Riceviamo da don Alfredo Morselli e pubblichiamo un utile articolo del 16 settembre scorso.Luigi C.
1. Lo status quaestionis.
Il Pontificato di Papa Francesco è divenuto oggetto di tante perplessità e rimostranze: alcune di queste obiezioni vengono espresse in modo lecito, mantenendo la fede cattolica e il dovuto ossequio al Pontefice.
È il caso, ad esempio, dei dubia presentati da alcuni Cardinali circa Amoris laetitia[1] e delle reazioni dell’Episcopato africano a Fiducia supplicans[2].
Altri generi di opposizione, invece non sono compatibili con la fede: ad esempio, le varie forme di sedevacantismo, secondo le quali Francesco non sarebbe Papa oppure sarebbe Papa solo materialmente[3].
Recentemente sono apparse tesi che, pur non negando che Francesco sia Papa, tuttavia mettono in dubbio che lo sia effettivamente: è il caso del prof. Massimo Viglione, il quale, nel suo libro Habemus Papam[4], sostiene che “«la possibilità che Francesco non sia Francesco ma solo Jorge Mario Bergoglio è concreta e tutt’altro che trascurabile» (p. 247) per molte ragioni, ma soprattutto «per il vizio di consenso dello stesso Bergoglio, che riteniamo sicuro anche in base ai fatti incontrovertibili di questi quasi undici anni di pontificato» e «perché anche qualora Bergoglio fosse veramente Francesco, le sue continue eresie pubbliche e pervicaci creano il serio problema del papa eretico. E questo è per noi l’elemento più determinante» (p. 248). «Per tutte queste ragioni riteniamo, come detto, fortemente probabile che la Sede papale sia oggi vacante. Ma la certezza assolutamente stringente, teologicamente e canonicamente, prove indiscutibili in mano, non possiamo dire di averla» (p. 248). Noi, ribadisce Viglione, «siamo moralmente convinti dell’alta probabilità della vacanza della Sede, ma non ci sentiamo di presentarla come oggettiva certezza assoluta vincolante per altri (e neanche per noi stessi)» (p. 250)”[5].
In base a quanto sopra, di fronte alla questione se Francesco sia Papa o meno, ci troviamo di fronte a tre posizioni:
- Francesco è Papa
- Francesco non è Papa
- Non è certo che Franceso sia Papa
L’oggetto di questo studio riguarda la terza affermazione, e intende rispondere alla seguente domanda: è lecito dubitare del fatto che Francesco è Papa? E, se non è lecito, in quale peccato incorre colui che coltiva questo dubbio?
2. Che cos’è il dubbio di fede?
Il Card. Pietro Palazzini spiega il dubbio di fede nei seguenti termini:
“Il dubbio è una forma particolare dell’infedeltà e dell’eresia: colui che dubita in materia di fede è eretico. Si tratta, però, del dubbio accolto volontariamente nella mente, nonostante la sufficiente proposizione della verità rivelata. In tal caso, colui che dubita, ha già rifiutata la sottomissione della sua mente e della sua volontà all’autorità di Dio rivelatore. Esso, perciò, non va confuso con la tentazione del dubbio, tanto meno con l’ossessione del dubbio o con le semplici difficoltà teoriche: l’ossessione è una forma morbosa, la quale se mai, analogamente a quanto avviene per le altre forme ossessive, indica un’eccessiva preoccupazione di credere; le difficoltà, poi, finché rimangono teoriche, non compromettono per nulla la volontà” [6]
A questa ottima sintetica descrizione, aggiungo una nota circa i dubia dei Cardinali: questi dubia non sono dubbi di fede, ma richieste di spiegazione a seguito di possibili equivoci interpretativi[7].
Ma perché il dubbio di fede è una forma (e quindi rientra nel genere) di eresia?
Perché, quando la Chiesa propone a credere in modo infallibile una certa verità, dichiara che la tal proposizione è sempre e certamente vera: l’eretico dice: “Non è vera”, colui che dubita afferma: “(Non sempre e non certamente) è vera”. In entrambi casi la verità di fede è contraddetta e quindi vale l’adagio che suona: “Il dubbioso in materia di fede è un infedele”[8].
A tal proposito, il Concilio Vaticano I ha dichiarato:
“coloro che hanno ricevuto la fede sotto il magistero della Chiesa non possono mai avere giustificato motivo di mutare o di dubitare della propria fede”[9].
