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giovedì 15 maggio 2025

Enrico Roccagiachini: "Fra pro, contro e speranza di normalità. Viva Leone XIV?" - #papaleonexiv

Continuando la nostra carrellata delle analisi pubblicate sul nuovo Pontefice, riprendiamo questo commento del nostro Enrico Roccagiachini, temporaneamente "prestato" agli amici di
Campari & de Maistre, che ringraziamo. Il pezzo risale al 9 maggio, primo giorno del regno di Leone XIV.

È molto difficile formulare un giudizio attendibile sul nuovo Papa. Nella sua elezione e nel modo in cui si è proposto al popolo possono ravvisarsi aspetti positivi ed altri, purtroppo, scoraggianti. Pro e contro.

Incominciamo da questi ultimi.

Era annoverato tra i progressisti, per di più spiccatamente bergogliani. Alcuni autorevoli commentatori tradì lo avevano inserito tra coloro la cui elezione andava evitata, addirittura sostenendo Parolin, se necessario.

In effetti, come Prefetto del Dicastero per i Vescovi (o come altrimenti si chiami adesso), ha concorso attivamente alle rimozioni di mons. Strickland e di mons. Rey: ciò che inserisce nel suo curriculum una macchia difficilmente emendabile. Si parla anche di qualche debolezza sul fronte degli abusi.

Quanto alle sue posizioni dottrinali, si sa che ha aderito sia alle ubbie ecologiste del suo predecessore, sia al mantra della sinodalità, peraltro evocato anche nel suo primo discorso. È vero, però, quanto a tutti gli altri temi sensibili che, stando almeno al sito The College of Cardinals Report, non si conoscono realmente le sue posizioni, se non (e questo andrebbe annoverato tra i pro) una dichiarata opposizione al diaconato femminile perché – se ho ben capito – estraneo alla tradizione della Chiesa.

I contro, dunque, sono pesanti; tuttavia, va detto, non sembrano dirimenti. È possibile chiedersi, in particolare, se le posizioni bergogliane – purtroppo richiamate anche nel discorso di ieri – siano state abbracciate per convinzione, per obbedienza o per opportunismo. E se coincidano totalmente, quanto ai contenuti, con quelli assunti dal predecessore. Lo scopriremo solo vivendo.

Indubbiamente, il curriculum missionario del nuovo Papa lo rende attento ai temi sociali e riconducibile alle posizioni politiche bergogliane: ma questo, per quanto discutibile, sarebbe un problema minore, se quelli basici (dottrina, diritto canonico, disciplina ecclesiastica, ecc.) fossero risolti o, almeno, circoscritti.

Veniamo, adesso, ai pro.

Il Card. Prevost farebbe parte dei porporati che si sarebbero incontrati con il Card. Burke qualche giorno fa. Il che farebbe suppore che la sua candidatura fosse in esame, come candidatura di compromesso, molto più concretamente di quanto non si pensasse: candidatura accettabile anche dai tradì, con i quali si cercava un accordo, e ai quali, dunque, il futuro Leone XIV dovrebbe aver dato garanzie credibili (o, quantomeno, credute…). Il che potrebbe trovare conferma in una dichiarazione del Card. Burke diffusa ieri stesso via X.

In ogni caso, mi pare che Prevost, quand’anche progressista, non sia riconducibile alla mafia di San Gallo – cioè all’eredità del Card. Silvestrini, che rappresentava il nemico da battere per i conservatori e i tradì. Se lo scopo era sconfiggere Parolin, questa caratteristica va annoverata tra i pro.

Si è presentato con vesti e nome sicuramente pontificali, nel senso tradizionale. Poiché i segni e i gesti sono importanti, e servono per lanciare messaggi (non necessariamente e non solo al popolo, ma anche ai cardinali elettori, magari per confermare che si rispetteranno gli impegni presi…), la cosa va debitamente sottolineata.

