Vi proponiamo – in nostra traduzione – l’articolo della caporedattrice Michelle La Rosa, pubblicato il 16 maggio sul sito The Pillar, in cui intervista mons. Salvatore Joseph Cordileone, Arcivescovo metropolita di San Francisco, che idealmente prosegue l’articolo scritto dallo stesso alto prelato il 5 maggio, in cui chiedeva di «porre fine alle guerre liturgiche» (QUI; QUI su MiL).
Ora, dopo l’elezione di Papa Leone XIV, ci si chiede: il Pontificato leonino porterà un rinnovamento alla liturgia cattolica? E mons. Cordileone risponde di credere «che si debba definire una visione in cui la Santa Messa tradizionale sia facilmente accessibile a chi la desidera. Mi auguro che si possa arrivare a un momento in cui entrambe le forme di Messa siano l’esperienza ordinaria dei Cattolici di tutti i giorni, e che essi si sentano a proprio agio in entrambe». E soprattutto pensa «che si dovrebbe promuovere la visione che Papa Benedetto XVI ci ha dato e permettere ai Vescovi nelle loro Diocesi di discernere e decidere per le loro Diocesi. E penso che con il tempo ci sarà una certa guarigione».
L.V.
L’elezione di Papa Leone XIV ha alimentato le speculazioni di alcuni Cattolici, che sperano in un cambiamento delle restrizioni del 2021 sui riti liturgici tradizionali, introdotte con la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970.
Mons. Salvatore Joseph Cordileone, Arcivescovo metropolita di San Francisco è tra coloro che nutrono questa speranza.
Pochi giorni prima dell’elezione di Papa Leone XIV, mons. Salvatore Joseph Cordileone ha scritto un saggio in cui chiedeva di «porre fine alle guerre liturgiche» [QUI; QUI su MiL: N.d.T.].
Nel saggio, l’Arcivescovo ha sottolineato che «questo è il momento opportuno per riprendere la visione di Papa Benedetto XVI» sulla liturgia, «consentendo il libero uso del Missale Romanum tradizionale, permettendo così a queste due espressioni dello stesso rito latino di influenzarsi a vicenda così che “possono arricchirsi a vicenda”».
Il 15 maggio mons. Salvatore Joseph Cordileone ha parlato con il sito The Pillar delle sue speranze per un rinnovamento liturgico durante il pontificato di Papa Leone XIV.
L’intervista è stata modificata per motivi di lunghezza e chiarezza.
La Chiesa sta affrontando molte sfide oggi, dalla libertà religiosa all’immigrazione agli abusi del clero. Perché pensa che parlare di liturgia sia importante nella vita della Chiesa in questo momento?
La liturgia plasma chi siamo. Dobbiamo essere in pace con Dio, se vogliamo che tutto il resto vada bene. Dobbiamo essere sicuri che la nostra liturgia sia davvero un’esperienza del sacro, capace di elevare le nostre anime e le nostre menti a Dio. Essendo in giusta relazione con Dio, possiamo portare questo nel mondo e affrontare adeguatamente tutte le numerose questioni che stiamo affrontando.
I critici delle forme liturgiche più antiche sostengono talvolta che sono troppo obsolete per attrarre i giovani. Ma sembra che siano proprio i giovani cattolici ad avvicinarsi in gran numero alla forma straordinaria. Perché secondo lei?
C’è così tanta confusione nel mondo. Tutto sembra cambiare continuamente. Penso che vogliano trovare qualcosa che li ancori, che abbia un valore duraturo, che sia veramente bello e sacro, che li sollevi dalla banalità e dal caos del mondo attuale.
Ma c’è anche un altro fattore. È un po’ simile, credo, ma sembra che i giovani siano sempre attratti dall’esoterico. Ricordo che negli anni Settanta c’era un crescente interesse tra i giovani per le religioni orientali. Penso che ci sia già una propensione dei giovani a cercare qualcosa di diverso, forse più avventuroso.