In piena conformità con tutta la Tradizione della Chiesa, anche il Catechismo della Chiesa Cattolica pone il dubbio tra i peccati contro la fede:
CCC 2088: “Ci sono diversi modi di peccare contro la fede. Il dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero ciò che Dio ha rivelato, e la santa Chiesa ci propone a credere. […] Se viene deliberatamente coltivato, il dubbio può condurre all’accecamento dello spirito”
3. Il dubbio di fede non riguarda solo i dogmi.
Su che cosa non possiamo dubitare? Senz’altro sui dogmi definiti, ma non solo: non si può dubitare su tutto ciò che la Chiesa propone a credere in modo infallibile, richiedendo l’assenso interno di fede. Così spiega Lumen gentium:
“…questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla «ex cathedra». Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall’insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi”[10].
Questo insegnamento solenne ci mette al riparo da due errori: il primo è quello che ritiene obbligante solo il magistero «ex cathedra», cioè solo le definizioni dogmatiche, per cui nell’ultimo secolo si sarebbe obbligati a credere nell’Assunzione al cielo della Madonna e poco altro; in questo caso il Magistero ordinario diventerebbe oggetto di libera discussione, e ciò è inammissibile.
Il secondo errore è quello di ritenersi obbligati a credere ad ogni flatus vocis emesso dal Papa, senza distinguere tra un’enciclica e un’omelia pronunciata a braccio, intervista in aereo e simili. Del resto, anche Lumen gentium ammette, sempre al § 25, che il Papa possa parlare come “persona privata”; in questo caso, di per sé, non è richiesto nessun assenso.
4. Su quali affermazioni non si può dubitare?
La risposta a questa domanda ci viene fornita dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale ha pubblicato, nel 1989, i testi della Professione di Fede e del Giuramento di fedeltà nell’assumere un ufficio da esercitare a nome della Chiesa[11].
La Professione di Fede comprende il Simbolo degli Apostoli e l’aggiunta di tre commi:
“Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio scritta o trasmessa e che la Chiesa, sia con giudizio solenne sia con magistero ordinario e universale, propone a credere come divinamente rivelato.
Fermamente accolgo e ritengo anche tutte e singole le verità circa la dottrina che riguarda la fede o i costumi proposte dalla Chiesa in modo definitivo.
Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e dell’intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice o il Collegio dei Vescovi propongono quando esercitano il loro magistero autentico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo”.
Le parole introduttive di ogni paragrafo (Credo pure con ferma fede…, Fermamente accolgo e ritengo…, Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e dell’intelletto…) escludono chiaramente la liceità di ogni dubbio[12].
5. La legittimità dell’elezione del Papa che grado di assenso richiede?
La stessa Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato la «Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professione di Fede» (d’ora in poi indicata come Nota), resa pubblica e comparsa su L’Osservatore Romano del 30 giugno -1° luglio 1998, allo scopo di spiegare il significato e il valore dottrinale dei tre commi conclusivi, che si riferiscono alla qualificazione teologica delle dottrine e al tipo di assenso richiesto ai fedeli.
Mi limito, in questa sede, ad alcune osservazioni sul secondo comma, che è quello che contiene la risposta ala nostra domanda[13]. La Nota spiega, al § 6:
“L’oggetto che viene insegnato con questa formula comprende tutte quelle dottrine attinenti al campo dogmatico o morale, che sono necessarie per custodire ed esporre fedelmente il deposito della fede, sebbene non siano state proposte dal magistero della Chiesa come formalmente rivelate[14]”.
Dopo un approfondimento del testo appena citato, la Nota prosegue, al § 7:
“Le verità relative a questo secondo comma possono essere di natura diversa e rivestono quindi un carattere differente per il loro rapportarsi alla rivelazione. Esistono, infatti, verità che sono necessariamente connesse con la rivelazione in forza di un rapporto storico; mentre altre verità evidenziano una connessione logica, la quale esprime una tappa nella maturazione della conoscenza, che la Chiesa è chiamata a compiere, della stessa rivelazione. Il fatto che queste dottrine non siano proposte come formalmente rivelate, in quanto aggiungono al dato di fede elementi non rivelati o non ancora riconosciuti espressamente come tali, nulla toglie al loro carattere definitivo, che è richiesto almeno dal legame intrinseco con la verità rivelata”.
