
Continuiamo le analisi sull'imminente Conclave.
The Catholic Thing – Don Paul Scalia: "La Fede e il Papato: La prima e fondamentale responsabilità del Papa è quella di preservare e trasmetter il deposito della Fede".
Blog di Edward Pentin – "Importante iniziativa di preghiera per il Conclave di mons. Schneider".
First Things – George Weigel: "Retrospettiva di un pontificato".
Washington Post – George Weigel: Papa Francesco ha assistito a un forte declino del ruolo del Vaticano come testimone globale: “Quando è iniziato il pontificato di Francesco, la reputazione del Vaticano come efficace sostenitore di un ordine mondiale umano era al suo apice. Ora non più. Il suo successore dovrà ricostruire”.
Qui gli altri nostri post sulla Sede Vacante e sul Conclave 2025.
Luigi C.
di Aldo Maria Valli, 27-4-25
La valutazione inizia a girare con una certa insistenza: non sarà un conclave semplice. Probabile dunque che non sarà breve.
Nel 1958 per eleggere Giovanni XXIII ci vollero undici scrutini, nel 1963 per eleggere Paolo VI ce ne vollero 6, nel 1978 ce ne vollero quattro per eleggere Giovanni Paolo I e otto per Giovanni Paolo II, nel 2005 ce ne vollero quattro per Benedetto XVI e nel 2013 per eleggere Francesco furono cinque.
In una realtà dominata dai mass media, un conclave che vada oltre i tre-quattro giorni viene considerato un brutto messaggio da parte della Chiesa, perché segno di divisione: una pubblicità che si preferirebbe evitare.
Le congregazioni pre-conclave dei cardinali servono anche a questo: cercare di sciogliere i principali nodi prima di entrare nella Cappella Sistina. Esigenza tanto maggiore nella presente situazione, caratterizzata dal fatto che gli elettori (135) non sono mai stati così tanti (furono 117 nel 2005 e nel 2013, 111 nel secondo conclave del 1978, 82 nel 1963, 53 nel 1958), mai hanno avuto provenienze così diverse e mai sono stati così sconosciuti gli uni agli altri, considerato che Francesco non ha dato loro la possibilità di confrontarsi.
Nella scelta del successore di Pietro i cardinali prendono in esame molteplici questioni, che vanno dalla teologia alla pastorale, dalla comunicazione alla morale, e naturalmente considerano anche la storia e la provenienza dei possibili candidati.
La geopolitica ha un ruolo. Nel 2013 si era in piena epoca Obama. Oggi, con la vittoria di Trump, il vento è cambiato. E non è un vento che i cardinali possano ignorare.
In un quadro come l’attuale acquistano particolare importanza i cosiddetti king maker, ovvero quei cardinali che per esperienza e prestigio sono in grado di proporsi come punti di riferimento ed eventualmente convogliare consensi. Tuttavia, nel collegio cardinalizio lasciato in eredità da Bergoglio queste figure non emergono in modo nitido, il che complica ulteriormente il tutto.
In questa tornata, come ho già avuto modo di dire, acquisterà importanza anche il profilo caratteriale del candidato. Con la sua instabilità e il suo scarso rispetto delle regole, Francesco ha causato non pochi problemi per quanto riguarda sia i rapporti personali sia la gestione di quella grande macchina che è la Chiesa sotto il profilo amministrativo. C’è dunque voglia di stabilità e di un ritorno al diritto, per porre fine a un potere di tipo personalistico (peronista sarebbe il termine adeguato) che ha messo a dura prova l’intera struttura.
Sotto il profilo pastorale c’è l’esigenza di conservare l’idea cara a Bergoglio di una Chiesa che accompagna tutte le persone e a tutte vuole essere vicina, ma senza che la vicinanza si trasformi in un perdonismo che svuota la dottrina e la morale. Si tratta di riformulare l’idea di misericordia: non un colpo di spugna che tutto giustifica, ma un invito ad accostarsi alla verità evangelica.
Dal punto di vista teologico occorre rendere il messaggio della Chiesa meno vago e fluido. La Chiesa liquida di Francesco, genericamente “in uscita”, non ha esercitato un grande richiamo, specie sui giovani. La formula suonava bene, ma nei fatti si è dimostrata vuota. Le nuove generazioni, quando hanno un interesse per il trascendente, mostrano di avere a cuore la tradizione perché avvertono la necessità di ancorarsi a qualcosa di stabile. In un mondo che è già assai liquido, non ha senso che la Chiesa aggiunga fluidità. Il suo compito è piuttosto quello di ricuperare l’idea stessa di verità.
