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venerdì 15 novembre 2024

Miniature, “biblia pauperum” ? - #bibbia #miniature

La Bellezza dell'arte cattolica.
Luigi C.

Schola PalatinaLaura Carlino, 5 Giugno 2024

Che cos’è la verità per l’uomo del Medio Evo? Quale visione del mondo ne orienta le scelte in ambito politico e religioso? Come cambia – e perché – l’interpretazione delle Scritture nei secoli compresi fra l’affermarsi del Cristianesimo e l’età moderna? A queste domande affascinanti e complesse rispondono gli studiosi delle fonti, gli storici, i teologi. Ma risponde anche lo studioso di iconografia, che trova nelle immagini risposte talvolta più potenti di quelle manifestate nei testi scritti. Specialmente quando si rivolga ad una particolare tipologia di immagini: le miniature.
Analizzare l’iconografia delle miniature implica una conoscenza profonda non solo della storia dell’arte e delle sue espressioni figurative nei periodi di cui ci si occupi, ma anche uno studio completo del manufatto “codice miniato”: l’immagine infatti è parte integrante e non semplice aggiunta od ornamento del manoscritto e non può quindi essere studiata estrapolandola dal suo contesto come se fosse un piccolo quadro o una tavoletta dipinta. La stessa indagine iconologica non può prescindere da una visione globale dell’immagine in questione e del ciclo in cui è inserita, pena lo smarrimento del senso generale profondo che va oltre l’interpretazione dei simboli e delle singole iconografie.

Miniature: quasi reliquiari

D’altra parte questi manoscritti, quando contengono la Parola di Dio, in alcuni periodi della nostra storia sono stati considerati alla stregua di veri e propri reliquiari, come in età Carolingia e Ottoniana. Lo dimostrano le straordinarie coperte che li rivestivano e li proteggevano, veri e propri reliquiari in oro o metallo dorato tempestati di gemme, camei, perle, avori e smalti: al loro interno la reliquia più preziosa, appunto la Parola. E toccare questi oggetti, così come avveniva per le reliquie dei grandi Santi, garantiva la guarigione da malattie di grande impatto sociale come le scrofole, specialmente quando il codice appartenesse ad un sovrano, cui venivano riconosciute particolari doti taumaturgiche.

Ed è in effetti proprio nel secolo della dinastia ottoniana che la questione del ruolo dell’Impero rispetto al Papato giunge al suo culmine: miniature come l’apertura dei Vangeli di Ottone III costituiscono la straordinaria sintesi di un’ideologia complessa quale quella del rapporto fra Regnum e Sacerdotium che, formulata da papa Gelasio I nel 494, si afferma con forza in età carolingia per raggiungere l’apoteosi nel progetto di Ottone III di respublica christiana: l’unificazione di tutta la Christianitas in un solo regno i cui pilastri siano il Papato e l’Impero. è il concetto di Ecclesia, che in quest’epoca ha un ampio significato di governo istituzionale pubblico amministrativo oltre che religioso e che dominerà il panorama sociopolitico dell’Occidente fino alla fine del sec. XI, quando Gregorio VII ne stravolgerà la concezione definendola corpus Christi mysticum e giungendo ad identificarla con il papa stesso.

Nei Vangeli di Ottone III la miniatura dell’imperatore in trono con i simboli del potere e i suoi dignitari a destra e a sinistra del trono – rispettivamente due laici e due ecclesiastici – costituisce una rappresentazione per immagini della concezione ottoniana del sovrano come rector in exterioribus della Chiesa, alla stessa stregua del papa che è rector in interioribus, come recita esplicitamente il pontificale romano-germanico dell’incoronazione. Le province dell’Impero personificate mentre portano doni all’imperatore si inchinano nella posa della proskynesis bizantina esattamente come i magi che portano i loro doni al Bambino nel ricamo aureo della clamide di Teodora nel mosaico di San Vitale a Ravenna: la “divinità” dell’imperatore ottoniano nel significato sopra descritto non potrebbe essere rappresentata con maggiore evidenza.

Davvero “Biblia Pauperum”?

Difficile quindi definire le miniature dellr Biblia pauperum, “bibbia per gli illetterati”, locuzione spesso valida per i cicli di affreschi o di vetrate gotiche. Anche immagini tradizionalmente ritenute didattiche come le illustrazioni dei rotuli di Exultet dell’Italia meridionale rientrano a fatica in questa categoria, quando si rifletta sul fatto che essi, oltre a rivestire un significato liturgico ed eucologico profondissimo nel rituale della benedictio cerei pasquale, devono la loro origine al desiderio di autoaffermazione dell’arcivescovo di Benevento Landolfo I (969 – 982), che li concepì come simbolo di autorità e potere in un momento storico in cui il Principato di Capua-Benevento raggiungeva, con la dinastia capuana cui Landolfo apparteneva, il culmine della sua estensione territoriale, della potenza e della ricchezza.

L’approfondimento degli spunti storico-politici, sociali, oltre che teologici e dottrinali, che la miniatura può offrire meriterebbero oggi un’attenzione pari – quando non maggiore – a quella che in genere le viene riservata per il suo indubbio valore estetico e formale, come da sempre accade in modo sistematico ad esempio in Germania e più in generale nei Paesi anglosassoni. Affacciarsi ad esempio allo straordinario mondo dei Bestiari medievali, specie quelli scritti e miniati fra i secc. XII e XIV, significa non tanto gettare uno sguardo sulle cognizioni scientifiche dell’uomo medievale, quanto scoprire che per lui i concetti di realtà e di verità non solo non si corrispondono, ma che rappresentano dimensioni diverse se non opposte: la realtà lo circonda, la vede, la conosce per esperienza e non ha quindi bisogno di ricercarla; la verità al contrario investe la sfera metafisica della natura divina e del suo rapporto con il Creato, e richiede quindi un profondo lavoro speculativo.

Le rappresentazioni fantasiose e spesso scorrette di animali, uccelli e mostri, che popolano le carte dei Bestiari non possono quindi essere liquidate come “ingenue”, poiché adombrano un mondo straordinario di segni e simboli che nulla hanno a che fare con lo studio naturalistico e che permeano la cultura medievale. Del resto è stato Adamo che, per ordine di Dio, ha dato il nome a tutti gli animali: la sua immagine è spesso raffigurata all’inizio del Bestiari miniati perché conoscere il nome dell’animale, come dimostra Isidoro di Siviglia, è il primo passo per approfondirne le caratteristiche e di conseguenza il significato.

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