In seguito, al § 11, la Nota propone alcuni esempi di queste verità che sono necessariamente connesse con la rivelazione in forza di un rapporto storico o di una connessione logica:
“Con riferimento alle verità connesse con la rivelazione per necessità storica, che sono da tenersi in modo definitivo, ma che non potranno essere dichiarate come divinamente rivelate, si possono indicare come esempi la legittimità dell’elezione del Sommo Pontefice o della celebrazione di un concilio ecumenico, le canonizzazioni dei santi (fatti dogmatici);la dichiarazione di Leone XIII nella Lettera Apostolica Apostolicae Curae sulla invalidità delle ordinazioni anglicane”.
Come si vede, il magistero indica la legittimità dell’elezione del Sommo Pontefice come verità connessa con la Rivelazione, verità su cui non è possibile dubitare.
6. Connessione logica tra la Rivelazione e l’impossibilità di dubitare su chi sia il Pontefice
Connessione logica tra la Rivelazione e le verità descritte nel secondo comma conclusione della Professio fidei significa che la negazione di una di queste verità comporterebbe una negazione necessaria di verità esplicitamente e direttamente definite.
1. La negazione o il dubbio di chi sia il Papa, un Papa moralmente accettato dalla totalità morale dei Cattolici, comporterebbe l’impossibilità dell’atto di fede e la negazione della indefettibilità della Chiesa.
Infatti, un miliardo e trecentomila cattolici non possono sbagliarsi su chi è il Papa. Il Pontefice è il primum movens della propositio ecclesiae: non esiste una fede che non sia proposta a credere dalla Chiesa e quindi dal Romano Pontefice: se un miliardo e trecentomila cattolici, che vogliono credere ciò che Dio ci ha rivelato e la Chiesa ci propone a credere, guardassero a un punto di riferimento che non è tale, non potrebbero, di fatto, credere: sarebbe impossibile l’atto di fede.
Compresi in questo miliardo e trecentomila cattolici ci sono santi, martiri, tanti buoni fedeli, il cui sensus fidei non può complessivamente ingannarsi.
Si può applicare, in senso spirituale, al Romano Pontefice, il versetto 15 del salmo 144 (Vg) “Oculi omnium in te sperant, Domine; et tu das escam illorum in tempore opportuno” (“Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa e tu dai loro il cibo a tempo opportuno”): si tratta del nutrimento della fede, mediante un retto insegnamento.
2. Se ci fosse un errore sull’identità Papa, sarebbe impossibile Credere Deo (cf. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, IIª-IIae q. 2 a. 2)[15], cioè credere non perché scegliamo noi gli articoli a cui credere, ma perché ci sono proposti come un dono dall’alto (cf. Gc 1,17). E se lo strumento di detto dono è fallace, viene a essere minato lo stesso atto di fede.
Non è possibile credere incondizionatamente a chi non sappiamo se ha la facoltà o la potenzialità di proporre a credere.
3. Sarebbe pure impossibile Credere Deum[16], perché anche l’oggetto materiale della fede sarebbe imprecisato, e la Tradizione sarebbe ridotta a un libro, vuoi il Denzinger, vuoi il Catechismo della Chiesa Cattolica, da interpretare ciascuno come può. Verrebbe a cadere la possibilità del Magistero vivo, cioè di una propositio qui e ora, a cui si deve una risposta qui e ora, qual è l’assenso proprio dell’atto di fede.
7. In quale peccato incorre colui che coltiva il dubbio se un Papa, pur universalmente riconosciuto come tale, lo sia effettivamente?
7.1 Precisiamo i termini.
1. Coltivare il dubbio: non si tratta di chi, di fronte ad affermazioni sconcertanti, si chiede, mosso dalle passioni dell’irascibile: “Ma come può un Papa affermare ciò?”, ma poi rientra in se stesso e cerca di capire come stanno le cose.
Non si tratta neppure di chi studia se, in linea teorica, possa darsi il caso di un Papa dubbio.
Coltivare il dubbio significa affermare: “Non è possibile sapere con certezza se quello che tutti ritengono oggi Papa sia effettivamente tale”.
2. Papa universalmente riconosciuto come tale: Roberto de Mattei ha spiegato egregiamente questo concetto:
“Per quanto riguarda i dubbi sull’elezione del cardinale Bergoglio, al di là delle sottigliezze giuridiche, non c’è stato alcun cardinale, partecipante al Conclave del 2013, che abbia sollevato dubbi sulla validità di quell’elezione. Tutta la Chiesa ha accettato e riconosciuto Francesco come legittimo Papa e, secondo il diritto canonico, la pacifica “universalis ecclesiae adhaesio” (adesione della Chiesa universale) è segno ed effetto infallibile di un’elezione valida e di un papato legittimo. La professoressa Geraldina Boni in un approfondito studio dal titolo Sopra una rinuncia. La decisione di papa Benedetto XVI e il diritto [Geraldina Boni, Sopra una rinuncia. La decisione di papa Benedetto XVI e il diritto (Bononia University Press, Bologna 2015)], ricorda come le costituzioni canoniche in vigore, non considerano invalida un’elezione frutto di patteggiamenti, accordi, promesse od altri impegni di qualsiasi genere come la possibile pianificazione dell’elezione del cardinale Bergoglio.