Ma qui, ciò che è profondamente radicato nella nostra tradizione cattolica è qualcosa che può ancorarli a ciò che è eterno e veramente santo e sacro. E forse se lo sperimentassero di più ogni domenica nelle loro Parrocchie, non ci sarebbe tutta questa attrazione, ma sarebbe comunque presente.
Quindi, a chi critica la Santa Messa tradizionale, direi: prima imparate a conoscerla. Non criticate ciò che non conoscete. Provatela, imparatela, cercate di capirla, e poi potrete criticarla.
Pensa che sia necessario uno sforzo da parte delle Diocesi per aiutare le persone a comprendere meglio i riti liturgici e il simbolismo in generale?
Assolutamente sì. E questo era un problema anche prima del Concilio Vaticano II. Anche molti sacerdoti non capivano molti dei gesti e dei riti della Santa Messa, e suppongo che sia per questo che è stato così facile cambiarli.
Ma tutto ha uno scopo, e dobbiamo educare le persone su questo, in modo da poter recuperare maggiormente quel simbolismo e quella sensibilità sacramentale.
È fiducioso che l’elezione di Papa Leone XIV porterà a una rinnovata attenzione alla riverenza e alla bellezza nella liturgia?
Sì, lo sono. Penso che darà l’esempio, soprattutto. Vuole essere un costruttore di ponti: questo è stato molto chiaro fin dal suo primo passo sulla loggia delle benedizioni della Basilica di San Pietro in Vaticano. Penso che sarà qualcuno in grado di porre fine alle guerre liturgiche.
Restiamo uniti.
Lo avevamo raggiunto con Papa Benedetto XVI. Poi è sembrata scoppiare una nuova guerra sulla Santa Messa tradizionale, che ha finito per dividere e creare molta amarezza. Quindi ho la sensazione che possiamo recuperare il senso di convivenza.
Ad essere sinceri, oggi nella Chiesa cattolica esistono diversi stili di culto, ma finché seguiamo le norme liturgiche, penso che possiamo avere un maggiore senso di unità se rispettiamo gli uni gli altri e il modo in cui rendiamo culto.
Cosa spera concretamente? Pensa che la Santa Sede semplicemente revochi le norme imposte dalla lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970? C’è un altro approccio possibile?
In definitiva, penso che la decisione debba essere lasciata al Vescovo nella sua Diocesi.
Ma credo che si debba definire una visione in cui la Santa Messa tradizionale sia facilmente accessibile a chi la desidera. Mi auguro che si possa arrivare a un momento in cui entrambe le forme di Messa siano l’esperienza ordinaria dei Cattolici di tutti i giorni, e che essi si sentano a proprio agio in entrambe.
Allora, alla fine, sapremo come muoverci organicamente verso un’unica forma di Messa per tutti i Cattolici, che probabilmente avrà un po’ più di varietà al suo interno, dato che è così che abbiamo vissuto negli ultimi sessant’anni. Come possiamo incorporare cose che già esistevano prima del Concilio Vaticano II, ad esempio la partecipazione attiva dei fedeli, che possono cantare alcune parti della Messa?
Penso che fosse la visione di Papa Benedetto XVI quella di tornare alla fine ad avere un’unica forma. Ma il modo per farlo non è quello di riunire una commissione che scelga tra le diverse forme per arrivare a una forma convergente. Ciò potrà avvenire solo quando le persone conosceranno e comprenderanno entrambe le forme e le vivranno entrambe.
Penso che avendo entrambe come esperienza dei Cattolici che vanno in chiesa, saremo in grado di trovare una soluzione sana a quello che ora è questo stile di culto biforcuto.
Molte comunità tradizionaliste hanno detto di sentirsi tradite dalla lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes. Alcune persone in quelle comunità dicono di provare disillusione e sfiducia nei confronti del Vaticano e dei leader della Chiesa. Cosa si potrebbe fare, se possibile, per aiutare a guarire alcune di queste ferite?
