Post in evidenza

11 aprile. Peccato e conversione in san Leone I Magno - #sanleonemagno #liturgia

Ricordiamo il grande Santo (anche codificatore della liturgia), alla vigilia della sua Festa, secondo il calendario tradizionale (III Classe...

sabato 5 aprile 2025

Perché l’abusatore don Marko Ivan Rupnik e la sua «arte» continuano a imperversare?

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1182 pubblicata da Paix Liturgique il 4 aprile, in cui si ritorna sulla vicenda di don Marko Ivan Rupnik, accusato di ripetute violenze psicologiche e sessuali nei confronti di donne anche consacrate, e sull’ambiguo rapporto con il card. Angelo De Donatis, Penitenziere Maggiore, il quale gli garantisce protezione ed appoggio, anche a scapito delle monache benedettine di Montefiolo, il cui monastero è stato di fatto occupato con la forza dall’ex Gesuita e dai suoi seguaci del Centro di studi e ricerche Ezio Aletti (ne abbiamo già scritto QUI; QUI su MiL).

L.V.


Ancora una volta «fate quello che dico e non quello che faccio»

Don Marko Ivan Rupnik, ex Gesuita sloveno, artista mosaicista discutibile – un neo-sulpicianesimo in epoca di fumetti –, autore di abusi su una ventina di donne, su religiose e su membri della sua nuova comunità che lavoravano con lui ai mosaici, è ancora attivo e a priori senza limitazioni di ministero.

Nel 2019, papa Francesco si rivolge alle vittime: «Voi siete la luce del mondo», ma...

Nel 2019, tuttavia, nella lettera apostolica in forma di «motu proprio» Vos estis lux mundi, papa Francesco chiedeva alle Diocesi di ascoltare le vittime e di lottare contro gli abusi; inaspriva anche le sanzioni canoniche contro coloro che commettono abusi sui minori [QUI: N.d.T.]:

I crimini di abuso sessuale offendono Nostro Signore, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la comunità dei fedeli. Affinché tali fenomeni, in tutte le loro forme, non avvengano più, serve una conversione continua e profonda dei cuori, attestata da azioni concrete ed efficaci che coinvolgano tutti nella Chiesa, così che la santità personale e l’impegno morale possano concorrere a promuovere la piena credibilità dell’annuncio evangelico e l’efficacia della missione della Chiesa.

Papa Francesco impone di segnalare gli abusi e di proteggere gli autori:

ogni qualvolta un chierico o un membro di un Istituto di vita consacrata o di una Società di vita apostolica abbia notizia o fondati motivi per ritenere che sia stato commesso uno dei fatti […].
A chi effettua una segnalazione non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo al contenuto di essa.

Per quanto riguarda le vittime, maggiorenni o minorenni, dovevano essere ascoltate e accompagnate:

§1. Le Autorità ecclesiastiche si impegnano affinché coloro che affermano di essere stati offesi, insieme con le loro famiglie, siano trattati con dignità e rispetto, e offrono loro, in particolare:
a) accoglienza, ascolto e accompagnamento, anche tramite specifici servizi;
b) assistenza spirituale;
c) assistenza medica, terapeutica e psicologica, a seconda del caso specifico.
§2. Sono tutelate l’immagine e la sfera privata delle persone coinvolte, nonché la riservatezza dei dati personali.

Cinque anni dopo, è evidente che queste norme, che dovrebbero applicarsi a tutta la Chiesa sono rimaste lettera morta in molti luoghi – anche in Europa, Diocesi o Congregazioni proteggono gli autori di abusi, mentre in Burundi Émilienne Sibomana, segretaria del Lycée technique Christ Roi di Mushasha dell’Arcidiocesi di Gitega che ha messo in discussione in una riunione pubblica il sacerdote direttore nel gennaio 2023 a seguito di violenze sessuali su minori, è finita in prigione. Il 18 ottobre scorso il quotidiano La Croix ha riferito che, sebbene fosse stata assolta a luglio, era ancora in carcere. Per quanto riguarda mons. Bonaventure Nahimana, Arcivescovo metropolita di Gitega, ha nominato tre sacerdoti per indagare sui fatti denunciati, che hanno concluso le indagini in un giorno, dopodiché l’Arcivescovo ha dichiarato la chiusura senza indagare ulteriormente [QUI: N.d.T.].