Quanto scrive la prof.ssa Boni coincide con ciò che Robert Siscoe e John Salza osservano, sulla base dei più autorevoli teologi e canonisti: «… è dottrina comune della Chiesa che l’accettazione pacifica e universale di un Papa fornisce certezza infallibile della sua legittimità» [Robert Siscoe e JohnSalza, “Is Francis or Benedict the True Pope?” (two-part series), in “Catholic Family News”, Sept-Oct. 2016[17]]”[18].
7.2 Risposta a una possibile obiezione.
Obiezione: sia il testo della Nota, sia la spiegazione circa l’adesione della Chiesa universale parlano di impossibilità morale di dubitare circa l’elezione di un Pontefice, ma non del dubbio se un Pontefice validamente eletto lo sia di fatto, nel momento attuale in cui si dubita.
Risposta: se non è lecito dubitare della validità dell’elezione, a maggior ragione non si può dubitare se un Papa validamente eletto lo sia ancora in un certo momento: da un lato ci sono le ragioni esposte al § 6 di questo scritto, dall’altro bisognerebbe provare che un Papa è decaduto; e ciò è molto difficile, permanendo comunque l’adesione della Chiesa universale sul fatto che è Papa.
7.3 Risposta alla nostra domanda.
In quale peccato incorre colui che coltiva il dubbio se un Papa, pur universalmente riconosciuto come tale, lo sia effettivamente?
La Nota ci fornisce la risposta, offrendocene le motivazioni; abbiamo visto che l’accettazione della validità dell’elezione del Romano Pontefice è assimilabile alle verità indicate nel secondo comma:
8. Per quanto riguarda la natura dell’assenso dovuto alle verità proposte dalla Chiesa come divinamente rivelate (1° comma) o da ritenersi in modo definitivo (2° comma), è importante sottolineare che non vi è differenza circa il carattere pieno e irrevocabile dell’assenso, dovuto ai rispettivi insegnamenti. La differenza si riferisce alla virtù soprannaturale della fede: nel caso delle verità del 1° comma l’assenso è fondato direttamente sulla fede nell’autorità della Parola di Dio (dottrine de fide credenda);nel caso delle verità del 2° comma, esso è fondato sulla fede nell’assistenza dello Spirito Santo al magistero e sulla dottrina cattolica dell’infallibilità del magistero (dottrine de fide tenendo).
Posto il “carattere pieno e irrevocabile dell’assenso” richiesto, “fondato sulla fede nell’assistenza dello Spirito Santo al magistero e sulla dottrina cattolica dell’infallibilità del magistero”, è chiaro che il mancato assenso – sia negando, sia dubitando – costituisce un grave peccato contro la fede. La Nota spiega che colui che rifiuta il suddetto assenso “assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica” (§ 6).
8. Conclusione
In questo scritto mi sono limitato a trattare solo un tema ben delimitato, ovvero la liceità o meno del dubbio sul fatto che il Papa riconosciuto tale dalla totalità morale della Chiesa lo sia realmente di fatto.
Mi rendo conto che le problematiche sorte in questi ultimi tempi ci porterebbero a trattare temi più complessi, e ad affrontare le questioni circa la possibilità di un Papa eretico, che cosa si dovrebbe fare in questi casi, e le varie ipotesi sedevacantiste.
Rimando alla lettura di alcuni importanti saggi, tra cui Arnaldo Xavier da Silveira, Ipotesi teologica di un papa eretico, Chieti: Solfanelli 2016, e, sempre del medesimo autore, Se un Papa è eretico: che fare?, Roma: Ed. Fiducia, 2019.
Personalmente ritengo che non abbiamo una dottrina, certa e comune ai vari autori probati, circa la possibilità di un Papa eretico e, soprattutto, indicazioni sicure su cosa fare qualora il caso si verificasse (caso ammesso e non concesso).
Siamo, per alcuni aspetti, in una situazione di stallo e di buio, simile alla situazione descritta dal Profeta Geremia (14,18): “Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare”.
