Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1167 pubblicata da Paix Liturgique il 26 febbraio, in cui si offre una approfondita e documenta panoramica della crisi «quantitativa» del pontificato di papa Francesco nelle varie parti del mondo: le uscite dalla Chiesa in Germania, il crollo di praticanti e seminaristi in Belgio, le uscite dalla Chiesa in Svizzera, la diminuzione della pratica religiosa in Italia, il calo delle vocazioni in Polonia ed in Corea del Sud, il crollo delle vocazioni in Argentina, la protestantizzazione dell’America Latina, la diminuzione dei Cattolici in Africa… per poi arrivare allo Stato della Città del Vaticano, avviato verso la bancarotta (non solo dottrinale).
In questo contesto si inserisce la recente e frettolosa istituzione della commissione permanente dedicata alla raccolta di donazioni e offerte per la Sede Apostolica (QUI; QUI su MiL).
L.V.
Cifre, solo cifre?
La realtà numerica della Chiesa post-conciliare e sinodale in Europa… e nel mondo
Il Bergoglismo in cifre. Nei paesi di antica Cristianità, e non solo, il numero dei Cattolici è in calo. Certo, molte ragioni non sono recenti, come la secolarizzazione, l’urbanizzazione, la concorrenza di ideologie o religioni concorrenti, il disfacimento delle cellule familiari e dei valori tradizionali in molti luoghi. Ma le statistiche mostrano una preoccupante accelerazione dall’inizio del pontificato di papa Francesco, soprattutto dove i Vescovi o addirittura la Chiesa intera si gloriano del suo progressismo e del suo ingresso nella meravigliosa sinodalità.
La Germania, punta di diamante del progressismo cattolico, perde 500mila Cattolici all’anno
Un esempio tipico è la Germania, punta di diamante del progressismo nella Chiesa, le cui Diocesi sono, insieme agli Stati Uniti, la principale fonte di denaro per il Vaticano. Il portale Riposte Catholique nel giugno 2024 ha pubblicato le statistiche delle «uscite dalla Chiesa» in Germania, che mostrano che mentre i loro Vescovi si lanciano in un «cammino sinodale» sempre meno cattolico, i Cattolici tedeschi perdono interesse per la loro religione [QUI e QUI: N.d.T.]:
Le uscite dalla Chiesa sono diminuite rispetto all’anno scorso: 402.694, rispetto alla cifra del 2022 di 522.821 uscite, ma l’ufficio statistico osserva che si tratta comunque della seconda cifra più alta nella storia delle statistiche sulle uscite dalla Chiesa. Se si aggiungono «i decessi, le adesioni e i trasferimenti», il numero di membri della Chiesa in Germania è diminuito di 591.718 fedeli.A livello nazionale, le statistiche contano ancora circa 20,3 milioni di Cattolici al 31 dicembre 2023. Un anno prima erano ancora 20,94 milioni. Secondo calcoli provvisori, 18,56 milioni di persone in Germania sono protestanti. La maggioranza dei Tedeschi non è più cristiana.
O meglio non è più fiscalmente affiliata a una delle principali Chiese cristiane del Paese. Per ricordare, nel 2020 la Germania contava ancora 22 milioni di Cattolici e 20 milioni di Protestanti su 83 milioni di abitanti. Il declino dei Cattolici è visibile anche attraverso un’altra statistica, condivisa dal portale Katholisch.de lo scorso 9 luglio [QUI: N.d.T.]:
Nel 2011 c'erano ancora ventitré grandi città a maggioranza cattolica in Germania. Ora sono rimaste solo Münster, Paderborn, Bottrop e Treviri. A Ratisbona e Ingolstadt, ad esempio, la percentuale di Cattolici è crollata di quasi un quarto.
Soprattutto le uscite dalla Chiesa stanno solo accelerando, seguendo la dinamica del Synodale Weg [cammino sinodale tedesco: N.d.T.] e quindi la linea promossa da papa Francesco [QUI: N.d.T.]:
Se nel 2010 181mila Cattolici e 141 mila Protestanti avevano lasciato le loro chiese, nel 2020 erano rispettivamente 221mila e 220mila. Nel 2011 c’erano 24,07 milioni di Cattolici e 23,37 milioni di Protestanti – le due religioni rappresentavano allora il 60 per cento dei Tedeschi.
