L'importanza, anche nel Concilio Vaticano II, della musica sacra.
Luigi C.
Aurelio Porfiri, 10-10-24
Tra i molti aspetti che riguardano la lunga vita di Benedetto XVI, non penso sia possibile dimenticare il suo amore per la musica, un amore che aveva spesso manifestato in varie occasioni.
Egli si dilettava a suonare il pianoforte ed aveva un interesse particolare per la musica di Wolfgang Amadeus Mozart, un autore che è stato prediletto da molti teologi (penso ad Hans Küng o, in ambito protestante, Karl Barth), che nella sua musica hanno intuito l’impronta di Dio. In effetti Mozart è autore molto più enigmatico di quello che sembrerebbe ad un ascolto superficiale, fu autore che abitò il sublime più che il bello, essendo il sublime anche terrificante, a volte. Ma torniamo all’amore dei teologi per Mozart. Così fu anche per Joseph Ratzinger e per questo motivo in occasione del suo ottantanovesimo compleanno gli fu offerto un concerto in cui la musica dell’amato Mozart era eseguita.
Ma certamente l’allora Papa emerito non era solo appassionato di musica strumentale, ma anche di musica sacra. Ricordiamo che il fratello Georg, morto nel 2020, era uno stimato direttore di coro.
Ricevendo l’Associazione Italiana Santa Cecilia nel 2012, Benedetto XVI affermava che:
“la Costituzione Sacrosanctum Concilium,in linea con la tradizione della Chiesa, insegna che «il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne» (n. 112). Perché «necessaria ed integrante»? Non certo per motivi puramente estetici, in un senso superficiale, ma perché coopera, proprio per la sua bellezza, a nutrire ed esprimere la fede, e quindi alla gloria di Dio e alla santificazione dei fedeli, che sono il fine della musica sacra”.
Nella raccolta delle sue opere sulla liturgia, ci sono molti riferimenti alla musica sacra, molti pensieri veramente illuminanti sulla situazione in cui oggi ci troviamo. Per esempio quando contesta il fatto che certa musica che si ascolta oggi in Chiesa sia da considerare positivamente perché è per i giovani, dicendo giustamente che quella musica non esprime la cultura giovanile, ma quella delle grandi corporation della musica pop. I giovani vengono attratti verso questa musica con dei mezzi tecnici e di marketing messi in atto esclusivamente allo scopo di vendere più possibile e, dal punto di vista delle corporation musicali, questo è del tutto comprensibile. Ma non dovrebbe essere questo il criterio con cui noi scegliamo la musica liturgica per le nostre chiese. E, per essere chiari, non è vero quello che diceva Karl Rahner (e altri dopo di lui) che cioè una musica diviene liturgica se il testo è liturgico, perché anche nelle nostre parrocchie abbiamo tanti esempi di composizioni che usano testi liturgici ma la cui musica non ha nessuna delle caratteristiche della buona musica liturgica, che furono già delineate da san Pio X nel suo importantissimo Motu Proprio del 22 novembre 1903.
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