Rimangono tuttavia certezze non di poco conto: le Promesse del Salvatore (Non praevalebunt) e il Trionfo del Cuore Immacolato, promesso a Fatima dalla Madonna.
Da parte nostra non ci rimane altro che provare a fare gli eletti, nel senso di Mt 24, 21-24:
“… vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall’inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati. Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: È là, non ci credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti”.
Icone di questi eletti potrebbero essere San Pio da Pietrelcina, figura del buon clero ingiustamente perseguitato, e i santi Pastorelli di Fatima, modello di tutte le anime riparatrici.
Imitiamoli e questi giorni saranno abbreviati.
Ritengo ogni ipotesi alternativa a questo obbligo (tutti i sedevacantismi, i dubbi su chi sia il Papa etc,) uno schiodarsi dalla Croce che è chiesto ai buoni cristiani di portare in questo tempo. Si tratta invece di accettare quello che P. Garrigou-Lagrange chiamava il chiaroscuro della fede[19], cioè gustare la luce che la fede comunque ci offre, anche in questa epoca, accettando pure l’oscurità del non ancora: riposare in fede oscura, come diceva San Paolo della Croce[20]:
La fede oscura
strada sicura
del santo amore.
Oh qual dolcezza
la sua certezza
mi reca al cuor!
[1] Cf. «I quattro cardinali spiegano i “dubia”», https://lanuovabq.it/it/i-quattro-cardinali-spiegano-i-dubia.
[2] Cf. «Vescovi africani, belgi e olandesi davanti alla Fiducia supplicans», https://tinyurl.com/vescovi-fiducia-s.
[3] Il sedevacantismo comprende attualmente diversi gruppi: a un primo gruppo si possono annoverare i sedevacantisti simpliciter, secondo i quali al momento non c’è Papa: tra essi la Congregazione di Maria Regina Immacolata il cui superiore è Mark Pivarunas, la Società San Pio V fondata da Clarence Kelly, la Chiesa ortodossa greco-cattolica ucraina. Un secondo gruppo comprende i “sedeprivazionisti”, detti anche tesisti, perché seguono la Tesi di Cassiciacum, elaborata dal P. Guérard des Lauriers O.P: secondo questa tesi, dal 1965 la cattedra di San Pietro è “occupata solo materialmente dagli eletti dei conclavi convocati (tutti validi fino a prova del contrario). Le persone elette dai conclavi sarebbero rimaste solo in potenza “papi”, in quanto soggetti umani meramente designati al papato, e quindi, propriamente e in senso stretto, non papi, Tali “papi” (impropriamente e in senso lato, in quanto solo canonicamente eletti), insegnando in veste di pastori della Chiesa dottrine già condannate come eretiche dal Magistero ecclesiastico, manifesterebbero pubblicamente di fatto di essere privi di quell’autorità di origine divina che preserva il papa dall’errore sia nel suo magistero straordinario che in quello ordinario e universale. Quella del papa è difatti un’autorità sovrannaturale che, previa un’elezione valida, solo Cristo, e non il conclave, attribuisce direttamente al suo vicario in terra, garantendone il carattere di infallibilità magisteriale e il primato giuridico. Se ne desume che al momento dell’accettazione dell’elezione al papato, gli eletti dal Conclave (almeno dal cardinale Giovanni Battista Montini sino all’attuale Jorge Mario Bergoglio) abbiano accettato solo verbalmente e esteriormente, ponendo in realtà interiormente un ostacolo (“obice”) all’accettazione, impedendo così la comunicazione da parte di Dio del carisma divino normalmente spettante. Tale ostacolo è individuato nella mancanza da parte dell’eletto dell’«intenzione oggettiva ed abituale di procurare e di realizzare il bene e il fine della Chiesa»“ (cit. da https://it.wikipedia.org/wiki/Tesi_di_Cassiciacum).
Non mancano altri gruppuscoli minoritari.
[4] Habemus Papam. Papa eretico, rinuncia, sede vacante. L’insegnamento del passato e il dibattito dopo l’11 febbraio 2013 (Maniero del Mirto, 2024).
[5] Cit. in Roberto de Mattei, «Francesco è Papa? Dubbi e contraddizioni», https://tinyurl.com/recensione-viglione.
[6] Pietro Palazzini, Vita e Virtù Cristiane, Roma: ed. Paoline, 1975, pp.27-28; il grassetto è mio.