E ovviamente meno Cattolici significa meno tasse ridistribuite alla Chiesa e quindi alle Diocesi e di conseguenza al Vaticano – torneremo su questo punto [QUI: N.d.T.]:
Nel 2023 le entrate delle ventisette Diocesi ammontavano a 6,51 miliardi di euro. Si tratta di ben 330 milioni di euro, circa il 5 per cento in meno rispetto al 2022. Se si tiene conto dell’inflazione, il calo è ancora più drastico.
Nel vicino Belgio
Altrettanto progressista, la pratica è scesa sotto l’1 per cento della popolazione, e nelle Fiandre, un tempo più praticanti, nel 2022 il 70 per cento dei documenti di registrazione delle richieste di eutanasia erano redatti in olandese, la lingua della minoranza fiamminga. Soprattutto, rimangono solo una trentina di seminaristi per tutto il Paese [QUI: N.d.T.]:
Joël Spronck, Rettore del Séminaire Diocésain Missionnaire International Redemptoris Mater di Namur, ha illustrato ai membri della Commissione [parlamentare di inchiesta sugli abusi nella Chiesa: N.d.T.] la forma attuale della formazione sacerdotale nelle Fiandre e nel Belgio francofono. Nel Johannes XXIII-Seminarie di Lovanio studiano attualmente quindici seminaristi per le cinque Diocesi fiamminghe e a Namur diciassette seminaristi per la parte francofona del Paese.
di cui cinque di Liegi e otto di Bruxelles nel 2023.
Svizzera: 34mila Cattolici in meno all’anno
In Svizzera non va meglio: le statistiche del 2022 pubblicate dal Schweizerische Pastoralsoziologische Institut il 30 ottobre 2023 mostrano un’accelerazione del 10 per cento delle uscite dalla Chiesa cattolica rispetto all’anno precedente e, soprattutto, una maggiore prevalenza di uscite dalla Chiesa nella diocesi più progressista, quella di Basilea [QUI: N.dT.]:
Nel 2022, 34.561 persone hanno lasciato la Chiesa cattolica in Svizzera. Si tratta di un numero di persone all’incirca uguale a quello del 2021 (2021: 34.182; 2020: 31.410; 2019: 31.772). Alla fine del 2022, il numero di membri era di circa 2,89 milioni (anno 2021: 2,96 milioni).[…] Se si considerano i Cantoni con le perdite maggiori, i Cantoni di Basilea Città, Argovia e Soletta mostrano proporzionalmente un numero elevato di dimissioni. Mentre nel 2022 a Basilea Città tre persone su 100 membri hanno lasciato la Chiesa cattolica, nei Cantoni di Argovia e Soletta il numero è stato rispettivamente di 2,7 e 2,2 persone.[…] Nel 2022, 1.080 persone sono entrate nella Chiesa cattolica (2021: 910; 2020: 735; 2019: 885 persone).
In Italia: i giovani in via di estinzione
In Italia, la pratica religiosa si mantiene… ma non tra i giovani, e l’interruzione delle celebrazioni durante la pandemia è stata un acceleratore… così come la sottomissione di molti Vescovi italiani a misure sanitarie tanto invadenti quanto mutevoli e inefficaci.
