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martedì 15 aprile 2025

L’invisibilizzazione del Cattolicesimo è un suicidio assistito?

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1187 pubblicata da Paix Liturgique il 14 aprile, in cui Christian Marquant, Presidente dell’associazione Oremus-Paix Liturgique (contact@veilleurs-paris.fr), si traccia un impietoso quadro della scomparsa sociale del Cattolicesimo in Francia e, soprattutto, in Italia.

L.V.


Le sentinelle continuano per la 186ª settimana le loro preghiere per la difesa della Santa Messa tradizionale davanti all’Arcivescovado di Parigi (rue du Cloître-Notre-Dame, 10) dal lunedì al venerdì dalle ore 13:00 alle ore 13:30

Cari amici, lo storico Georges Bensoussan (Les origines du conflit israélo-arabe, Les territoires perdus de la République ecc.) è molto preoccupato per il futuro del Giudaismo in Francia: parla di invisibilità del Giudaismo, che si contrae demograficamente e si nasconde («progressiva marranizzazione degli Ebrei» che si privano di tutti i segni appariscenti, compresi i cognomi). Ebbene, c’è un’invisibilità molto più evidente del Cattolicesimo, la religione che ha fatto la Francia, in proporzioni molto più considerevoli e sotto la minaccia di una persecuzione di fatto molto più forte sotto forma di una pressione considerevole della secolarizzazione in profondità della società.

Uno degli effetti della «Rivoluzione del 1965», che ha preceduto e in parte reso possibile la Rivoluzione del 1968, tanto era grande il peso del Cattolicesimo all’epoca, effetto su cui si insiste certamente troppo poco, è la scomparsa dell’abito dei chierici. Nel giro di pochi mesi, al massimo un anno, la tonaca è scomparsa dal nostro paese dalla sfera pubblica, e l’abito da clergyman che aveva preso il suo posto si è rapidamente attenuato per poi scomparire quasi del tutto. Più di cinquant’anni dopo, il fenomeno è ancora più evidente, nonostante un ritorno all’uso della tonaca tra i giovani chierici che forse sottolinea la scomparsa: l’abito clericale o religioso è diventato ormai più strano dell’abito islamico (il caffettano di lino è in vendita nei grandi magazzini).

Ovviamente, se vediamo sempre meno sacerdoti e religiosi è perché la maggior parte delle volte sono in abiti civili, ma è anche perché sono sempre meno numerosi. Bisogna aggiungere un fenomeno di cui si parla poco, o almeno non in proporzione alla sua estrema importanza: la scomparsa delle religiose. Queste innumerevoli congregazioni femminili «attive» (non contemplative) diocesane o pontificie, i cui membri animavano la vita delle Parrocchie (cura degli anziani e dei malati, insegnanti, manutenzione delle chiese), degli ospedali, degli istituti di istruzione, sono svanite come neve al sole: quasi totale esaurimento delle vocazioni, invecchiamento, raggruppamenti, vendite di beni immobili ad eccezione delle case madri diventate case di riposo. Una morte dolorosa nel silenzio.

Non c’è bisogno di parlare del calo della pratica, che fa sì che il numero di chiese non solo di campagna, ma anche di grandi borghi che chiudono sia impressionante.

Ma questa scomparsa sociale del Cattolicesimo è sottolineata dal fatto che ora ha raggiunto l’Italia, il Paese del Papa, a lungo preservato. La pratica sta crollando, specialmente tra i giovani: il 44 per cento degli italiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni afferma di aver abbandonato la fede cattolica della loro infanzia e di non appartenere più a nessuna religione oggi. Più in generale, tra il 1993 e il 2019, con un’accelerazione del declino a partire dal 2005 e un ulteriore calo nel 2020 e nel 2021, si è passati dal 37,3 per cento della popolazione che partecipava alla Messa domenicale nel 1993 al 23,7 per cento nel 2019 (Luca Diotallevi, La messa è sbiadita, Rubbettino, 2024) [QUI: N.d.T.]. Da notare che in Francia siamo a meno del 2 per cento.

Ancora più grave: oltre alla pratica domenicale, una recente indagine del centro studi Pew Research Center di Washington mostra anche un crollo senza precedenti dell’appartenenza alla Chiesa cattolica in Italia, un crollo attualmente più importante di qualsiasi altro paese al mondo. Per ogni persona che si unisce alla Chiesa cattolica in Italia (in particolare le cresime di adulti come attualmente in Francia), più di 28 la abbandonano (in Francia sono 16 quelli che se ne vanno contro uno che entra). Le cifre si riferiscono a coloro che sono cresciuti nella Chiesa cattolica ma che oggi dichiarano di non farne più parte, di aver abbracciato un’altra religione o, molto più frequentemente, di aver rinunciato a qualsiasi appartenenza religiosa.