Alla teologia si collega la liturgia, e qui l’esigenza è di porre fine all’emarginazione, per non dire alla persecuzione, di coloro che amano la tradizione. Sul piano liturgico nella Chiesa ci sono fratture profonde che vanno al più presto risanate. La parola scisma è stata evocata fin troppe volte negli anni di Bergoglio. E anche in questo caso non si può ignorare una tendenza evidente: mentre le chiese novus ordo sono frequentate prevalentemente da anziani e vanno svuotandosi, quelle vetus ordo sono piene di famiglie e di giovani. La questione, dunque, va affrontata con sano realismo cristiano e autentico spirito di servizio, non su base ideologica come ha fatto Bergoglio.
Dei 135 cardinali aventi diritto all’ingresso in conclave, la stragrande maggioranza, 108, è figlia delle scelte di Francesco, ma ciò non significa che dalla Sistina uscirà un clone di Francesco. La storia insegna che il conclave prende spesso strade proprie.
In oltre dodici anni, il papa argentino ha profondamente rimodellato il sacro collegio. Oggi ci sono sedi tradizionalmente importanti come Milano e Parigi prive di un cardinale. Hanno invece un cardinale sedi come Port Moresby nella Papua Nuova Guinea e l’arcipelago di Tonga.
La regione Asia-Pacifico conta il 18% dei cardinali in età di voto, in aumento rispetto al 10% del 2013. L’Africa subsahariana ospita il 12% dei cardinali (era l’8%).La regione dell’America Latina e dei Caraibi ha raggiunto il 18%, in aumento rispetto al precedente 17%. La regione Medio Oriente-Nord Africa rappresenta il 3%, rispetto al precedente 2%. L’Europa è al 40%, in netto calo rispetto al 51%. Il Nord America rappresenta il 10%, e anche in questo caso c’è un calo rispetto al 12% precedente.
Il confronto tra porporati provenienti da realtà tanto diverse non sarà semplice, e non solo per quanto riguarda gli aspetti geopolitici. Diverse le sensibilità, diverse le priorità, diverse le esperienze, diversi i modi di confrontarsi con la post-modernità.
Esigenza comune è certamente quella di rimettere assieme i cocci lasciati da Bergoglio, unire una Chiesa lacerata e ridarle credibilità, specie di fronte alla piaga degli abusi commessi da membri del clero e della gerarchia. Un aspetto, questo, rispetto al quale l’esame delle candidature sarà particolarmente accurato, ma non facile, visto che i cardinali hanno poca o nulla conoscenza reciproca.
In teoria i cardinali in grado di porsi come king makers, o aggregatori, dovrebbero essere alcuni rappresentanti della curia romana, esperti di gestione interna, ma non è detto che sia così. Anzi, porporati assai periferici potrebbero guardare con sospetto i curiali e tenersi alla larga dalle loro manovre.
La questione dell’immagine avrà una sua importanza. Qualunque sia la loro provenienza, i cardinali sono consapevoli del fatto che viviamo nella società della comunicazione e che i gesti hanno un’importanza che può superare quella delle parole. Dopo un regno segnato da populismo e demagogia c’è però anche l’esigenza di tornare a un ragionamento più accurato e a formulazioni meno vaghe o avventate.
Gli identikit dei porporati in questi giorni vengono passati ai raggi X, e non mancano i depistaggi. La tradizionale ripartizione tra progressisti e conservatori vale fino a un certo punto. Molte, come detto, le variabili, e tanti gli interessi in gioco.
I nomi che circolano li conosciamo, basta leggere le cronache. Ma è assai probabile che siano di facciata.
In questi giorni le parole “conclave” e “papabili”, che la stampa straniera scrive spesso in italiano, terranno banco nelle cronache. La fase di avvicinamento all’extra omnes è anche una guerra sotterranea.
le analisi sono un'altra cosa, utilizzate i termini giusti: analizzare un Conclave poi è impossibile, sia perchè non c'è ancora stato, sia perchè una volta avvenuta l'elezione, i Cardinali conclavisti hanno il vincolo del segreto. Suggerisco "riflessioni" sul Conclave. Buon lavoro.
RispondiElimina