Don Marko Ivan Rupnik e i suoi compagni sotto la protezione del card. Angelo De Donatis

Il sito La Nuova Bussola Quotidiana, lo scorso 3 marzo, aveva indagato su un convento occupato dagli ex Gesuiti del Centro di studi e ricerche Ezio Aletti, la comunità in cui don Marko Ivan Rupnik vive e crea i suoi mosaici. Troppo visibili a Roma, hanno lasciato il convento per un monastero delle Benedettine di Priscilla a Montefiore, dove il card. Angelo De Donatis, ex Vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, si è sistemato in un appartamento. Le suore, invece, hanno dovuto lasciare i locali per San Felice Circeo.

Il 27 febbraio, i giornalisti del sito La Nuova Bussola Quotidiana si sono recati a Montefiolo:

un picco dove l’unica costruzione è appunto l’antico e maestoso convento che fu in origine dell’Ordine dei frati minori cappuccini e che, dopo essere caduto in uno stato miserevole, nel 1935 venne acquistato e risistemato da mons. Giulio Belvederi. L’allora Segretario del Pontificio Istituto di archeologia cristiana aprì il monastero ad un gruppo di donne desiderose di vivere la vita religiosa e che nel 1936 si costituiranno come Oblate regolari Benedettine di Priscilla, entrando poi nella Confederazione benedettina. Ma ora, con un’oscura trama, sta passando nelle mani di un gruppetto di ex Gesuiti, favoriti dalla posizione del convento che, circondato da un alto muro di cinta e da un bosco che lo separa dalla strada principale, ne fa un’ottima residenza per chi vuole vivere nella segretezza.

Quando gli viene negato l’ingresso, aspettano e finalmente vedono apparire un prete:

appare un altro uomo: questa volta si presenta, «sono un prete, mi chiamo Milan». Ed è proprio don Milan Žust, che per anni è stato superiore di padre Marko Ivan Rupnik nella comunità dei Gesuiti del Centro di studi e ricerche Ezio Aletti, e dal 2018 al 2021 socio di padre Johan Verschueren S.I., Delegato del Preposito generale della Compagnia di Gesù per le case e opere interprovinciali di Roma […].
In realtà il convento di Montefiolo era residenza già nota e frequentata da quelli del Centro Aletti, che, in un’ampia ala dell’enorme costruzione, chiamata «Casa della Risurrezione», vi organizzavano corsi di esercizi spirituali. Ma – e qui viene il bello – a manovrare, nemmeno troppo dietro le quinte, l’avvicendamento è stato il card. Angelo De Donatis, ex Vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma e ora Penitenziere Maggiore. Non è un segreto che il Cardinale sia il grande protettore di don Marko Ivan Rupnik e che, in illo tempore, abbia liquidato come calunnie le numerose e circostanziate accuse che emergevano ai danni dell’ex Gesuita sloveno e sia arrivato persino ad emanare una ridicola nota che lodava l’irreprensibile realtà del Centro Aletti, mentre le vittime di don Rupnik chiedevano verità e giustizia.
Il card. Angelo De Donatis è di casa a Montefiolo, dove si è costruito una dimora a due piani dentro la proprietà delle monache («un bellissimo appartamento», ci dice in paese chi l’ha visto), recuperando e sistemando una struttura che le suore utilizzavano per parcheggiare i loro mezzi, sul declivio che guarda a valle, verso il Monte Soratte. E poi, nella vicina località di Poggio Catino, il card. De Donatis possiede anche un ex agriturismo con piscina, nel quale sembra abbia fatto alloggiare Rupnik & C., in attesa di inserirli a Montefiolo.

Le suore, dal canto loro, vedono le loro proprietà annesse e gestite dal card. Angelo De Donatis:

Le povere suore non sembrano passarsela bene, sono praticamente ostaggio del card. Angelo De Donatis e del gruppo di don Marko Ivan Rupnik, ed è impedito loro di aprire il convento a estranei. Cercando altre informazioni nel paese di Casperia, veniamo a sapere che in effetti le suore, una volta molto presenti in paese e note anche per la qualità dei loro ricami, da un bel po’ di tempo sono sparite e non se ne sa più nulla. Otteniamo anche il numero di telefono personale di una di loro e ci suggeriscono di provare a chiedere di acquistare il miele che vendono, come stratagemma per entrare nel convento. Proviamo: «Non è possibile – ci risponde la suora con un tono impaurito – non vogliono che apriamo». «Non vogliono? Chi non vuole? – incalziamo noi, a questo punto giocando a carte scoperte – Il card. De Donatis? Don Rupnik?» La suora a questo punto è terrorizzata: «Non so nulla, ora devo andare a Messa». Click.

