Post in evidenza

Casalini e Zenone. "Francesco in poncho a s. Pietro. Atto voluto?". Oggi 12 aprile VIDEO alle 18

Il penultimo atto della desacralizzazione del papato è un atto voluto, ricercato, meditato oppure una casualità?  Con il nostro Luigi Casali...

sabato 5 aprile 2025

“Fornicazione e Idolatria: silenzi imbarazzanti della Liturgia”

Grazie a Investigatore Biblico su questa analisi dei pessimi "tagli" della liturgia Novus Ordo.
Luigi C.

20-3-25

La Parola di Dio è viva, tagliente come una spada a doppio taglio, capace di discernere i pensieri e le intenzioni del cuore. Così ci ricorda la Lettera agli Ebrei. Eppure, talvolta ci accorgiamo che questa Parola viene offerta al popolo di Dio in modo incompleto, come se si avesse timore della sua forza, come se si volesse addolcirla per non turbare, per non ferire o per non mettere in crisi.
La Seconda Lettura che verrà proclamata Domenica 23 Marzo 2025, è tratta dalla Prima Lettera ai Corinzi al capitolo 10. E’ una pagina di grande intensità e di profondo significato. Paolo scrive a una comunità giovane, fragile, tentata da molti compromessi. Parla ai cristiani di Corinto, ma sembra di ascoltare parole indirizzate direttamente a noi. Ricorda la storia d’Israele, ricorda la fedeltà di Dio, ma anche l’infedeltà del popolo. E avverte: tutto questo è stato scritto per noi, che viviamo il tempo ultimo, il tempo dell’attesa, il tempo della vigilanza. È una parola severa, ma necessaria. Eppure, proprio nella proclamazione liturgica, si è deciso di tagliare alcuni versetti, proprio quelli che forse oggi più che mai avremmo bisogno di ascoltare.

I versetti sette e otto del capitolo dieci di questa Lettera sono stati omessi. La potete trovare qui (Liturgia del giorno 23 Marzo 2025 sito ufficiale della CEI – Chiesacattolica.it). Sono parole dure, parole chiare: “Non diventate idolatri come alcuni di loro […] Non abbandoniamoci alla fornicazione, come vi si abbandonarono alcuni di essi e ne caddero in un solo giorno ventitremila.”
Sono parole che ci mettono davanti a una verità scomoda: l’idolatria e la fornicazione sono ferite che allontanano l’uomo da Dio, sono scelte che conducono alla morte. Non si tratta di un moralismo esteriore, non si tratta di fissarsi su singoli peccati, ma di indicare che la relazione con Dio non è un fatto teorico. Si gioca nella concretezza della vita, del corpo, della fedeltà.

Perché allora la liturgia ha scelto di omettere proprio questi versetti? Qual è il timore che abita il cuore di chi prepara la Parola da offrire al popolo di Dio? Forse si pensa che la comunità cristiana di oggi non sia in grado di accogliere un richiamo così netto? Che parlare di fornicazione, di idolatria, possa apparire fuori tempo, duro, estraneo alla sensibilità moderna? Eppure, proprio oggi, in un tempo in cui la confusione sul corpo e sull’amore è grande, questa parola avrebbe potuto essere una luce, un aiuto a riflettere sul valore profondo della nostra relazione con Dio e con gli altri.

L’omissione di questi versetti ci lascia un senso di incompiutezza. Sembra che si voglia proteggere il popolo da una verità scomoda, come se fosse meglio non turbare le coscienze. Ma la verità non turba, illumina. Non ferisce, guarisce. Paolo non ha avuto paura di parlare chiaro. Non ha censurato la Parola di Dio, perché sapeva che la comunità di Corinto aveva bisogno di ascoltare tutto, anche ciò che poteva apparire duro. Perché è solo la verità che ci fa liberi.

L’omissione dei versetti che parlano di fornicazione e idolatria rischia di rendere la Parola di Dio una parola sterile, addomesticata. Rischia di privare il popolo di Dio di un alimento forte, capace di sostenere nella lotta spirituale. Perché è di questo che si tratta: siamo in una lotta, in un combattimento che coinvolge tutta la nostra vita. Paolo lo dice con chiarezza: “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.” Ma se la Parola viene resa debole, se viene annacquata, come potremo restare in piedi?

La Chiesa è madre. E una madre vera dice ai figli la verità, anche quando è difficile. Anche quando significa richiamarli con forza. Non per condannare, ma per salvare. La Parola di Dio non è mai una condanna: è sempre una possibilità di conversione, di ritorno, di vita nuova. Ma perché questa possibilità sia reale, occorre ascoltare tutto quello che Dio dice. Anche quando ci mette a nudo, anche quando ci chiede di cambiare strada.

Forse abbiamo paura che la Parola sia troppo esigente. Ma Dio non ci chiede nulla che non possiamo vivere con la sua grazia. E San Paolo stesso, poco dopo, ci ricorda che “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze” (1Cor 10,13). Non siamo soli in questo cammino. Non siamo lasciati a noi stessi. Ma abbiamo bisogno di una Parola che non ci lusinghi, che non ci accarezzi soltanto, ma che ci chiami alla verità.

Oggi, davanti a questa lettura spezzata, mutilata, sentiamo l’urgenza di ritrovare il coraggio di annunciare la Parola intera. Perché solo la verità ci salva. Solo la luce piena ci libera dalle tenebre. Solo l’amore che non teme di correggere ci conduce alla vita. È questo che chiede il Signore alla sua Chiesa oggi: non avere paura della Parola, perché “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.”

Ogni Parola. Anche quella che ci inquieta. Perché è quella che ci converte.

Nessun commento:

Posta un commento