Nell’agosto 2023, il portale Riposte Catholique traduce il rapporto dell’Istituto nazionale di statistica che fa il punto su tanta sottomissione – e sulla bassa natalità dell’Italia [QUI; QUI un articolo in italiano; non trovata la fonte originale in italiano N.d.T.]:
In vent’anni, la pratica religiosa in Italia è regolarmente diminuita, fino a raggiungere solo la metà: dal 36,4 per cento della popolazione che si dichiarava «praticante» nel 2001 a meno del 19 per cento l’anno scorso, quindi meno di una persona su cinque. Il maggiore «salto» è stato registrato tra il 2019 e il 2020, con la perdita di quattro punti percentuali di persone che andavano a Messa. È l’anno della pandemia, durante il quale le celebrazioni «in presenza» sono state sospese, ma la frequenza alle chiese era consentita.Secondo gli ultimi dati dell’Arcidiocesi di Milano, una delle più grandi al mondo, i battesimi sono passati da 37-38mila negli anni Duemila a 20mila oggi. Anche tenendo conto del calo della natalità, questa cifra è bassa. Per quanto riguarda i matrimoni nell’Arcidiocesi, sono passati da 18mila all’anno negli anni Novanta a 4mila oggi.Le chiese si stanno progressivamente svuotando per tutte le fasce d’età, ma il calo più evidente riguarda i giovani (18-24 anni) e gli adolescenti (14-17 anni). Se la pratica religiosa complessiva è diminuita del 50 per cento negli ultimi vent’anni, per queste fasce d’età il calo è di due terzi.
In Polonia e in Corea del Sud: il numero delle vocazioni si dimezza
Nelle Diocesi della vecchia Europa scristianizzate, invecchiate e con una natalità spesso bassa, i sacerdoti polacchi, o addirittura sudcoreani, offrono spesso un’alternativa ai fidei donum africani o indiani. Ma per quanto tempo ancora? Questi due Paesi stanno infatti assistendo a un drastico calo delle vocazioni.
Nel luglio 2023 il portale Riposte Catholique ha ricordato che il raduno di circa 1.400 seminaristi polacchi al Santuario di Częstochowa era l’albero che nascondeva il bosco del crollo delle vocazioni [QUI: N.d.T.]:
nel 2021 le iscrizioni ai seminari polacchi sono diminuite del 20 per cento, con la Polonia che subisce il doppio shock dopo l’esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia sull’amore nella famiglia e la chiusura delle chiese diocesane durante la Settimana Santa 2020, con il pretesto del covid e le successive restrizioni cosiddette «sanitarie» – cosa che non era mai successa, nemmeno sotto il regime comunista. L’introduzione forzata della comunione per mano e varie innovazioni promosse da Roma non hanno migliorato la situazione.«Padre Piotr Kot, Presidente della Konferencja Rektorów Wyższych Seminariów Duchownych [Conferenza dei rettori dei seminari maggiori della Polonia: N.d.T.], ha dichiarato all’agenzia di stampa cattolica Katolicka Agencja Informacyjna che 356 seminaristi hanno iniziato gli studi nel 2021» [QUI: N.d.T.]. Nel 2020 erano ancora 441, il che significa un calo di circa il 20 per cento. Le cifre erano 498 nel 2019 e 828 nel 2012. Si tratta di un calo della metà (57 per cento) dal 2012.
In Corea del Sud non va meglio, rileva l’agenzia Fides nel gennaio 2025, il numero di seminaristi è diminuito del 40 per cento in dieci anni e il numero di battezzati crolla man mano che le generazioni si ringiovaniscono [QUI: N.d.T.]:
Secondo dati in possesso del Dicastero per l’evangelizzazione, nel 2013, in tutta la Chiesa coreana, nelle diverse Diocesi, vi erano complessivamente 1.264 seminaristi maggiori. Dieci anni dopo, nel 2023, i seminaristi erano 790, con una flessione di circa il 40 per cento in un decennio.Considerando, ancora più a monte, il numero dei battezzati cattolici, nelle statistiche ufficiali della Conferenza Episcopale della Corea (relative all’anno 2023) si nota che i bambini battezzati tra 0 e 4 anni sono l’1,8 per cento della popolazione coreana; nella fascia 5-9 anni, i bambini battezzati sono il 3,9 per cento; tra i 10-14 anni sono il 5,8 per cento della popolazione coreana totale. Se si confrontano tali dati con il dato generale, che vede i Cattolici complessivamente risultare l’11,5 per cento della nazione in Corea, si comprende come, col passare delle generazioni, il numero si vada assottigliando. Qui viene tirato in ballo anche il fenomeno del generale calo demografico, dato che il tasso delle nascite in Corea del Sud è tra i più bassi al mondo (nel 2023 era di 0,72).
