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giovedì 30 gennaio 2025

Il canone romano e le preghiere eucaristiche - #6 Abbé Barthe: "Le nuove preghiere eucaristiche della riforma di Paolo VI" - #liturgia #canoneromano #messale #chiesacattolica

Dopo un piccolo pausa pomeridiana, l' intervento è affidato all’abbé Claude Barthe sulle nuove preghiere eucaristiche introdotte con la riforma liturgica di Paolo VI.



«Les nouvelles prières eucharistiques de la réforme liturgique de Paul VI»
Rev. Claude Barthe

In Olanda, un paese molto progressista dopo il Concilio Vaticano II, le iniziative liturgiche stavano diventando sempre più sovversive, e il canone veniva già detto molto diffusamente in olandese. Detto e modificato. Infatti, la necessità di adattare il canone romano era diventata un'idea comune. Il teologo svizzero Han Küng ha scritto: “C'è anche un'urgente necessità di riformare il canone stesso. [Anche agli occhi degli altri cristiani, qualsiasi riforma che si fermasse al canone, senza dare all'Eucaristia e al racconto dell'istituzione dell'Eucaristia l'espressione di cui hanno bisogno, sarebbe una riforma superficiale”. Le trasformazioni che il canone subì nelle traduzioni olandesi furono così significative che si poteva già parlare di nuove preghiere eucaristiche. Nel 1966 erano già in circolazione 50 preghiere eucaristiche “selvagge”.

[…]

Si dà il caso che il cuore della liturgia romana, il canone della Messa, sia esploso nel maggio 1968! Come ho già detto, nel 1965 era stata elaborata una rielaborazione del canone romano, sotto gli auspici del Consilium, e sperimentata durante la quarta sessione del Concilio, con le prove del 20 e 22 ottobre, proprio qui nella cappella dell'Istituto Maria Santissima Bambina. Prima della fine del Vaticano II, dunque, il canone romano non era più inviolabile. Invece di essere trasformato, però, vi si aggiunsero altre preces euchristicæ.

[…]

In questo modo è finita la sacrosanta unicità della preghiera eucaristica romana. Lo stesso cardinale Gut ha osservato che il canone romano “esisteva certamente all'inizio delV secolo; dall'inizio del VII non è cambiato quasi per niente”. In realtà, è molto probabile che la preghiera eucaristica romana sia sempre stata unica, fin da quando il culto romano ha iniziato a usare il latino, cioè all'epoca di Papa Cornelio, a metà del III secolo. Il De Sacramentis, come abbiamo detto, si comporta come se fosse l'unica preghiera conosciuta. Annibale Bugnini la definì una “rigida monoespressione” e salutò la diversità delle preghiere eucaristiche come “un ritorno alla tradizione autentica, il superamento di un deplorevole impoverimento, tipico prodotto di secoli di decadenza liturgica”. Dopo quindici o forse diciassette secoli di decadenza, Bugnini è finalmente arrivato.

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In queste quattro preghiere (compresa la prima), il racconto dell'Istituzione è stato leggermente modificato: alla consacrazione del pane furono aggiunte le parole tratte da Prima Corinzi (11, 24) quod pro vobis tradetur; il finale della consacrazione del vino divenne Hoc facite in meam commemorationem (Lc 22, 19), invece di Hæc quotiescumque feceretis, in mei memoriam facietis; e il mysterium fidei a metà della consacrazione del vino fu rimandato a dopo la consacrazione come formula per le acclamazioni del popolo.

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Nel complesso, se consideriamo le prime tre nuove anafore, abbiamo una Preghiera II breve e concettualmente semplice, una Preghiera IV abbastanza sviluppata, che pretende di essere di tipo antiocheno, dà una sintesi della storia della salvezza, con un prefazio sempre identico, e un'anafora III intermedia, che può essere adottata in ogni circostanza.

Non siamo più nel ritmo sobrio e solenne del canone romano, anche se c'è una certa parentela che spinge al confronto. Ma le molte altre preghiere eucaristiche non sfuggono a questa blandizia, accentuata dalle lingue vernacolari.

[…]

Esse furono imposte dal fatto che la riforma liturgica avvenne come un processo che qualificava l'intera riforma conciliare e non era aperto alla discussione. Tuttavia, proprio questo attacco al carattere esclusivo del canone romano non piacque ai riformatori moderati, ad esempio quelli della Curia, che volevano una riforma, ma saggia e controllata. Queste nuove anafore suscitarono un'opposizione molto forte nell'entourage di Paolo VI, che non sembrava del tutto convinto. In particolare il cardinale Seper, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ed è quasi certo che questo portò alla disgrazia di Annibale Bugnini.






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