Continuiamo le analisi sul nuovo pontificato di Leone XIV.
"Ecco, se questi sono i segni che lo guidano, allora Leone XIV avrà vita dura. Gli occorreranno tatto e coraggio, dolcezza e fermezza, persuasione e dottrina, accondiscendenza e rigore. Penso che li avrà, anche se gli emuli di Lucifero, fuori e purtroppo tanti anche dentro la Chiesa, cercheranno in ogni modo di ostacolarlo. Perciò, auguri, Santità!".
QUI Nico Spuntoni: "«Leone XIV riporterà ordine nella dottrina. E basta discriminare i fedeli della Messa antica». Parla il cardinale Goh".
Rassegna Stampa – Il Foglio: Intervista a Marcello Pera su Leone XIV: “Marcello Pera, filosofo, senatore, già presidente del Senato, è stato uno degli interlocutori più stretti di Joseph Ratzinger. Da osservatore laico ma non indifferente alla fede, guarda con interesse – e con prudenza – all’inizio del pontificato di Leone XIV. Invita a non cedere alla tentazione del pronostico, critica l’eccesso di partigianeria che già si agita intorno al nuovo Papa, e riflette sul possibile ritorno a un cristianesimo più solido, meno accomodante, più centrato sulla figura di Cristo e sul compito del pastore”.
Luigi C.
Il Foglio – Lettera al direttore del senatore e filosofo Marcello Pera
IL FOGLIO 20-MAG-2025
SE QUESTI SONO I SEGNI CHE LO GUIDANO, PAPA LEONE AVRÀ VITA DURA
Caro direttore, prometto che su questo punto non La disturberò più, ma siccome mi sembra cruciale Le prego di consentirmi di insistere ancora una volta.
Ho una spontanea simpatia nei confronti del nuovo Papa. Non è solo per la sua immagine giovane e l’aspetto amichevole ma fermo; la sua formazione e cultura; la sua attività missionaria; alcuni suoi iniziali richiami al matrimonio tra uomo e donna; certi segni esteriori come i paramenti o il ritorno nell’appartamento pontificio. No, ho una ragione particolare: è il suo richiamo al “desiderio di spiritualità”, perché, come egli ha detto, Gesù è il Cristo e non un leader. Penso che diventerà un grande Papa, ma non so predire né intendo divinare. Fin d’ora però quel richiamo alla interiorità spirituale, che è bisogno di salvezza cristiana, lo trovo promettente e confortante. Per me, la fede e su di essa la cultura cristiana contano più di qualunque altro bene cui credenti e non possano aspirare, perché sono la condizione di tutti gli altri: la pace fra i paesi in guerra, la giustizia sociale, l’accoglienza dei migranti, l’assistenza ai poveri, il dialogo con i diversi.
Per immaginare il futuro del nuovo Papa, gli interpreti si avvalgono in particolare di due “segni”: Agostino, del cui ordine è stato benedetto, e Leone XIII, a cui egli ha tributato onore prendendone il nome.
Purtroppo basta scavare un po’ per capire che sono segni di non facile lettura e soprattutto di difficile accoglienza oggi.
Come ha detto il cardinale Zuppi, “Agostino è un tipo difficile”. In effetti è tosto, perché tutta la sua teologia è cristocentrica, non antropocentrica. A causa del suo peccato originale (una nozione pressoché scomparsa nella Chiesa recente), l’uomo non si salva con la sua ragione, le sue azioni, le sue opere, le sue costruzioni politiche, le sue conquiste sociali, bensì solo con la grazia immeritata di Dio e la mediazione di Cristo. Inoltre, per la stessa causa del peccato originale e le sue conseguenze che ne discendono, l’uomo sarà sempre un irregolare. Agostino non è un tipo da Sant’Egidio: “Chiunque spera in bene così grande (da piacere in questo modo e su questa terra), si comporta davvero come uno sciocco” (De Civitate Dei XVII, 13). Infine, l’uomo peccatore è nulla davanti a Dio. In particolare, non ha diritti propri: persino la libertà politica e la proprietà privata sono relative ai contesti, buone in certi casi, disagiato e premature in altri (De lab. arb., I, 6.14; In Exodumhomilia 5,25). Tutte cose non digeribili oggi.