In Argentina, la metà dei seminaristi in meno e l’80 per cento di ingressi in meno in venticinque anni
Le statistiche sul calo delle vocazioni sacerdotali sono ancora più marcate in Argentina, il Paese d’origine di papa Francesco, ma anche del card. Víctor Manuel Fernández, Prefetto del Dicastero per la dottrina della fede. Le questioni morali non aiutano: papa Francesco, quando era Arcivescovo metropolita di Buenos Aires, ha cercato di scagionare padre Julio César Grassi, un prete pedofilo, condannato a quindici anni di carcere nel 2009 e incarcerato dal 2013 [QUI: N.d.T.] (come ha protetto fino alla fine mons. Gustavo Oscar Zanchetta, Vescovo emerito di Orán in Argentina, costretto alle dimissioni nel 2017 ma immediatamente reintegrato come Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, ma che nel 2025 è stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione per stupro su seminaristi è stato confermato dalla corte d’appello [QUI: N.d.T.]).
Risultato della secolarizzazione e dell’effetto papa Francesco, un crollo delle vocazioni [QUI: N.d.T.]:
Mentre nel 1990 il Paese contava 2.260 seminaristi, nel 2024 sono rimasti solo 481 seminaristi diocesani, secondo il sito americano The Pillar [QUI: N.d.T.]. Se il numero di seminaristi religiosi non è disponibile, va ricordato che erano 351 nel 2020. Si può stimare che ci siano meno di 900 seminaristi in Argentina […]. Si osserva quindi un netto calo delle vocazioni, che si riflette anche in un basso numero di ingressi nei seminari. Quest’anno ci sono stati solo 57 ingressi nei seminari diocesani. Come promemoria, nel 1997 si contavano 256 ingressi, un calo di quasi l’80 per cento in venticinque anni.
L’America Latina è diventata evangelica
Sulla base di statistiche relative all’intero subcontinente, la rivista Hérodote dell’aprile 2018 ritorna su un cambiamento di portata: l’America Latina… non lo è più così tanto [QUI: N.d.T.].
Se all’inizio degli anni Settanta il 90 per cento dei Latinoamericani si dichiarava cattolico, oggi sono solo il 65 per cento. Questo declino del Cattolicesimo assume tre forme principali. Innanzitutto, un calo del numero di Cattolici accompagnato da un aumento di quello dei Protestanti. È il caso dei Paesi più popolosi della regione, Brasile e Messico, dove i Cattolici sono passati rispettivamente dal 95 per cento al 61 per cento e dal 99 per cento all’81 per cento tra il 1970 e il 2014 […]. Questa diminuzione è tanto più sorprendente in quanto si tratta dei due Paesi al mondo che contano ancora il maggior numero di Cattolici: il Brasile con 172,2 milioni di battezzati, pari al 26,4 per cento dei Cattolici del continente americano, seguito dal Messico con 110,9 milioni di battezzati. La diminuzione del numero di Cattolici in Brasile è accompagnata da un significativo aumento delle affiliazioni alle chiese protestanti ed evangeliche, che rappresentano il 26 per cento della popolazione […].La seconda forma di declino del Cattolicesimo è la trasformazione del panorama religioso dei Paesi dell’America centrale, dove il Cattolicesimo è diventato una religione minoritaria. Tutti questi paesi hanno ora meno del 50 per cento di popolazione cattolica, contro oltre il 90 per cento negli anni Settanta […]. Il declino del Cattolicesimo in Nicaragua, El Salvador e Guatemala è ancora più sorprendente se si considera il forte radicamento della teologia della liberazione negli anni 1980-1990, e anche il ruolo di accompagnamento svolto dalla Chiesa cattolica nei confronti delle vittime degli abusi sia delle dittature militari che del governo sandinista in Nicaragua. Questi tre paesi, a cui si aggiunge l’Honduras, sono anche gli unici in cui le chiese evangeliche potrebbero alla fine diventare maggioritarie: la percentuale della popolazione che le ha raggiunte è così aumentata per il Nicaragua al 30,4 per cento; per El Salvador al 35,3 per cento; per il Guatemala al 38,2 per cento e per l’Honduras al 43,9 per cento […].La terza forma di declino del Cattolicesimo è quella del Cile, dove la percentuale di cattolici è diminuita costantemente […]. Ma, a differenza del Brasile e dell’America centrale, la percentuale di evangelici non è aumentata. Al contrario, […] la percentuale di non credenti è del 16 per cento, il che lo rende il secondo paese più secolarizzato dell’America Latina dopo l’Uruguay […].