[7] Cf. il mio «I dubia spiegati a chi avesse ancora dubia», https://lanuovabq.it/it/i-dubia-spiegati-a-chi-avesse-ancora-dubia.
[8] Spiega il famoso moralista Prümmer:”Cum fides catholica sit certissima, numquam adesse potest iusta causa eam in dubium vocandi (Conc. Vat., sess. 3, cap. 3 (Denz. n. 1794 [Denzinger-Hünnermann 40/3014; n.d.r.; vedi nota 2), ideoque omne dubium voluntarium de illa est graviter peccaminosum […] Catholicus, qui posilive dubitat de aliqua propositione, quam certo sciat esse ab Ecclesia ut articulum fidei propositam, est haereticus (Cf. Cod. iur. can. c. 1325, § 2). Patet; etenim tali dubio destruitur obiectum formale fidei, scil. infallibilitas Dei revelantis. Hinc illud adagium: “Dubius in fide infidelis est”…”; Dominicus Prümmer, Manuale Theologiae Moralis secundum principia S. Thomae Aquinatis, vol I, (Barcinonae – Friburgi Brisg. – Romae: Herder, 1958/13), p. 368, n. 520.
[9] Concilio Ecumenico Vaticano I, Costituzione dogmatica Dei Filius sulla fede cattolica: “…illi enim, qui fidem sub Ecclesiæ magisterio susceperunt, nullam unquam habere possunt justam causam mutandi, aut in dubium fidem eamdem revocandi.” Denzinger-Hünnermann 40/3014.
[10] Lumen gentium, § 25.
[11] https://tinyurl.com/giuramento-di-fedelta-etc.
[12] Non mi è possibile in questa sede dilungarmi a spiegare il terzo comma, per cui, a chi legittimamente mi esigerebbe una certa distinzione sulle verità proposte con un atto non definitivo, risponderei: “Per la questione del dubbio preso qui in esame, bastano i primi due commi, che riguardano verità di cui non si può dubitare”.
[13] Chi volesse approfondire gli altri due commi, può trovare nella stessa Nota una esaudiente spiegazione: cf. https://tinyurl.com/giuramento-di-fedelta-etc.
[14] Il testo include la nota a piè di pagina n. 13, utile come esempio di documenti vincolati: “Cf. Paolo VI, Lett. Enc. Humanae Vitae, n. 4: AAS 60 (1968) 483; Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Veritatis Splendor, nn. 36-37: AAS 85 (1993) 1162-1163”.
[15] IIª-IIae q. 2 a. 2 co. (Se sia giusto distinguere nell’atto di fede il “credere a Dio” dal “credere Dio” e “credere in Dio”): “L’atto di qualsiasi abito come di qualsiasi potenza va considerato in base al rapporto dell’abito o della potenza col proprio oggetto. Ora, tre sono gli aspetti in cui possiamo considerare l’oggetto della fede. Infatti, esso si può considerare sia in rapporto all’intelletto, sia in rapporto alla volontà, poiché credere, come abbiamo detto sopra, spetta all’intelletto sotto la mozione della volontà che lo spinge ad assentire. Se si considera in rapporto all’intelletto, allora nell’oggetto della fede possiamo distinguere due cose, secondo le spiegazioni date. La prima è l’oggetto materiale della fede. E da questo lato si considera come atto di fede “credere Dio”: poiché, come sopra abbiamo detto, niente viene proposto alla nostra fede, se non in quanto appartiene a Dio. – La seconda è la ragione formale dell’oggetto, la quale costituisce come il motivo per cui si acconsente a una data verità di fede. E da questo lato si considera come atto di fede “credere a Dio”: poiché, come sopra abbiamo detto, oggetto formale della fede è la prima verità, alla quale l’uomo deve aderire, per accettare in forza di essa le cose da credere. – Se invece si considera l’oggetto di fede sotto un terzo aspetto, cioè in quanto dipende dall’intelletto dietro la mozione della volontà, allora si ha come atto di fede il “credere in Dio”: ché la verità prima considerata qual fine si riferisce alla volontà”.
[16] Vedi nota precedente.
[17] http://www.trueorfalsepope.com/p/is-francis-or-benedict-true-pope.html.
[18] Roberto de Mattei, «Roberto de Mattei risponde al libro di Antonio Socci», https://tinyurl.com/de-mattei-socci.
[19] Réginald Garrigou-Lagrange O.P., Il senso del mistero e il chiaroscuro intellettuale, Verona: Fede E Cultura, 2019.
[20] Lettere I,137.