente
che questa frase non esprime la mia valutazione personale di fronte al Corano,
verso il quale ho il rispetto che è dovuto al libro sacro di una grande
religione. Citando il testo dell'imperatore Manuele II intendevo unicamente
evidenziare il rapporto essenziale tra fede e ragione. In questo punto sono
d'accordo con Manuele II, senza però far mia la sua polemica".
Ecco
il passaggio principale pronunciato dal Papa a Ratisbona citando il testo
“Controversia” edito dal prof. Theodore Khoury, collocato all’interno di
riflessioni molto articolate (Nota 1) e che servì di pretesto per portare
avanti un’operazione rabbiosa ingiustificata e inconsistente. "Mostrami
pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose
cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada
la fede che egli predicava".
Pesante
“sconfitta” della comunicazione vaticana in Rete
Su
questa vicenda si sono scritti numerosi testi critici, in particolare nei Paesi
a maggioranza musulmana sunnita e anche nel mondo degli studiosi e dignitari
della famosa Università al-Azhar (Il Cairo, Egitto) sotto la guida, allora, del
Grande Imam Muhammad Sayyid Tantawi, molto anziano e malato, con accanto come
principale consigliere il successore, Ahmad al-Tayyib, attuale massima guida
sunnita.
A
sostegno di questa polemica e protesta pretestuosa, oltre alla dittatura
egiziana di Mubarak che ritirò il suo ambasciatore presso la Santa Sede,
c’erano anche le autorità turche e di altre nazioni musulmane a maggioranza sunnita.
Questo
conflitto artificioso segnò negativamente per molto tempo, praticamente fino
all’elezione di Francesco nel 2013, i rapporti cattolico-musulmani che in
alcuni luoghi e momenti peggiorarono al punto di registrare atti violenti,
fanatici e ostili. Ratzinger venne offeso con ogni tipo di insulti e
addirittura in alcune piazze furono bruciati sue fotografie.
Eppure
la vicenda ebbe un’origine del tutto singolare perché strumentalizzata con
abilità e spregiudicatezza. Onestamente le intenzioni attribuite al Papa e le
analisi di quanto avrebbe detto erano del tutto arbitrarie e anche menzognere.
La
verità dei fatti è rimasta però sino ad oggi sottotraccia. La stessa Santa Sede
con la scelta del basso profilo contribuì a complicare tutto. Non ebbe benché
la minima reazione di fronte alle menzogne, affabulazioni e castronerie della
valanga anti-Ratzinger che si era scaricata in Rete. L’invito al “meno si
parla, meglio è” anche questa volta si rivelò insidioso.
Il 12
settembre 2009, giorno dell’intervento di Papa Ratzinger, l’Imam capo delle più
importanti comunità musulmani in Germania (Zentralrat
der Muslime in Deutschland), ospite dell'evento, e altri imam meno
rilevanti, accolsero con entusiasmo e molto positivamente le riflessioni del
Pontefice, salvo qualche ora dopo cambiare le loro posizioni drasticamente.
Apparve subito ciò che era: una sorta di infantile voltafaccia determinata dal
contenuto critici che cominciarono ad arrivare dalla Turchia.
Infatti,
da Istanbul vennero diffuse parole molto dure contro Benedetto XVI. Il
principale Iman della Turchia, Direttore degli Affari Religiosi (Diyanet),
ufficio statale, con il sostegno dell'allora Presidente Abdullah Gül e del
Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan, non risparmiò critiche all'intervento del
Pontefice montando una scandalo artificiale al quale in particolare si
sommarono prestissimo esponenti e autorità islamiche sunnite in particolare
dell’Egitto, dove il regime era in gravi difficoltà.
Questo
“pasticcio” di diciannove anni fa segnò una rilevante e grave sconfitta della
Santa Sede nel caso dell’informazione in Rete. Di questa vicenda però l’alta
gerarchia cattolica non seppe trarre le conclusioni buone necessarie poiché
anni dopo si registrò un altro grave incidente mediatico nell’utilizzo della
Rete.
▅ Le farneticazioni del lefebvriano mons.
Williamson
Il
secondo passaggio critico nell’ambito del rapporto tra comunicazioni vaticane e
Internet è del marzo 2009, quando Papa Benedetto XVI come gesto di
riconciliazione revoca la scomunica a quattro vescovi membri della Fraternità
Sacerdotale San Pio X, consacrati dal vescovo scismatico, mons. Marcel
Lefebvre. Tra di loro c'era il discusso britannico Richard Williamson (deceduto
il 1° febbraio scorso a 85 anni) il quale proprio in quei giorni si trovava al
centro di una polemica per un’intervista (a un canale svedese) che circolava in
rete in cui diceva che non ci sono evidenze storiche dell'esistenza delle
camere a gas e che gli ebrei uccisi dai nazisti non furono sei milioni bensì
tutt’al più due-trecentomila.
