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mercoledì 4 giugno 2025

La speranza e la fiducia riposta nei confronti di Leone XIV non significa "Che la crisi nella Chiesa sia finita" #papaleonexiv

Continuiamo le analisi sul nuovo pontificato di Leone XIV.
Speranze e ombre.
Luigi C.


In Tua Justitia Libera me Domine, 29-5-25

[...]
In queste prime settimane del nuovo pontificato di Leone XIV sembra sempre più netta la distinzione fra coloro che vedono in lui una perfetta continuità con Francesco e coloro che cercano di porsi in una posizione di cautela senza però nascondere un pizzico di entusiasmo.
Sembra delinearsi una divergenza sempre maggiore nel mondo della tradizione, fra coloro che contestano l'operato di questo papa, considerandolo del tutto modernista e quindi da respingere, e coloro che cercano in tutti i modi di trovare segni su cui fondare degli ipotetici cambiamenti di rotta.
Certo è che alcune scelte e alcuni discorsi di questi ultimi giorni fanno pensare che ad aver ragione siano i primi. La nomina della segretaria del dicastero per gli istituti religiosi e i continui richiami al Vaticano II e ai temi e termini tipici del pontificato di Francesco fanno giustamente pensare che il timone della nave sia rimasto pressoché nella stessa posizione.
Come già detto con altre parole in un recente articolo(QUI), credo che sia del tutto normale a mio avviso che colui che ha preso l'eredità di Francesco e in generale l'eredita dei papi post conciliari, non possa distaccarsi in un battito di ciglia dai temi tipici degli ultimi decenni della Chiesa. Questo, a mio modesto parere evidenzia con tutta ovvietà quello che tutti pensiamo, ovvero che la crisi della Chiesa non si è fermata con l'elezione di Leone XIV. Bisogna solo capire se questo pontificato abbia l'intenzione di porre rimedio oppure no.

Ci sono degli aspetti che però devono essere necessariamente presi in considerazione:

1. La Chiesa non è di origine umana, ma divina, e non la si può ne valutare ne giudicare con le logiche umane.

2. La Chiesa, intesa come popolo e corpo mistico di Cristo, in quanto di origine soprannaturale deve attingere alle virtù proprie del cristianesimo come ad esempio la virtù di speranza.

Questi due aspetti sono fondamentali per evitare due tendenze deleterie:

1. Considerare la Chiesa come un organo del tutto umano, meramente politico e materiale, soggetto alle dinamiche umane fra cui l'adeguamento del pensiero al contesto in cui opera.

2. Ridurre la Chiesa ad uno strumento di propaganda spirituale al pari di tanti altri movimenti e filosofie più o meno antiche.

Nella prima tendenza illustrata, che a noi interessa, si rischia anche in forma del tutto inconsapevole e in buona se non buonissima fede, di dimenticarsi dell'origine divina della Chiesa, pensando che qualsiasi problema interno della Chiesa debba essere risolto tramite strategie e scelte umane più o meno forti e per questo con una certa presunta efficacia. È l'errore in cui cadono quei "tradizionalisti" che sperano di vedere nel contesto odierno un papa alla "S. Pio V" combattivo contro le eresie, capace di scelte forti e autoritarie, che pur nella loro bontà oggi non porterebbero risultati, ma anzi rischierebbero di creare strappi e difficoltà peggiori di quelli attualmente in essere. Bisogna infatti tenere presente che i contesti storici cambiano, e quello che era auspicabile e fruttuoso alla fine del 1500, con grande probabilità oggi non sarebbe altrettanto fruttuoso. L'influenza del papa nel contesto sociale medioevale è drasticamente mutato rispetto all'influenza che il papa può avere oggi. Pensiamo ad esempio alla pena della scomunica, che nel contesto di uno "Stato della Chiesa" che abbracciava territori ampi e includeva ogni contesto sociale, aveva delle implicazioni gravissime sulla vita di colui che veniva condannato. Oggi non è più così; uno scomunicato viene solo escluso dalla vita della comunione ecclesiale, ma non viene estromesso dalla vita dello stato, rimanendo perfettamente inserito in un contesto sociale e a seconda del contesto, addirittura esalta chi è stato censurato con tale pena.
È del tutto evidente che la crisi della Chiesa che oggi viviamo è immutata anche dopo l'elezione di Leone XIV. Non è certamente una mozzetta rossa o il ritorno al palazzo apostolico che sanciscono un ritorno all'ortodossia della fede, ma ben altro.
Se consideriamo la Chiesa per quello che realmente è, ovvero un'opera divina, dobbiamo mettere in atto quegli strumenti soprannaturali che abbiamo a disposizione: la preghiera di intercessione, la preghiera per chiedere la protezione divina della Chiesa, e perché no, domandare anche una straordinaria effusione di Spirito Santo sul Santo Padre appena eletto. Quella cauta speranza che molti stanno dimostrando non è mossa esclusivamente dal fervore di vedere il papa vestito con mozzetta e stola pontificale, forse questo aiuta a ridare dignità alla figura del pontefice, ma non è questo il centro di questa speranza.

