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giovedì 21 novembre 2024

San Tommaso d’Aquino e i postumi del superbonus 110 #300denari

Incentivi fiscali che passano da un 110% di contributo fino a detrazioni che scendono, dal 2025, al 30%. Il 110 è stato indubbiamente un’operazione del “
movimento peristaltico comunemente definito Cinque Stelle” (cit. Mario Seminerio) economicamente inqualificabile alla quale è seguito:
  • Aumento del debito pubblico. Nascosto, s’intenda! La diminuzione a cui abbiamo assistito anche nel 2023 fa riferimento prima al rimbalzo del Pil post covid e poi dell’aumento del deflattore del pil dovuto alla diminuzione del costo delle importazioni, prima di tutte lo sgonfiamento dei prezzi di energia e gas (come spiegato qui dal blog Phastidio). In verità si parla di un debito che grava 40 miliardi anno che si trascineranno fino al 2027;
  • Aumento asfittico del pil negli anni di riferimento;
  • Solo il 4% di immobili toccati da progetti di riqualificazione energetica.
Ma ora è arrivata, come ci si poteva attendere, l’ora della caccia all’uomo. Oltre ai legittimi controlli (che rappresentano comunque ulteriori costi) sui casi di truffa (di lavori non svolti):
  • Il governo prevede aggravi IMU attraverso la dichiarazione di variazione catastale non solo in caso di aumenti di vani e volumetrie, ma anche in caso di stima di incremento del valore dell’immobile superiore al 15%,
  • Il governo aumenta da 5 a 10 anni l’imposta sostitutiva del reddito al 26% per plusvalenza sulla vendita dell’immobile,
  • E, con una recente sentenza, la Cassazione qualifica come truffa i casi di frazionamento degli immobili volti all’aumento dei massimali.
È giusto cambiare continuamente (ed anche ex post) le carte in tavola per i contribuenti che hanno legittimamente approfittato di una legge stupida? Crediamo di no e, in generale, a prescindere dal caso in specie, ci piace ricordare il l’indicazione di San Tommaso d’Aquino:
È giusto mutare una legge, in quanto col suo mutamento si contribuisce al bene comune. Ora, la mutazione stessa della legge implica di per sé una menomazione del bene comune. Poiché la consuetudine giova molto all'osservanza delle leggi: per cui le cose che si compiono contro la consuetudine comune, anche se sono in sé stesse più leggere, sembrano più gravose. Perciò quando si muta una legge si ha una diminuzione della sua forza coattiva, in quanto le viene tolto il sostegno della consuetudine. Quindi la legge umana non va mai cambiata se da qualche altra parte non c'è un compenso per il bene comune che sia proporzionato alla sua menomazione. E questo ci può essere o per il fatto che si ha un'utilità massima ed evidentissima nel nuovo statuto, o perché una stretta necessità lo esige, o per il fatto che la legge in vigore contiene una manifesta iniquità, o perché la sua osservanza è molto dannosa.

In conclusione, al di là della notizia contingente, vale la pena notare che ci troviamo in un contesto socio-politico in cui l’instabilità della legge è diventata una constante e ciò disvela indubbiamente l’insipienza dell’attuale uomo-legislatore che non ha più chiaro quale sia il "bene comune" da perseguire.


Gabriele
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