Papa
Ratzinger effettivamente non era a conoscenza delle dichiarazioni del vescovo
Williamson e quindi non poteva lontanamente immaginare che mentre si preparava
a rimuovere queste scomuniche, le parole di Williamson venivano rilanciate in
rete. Chiaramente la Santa Sede ignorava del tutto l’informazione che circolava
in rete, meglio, non aveva ancora preso coscienza di quanto stava accadendo in
questo nuovo mondo digitale.
Quindi,
Papa Ratzinger, dice il vero quando dopo le critiche ricevute scrive “una disavventura per me imprevedibile è
stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della
scomunica”. Nelle mani di alcuni alti prelati vaticani però il filmato dell’intervista
di Williamson c’era. Ma il Pontefice non era stato avvertito a causa delle
procedure lente e farraginose che non facevano — ed è spesso tuttora così — i
conti con la comunicazione in rete, con le sue caratteristiche talmente uniche
che hanno rivoluzionato ciò che il Concilio Vaticano Ecumenico II chiamò “mezzi
di comunicazione”.
La
scomunica dei quattro vescovi fu rimossa il 21 gennaio 2009 e la Sala stampa
con una Nota fece circolare la notizia il 24 del mese. Nei tre giorni tra la
firma e la pubblicazione, Papa Ratzinger non venne aggiornato. Se lo fosse
stato, l’intera operazione poteva essere sospesa in attesa di un chiarimento.
Ecco
perché spiegando l’accaduto Benedetto XVI scrive nella sua lettera: “Mi è stato detto che seguire con attenzione
le notizie raggiungibili mediante l’internet avrebbe dato la possibilità di
venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in
futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di
notizie”.
▅ Papa Ratzinger e la posta elettronica. Il
primo Tweet
E’
certo, come già detto, che Papa Benedetto XVI non aveva dimestichezza con il
computer e con i suoi principali programmi e applicazioni. Eppure era molto
interessato al punto di usarlo più spesso di quanto si creda, in particolare
per leggere libri vecchi, difficili da reperire in versione cartacea oppure per
aggiornarsi con pubblicazioni accademiche di teologia e filosofia recenti.
Molti dei suoi ex colleghi professori universitari recapitavano al Pontefice
indirizzi URL per accedere ai loro testi di recente produzione. E’ vero che
preferiva l’uso della penna ma il numero di comunicazioni via mail con ex
colleghi e ex allievi è stato piuttosto alto in alcuni periodi della vita del
Pontefice.
Benedetto
XVI è ricordato però come il primo Papa ad aprire un account di posta
elettronica, cominciando il 12 dicembre 2012 (Festività della Madonna di
Guadalupe e data di almanacco: 12-12-12 alle ore 12). Quel giorno Ratzinger
entrò in rete con 8 Tweet in diverse lingue [@Pontifex]. "Cari amici, sono lieto di entrare in
contatto con voi tramite Twitter. Grazie per la vostra generosa risposta. Vi
benedico con il cuore", diceva il Papa nel suo primo lancio. A questi
8 account tempo dopo ne fu aggiunto un nono: quello in latino.
All'inizio,
per un tempo breve, Papa Ratzinger, tramite i suoi collaboratori, rispondeva ad
alcune domande (l'hashtag #askpontifex). Nei giorni tra la pubblicazione
dell'account e il primo tweet, l'hashtag #faiunadomandaalpapa è stato preso
d'assalto da migliaia di utenti con le domande più svariate, in particolare
quelle sulla fede.
In
realtà Papa Benedetto aveva già lanciato un suo primo tweet in assoluto nel
2011 in occasione dell'inaugurazione del portale "News.va" nel quale
venivano aggregati la Sala Stampa, il Vis, la Radio Vaticana e il Centro
Televisivo Vaticano. Papa Ratzinger twittò in diverse lingue: "Cari amici ho appena lanciato http://www.
news.va. Sia lodato Nostro Signore Gesù Cristo. Con le mie preghiere e
benedizioni. Benedictus XVI".
Ci
sono inoltre alcune narrazioni autorevoli e documentate su scambio di posta
elettronica tra Papa Ratzinger e alcune persone e, dunque, potrebbe essere lui
in assoluto il primo Papa ad usare questo vettore.
▅ Scambio di mail con Enea Capisani
(Bolzano)
Un cittadino italiano di Bolzano,
Enea Capisani, esponente di gruppi cattolici tradizionalisti, che nel 2003
aveva 22 anni, in un bar di Wigratzbad (Baviera, Germania) incontrò per caso il
cardinale Ratzinger. Capisani, membro del gruppo "Una Voce Venetia",
riuscì a dare al porporato il suo indirizzo di posta elettronica personale,
dopo il suo racconto in cui illustrava le attività dell'associazione in difesa
della liturgia tradizionale di cui faceva parte. Capisani raccontò che il card.
Ratzinger, molto interessato, chiese di tenerlo informato e con gentilezza
infine volle che il ragazzo prendesse nota della sua mailbox personale. Il 19
aprile il porporato rispose a due mail spedite da Capisani. Successivamente
Capisani scrisse un'altra mail per informare all'ormai Papa Benedetto XVI, in
cui parlava della celebrazione di due Messe secondo il vecchio rito nella zona
di Bolzano.
