Post in evidenza

In Vaticano il carnevale è finito: ora davanti al Sommo Pontefice si torna a togliersi il cappello!

Al termine dell’udienza generale svoltasi ieri mattina, mercoledì 11 giugno, in piazza San Pietro, come di consuetudine il Santo Padre Leone...

martedì 13 maggio 2025

Parla Georg Gänswein «Ora è finita la stagione dell’arbitrarietà» #papaleonexiv

Continuiamo le analisi su nuovo pontificato di Leone, XIV.
Qualche parola chiara di Mons. Gänswein.
Monday Vatican – Andrea Gagliarducci: Leone XIV, chiamato a riportare l’unità: “…Quando i cardinali hanno eletto Papa Francesco, gli hanno affidato il mandato di riformare la Curia. C'è ancora molto da fare in questo senso, forse anche più di quanto ci fosse quando Francesco ha assunto la guida della Chiesa nel 2013, ma quando i cardinali hanno eletto Leone XIV, gli hanno affidato il mandato di portare l'unità. (…)I candidati “francescani” non hanno mai guadagnato terreno, soprattutto perché l'ala liberale era divisa al suo interno. Tutti i loro potenziali candidati si sono sciolti come neve al sole. La maggioranza silenziosa dei cardinali asiatici e africani, spesso ignorata dai sondaggi dei media, si stava organizzando per guardare alla Chiesa oltre Francesco. I “guardiani della Rivoluzione” di Papa Francesco hanno lasciato messaggi nei media e nelle omelie dei novendiales, le messe per i nove giorni di lutto ufficiale: Non si può tornare indietro dalle riforme di Papa Francesco; cerchiamo di non perdere l'eredità di Papa Francesco; ecc. Questi messaggi appaiono ora come tentativi disperati di fermare un'onda che sta già andando in un'altra direzione. (…)Dodici anni di Papa Francesco avevano creato uno scontro di civiltà tra il vecchio mondo, l'America Latina e il Nord America. Era giunto il momento di voltare pagina sull'era di Francesco, e Prevost era l'uomo con il curriculum più adatto al lavoro da svolgere.(…) Il Vecchio Mondo era un po' disilluso da Francesco, che aveva spazzato via le convenzioni della tradizione (quando non le aveva addirittura demolite). Il Nord America si sentiva snobbato dal Papa, che veniva dagli antipodi, e l'America Latina era euforica perché finalmente poteva essere al centro del mondo…Papa Francesco ha imposto la mentalità latinoamericana a Roma".
Luigi C.

Lunedì 12 Maggio 2025, Corriere della Sera

parla Georg Gänswein, «Ora è finita la stagione dell’arbitrarietà»
di Massimo Franco

«Le istituzioni della Chiesa non sono lebbra. La stagione dell’arbitrarietà è finita»: parla monsignor Georg Gänswein. «Leone XIV? Questo Papa suscita speranza, speranza, speranza. La sua elezione una sorpresa per me».

«Una via di mezzo tra papa Benedetto XVI e papa Francesco?

Se uniamo le scarpe nere di Bergoglio alla chiarezza dottrinale cristallina di Ratzinger, senza cercare a tutti i costi l’originalità, penso che Leone XIV offrirà una bella combinazione. Sì, potrà rappresentare la sintesi delle cose migliori di entrambi». La voce di monsignor Georg Gaenswein arriva dal freddo baltico di Vilnius, in Lituania, dove dal giugno dello scorso anno è nunzio, svolgendo la sua attività diplomatica anche in Lettonia e Estonia. Ha una vibrazione allegra, quasi sollevata. L’uomo che è stato prefetto della Casa Pontificia con Benedetto XVI e poi con Francesco, dal quale è stato bruscamente rimosso nel 2020, ha seguito il Conclave e l’elezione di Robert Prevost da lontano. E non nasconde di essere felicemente stupito dall’epilogo, anche se ammette di conoscere poco il nuovo pontefice. «Lo incontrai con papa Benedetto quando era Superiore generale degli Agostiniani, nei giardini vaticani. E ancora quando nell’aprile del 2007 visitò la cattedrale di Pavia dove c’è tomba di sant’Agostino. Poi è diventato vescovo in Perù e non l’ho più visto. Ma la sua elezione per me è stata una sorpresa grande e buona. Quando l’ho visto uscire sul balcone della basilica di San Pietro mi sono detto: otticamente e acusticamente, questo Papa suscita speranza, speranza, speranza…».