Si tratta di un fenomeno globale, tranne che in Corea del Sud, dove miracolosamente il Cattolicesimo prospera. In Italia, come in Francia, l’incognita sul futuro dipende dall’ampia «zona grigia» di coloro che sono poco o per niente praticanti, ma che continuano a dichiarare di appartenere alla religione cattolica. Oggi il 55,8 per cento degli Italiani costituisce questa «zona grigia». Il rischio è che questa «zona grigia» sia per definizione abbandonata a se stessa, che svanisca in breve tempo, come è successo in Francia.

I sociologi sono molto interessati all’Italia, perché è il Paese del Papa, che è anche il Primate d’Italia. Sono rimasto molto colpito, come tutti, dalle immagini di papa Francesco che si è fatto portare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, negli ultimi giorni, su una sedia a rotelle da malato, molto segnato dalla malattia, con i tubi respiratori nella narice. Il Papa era senza tonaca né zucchetto, vestito con pantaloni neri e un poncho gettato su una maglia di pelle. La tonaca, che era scomparsa ovunque, rimaneva il segno distintivo del Papa. Non si può vedere in queste immagini di un vecchio malato secolarizzato, che è il Papa, un simbolo del Cattolicesimo reso invisibile? [QUI su MiL, che per primo in assoluto ha pubblicato il video: N.d.T.]

D’altronde, l’estrema sinistra cattolica, in coerenza con ciò che il Concilio Vaticano II, o lo spirito del Concilio, poco importa, aveva iniziato in questa materia di matrimonio con il mondo profano, chiede ora… l’abolizione del Papato. Un saggio, coordinato da Robert Ageneau (ex sacerdote della Congregazione dello Spirito Santo, animatore della rivista Spiritus all’inizio degli anni Settanta, fondatore della casa editrice L’Harmattan, poi Karthala), porta il significativo titolo: Réformer ou abolir la papauté (Karthala, 2025) [Riformare o abolire il Papato: N.d.T.] [QUI: N.d.T.]. In breve: le promesse di una profonda riforma del Concilio Vaticano II sono state frenate dai Papi successivi, compreso papa Francesco, da cui gli autori del saggio si aspettavano molto, ma che secondo loro rimane un Papa «conservatore» nonostante gesti che, sempre secondo loro, alla fine non costano molto. Questa delusione nei confronti di papa Francesco era, dicono, inevitabile, poiché il Papato è un sistema basato sul potere assoluto di una sola persona. «E non si può riformare, bisognerebbe abolirla in nome dell’umanità della Chiesa, in nome di Gesù» (José Arregui, Golias, 10 aprile 2025 – José Arregui è un ex sacerdote domenicano).

«Eccessi», certo, ma che fanno comunque capire, se si considerano i chierici e i Vescovi molto più «moderati» di quelli che ho appena citato, che se la Chiesa muore è perché gli uomini di Chiesa hanno accettato la sua morte e quindi l’hanno voluta. Perché è troppo facile dire che è stata la secolarizzazione della società a far scomparire socialmente il Cattolicesimo. Sono stati i pastori della Chiesa a volere questa secolarizzazione, a «accompagnarla» come si accompagnano o si assistono oggi i suicidi, con la benedizione laica delle leggi sull’eutanasia.

Questa secolarizzazione voluta dai Vescovi e dai chierici della Chiesa non si esprime forse in questo concentrato di banalizzazione, e quindi in parte di questa evacuazione del sacro, che ha rappresentato la riforma liturgica?

Perdonate la mia rapidità nel cadere sulla liturgia, cari amici attenti che protestate contro l’oppressione della Santa Messa e dei Sacramenti tradizionali, ma tornerò sull’argomento. La prova che si può resistere all’invisibilità? Il successo delle Sante Messe tradizionali! E in un altro modo la visibilità puntuale ma molto reale del nostro protesta davanti agli uffici dell’Arcivescovado (rue du Cloître-Notre-Dame, 10) dal lunedì al venerdì, dalle ore 13:00 alle ore 13:30, nell’Église Saint-Georges di La Villette (avenue Simon Bolivar, 114, nel XIX arrondissement), il mercoledì alle 17:00, davanti all’Église Notre-Dame-du-Travail (rue Vercingétorix, 59, nel XIV arrondissement).

Echi della veglia: una signora in età avanzata si ferma di fronte a noi e, guardando i nostri Rosari, ci dice: «I tempi cambiano, non c’è più posto per le vostre cianfrusaglie». Le rispondiamo: «Ma è quello che la Chiesa crede e insegna da quasi duemila anni!». «Non importa, dovete spazzare via le vostre sciocchezze», ci dice voltando le spalle.

In unione di preghiera e amicizia.

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