La speranza cristiana si fonda sulla certezza che la Chiesa non è di papa Leone come non lo era di papa Francesco, ma è di Cristo. Gridare come forsennati che papa Leone XIV non è diverso dal suo predecessore e con questo soffocare ogni briciolo di speranza lo trovo non solo contro lo spirito cristiano, ma proprio contro Cristo stesso, e contro la promessa che lui ci ha fatto, ovvero che "le porte degl'inferi non prevarranno contro di essa"(Mt.16,18).

Che papa Leone parli di Concilio, di sinodalità, di ponti da costruire, di fratellanza universale, non deve portarci a perdere la speranza, ma nello stesso tempo ci ricorda che la crisi non è finita e che oltre a dover continuare a lavorare e pregare, c'è ancora tanto da soffrire e offrire.
Fra le tante cose in continuità con Francesco rischiamo di non vedere le molte cose in discontinuità che dovrebbero alimentare la speranza. In un video del 2023 (QUI) il card. Prevost sottolineava come non sempre era d'accordo con papa Francesco, e per questo era convinto che Bergoglio non lo avrebbe mai fatto vescovo. Papa Leone nell'omelia di presa di possesso della cattedrale di S. Giovanni in Laterano ha ricordato che "la comunione si crea in ginocchio"[1]. Non mi sembra assolutamente qualcosa da sottovalutare. Nel discorso pronunciato in occasione del Giubileo delle Chiese orientali ha dato degli elementi importanti per capire la sua visione della liturgia[2]. In merito a questa presunta discontinuità è interessante l'analisi che ha fatto il banchiere Ettore Gotti Tedeschi intervenendo sul canale YouTube "Fede & Cultura Universitas"(QUI il link del video). L'ex presidente dello IOR ha evidenziato delle profonde differenze con il pontificato di Francesco che non si fondano su caratteri esteriori, ma su dichiarazioni spesso diametralmente opposte a quelle di papa Francesco. In Particolare il banchiere ha sottolineato come papa Francesco non aveva un concetto chiaro di "dottrina sociale della Chiesa", e questo come conseguenza di una non chiara definizione di "valori non negoziabili", espressione che come detto dallo stesso Francesco, stentava a comprendere. Gotti Tedeschi evidenzia come la dottrina sociale della Chiesa e la sua missionarietà, si fondano su dei valori assoluti che non possono essere reinterpretati in un contesto sociale più o meno mutato, perché altrimenti perderebbero la loro assolutezza. La difesa della vita ad esempio non cambia con il cambiare del "sentire comune". Se non ho valori assoluti da difendere, dice il banchiere, non ho una dottrina sociale da proporre. Inoltre il concetto di missionarietà di Francesco, non era fondato sulla necessità di portare Cristo al prossimo, emblematica in questo senso è l'enciclica "Fratelli tutti" che uccide le missioni riducendole ad un assistenzialismo vuoto di verità evangelica in favore di una fratellanza fondata su qualcosa di indefinito e per questo instabile. Del resto, sottolinea Gotti Tedeschi, papa Francesco considerava il proselitismo una "solenne sciocchezza" confondendo la missionarietà con l'imposizione forzosa della fede cristiana.
Papa Leone invece, dice l'ex presidente dello IOR, ha dimostrato di avere innanzitutto un concetto cristocentrico del dialogo interreligioso e perciò della vocazione missionaria della Chiesa, il motto scelto "In Illo uno unum" (nell'unico Cristo siamo uno) sottolinea questo cristocentrismo che è alla base dell'unità. Anche la mariologia di Leone appare ben diversa da quella di Francesco per il quale Maria era ridotta a semplice "discepola". Questa mariologia così impoverita da Francesco, secondo Gotti Tedeschi, ha portato al commissariamento e alla soppressione di numerosi istituti tacciati di essere "troppo mariani".
L'interessante intervento di Ettore Gotti Tedeschi mette in luce i numerosi punti di rottura con Francesco e analizza numerosi altri aspetti, ma questi mi sembrano particolarmente interessanti per la nostra riflessione.

