
Qualche riflessione su un eventuale, prossimo, Conclave.
Questa è la traduzione italiana dell’articolo comparso su The European Conservative, 1° Marzo 2025.
Katholisch.de (in English) –Mario Trifunovic: – Commento del vaticanista Marco Politi: La successione di Francesco già è iniziata: “…da un lato il cardinale Müller vuole che venga preservata la forma tradizionale del pontificato, cioè che si sia papa a vita, e che Ratzinger sia stato un'eccezione e che non si dovrebbe normalizzare questa eccezione. Dall'altro, mostra anche che il cardinale Müller, come altri cardinali ultraconservatori, è molto cauto al momento: non vogliono mostrare che la campagna elettorale è già iniziata. Questo perché gli ultraconservatori sanno di non essere abbastanza forti per imporre un candidato al conclave. Perché è chiaro che bisogna trovare un compromesso con il centro. Il grande centro è un gruppo di cardinali che appartengono a diverse scuole di pensiero e vedono in modo diverso la linea teologica di Francesco. A volte sono aperti, magari favorevoli alla comunione per i divorziati risposati, ma poi sono contrari alla benedizione delle coppie omosessuali, per esempio…. Per dodici anni, nella Chiesa c'è stata una feroce guerra civile. Gli ultraconservatori erano contro Francesco, proprio a causa della comunione ai divorziati risposati. Non volevano il diaconato alle donne e chiedevano che rimanesse il celibato, sono contrari alla benedizione delle coppie omosessuali. Ma sanno che quando si arriva al conclave non si possono gridare slogan estremisti, bisogna stare più attenti…. C'è un'opposizione rumorosa e ben organizzata con molti siti web che fanno attivamente campagna contro il Papa. L'ala riformista della Chiesa non è stata così attiva sulla scena internazionale e non si è mobilitata. Probabilmente Francesco non voleva che una tale mobilitazione dei riformatori approfondisse la divisione nella Chiesa. Ma se si è trattato di una strategia, è stata una cattiva strategia. Perché i progressisti sono stati piuttosto passivi…. La Curia voleva interrompere il cammino sinodale tedesco con il sostegno del Papa, ma i vescovi tedeschi sono semplicemente andati avanti. Oppure un altro esempio: il Dicastero per la Dottrina della Fede dice che le coppie omosessuali possono essere benedette, e le chiese africane sono contrarie. Questo dimostra che questa onnipotenza non esiste più. E il secondo punto è che neanche il Papa è più un monarca onnipotente….".
Luigi C.
7-3-25, Gaetano Masciullo
Il film Conclave (2024), diretto dal regista svizzero Edward Berger e candidato a ben 8 oscar, mostra una Chiesa “segreta”, con cardinali atei, libertini e omosessuali, che devono eleggere il prossimo papa dopo la morte del predecessore, un cattolico liberale dall’improbabilissimo nome di Gregorio XVII. La corsa al papato affronta, ovviamente, tanti temi che non sono esclusiva delle fantasie progressiste del regista, ma argomenti che tengono davvero acceso il dibattito del pre-conclave in corso: ordinazioni femminili, superamento del celibato ecclesiastico e della dicotomia maschio-femmina, agenda queer e transessualismo. Il film termina con la scoperta dell’identità intersessuale del neoeletto Pontefice, costretto a fare un’asportazione chirurgica dell’utero. Che colpo di scena inaspettato. Qui siamo oltre il sogno femminista della Papessa Giovanna, abbiamo direttamente il Papa androgino.
Il film è inquietante perché, esasperando la realtà, descrive (e normalizza) quelli che sono i sogni di una porzione ormai non così inconsistente del cardinalato cattolico contemporaneo, che si prepara – stavolta per davvero – all’elezione del successore di Francesco. Gli ultimi dodici anni di pontificato sono stati caratterizzati da un’agenda radicalmente contraria ai valori cattolici tradizionali. Per capire l’agenda di Francesco, bisogna guardare al discorso che il cardinale ultra-modernista Carlo Maria Martini (1927-2012), l’antepapa, come egli amava definirsi, e che tanto cercò di favorire l’elezione di Bergoglio durante il conclave del 2005, pronunciò nel 1999 in occasione del Sinodo dei vescovi europei. Qui l’ex arcivescovo di Milano indicò quattro “nodi da sciogliere”:
Il nodo della “drammatica carenza di ministri ordinati” (da sciogliere con l’introduzione dei viri probati, cioé di parroci sposati e non necessariamente ordinati);
Il nodo del “posto delle donne nella Chiesa” (da sciogliere con la parità dei sessi nei ruoli di formazione e di decisione, con l’obiettivo ultimo di introdurre l’ordinazione femminile come nelle chiese protestanti storiche);
Il nodo della “sessualità” (da sciogliere con il superamento di Humanæ Vitæ);
Il nodo della “disciplina del matrimonio” (da sciogliere con la normalizzazione delle coppie di divorziati e risposati civilmente, con l’obiettivo ultimo di normalizzare anche le coppie LGBT).