Quanto a don Marko Ivan Rupnik e ai suoi cari, hanno iniziato a snaturare la chiesa del convento, coprendola con le loro opere, e questo nonostante sia un edificio classificato:

«Una casa protetta dalle Belle Arti, la stanno completamente stravolgendo. C’è la chiesa, che ha anche un accesso esterno, che stanno pitturando a più non posso. E poi, nella parte antica del monastero, un antico romitorio dove ha vissuto come eremita San Felice da Cantalice: stanno facendo dipinti anche lì», ci spiega un informatore. Che continua: «Per anni non si è potuto fare niente, perché servivano permessi; ora, in poco tempo, hanno eretto un muro dove erano i due scalini che portavano all'altare e lo hanno affrescato».

Il sito La Nuova Bussola Quotidiana conclude:

il card. Angelo De Donatis è il regista della nuova sistemazione di don Marko Ivan Rupnik e del gruppetto che ha lasciato la Compagnia di Gesù in una proprietà che non è sua, ma nella quale egli si è fatto un’abitazione e che gestisce come fosse sua. Non potendo incardinare egli stesso don Rupnik nella Diocesi di Roma, decisamente troppo sotto i riflettori dopo lo scandalo mediatico, si è cercato e trovato in mons. Jurij Bizjak, Vescovo emerito di Capodistria (dal 1º febbraio scorso sostituito con mons. Peter Štumpf S.D.B.), un Vescovo disposto ad un’incardinazione puramente formale, per poi lasciare libero don Rupnik di formare una nuova comunità e continuare le sue attività artistiche. Il card. De Donatis non ha avuto nulla in contrario nel mettere don Rupnik, dopo tutto quello che è emerso, nuovamente a contatto diretto con delle religiose.

Per il card. Víctor Manuel Fernández non c’è fretta per il processo canonico di don Marko Ivan Rupnik

Il settimanale Alfa & Omega aveva già riportato le parole del card. Víctor Manuel Fernández, Prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, lo scorso gennaio, riguardo al processo canonico di don Marko Ivan Rupnik. Per riassumere, e con il pretesto che ci sono molti altri casi di abusi spirituali, per il card. Fernández non c’è alcuna fretta [QUI: N.d.T.]:

C’è urgenza di risolvere il caso di don Marko Ivan Rupnik, ad esempio, che è in ritardo?
In realtà penso a molti altri casi, e alcuni forse più gravi ma meno mediatizzati. Non possiamo pensare a una nuova legge solo per un caso, perché ciò limiterebbe la visione e pregiudicherebbe l’obiettività del lavoro.
Per quanto riguarda il caso Rupnik, il Dicastero per la dottrina della fede ha concluso la fase di raccolta delle informazioni che si trovavano in luoghi molto diversi e ha fatto una prima analisi. Ora stiamo lavorando per costituire un tribunale indipendente che passi all’ultima fase attraverso un processo penale. In casi come questo è importante trovare le persone più adatte e che accettino.

Il card. Víctor Manuel Fernández era molto più frettoloso quando ha pubblicato un testo sulle benedizioni delle coppie dello stesso sesso, la dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni, che si è rivelato così affrettato, così approssimativo e così contrario al Magistero che è stato più o meno espressamente respinto da molti Episcopati, in particolare quelli africani. Ma ovviamente non si trattava di mettere in discussione un Gesuita vicino a papa Francesco.

Chi era il card. Angelo De Donatis, per un certo periodo vicino a papa Francesco?

Nato nel 1954 a Casarano, in Italia, il card. Angelo De Donatis non è oggi il personaggio più importante della Chiesa, ma fino al 2013 era sconosciuto. Originario della parte meridionale della provincia di Lecce, in Puglia, è un ottimo esempio del tipo di buon esecutore, ecclesiastico o meno, del sud Italia, che è riuscito a farsi strada più a nord ed è pronto a tutto per salire [QUI: N.d.T.]:

Alunno prima del Seminario regionale liceale di Poggio Galeso e quindi del Pontificio Seminario Romano Maggiore, ha compiuto gli studi filosofici alla Pontificia Università Lateranense e quelli teologici presso la Pontificia Università Gregoriana, dove ha conseguito la Licenza in Teologia Morale.
È stato ordinato sacerdote il 12 aprile 1980 per la Diocesi di Nardò‑Gallipoli e dal 28 novembre 1983 è incardinato nella Diocesi di Roma.
Nel suo ministero ha svolto i seguenti incarichi: […] dal 1989 al 1991, Archivista della Segreteria del Collegio Cardinalizio; dal 1990 al 1996, Direttore dell’Ufficio Clero del Vicariato di Roma; dal 1990 al 2003, Direttore Spirituale al Pontificio Seminario Romano Maggiore […].
Nel 1989 è stato ammesso allOrdine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme con il grado di Cavaliere.