Dal mio punto di vista preferisco usare cautela nel gridare ai quattro venti un cambiamento radicale all'orizzonte, ma questo non toglie che ci sono degli elementi su cui fondare una buona e giustificata speranza, che non significa credere che la crisi della Chiesa sia terminata o abbia iniziato ad attenuarsi.
Credo in tutta onestà che non serve fare i cristiani "piagnoni" servono i cristiani con i calli alle ginocchia che non stiano a guardare sul sito vaticano le nomine più o meno corrispondenti ai propri gusti o alle proprie idee, ma che sappiano guidare le nomine e le scelte del papa con i propri sacrifici e le proprie preghiere. Del resto, al contrario di Francesco, questo papa sta dando dei segni positivi che quantomeno ci spronano a credere ancora che la Chiesa sia guidata da Cristo.

Non possiamo fermarci a lamentarci e credere che ormai non avremo mai un papa che risollevi la Chiesa da questa crisi così devastante in cui si trova. Abbiamo un papa che se aiutato potrebbe iniziare a lavorare per porre le basi del cambiamento, che diciamocelo, non può avvenire da un giorno all'altro.

Devo pensare che queste persone che vivono nello sconforto siano sedevacantiste? Devo credere che queste persone vivano un cristianesimo da intellettuale da YouTube? Devo pensare che queste persone che si lagnano per ogni trave nell'occhio del papa non vedano le sequoie nei propri occhi?

Per favore, se volete il bene della Chiesa e delle anime lamentatevi di meno e pregate di più... ci rivedremo (forse) dall'ortopedico a curare le ginocchia scassate dalla preghiera.

don Bastiano Del Grillo
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[1] Cfr. OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV, Basilica di San Giovanni in Laterano, 25 maggio 2025

4 commenti:

  1. Ottimo articolo!
    Il pontificato di Francesco, discutibilissimo nello stile e nei danni a lunga gettata!!!!, di fatto nulla ha cambiato, ha lasciato che altri cambiassero nella prassi pastorale, come dal concilio in poi.
    Quanti hanno pregato per il papa? E quanta preghiera hanno offerto per lui?
    Siamo tutti più o meno colpevoli, a sinistra e a destra....

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  2. la triste realtà è che molti non vogliono rinunciare al proprio ruolo di polemista e alimentano i fantasmi della disgregazione: in rete si è sviluppato il fenomeno di un falso cattolicesimo sedevacantista che dilaga e sta portando sempre più persone alla perdizione,perchè in questa prospettiva nessun papa verrebbe mai accettato.

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  3. Un ringraziamento a don Bastiano Del Grillo per questa sua analisi attenta, obiettiva e ponderatissima e per questo invito a pregare. Lo Spirito Santo guidi ogni azione di papa Leone e attragga il suo cuore e la sua intelligenza affinché accolgano docilmente le Sue sante ispirazioni.
    E noi offriamo ogni nostra sofferenza, ogni nostro affanno e ogni sospiro poiché nulla è sprecato davanti a Dio e tutto concorre a ottenere la Sua misericordia.

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  4. La crisi non è finita ma si affronta con dei punti fermi cui ancorarsi.

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