Di conseguenza, i Paesi che nel 1950 erano ancora monoblocco cattolico e che all’inizio degli anni Settanta avevano più del 90 per cento di Cattolici, hanno perso, nel 2014, il 20 per cento dei fedeli in Argentina, il 34 per cento in Costa Rica, il 31 per cento in Brasile, il 43 per cento in El Salvador, il 47 per cento in Honduras (la metà), il 43 per cento in Nicaragua, il 15 per cento in Messico, il 31 per cento a Porto Rico e il 20 per cento in Venezuela. E da allora il numero dei Cattolici non ha smesso di diminuire.
Una mappa pubblicata online dalla Union of Orthodox Journalists nel 2024 indica che se il Paraguay conta ancora l’89 per cento di Cattolici e il Messico il 74 per cento, così come la Colombia, l’Ecuador e il Perù il 70 per cento, in Brasile sono solo il 57 per cento, in Cile il 52,5 per cento, in Argentina il 49 per cento, uno dei Paesi meno cattolici dell’America Latina, e il 37 per cento in Uruguay. Allo stesso tempo, il Guatemala, l’Honduras, El Salvador e il Nicaragua contano ora tra il 36 e il 43 per cento di evangelici, il Venezuela il 23 per cento, il Brasile il 25 per cento, il Messico solo il 4,5 per cento e l’Argentina il 7 per cento.
Inoltre, è anche l’Argentina che ha detronizzato il Cile per il numero di persone che si dichiarano agnostiche o atee: il 40 per cento della popolazione. E il 51 per cento in Paraguay, contro il 13 per cento in Brasile, il 5 per cento in Venezuela, nonostante sia comunista, e il 16 per cento in Messico. Meno della metà della popolazione è cattolica in un paese che nel 1970 lo era al 91 per cento, il 40 per cento è ateo, irreligioso o agnostico, l’effetto papa Francesco è in pieno svolgimento in Argentina, un vero successo.
Il grande declino cattolico toccherà l’Africa?
Di fronte a un quadro così catastrofico, alcuni vorranno credere che l’Africa sia un santuario cristiano che resiste al declino. È vero che le vocazioni rimangono ad alto livello, e molte Diocesi africane gemellate con le Diocesi della vecchia Europa a corto di vocazioni inviano loro seminaristi e diaconi per permettere loro di mantenere la geografia parrocchiale a galla. Certo, l’Africa è stata la punta di diamante del rifiuto della dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni, e il card. Fridolin Ambongo Besungu O.F.M.Cap., Vescovo metropolita di Kinshasa e Presidente del Simposio delle conferenze episcopali di Africa e Madagascar, ha deriso la «perdita di velocità in termini di valore, un decadimento culturale e morale dell’Occidente» a cui ha augurato, da Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo il 16 gennaio 2024, una «buona scomparsa».
Tuttavia, alcune Conferenze episcopali sono già preoccupate. In Ghana, il numero di Cattolici è diminuito di un terzo tra le due rilevazioni del 2010 e del 2021, ha dichiarato allarmata la Conférence des évêques catholiques du Ghana nel 2023 [QUI: N.d.T.]:
I membri della Conférence des évêques catholiques du Ghana propongono lo sviluppo di programmi di catechesi e formazione ben strutturati, tra le altre proposte, per far fronte alla diminuzione del numero di fedeli cattolici in questo paese dell’Africa occidentale. Il censimento della popolazione e delle abitazioni del 2021 (2021 PHC) in Ghana mostra che il numero di Cattolici è diminuito dal 15,1 per cento al 10,0 per cento dal censimento del 2010.