Non solo. Oltre che tosto, Agostino è indigesto ai moderni, perché incompatibile con il loro credo preferito. Chi va a dire all’uomo di oggi che i doveri verso Dio sono primi dei diritti umani e che questi dipendono da quelli? Chi va a mettere in discussione l’odierna religione della laicità, la quale sostituisce il Vangelo con le carte dell’Onu e i comandamenti di Dio con le moderne costituzioni? Chi spiega all’Europa un tempo cristiana che i suoi diritti sono norme effimere e transitorie della città degli uomini, senza valore, se spesso con disvalore, nella Città di Dio? Dovrà farlo Leone XIV, e anche solo per immaginarsi in questo enorme lavoro concreto che lo attende merita la nostra simpatia e fiducia.
Stesso discorso vale per l’altro segno, il richiamo a Leone XIII. Per tutti oggi è il papa della “questione operaia” che spiegava quanto c’è di buono nel socialismo. Ma anche qui bisogna scavare un po’. Leone XIII fu molto di più. Combatte su due fronti: il socialismo e il liberalismo. Prima della Rerum novarum (1891), aveva dettato due encicliche non meno importanti.
Nella Immortale Dei (1885), scrisse: “Il fatto che l’Europa cristiana abbia domato i popoli barbari e li abbia tratti dalla ferocia alla mansuetudine, dalla superstizione alla verità; che abbia vittoriosamente respinto le invasioni dei maomettani; che abbia tenuto il primato della civiltà; che abbia sempre saputo dare ai figli altri popoli come guida e maestri per ogni onorevole impresa; che abbia donato veri e moltiplici esempi di libertà cristiana e che abbia così grande sapienza creato numerose stazioni a sollievo dei più umane miserie; per tutto ciò deve senza dubbio molta gratitudine alla religione, che ebbe auspicie in tante imprese e che l’aiutò nel portarle a termine”.
Poi, passando dalla storia alla dottrina, Leone XIII aggiunse: “quel pericolante e deplorevole spirito innovatore che si sviluppò nel secolo scorso, volle dapprima sconvolgere la religione cristiana, presto passò, con naturale progressione, alla filosofia, e da questa a ogni ordini della società civile. Da ciò si deve riconoscere la fonte delle più recenti teorie sfrenatamente liberali: proclamarono come principio e fondamento di un nuovo diritto, il quale non solo era sconosciuto in precedenza, ma per più d’un aspetto si distaccava dal diritto cristiano, sia dallo stesso diritto naturale”. Da cui la conclusione: “in una società basata su tali principi, la sovranità non consiste che nella volontà del popolo, … come se Dio non esistesse e non si desse alcun pensiero del genere umano”. Sembra un discorso per oggi.
Nella successiva enciclica Libertas (1888), Leone XIII prese di petto proprio il liberalismo (oggi sarebbe meglio dire i secolaristi). “I seguaci del Liberalismo nella vita pratica pretendono che non vi sia alcun divino potere a cui si debba obbedienza e che ognuno debba essere legge per se stesso”. Essi chiedono che “lo Stato non faccia proprio alcuna forma di culto divino e non voglia professarlo pubblicamente”. Questi “emuli di Lucifero in nome della libertà praticano un’assurda e sciocchetta licenza”. Contro di essi, si deve affermare che “non è assolutamente lecito invocare, difendere, concedere una libertà libera di pensiero, di stampa, di parola, d’insegnamento o di culto, come fossero altrettanti diritti che in natura ha attribuiti all’uomo. Infatti, se veramente la natura li avesse concessi, sarebbe lecito rifiutare il dominio di Dio, e la libertà umana non potrebbe essere limitata da alcuna legge”. Anche qui si parla di oggi.
Ecco, se questi sono i segni che lo guidano, allora Leone XIV avrà vita dura. Gli occorreranno tatto e coraggio, dolcezza e fermezza, persuasione e dottrina, accondiscendenza e rigore. Penso che li avrà, anche se gli emuli di Lucifero, fuori e purtroppo tanti anche dentro la Chiesa, cercheranno in ogni modo di ostacolarlo. Perciò, auguri, Santità!