Come scrive il sito The College of Cardinals Report, la vita di questo ecclesiastico piuttosto minore cambia nel 2013 [QUI: N.d.T.]:

Mons. Angelo De Donatis è stato relativamente sconosciuto fino al 2013, quando è stato segnalato tra i sette sacerdoti romani scelti da mons. [poi card.] Giovanni Angelo Becciu, allora Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, per cenare con papa Francesco due settimane dopo l’elezione del Papa. Nonostante avesse incontrato mons. De Donatis solo in quell’occasione, papa Francesco lo scelse per predicare le meditazioni quaresimali del 2014 per gli Esercizi spirituali della Curia romana. Per cinquant’anni quell’incarico era stato affidato solo a un Cardinale o a un noto teologo.
Nel settembre 2015, papa Francesco lo nominò Vescovo ausiliare di Roma, dove era responsabile della formazione del clero.
Dopo soli due anni da Vescovo, papa Francesco ha poi nominato mons. Angelo De Donatis Vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma e Arciprete dell’Arcibasilica di San Giovanni in Laterano.
La nomina è stata notevole in quanto mons. Angelo De Donatis è diventato la prima persona dal XVI secolo a essere nominato Vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma senza essere Cardinale. Papa Francesco lo ha elevato al Collegio dei Cardinali nel 2018.
Nell’aprile 2024, il card. Angelo De Donatis è stato nominato Penitenziere Maggiore, alla guida della Penitenzieria Apostolica, un tribunale vaticano noto come «tribunale della Misericordia». Il tribunale si occupa di casi di scomunica e di peccati gravi, in cui l'assoluzione è riservata alla Santa Sede, e ha il diritto di concedere indulgenze.

In realtà, se è stato nominato Penitenziere Maggiore nel 2024, è stato per allontanarlo dal Vicariato di Roma, una semi-disgrazia. Detto questo, ha sostenuto papa Francesco in tutto: è stato covidiota nel 2020, arrivando a chiudere le chiese di Roma, ha controllato le finanze della Diocesi di Roma nel 2021 senza pubblicarne i risultati, lo stesso anno ha attaccato i fedeli della Santa Messa tradizionale a Roma, nel 2024 ha difeso la dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni… E come altri vicini a papa Francesco (card. Arthur Roche, Prefetto del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, card. Robert Walter McElroy, Arcivescovo metropolita di Washington, card. Jean-Claude Hollerich S.I., Arcivescovo di Lussemburgo, card. Mario Grech, Segretario generale del Sinodo dei vescovi, ecc.) è andato a distorcere il Magistero per giustificare i suoi errori, affermando ad esempio che alla chiusura delle chiese di Roma durante la pandemia di covid «non ci ha spinto una paura irrazionale o, peggio, un pragmatismo privo di speranza evangelica, ma l’obbedienza alla volontà di Dio » [QUI: N.d.T.].

Riassumiamo. Il card. Angelo De Donatis è sconosciuto nel 2013, presentato da card. Giovanni Angelo Becciu a papa Francesco (il card. Becciu che sarà poi violentemente allontanato, come è noto), Vescovo ausiliare di Roma due anni dopo, Vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma senza essere Cardinale quattro anni dopo, Cardinale nel 2018 e incaricato della distribuzione delle indulgenze per i peccati più gravi (graviora) e dei casi di scomunica undici anni dopo…

Nessuna limitazione di ministero o attività per don Marko Ivan Rupnik

Don Marko Ivan Rupnik ha distrutto decine di vite, ma una delle sue opere si trova nell’appartamento di papa Francesco.

Tuttavia, le vittime di papa Francesco non mollano e i media italiani hanno preso le loro difese. La giornalista italiana Roberta Rei ha intercettato don Marko Ivan Rupnik all’Aeroporto internazionale di Roma-Fiumicino «Leonardo da Vinci» all’inizio di marzo, ma lui ha rifiutato di rispondere alle sue domande. Tuttavia, per la prima volta, tre delle sue vittime, tra cui una francese, hanno testimoniato in un programma molto seguito dalla televisione pubblica italiana [QUI: N.d.T.].