La sinodalità? Non per i dipendenti del Vaticano ignorati e maltrattati
Come un’azienda in amministrazione controllata, papa Francesco e i suoi stretti collaboratori ricorrono a misure restrittive. Bisogna riconoscere che con i suoi viaggi in Mongolia, in Bahrain o i suoi passaggi a Marsiglia o in Corsica per poche ore che costano due milioni di euro alle Diocesi interessate, lo stesso Papa non dà l’esempio, né per l’impronta di carbonio né per l’economia.
Il 21 novembre 2024, l’Associazione Dipendenti Laici Vaticani, che rappresenta 700 dei 4.000 dipendenti della Curia Romana, invia, appena due giorni dopo la lettera di papa Francesco, una lettera irritata sulla mancanza di trasparenza della gestione e sulla loro stanchezza per i risparmi che vengono loro imposti [QUI: N.d.T.]:
diciamo che nemmeno noi abbiamo conoscenza del bilancio del Fondo. I dati non sono pubblici. Eppure quando si contribuisce a una gestione finanziaria o pensionistica, visto che paghiamo con i nostri contributi, i conti dovrebbero essere consultabili da tutti. In Vaticano invece questi aspetti sono a beneficio di pochi, mentre bisognerebbe capire come vengono amministrate le trattenute in busta paga a carico dei dipendenti. […]La stragrande maggioranza dei dipendenti vaticani ha già tirato la cinghia. Il taglio di un biennio per tanti avrà un effetto pesante: anche 20.000 euro a fine carriera. I salari non sono stati indicizzati al costo della vita, mentre l’aumento degli affitti degli immobili vaticani è stato rapportato all’inflazione.Nel frattempo in Vaticano sono fiorite consulenze e sono state date promozioni senza una forma di concorso pubblico.Se si vuole ora intervenire sulle pensioni, allora quali risultati ha avuto la riforma finanziaria avviata quattro anni fa? Quali risultati sono stati portati dal personale ad hoc assunto, spesso con stipendi di riguardo?La Segreteria per l’Economia ha pensato ad una riforma strutturale che incrementi gli introiti per la Santa Sede o a tagli che non riguardino solo il personale, i cui stipendi sono ridotti ai minimi termini? Ha tenuto conto dell’attenzione particolare che il Papa pone sempre sulle famiglie e sulle loro necessità? I dipendenti, esausti di tagli e soprattutto di mancate risposte alla loro lecita richiesta di essere ascoltati, anche tramite l’Adlv, ritengono di aver già contribuito, al massimo delle loro possibilità, al ripianamento del deficit e rimangono in attesa vigile di eventuali future disposizioni.
Il sito Cruxnow osserva che papa Francesco e i suoi collaboratori hanno difficoltà ad applicare i meccanismi della sinodalità all’interno del Vaticano, in altre parole ad ascoltare il popolo di Dio e ad adattare le decisioni di conseguenza [QUI: N.d.T.]:
L’ironia della sorte vuole che il Vaticano abbia appena concluso un processo sinodale di tre anni sulla sinodalità, che è costato Dio solo sa quanto denaro e che era basato sulla costruzione di una Chiesa più partecipativa e consultiva, mentre il gruppo che rappresenta i suoi stessi dipendenti – compresi, ad esempio, le persone che hanno organizzato i tavoli rotondi per le sessioni della sinodo, preparato il caffè per le pause e fotocopiato il suo vasto fascicolo amministrativo – non può nemmeno ottenere una riunione, è, beh… abbastanza pesante, per non dire altro.
D’altra parte, i Cardinali dovrebbero dare l’esempio, quindi di autorità – anche in questo caso non c’è stato alcun processo sinodale né workshop di discussione – papa Francesco ha ridotto i loro stipendi al 1º novembre 2024, di 500 euro su uno stipendio di 5.500 euro (11 per cento), dopo una prima riduzione del 10 per cento nel marzo 2021, giustificata all’epoca dalle conseguenze della pandemia di covid. E tutto questo per un risparmio stimato in «180.000 dollari all’anno», una bazzecola rispetto al monte salari della Curia, «10 milioni di euro al mese secondo il quotidiano Il Messagero» [QUI: N.d.T.].