Questi quattro nodi sono stati al centro del governo di Papa Francesco, anche se non sono stati “sciolti” integralmente come si sperava. Per quanto riguarda il primo nodo, il Sinodo sull’Amazzonia (2018) è risultato un fiasco e l’introduzione dei viri probati è sfumata. Per quanto riguarda il secondo nodo, piuttosto che promulgare documenti magisteriali eclatanti e divisivi, si è deciso di passare direttamente ai fatti mettendo donne dell’entourage bergogliano in posti più o meno importanti della Curia (come avvenuto, per esempio, nel caso del Dicastero per gli istituti di Vita Consacrata, oppure nel caso del Governatorato del Vaticano, andando contro la Legge Fondamentale dello Stato Vaticano promulgata da Francesco stesso). Per quanto riguarda il terzo nodo, la pubblicazione da parte del Dicastero per la Dottrina della fede del controverso documento Fiducia supplicans (2023) ha aperto alla possibilità di benedire le coppie LGBT “in quanto coppie”, aprendo così alla normalizzazione delle stesse all’interno della Catholica. Per quanto riguarda il quarto nodo, la pubblicazione di Amoris Laetitia (2016) ha di fatto avviato una rivoluzione della teologia tradizionale riguardante non solo il Matrimonio, ma anche altri due sacramenti fondamentali per la vita di ogni cattolico, cioé la Confessione e l’Eucarestia.
Un altro documento importantissimo, da intendere come “corollario necessario” di tutta quest’agenda, è certamente Traditionis custodes (2021), il quale, proibendo la forma tradizionale della liturgia romana, ha di fatto cercato di bloccare qualsiasi tentativo di ripristino della dottrina e della morale cattoliche. I modernisti, infatti, sanno bene, al pari dei conservatori e dei tradizionalisti, che la liturgia riflette e trasmette un modo preciso di intendere il deposito della fede. In breve, il regno di Francesco (che sembra ormai volgere al termine, ma è in realtà un tramonto lungo, che procede almeno dal 2023) ha significato, sulla scia di un’ermeneutica di rottura del Concilio Vaticano II, la relativizzazione della morale, dopo una fase precedente di relativizzazione dei rapporti ecumenici.
Uno step necessario per arrivare alla relativizzazione della dottrina. Una fase nuova, dunque, della “pastorale rivoluzionaria” avviata, più o meno consapevolmente, da Paolo VI e interrotta – ma non risolta – durante i regni di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Una fase comunque che non si concluderà con la morte o l’abdicazione di Francesco, perché rimasta incompleta, anzi contrastata spesso in maniera efficace da più fronti, non solo quello degli ecclesiastici presentati mediaticamente come “nemici” di Bergoglio, ma anche di tanti che, inizialmente, per ingenuità, per convinzione o per convenienza apparivano “amici” di Francesco. Pensiamo, a titolo di esempio, alla rivolta degli alti prelati africani contro Fiducia supplicans. Chi prenderà le redini di questa rivoluzione dopo Francesco?