Come scrive il sito OSV News [QUI: N.d.T.]:

Il 9 marzo, le presunte vittime di don Marko Ivan Rupnik hanno rilasciato un’intervista a Le Iene, un popolare programma investigativo italiano condotto da Roberta Rei e Marco Occhipinti, andato in onda in prima serata sul canale Italia 1.
Gloria Branciani, Mirjam Kovac e suor Samuelle hanno ripetuto una testimonianza resa al quotidiano Domani nel dicembre 2022 di presunte violenze sessuali e spirituali.
«Ho subito diversi abusi psicologici, ma con sfumature sessuali, da parte di don Marko Ivan Rupnik», ha detto suor Samuelle, che è un’artista del mosaico. «Se trent’anni fa la Chiesa avesse ascoltato Gloria e le altre, venticinque anni dopo non ci sarebbe la mia storia». […]
Nel programma televisivo, le donne hanno confermato la loro precedente testimonianza, in cui affermavano che don Marko Ivan Rupnik avrebbe giustificato gli atti per motivi teologici, arrivando a proporre una relazione sessuale a tre.

Ovviamente si può rimpiangere che le testimonianze vengano rese in televisione e non davanti al tribunale ecclesiastico competente a giudicarne la veridicità, ma oggi funziona così. Anche mons. Jurij Bizjak, Vescovo emerito di Capodistria, che ha appena lasciato il suo incarico e aveva incardinato don Marko Ivan Rupnik nella sua Diocesi dopo che era diventato troppo sulfureux, anche per i Gesuiti, ha risposto ai media italiani sull’argomento. Ha rivelato che don Rupnik non è limitato nel suo ministero e continua a viaggiare in tutto il mondo per vendere e realizzare le sue opere:

In un’intervista con il sito OSV News e gli autori del podcast italiano La Confessione e La Scomunica, mons. Jurij Bizjak, che si è ritirato il 29 novembre 2024 dalla Diocesi di Capodistria, ha dichiarato il 31 gennaio che don Marko Ivan Rupnik, che conosce personalmente, «continua il suo lavoro in tutto il mondo», compresi i recenti viaggi in Brasile e Cina. […]
Quando a mons. Jurij Bizjak è stato chiesto perché avesse deciso di incardinare il Gesuita caduto in disgrazia nella Diocesi di Capodistria, nonostante la sua espulsione dalla Compagnia di Gesù e le informazioni ottenute su di lui da quell’Ordine, ha risposto che don Marko Ivan Rupnik si era rivolto a lui per primo perché era nato in quella Diocesi e perché i due avevano un rapporto personale, essendo nati in Parrocchie vicine. «Tu sei il mio prossimo», gli disse don Rupnik.
Parlando delle accuse contro don Marko Ivan Rupnik, mons. Jurij Bizjak ha aggiunto che, sebbene «abuso spirituale sia un termine molto particolare e delicato», ha preso la decisione di incardinare don Rupnik nella Diocesi «liberamente».
Mons. Jurij Bizjak ha detto che «non aveva alcuna condanna che potesse impedirlo», solo «sospetti», e che «ha fatto tutto in accordo con la Santa Sede», ha detto, aggiungendo «bisogna aspettare il giudizio».
«Ora aspettiamo cosa succederà, ma personalmente ritengo che questo tempo sia un po’ troppo lungo» da aspettare, ha detto.

Un’opera di don Marko Ivan Rupnik nell’appartamento di papa Francesco e altre nella cappella della Nunziatura Apostolica a Parigi

Del resto, è stato il sito Vatican News a rendere pubblico questo fatto: il 22 gennaio, mentre chiama sul cellulare padre Gabriel Romanelli I.V.E., Parroco di Gaza, si vede un’opera di don Marko Ivan Rupnik, un piccolo mosaico riconoscibile per l’oscurità dei suoi occhi dove non brilla alcuna luce, sulla parete dell’appartamento di papa Francesco [QUI: N.d.T.].

È proprio nello stile di papa Francesco, del tipo: «Vi sto dando fastidio a tutti!». Ma è comunque un disordine. Tanto più che mons. Jean-Marc Micas P.S.S., Vescovo di Tarbes e Lourdes, dopo molte esitazioni, ha deciso di far coprire le due porte laterali della Basilique Notre-Dame-du-Rosaire di Lourdes con i mosaici di don Marko Ivan Rupnik con pannelli di alluminio. E ha annunciato che tra qualche giorno saranno ricoperte anche le due grandi porte centrali. Resta da coprire le altre opere di don Rupnik nella Basilica di Lourdes.

Ma a proposito, mons. Celestino Migliore, Nunzio Apostolico in Francia, conserva ancora le opere di don Marko Ivan Rupnik nella sua cappella, in avenue du Président Wilson. Erano state commissionate tempo fa dal card. Fortunato Baldelli, uomo molto devoto ma con un gusto orribile. Quando dunque mons. Migliore farà cancellare queste orribilità? L’estetica ne guadagnerà tanto quanto la morale.

Nessun commento:

Posta un commento