"Con
sorpresa ed emozione – raccontò Capisani a Il Giornale - il 25 maggio ho
ricevuto la risposta, in tedesco, a firma di Benedetto XVI". "Carissimo Enea - si legge nel messaggio - il
Santo Padre Benedetto XVI ha con grande gioia appreso la notizia della
celebrazione delle Sante Messe in rito romano antico... e invia volentieri a
tutti i presenti alla celebrazione la benedizione apostolica. Benedikt XVI
Joseph Ratzinger".
▅ Scambio di mail con Mansueto Bassi
La
seconda vicenda riguarda un italiano di Mantova, Mansueto Bassi, che nel giugno
2013 come consigliere nazionale dell'associazione "Una Voce" scrive a
Papa Benedetto XVI usando il medesimo indirizzo usato da Capisani. Chiedeva al
Papa di chiudere la Giornata Mondiale della Gioventù da tenersi a Colonia
(Germania) con la recita di un "Pater, Ave, Gloria".
La
risposta di Papa Ratzinger - questa volta scritta in prima persona - dalla sua
mailbox personale arrivò il 28 luglio: "Egregio Signor Bassi, con grande gioia apprendo la notizia della
celebrazione della Santa Messa in Rito tridentino a Mantova, lo stesso rito che
io stesso ho celebrato a Wigratzbad, a Weimar... e le formulo i miei
complimenti per la riuscita dell'impresa e gli auguri che questa Messa venga
celebrata ancora tanti anni a Mantova. I giovani a Colonia... è per me una
bellissima cosa vedere i giovani da tutto il mondo venire a Colonia in agosto.
Mi sovvengo del tempo in cui le chiese erano ancora piene di giovani, anche se
la Santa Messa veniva officiata in latino. Terrò conto della Sua richiesta del
Pater-Ave-Gloria al termine della GMG. Non so se sarà possibile recitarlo in
latino, ma vedremo ciò che si può fare. Non abbiate paura!. Il mondo deve
andare avanti, specialmente in questo momento colpito da terrorismo... non
bisogna avere paura. Già san Tommaso d'Aquino 800 anni fa scriveva: 'Quantum
potes, tantum aude!'. Avanti con coraggio, Mansueto! Lo dico a Lei, lo ripeterò
anche al mondo, ai giovani a Colonia, a tutti! La ringrazio delle sue preghiere
e le prometto di pregare anch'io per
lei. Benedetto XVI. Joseph Ratzinger".
▅ Papa Francesco e la Rete
Nel
caso del rapporto di Papa Francesco con la rete, con Internet, non esistono
molte notizie o particolari che consentano di farsi una vaga idea sulla
questione. Da indiscrezioni di due ex Segretari personali di Papa Bergoglio si
possono desumere tre note speciali: Francesco nutriva grande interessamento per
quanto circolava sulla stampa web e leggeva spesso testi stampati prelevati
dalle testate web; raramente usava personalmente la posta elettronica che in
realtà, nei casi necessari, affidava ai suoi assistenti e mentre nei primi
tempi leggeva spesso documenti caricati nel suo computer “non era molto abile
nello smanettare sulla tastiera”.
Il tema della Rete, sfide e
opportunità, è molto ricorrente nel magistero di Papa Bergoglio, in particolare
nei suoi 12 Messaggi in occasione delle Giornate Mondiali delle Comunicazioni
sociali (2014- 2025). In questi testi sono frequenti i moniti contro le fake
news e la cattiva informazione, e contro la disinformazione, critiche nelle
quali non risparmia aggettivi molto duri. Alla rivista belga “Tertio”, il 7 dicembre 2016, disse:
"La disinformazione è probabilmente
il danno più grande che può fare un mezzo, perché orienta l’opinione in una
direzione, tralasciando l’altra parte della verità. E poi, credo che i media
devono essere molto limpidi, molto trasparenti, e non cadere – senza offesa,
per favore – nella malattia della coprofilia, che è voler sempre comunicare lo
scandalo, comunicare le cose brutte, anche se siano verità. E siccome la gente
ha la tendenza alla malattia della coprofagia, si può fare molto danno. Quindi
direi queste quattro tentazioni. Ma sono costruttori di opinione e possono
costruire, e fare bene immenso, immenso".
******
(Nota
1)
Dal testo di Papa Ratzinger
nell’incontro con i rappresentanti della scienza nell’Aula Magna
dell’Università di Regensburg (12 settembre 2006).
“Ma,
naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate
successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi
sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il
"Libro" e gli "increduli", egli, in modo sorprendentemente
brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo
interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione
e violenza in genere, dicendo: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato
di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua
direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli
predicava".[3] L'imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così
pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede
mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la
natura di Dio e la natura dell'anima. "Dio non si compiace del sangue -
egli dice -, non agire secondo ragione, „σὺν λόγω”, è contrario alla natura di
Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre
qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare
correttamente, non invece della violenza e della minaccia… Per convincere
un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di
strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare
una persona di morte…" [4]
L'affermazione
decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è:
non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. [5] L'editore,
Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella
filosofia greca, quest'affermazione è evidente.”

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