Il testo scritto

È stato colpito anche dalla sua decisione di leggere il saluto iniziale: un piccolo gesto di rigore e serietà di fronte alla platea mondiale che lo stava acclamando. «Quando ho visto che aveva un testo scritto in mano, mi sono detto: ha cominciato bene», racconta l’ex braccio destro del Papa emerito e, per sette anni, anche di Francesco. Per «don Georg», come veniva chiamato familiarmente, «Leone XIV creerà ponti come il predecessore. Ma in un contesto e con uno stile diverso rispetto a Francesco. Nella Chiesa oggi esistono grandi tensioni, e all’esterno ci sono conflitti spaventosi. Credo che adesso occorra chiarezza dottrinale. La confusione di questi anni dev’essere superata. E uno degli strumenti da usare sono le strutture che già ci sono. Le istituzioni della Chiesa non sono né una lebbra né una minaccia contro il Papa. Sono lì per fornire un aiuto ai pontefici, che debbono farsi aiutare. Non si può governare da soli, diffidando delle proprie istituzioni».

Nelle sue parole si avverte l’eco vistosa di una diversa percezione del modo di guidare la cristianità fra Benedetto XVI e il predecessore argentino. Ma si indovina in parallelo la voglia di archiviare quella fase, e quel 15 gennaio del 2020, quando monsignor Gaenswein fu visto per l’ultima volta in udienza generale alla destra di Bergoglio come custode della Casa Pontificia. Da allora sparì letteralmente da qualunque incontro pubblico, senza che nessuno ne spiegasse i motivi. Tranne, circa un mese dopo, una dichiarazione burocratica e poco credibile della sala stampa vaticana. «Un’ordinaria ridistribuzione di funzioni», fu comunicato, senza che nessuno ci credesse fino in fondo. «Ma quella è acqua passata», assicura il nunzio a Vilnius. «In quegli anni ho sofferto, è vero, ma mi sono chiarito con Francesco prima ancora della nomina a nunzio. E ringrazio lui, o chi sta dietro a lui e che ha deciso di mandarmi qui nei Paesi baltici, perché mi ha permesso di riprendere il mio servizio alla Chiesa».

È come se il riflesso della pacificazione arrivato dalla votazione quasi unanime nella Cappella Sistina si proiettasse sulle vecchie divisioni, e contribuisse a ridimensionarle, se non a ricomporle. La fase nuova del papato di Leone XIV si desume anche da questa voglia trasversale di chiudere col passato. «Papa Prevost mi dà una grande speranza. Sono convinto che inciderà in positivo dentro la Chiesa e nel mondo. È un pacificatore», spiega monsignor Gaenswein. «Già la scelta del nome, nella tradizione di San Leone Magno e di Leone III che nell’800 incoronò Carlo Magno, è molto indicativa. Nome e vestito hanno fatto capire che non ci sarà continuità ma una fase totalmente nuova. La sua esperienza, la capacità di parlare molte lingue, il fatto che sia stato missionario ma anche che abbia lavorato in Curia per due anni lo rendono un Papa insieme pastore e di governo. Non viene da un solo ambiente ma da molte cose insieme. E questo gli permetterà di parlare a tutti».

«Spiazzato dalla scelta»

L’ex braccio destro di Benedetto XVI e, fino al 2020, di Francesco, ammette di essere rimasto spiazzato dalla scelta di uno statunitense. «Ricordo che dissi ad alcuni: quando si vedrà la fumata bianca sarà probabilmente per il cardinale Pietro Parolin, oppure non so che succede. Sinceramente tendevo a escludere con convinzione l’elezione di un altro latino-americano. Ma anche un americano del Nord mi sembrava improbabile. Spero che non solo alcuni cardinali di un certo continente ma tutti siano stati aiutati dallo Spirito Santo». Non lo dice esplicitamente, ma appare colpito dall’abilità con la quale si sono mossi gli statunitensi, riuscendo a saldare i propri consensi con quelli dei latino-americani e dei sostenitori del Segretario di Stato, Parolin; e probabilmente anche dalle divisioni dei cardinali italiani. E ora? «Ora si apre una fase nuova. Percepisco un certo sollievo diffuso. È finita la stagione dell’arbitrarietà. Si può cominciare a contare su un papato in grado di garantire la stabilità e di affidarsi alle strutture esistenti, senza capovolgerle e sconvolgerle».

Niente più un Papa a Casa Santa Marta? «Credo che certamente Leone XIV andrà a abitare nel Palazzo Apostolico. Quel palazzo è destinato all’abitazione dei Papi. È la sua funzione storica». Finisce l’anomalia di Casa Santa Marta? «La parola anomalia la dice lei. Posso solo osservare che mi fa piacere pensare che la sera, nel Palazzo Apostolico, il Papa accenderà la luce e la gente saprà che è lì» .


*

Qui per seguire MiL su Telegram https://t.me/messainlatinoblogMiL
qui per seguire MiL su X https://x.com/messainlatino
qui per seguire MiL su Instagram
qui per seguire MiL su Facebook