Nel marzo 2023 è stata interrotta la possibilità per i Cardinali e i dipendenti di alloggiare in Vaticano gratuitamente o a tariffe agevolate: gli affitti sono ora al prezzo di mercato e indicizzati all’inflazione.
La Santa Sede verso la bancarotta?
L’11 febbraio scorso, sul sito Le Forum Catholique, un lettore ha reagito all’ossessione di papa Francesco per le riforme amministrative della Curia e della diocesi di Roma e alla sua ossessione per le finanze [QUI: N.d.T.]:
Papa Francesco ha dimostrato in diverse occasioni (Sovrano Militare Ordine di Malta, Opus Dei, religiose rimandate dallo stato laico in età molto avanzata in Italia in modo che il Vaticano potesse mettere le mani sul loro convento, riforma dell’Istituto per le Opere di Religione, riforme amministrative della Curia Romana e della Diocesi di Roma senza fine ecc.) che una cosa che lo interessa è il denaro.Con risultati francamente non terribili, poiché il Vaticano non è più un paradiso fiscale e ha limitato gli investimenti sulfurei o rischiosi, ma è in deficit strutturale e deve vendere ogni anno 20-25 milioni di euro di patrimonio (per non parlare dei fondi pensione). E l’Istituto per le Opere di Religione è stato risanato, ma rende molto meno.Inoltre, la linea di papa Francesco e dei suoi cari sta causando la fuga dei Cattolici tedeschi (−500.000 all’anno ora, −200.000 in un anno intero prima del covid) e svizzeri (−30.000 in un anno intero), i cui contributi delle Diocesi finiscono per ridursi. Anche i contributi degli Americani sarebbero diminuiti, e altri – il Vaticano, volendo risolvere il vero problema, cioè quello che rappresentano le nuove comunità sudamericane (Sodalicio in Perù, Araldi del Vangelo in Brasile, Istituto del Verbo Incarnato in Argentina ecc.) si sta tagliando fuori dalla manna che attirano e dai donatori che sono vicini a loro. […]In totale, dopo dodici anni di papa Francesco, i deficit si stanno aggravando e lui cerca ancora di più tutto ciò che può fruttare.
Questa constatazione potrebbe sembrare «complottista». È globalmente confermata dalla realtà. Lo scorso dicembre la rivista Omnes ha dedicato un articolo alla situazione finanziaria del Vaticano e al proseguimento degli sforzi di razionalizzazione e riforma da parte di papa Francesco. Si apprende che l’Istituto per le Opere di Religione, sebbene risanato, ha interrotto gli investimenti sulfurei e non etici, ma è molto meno redditizio [QUI: N.d.T.]:
Per quanto riguarda l’Istituto per le Opere di Religione, c’è stato un drastico calo dei profitti. Nell’ultimo rapporto dello IOR, gli utili netti hanno raggiunto i 30,6 milioni di euro, di cui 13,6 milioni di euro sono stati distribuiti a opere religiose e caritative, mentre 3,2 milioni di euro sono stati devoluti a vari enti di beneficenza. Nel 2022 l’utile è stato di 29,6. Ma queste cifre sono ben lontane dall’utile di 86,6 milioni dichiarato nel 2012. Da allora è andato diminuendo, con piccoli aumenti: nel 2013 lo IOR ha registrato un profitto di 66,9 milioni; nel 2014 di 69,3 milioni; nel 2015 è addirittura sceso a 16,1 milioni. Nel 2016 è tornato a 33 milioni, nel 2017 la cifra è rimasta abbastanza costante a 31,9 milioni di euro, mentre nel 2018 l'utile è stato di 17,5 milioni.Nel 2019 i profitti tornano a 38 milioni di euro e nel 2020 la crisi del COVID li fa scendere a 36,4 milioni di euro. Ma nel primo anno post-pandemia, un 2021 ancora non influenzato dalla guerra in Ucraina, torniamo a un trend negativo, con un utile di soli 18,1 milioni di euro, e solo nel 2022 torniamo alla soglia dei 30 milioni.Con la diminuzione dei profitti, diminuisce il contributo dello IOR alla Curia Romana per il suo sostegno. Il bilancio della Curia, pari a circa 200 milioni di euro, è un «bilancio di missione» e consiste quasi esclusivamente in spese, mentre le entrate provengono principalmente da donazioni. La Curia Romana, infatti, non vende servizi, ma è al servizio del Santo Padre.