Beh, penso che anche alcuni Vescovi avessero delle preoccupazioni, dati i limiti alla loro legittima autorità nelle loro Diocesi. Penso che si dovrebbe promuovere la visione che Papa Benedetto XVI ci ha dato e permettere ai Vescovi nelle loro Diocesi di discernere e decidere per le loro Diocesi.
E penso che con il tempo ci sarà una certa guarigione. Penso che finché la Messa sarà facilmente accessibile a chi vuole partecipare, e chi lo fa non sarà emarginato come Cattolico cattivo o persona che non è totalmente con la Chiesa, o persona che si crede superiore agli altri, questo sarà utile alla guarigione.
E anche loro stessi non devono mostrare questo atteggiamento. Quando le persone che amano la Santa Messa tradizionale mi chiedono cosa possono fare per promuoverla, io rispondo: aprite una mensa per i senzatetto, lavorate in un rifugio per senzatetto, sostenete una clinica per donne in gravidanza in difficoltà. Mettete in pratica la vostra fede per dimostrare che siete cattolici integri.
Il culto deve essere corretto, questo è il primo punto. Ma non bisogna fermarsi qui. Deve essere vissuto nella nostra vita quotidiana. Penso che molti di loro siano bravi a viverlo nella loro vocazione e nella loro vita personale: persone sposate, fedeli, con molti figli, che crescono i propri figli nella fede. Questo è il primo punto. Ma bisogna anche viverla in termini di servizio ai poveri e ai bisognosi. Questo rafforzerà l’unità nella Chiesa.
Quando è stata promulgata la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes, la ragione addotta era che alcune di queste comunità tradizionali stavano diventando troppo isolate e che al loro interno c’era una tendenza a rifiutare il Concilio Vaticano II. Lo stesso ragionamento è stato addotto per giustificare le ulteriori restrizioni che sono seguite dal Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Pensa che queste preoccupazioni siano giustificate? Se sì, come pensa che dovrebbero essere affrontate senza sopprimere la Santa Messa tradizionale?
Suppongo che ci siano alcune persone così, ma l’esperienza della maggior parte di noi negli Stati Uniti non è questa. La maggior parte delle persone che frequentano la Santa Messa tradizionale, se vanno in una comunità che è in comunione con la Sede di Roma, accettano la validità del Concilio Vaticano II.
Il problema è che ora vengono isolati, viene loro detto che non possono nemmeno celebrare la Santa Messa tradizionale in una chiesa parrocchiale – un’altra restrizione imposta dal Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.
Una Parrocchia dovrebbe poter celebrare la Santa Messa tradizionale, come parte del calendario delle Messe che può essere pubblicato nel bollettino, in modo che sia integrata. Più lo facciamo, meno alimentiamo questo senso di risentimento e separazione.
La Santa Messa tradizionale non è un movimento ecclesiale come il Cammino neocatecumenale, il Christian Family Movement, Marriage Encounter ecc. Ma ha le caratteristiche di un movimento. Questi movimenti ecclesiali hanno il potenziale per rinnovare e rivitalizzare la Chiesa se sono mantenuti in comunione con la Chiesa. La leadership della Chiesa deve guidarli in modo da mantenerli in comunione.
I movimenti hanno questa tendenza ad allontanarsi facilmente e a considerarsi gli unici veri cattolici. Quindi l’autorità deve guidarli e indirizzarli adeguatamente. Questi movimenti hanno bisogno di una direzione, non devono essere lasciati a se stessi, ma nemmeno limitati. Questo è ciò che penso dovremmo fare con la Santa Messa tradizionale. Dobbiamo portare i fedeli a un maggiore senso di comunione.
E forse ci devono essere alcune restrizioni o alcune linee guida, per assicurarsi che non si trasformi in una Chiesa parallela. Ma la soluzione non è quella di isolarli.
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