Tanti sono i nomi dei papabili che si sono fatti in questi giorni. Ricordando il noto adagio romano che dice: “Chi entra papa in conclave, ne esce cardinale” (e auspicando che valga anche per questo caso), bisogna riportare alla mente quanto avvenuto già durante il conclave del 2013, che vide l’elezione dell’ex arcivescovo di Buenos Aires, per provare a ipotizzare che cosa potrà accadere durante il prossimo. Infatti, in quel momento storico, i conservatori proposero l’italiano Angelo Scola (dietro suggestione e speranza dello stesso Benedetto XVI abdicatario) mentre i progressisti proposero, più abilmente, il brasiliano Scherer. Dico abilmente, perché Scherer fu in realtà un “nome civetta”, cioé un diversivo da esporre mediaticamente per celare il vero candidato, appunto Bergoglio. Scherer appariva tutto sommato come un moderato, tanto da attirare anche le simpatie di Bertone e Sodano, ma erano anche note alcune simpatie nascoste che poi emersero improvvisamente dopo il Sinodo sull’Amazzonia. Scherer passò presto in secondo piano e fu proposto come “papa di compromesso” Jorge Mario Bergoglio, all’epoca noto per essere un centrista, se non addirittura un conservatore, visto il suo passato filo-peronista e ufficialmente anti-marxista. Un ruolo molto importante fu giocato dai mezzi di comunicazione, che diffusero insinuazioni e notizie false che trovarono credito presso molti cardinali elettori.
Una strategia analoga potrà essere messa in atto anche durante il prossimo Conclave. A livello mediatico, per esempio, tanto si parla del filippino Tagle e dell’italiano Zuppi, due cardinali estremamente progressisti, vicinissimi a Francesco, che tuttavia difficilmente raccoglieranno i voti necessari per l’elezione, dal momento che tantissimi sono scontenti dopo dodici anni di governo autoritario, repressivo e noncurante delle leggi che governano la Chiesa. L’esaltazione mediatica della loro (reale) posizione neo-modernista potrebbe spaventare i cardinali conservatori e, in generale, quelli delusi da Bergoglio. Tagle e Zuppi, quindi, potrebbero essere i nuovi “nomi civetta”, dietro i quali potrebbero nascondersi i veri candidati degli eredi del Gruppo di San Gallo. Possiamo avanzare due ipotesi: l’italiano Pietro Parolin, attuale Segretario di Stato, e l’influente portoghese José Tolentino de Mendonça. Entrambi sono stati presentati come centristi o addirittura prossimi alla “causa conservatrice” (non dimentichiamo il ruolo decisivo apparentemente giocato da Parolin nell’interruzione della mostra blasfema di Carpi, in Italia, promossa addirittura dal vescovo locale). Il problema è che questi porporati sono tutt’altro che centristi, certo non moderati.
Partiamo con Pietro Parolin. Abile diplomatico e uomo di potere, formatosi giovanissimo sotto l’ala di Achille Silvestrini (la vera mente dietro il Gruppo di San Gallo) e da questi indicato a Bergoglio come uomo ideale per il governo della Segreteria di Stato, è l’erede e il prosecutore dell’Ostpolitik attuata a suo tempo da Casaroli con l’Unione Sovietica, oggi con la Cina comunista. Parolin, infatti, è il vero ideatore degli accordi ad oggi segreti tra Vaticano e Pechino. Egli è però anche una delle menti dietro Traditionis Custodes e – cosa non di poco conto – ha partecipato agli incontri segreti del Bilderberg Group nel 2018, lobby globalista nota per le sue agende “woke” e socialiste. Il tema di quell’anno era la “preoccupante ascesa del populismo in tutto il mondo”.Mendonça ha espresso posizioni favorevoli all’accoglienza di diverse realtà nella Chiesa, inclusi i divorziati risposati e gli omosessuali. Elogiando Amoris Laetitia, ha detto che “viviamo in mezzo alla città, in questo spazio pieno di frontiere, pieno di muri invisibili e di blocchi esistenziali […]. Sia che si tratti di cristiani risposati, feriti da esperienze coniugali naufragate o dalla realtà delle nuove famiglie, sia che si tratti di omosessuali, essi devono trovare nella Chiesa un luogo di ascolto, di accoglienza e di misericordia”. Egli è anche autore della prefazione al libro La théologie féministe dans l’histoire (Fragmenta Editorial, 2007) della suora femminista francese, nonché sua amica, Teresa Forcades. Gode di grande ascendenza presso i porporati sudamericani, e brasiliani in specie, oltre che presso la Comunità Sant’Egidio (cui appartiene il citato Zuppi) e la Compagnia di Gesù, dalla quale lo stesso Bergoglio proviene – com’è noto – e che potrebbe spingerlo come alternativa a un altro grande favorito dei gesuiti, il maltese Mario Grech.
Gaetano Masciullo