Nulla in confronto all’abisso del deficit del fondo pensione vaticano, sul quale il card. George Pell aveva lanciato l’allarme ancora nel 2020 [QUI: N.d.T.]:
Nel 2020, ad esempio, il defunto card. George Pell, ex Prefetto della Segreteria per l’economia, ha lanciato l’allarme che il Vaticano sta «lentamente andando in rovina», citando un deficit crescente nel fondo pensione. Nel 2022, il deficit era stimato a circa 664 milioni di dollari solo per la Santa Sede, salendo a 1,04 miliardi di dollari se si include lo Stato della Città del Vaticano e il Vicariato di Roma.
Il problema Il problema è evidente, poiché, pur senza rivelare gli importi, papa Francesco ha inviato due lettere successive ai Cardinali, a settembre per chiedere loro di impegnarsi per raggiungere il deficit zero, e a novembre per richiedere un’urgente riforma del fondo pensione [QUI: N.d.T.]:
«Provvedimenti strutturali urgenti, non più rinviabili» per il Fondo Pensioni, per conseguire la sostenibilità e assicurare una previdenza alle generazioni future, cosa che nel medio termine, al momento, non è in grado di garantire. Il sistema attuale genera un forte «disavanzo». Dopo la lettera del 16 settembre a tutti i Cardinali a collaborare per una più incisiva implementazione della riforma economica così da raggiungere l’obiettivo del «deficit zero», il Papa manda una nuova lettera per chiedere un ulteriore sforzo e anche qualche sacrificio, questa volta per chiedere una ristrutturazione del Fondo pensionistico. Già nel marzo 2024 papa Francesco, con un motu proprio, ne aveva modificato il Regolamento e, ancora prima, nel 2015 aveva operato una profonda revisione dello Statuto.Nella lettera di oggi indirizzata a Collegio cardinalizio, Prefetti e responsabili delle istituzioni curiali, degli uffici della Curia Romana e delle istituzioni collegate con la Santa Sede, chiede una migliore gestione di questa struttura sin dalla sua istituzione oggetto della «preoccupazione» (si chiamava proprio così il motu proprio che lo istituiva nel 1992) dei precedenti Pontefici e al centro della riforma economica.”
E tutto questo per cosa? Certo, nel 2021 il Vaticano era quasi in equilibrio con un deficit di 3 milioni di euro, ma per raggiungere questo obiettivo ha dovuto vendere «20-25 milioni di euro di patrimonio ogni anno», ipotecando il suo futuro [QUI: N.d.T.].
Ma a quanto pare il deficit strutturale è ancora più pesante, come ricorda la Fraternità sacerdotale San Pio X il 6 gennaio 2025 [QUI: N.d.T.]:
In un’intervista concessa a Vatican News nel 2020, padre Juan Antonio Guerrero Alves S.I., Prefetto della Segreteria per l’economia, aveva affermato che tra il 2016 e il 2020, le entrate ammontavano in media a 270 milioni di euro, a fronte di 320 milioni di euro di spese – un deficit medio annuo di 50 milioni di euro, dovuto certamente al peso del costo del personale dei 5.000 dipendenti del piccolo Stato, ma anche al drastico calo delle donazioni dei fedeli negli ultimi anni [QUI: N.d.T.].
Sempre secondo la Fraternità sacerdotale San Pio X, nell’ottobre 2024 il deficit del Vaticano sarebbe stato di 83 milioni di euro nel 2023 [QUI: N.d.T.].
Verso la bancarotta? E sullo sfondo molto più grave di un fallimento dottrinale.
Nessun commento:
Posta un commento