Nel suo discorso inziale, in dodici minuti ha citato nostro Signore come unico Salvatore più di quanto non abbia fatto il suo predecessore in dodici anni. Ha evocato e invocato la Madonna di Pompei. Ha pregato l’Ave Maria. Difficile non vederci un’eco delle questioni dottrinali e pastorali sollevate nelle Congregazioni Generali, certamente non da parte dei progressisti. È vero che il suo latino lascia alquanto a desiderare (ci ha regalato qualche errore di lettura e almeno un accento sbagliato) ma, al netto dell’emozione del momento, ha sicuramente ampi spazi di miglioramento in proposito. Peraltro, da qualche ora circolano voci che lo vorrebbero privato, privatissimo cultore della messa tradizionale: chissà…

Anche la scelta del nome è interessante, e suscita impressioni positive. Probabilmente dovuta al fatto che Leone XIII sostenne attivamente, anzi rilanciò, l’ordine degli agostiniani, di cui Prevost fa parte, non si può escludere che si tratti anche di un richiamo alla dottrina sociale della Chiesa, nel suo contenuto classico, tante volte disatteso e stravolto nel pontificato di Francesco. Certo, ci si potrebbe leggere anche un riferimento al ralliement (per la gioia di Macron e dei poteri globalisiti?), e, sempre sul piano storico, si potrebbe evocare anche Leone X, nel cui pontificato si consumò lo strappo luterano: in tempi di Synodale Weg non sarebbe un precedente incoraggiante… Tuttavia, è un nome sicuramente tradizionale, che potrebbe indicare anche la volontà di inserirsi nella storia bimillenaria della Chiesa e di valorizzarla tutta, non solo quella compiutasi a partire dall’11 ottobre 1962. Il primo papa Leone, S. Leone Magno, fu contemporaneo di S. Agostino e si segnalò per lo zelo per l’unità della Chiesa e l’ortodossia, l’affermazione del primato petrino e la restaurazione della disciplina ecclesiastica. Con il Card. Burke, ci auguriamo con tutto il cuore che il santo pontefice protegga, ispiri ed illumini il suo omonimo successore.

Ma ciò che maggiormente vorrei sottolineare è il reiterato riferimento alla pace: che non mi pare immediatamente e prevalentemente politico, pur potendosi e dovendosi leggere anche in tal senso, considerando gli scenari bellici che caratterizzano l’attualità. Si tratta in primis di un richiamo evangelico. Penso e spero che sia anche – anzi, soprattutto – un invito alla pacificazione interna di cui la Chiesa, dopo il devastante pontificato bergogliano, ha bisogno più dell’aria. Se le cose staranno davvero così, se Leone XIV si porrà l’obiettivo di riconciliare i cattolici tra loro, riconoscendo piena dignità e piena libertà di azione anche a quelli che non si riconoscono nella prevalente ondata modernista/modernizzante (abiurando fermamente, dunque, l’animus che ha ispirato operazioni come quelle, nefaste, compiute nei confronti di mons. Strickland e di mons. Rey), la sua elezione andrà salutata con soddisfazione, perlomeno nel senso di riconoscervi il massimo ottenibile nell’attuale situazione ecclesiale.

In conclusione: invocato l’ottimismo della volontà, entriamo senza pregiudizi nel nuovo pontificato, contando – come suggerisce santamente il Card. Burke – sulla protezione della Madonna di Guadalupe, nonché, come ha suggerito il nuovo Pontefice, della Madonna di Pompei. Seguendo l’esortazione di S. Giovanni Bosco, preferisco decisamente gridare “W il Papa”, piuttosto che “W Leone XIV”; ma in questi primi giorni di pontificato, penso di potermi concedere una piccola deroga, che vale soprattutto come auspicio che i segnali tradizionali offertici ieri siano veritieri, e che l’attesa, indispensabile pacificazione interna alla Chiesa sia davvero prossima. È in quest’ottica, dunque, che ben volentieri mi unisco a quanti acclamano “W Leone XIV!”.

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1 commento:

  1. Una specificità dei papi è che sono monarchi assoluti. Ma prima di diventarlo erano alla corte del predecessore. Nelle corti si obbedisce e il monarca esige e "premia" proprio questo. Chi obbedisce ai superiori, nel cattolicesimo, diventa infallibile più del papa. Per cui, voglio dire, che quando ti trovi a comandare, puoi anzi devi vederla a modo tuo, la quale cosa può benissimo portare a discontinuità col predecessore. Aspettiamo la prima enciclica.

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