Riceviamo e pubblichiamo.
Luigi C.
Marco Begato, apr 23, 2025
Bisogna chiedersi quale sia il motivo principale che impedisce un ritorno al rito cattolico tridentino. Questa domanda aiuterà a comprendere in modo più ampio quale sia la situazione effettiva della Chiesa oggi, per così dire: la sua ‘gettatezza’ (Geworfenheit).
La pubblicazione di Traditionis custodes infatti ha lasciato perplessi cattolici tradizionali e intellettuali di tutto il mondo: il documento con cui Papa Francesco limitava severamente le celebrazioni in Vetus Ordo.
Gli argomenti portati, relativi a una certa chiusura mentale dei fedeli affezionati alle cerimonie tridentine, sono tutti argomenti inconsistenti.
L’Ufficio delle Tenebre - di cui per altri motivi ho parlato in un precedente post - contiene una risposta importante a riguardo. Una risposta più plausibile di quelle elencate in Traditionis custodes.
Lo scandaloso commento di S. Agostino
Se prendiamo il Mattutino del Venerdì Santo leggiamo quanto segue. La Lettura 4 introduce il commento di S. Agostino al Salmo 63:
«Mi hai protetto, o Dio. dalla congiura dei malvagi, da una ciurma di operatori d'iniquità» Ps. 63,3. Miriamo ora il nostro stesso capo. Molti Martiri hanno sofferto simili cose, ma nessuno risplende tanto come il capo dei Martiri: in lui comprendiamo meglio ciò ch'essi han sofferto. Egli fu protetto da una ciurma di malvagi, per la protezione di Dio, per la protezione che lo stesso Figlio accordò alla sua carne e umanità che portava: essendo egli figlio dell'uomo e Figlio di Dio. Figlio di Dio per la natura divina: figlio dell'uomo per la natura di servo, avendo potere di lasciar la sua vita e di riprenderla. Che cosa gli poterono fare i nemici? Uccisero sì il suo corpo, ma non ne uccisero l'anima. Notatelo bene. Sarebbe stato poco per il Signore esortare i Martiri colla parola, se non li avesse incoraggiati coll'esempio.
È un discorso vibrante, che mette a fuoco il grande tema del Sacrificio di Cristo. Lui, il Giusto e l’Atteso, che si è offerto a una ciurma di malvagi.
Fin qui si tratta di un importante discorso esortativo, che mostra ai cristiani il loro primo compito, quello di associarsi alla vittima universale.
Ma le due parti successive della preghiera, le Letture 5 e 6, esplicitano una questione che oggigiorno risulta altamente scandalosa.
Sapete quale fosse la cospirazione dei perfidi Giudei, e quale la ciurma degli operatori d'iniquità? Quale iniquità? Cioè che vollero uccidere il Signore Gesù Cristo. «Tante opere buone, disse, vi ho fatto vedere: per quale di queste mi volete uccidere?»
Agostino di Ippona sostiene senza nessuna attenuazione la tesi del deicidio giudaico. E in questo caso non vale nemmeno la giustificazione classica, secondo la quale descrivendo i Giudei come ‘perfidi’, in realtà si vuole solo indicare la loro ‘mancanza di fede’ nel Messia. In questo caso infatti l’espressione ‘perfidi Giudei’ traduce un inequivocabile “malignantium Iudæorum”. Giudei maligni.
E la Lettura 6 conferma:
«Essi affilarono come spada le loro lingue» Ps. 63,3. Non dicano i Giudei: Noi non abbiamo ucciso il Cristo. Perché essi lo diedero in mano del giudice Pilato per far vedere d' essere quasi immuni della sua morte. Infatti avendo loro detto Pilato: «Uccidetelo voi», essi risposero: «A noi non è permesso di uccidere alcuno» Joann. 18,31. Volevano rigettare l'enormità del loro misfatto sulla persona del giudice: ma potevano forse ingannare Dio giudice? Pilato fu partecipe del loro delitto nella misura di ciò che fece. Ma in confronto di loro è assai meno reo. Poiché egli insisté quanto poté per liberarlo dalle loro mani: e perciò, flagellatolo, lo mostrò loro. Egli flagellò il Signore non per farlo perire, ma per soddisfare al loro furore: sperando che almeno nel vederlo così flagellato, si ammansassero, e desistessero dal volerlo uccidere. Ecco ciò che fece. Ma essi ostinandosi, voi sapete ch'egli si lavò le mani, e dichiarò ch'egli non l'avrebbe fatto mai, ed era mondo della morte di lui. Tuttavia lo fece. Ma s'egli è reo per averlo fatto ancorché nolente: saranno forse innocenti quelli che lo forzarono a ciò fare?
E con ciò credo che siamo arrivati al cuore della problematica.
Agostino, santo vescovo e Padre della Chiesa, definisce senza margine di smentita la tesi del deicidio giudaico. Ma quel che è peggio, è che il Breviarium Romanum tramanda nei secoli e fino a oggi quelle parole di Agostino e quella tesi scandalosa per il mondo contemporaneo.
E se la dicitura ‘perfidi’ è stata tolta nel Messale 1962; l’Ufficio delle Tenebre non è stato modificato.
Quindi fino ad oggi pregare in Vetus ordo significa accettare la Tradizione e l’interpretazione autorevole della Rivelazione, che condanna ancora i Giudei per l’omicidio del Salvatore.
E tutti conoscono il valore performativo della liturgia: per quanto una persona possa venir istruita secondo canoni socialmente accettati e culturalmente conformi all’Agenda 2030, se quella persona riceverà un insegnamento liturgico particolare, tale insegnamento prevarrà prima o poi sul resto.
La domanda inevasa
A questo punto possiamo con facilità comprendere quale sia il motivo principale di Traditionis custodes, almeno in una prospettiva geopolitica. Il rito antico indispettisce una delle potenze politico culturali più influenti del nostro tempo a livello globale, una potenza per nulla incline alla tolleranza e al perdono.
Di qui si genera la prima domanda, quella che possiamo porre ad extra e condividere con tutti i lettori della rete:
Come riuscire a bilanciare le tradizioni religiose di un popolo con gli interessi culturali di un altro popolo? Quale confine tutela un’identità culturale dalle pressioni di un’identità politica-finanziaria?
Ma una seconda domanda, più profonda, si intravede e questa riguarda propriamente la coscienza ecclesiale cattolica e il futuro della Chiesa:
Come riuscire a riaffermare la tesi de revelatione del deicidio giudaico e dell’anti-giudaismo storico (destinato all’iper-giudaismo escatologico) senza alimentare in qualche modo posizioni sociologiche antisemite?
È davvero possibile sciogliere queste due domande?
Forse la risposta (della seconda domanda) è nella stessa pratica liturgica?

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