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domenica 19 maggio 2024

Le Sante Messe del tempo pasquale in dom Prosper Guéranger #20 il santo giorno della Pentecoste

Continuiamo le meditazioni liturgiche tratte dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger (Le Mans 1841-1866) per il tempo pasquale: il santo giorno della Pentecoste.

L.V.

IL SANTO GIORNO DELLA PENTECOSTE

La liturgia della Pentecoste

Fondata su un passato di quattromila anni, durante l’epoca delle figure, la Pentecoste cristiana, la vera quinquagenaria, è nel numero delle feste istituite dagli stessi apostoli. Abbiamo visto che anticamente essa divise con la Pasqua l’onore di condurre i catecumeni al sacro fonte, riconducendoli poi neofiti e rigenerati. La sua ottava, come quella di Pasqua, non sorpassa il sabato, per una ragione identica all’altra. Il battesimo si conferiva nella notte tra il sabato e la domenica e, per i neofiti, la solennità della Pentecoste s’iniziava al momento stesso del loro battesimo. Come era avvenuto a Pasqua, essi rivestivano allora la veste bianca, deponendola il sabato seguente, che era contato come l’ottavo giorno.
Il Medioevo diede alla festa di Pentecoste il grazioso nome di Pasqua delle rose: noi abbiamo già visto quello della Domenica delle rose imposto nei medesimi secoli di fede alla domenica dopo l’Ascensione. Il colore vermiglio della rosa e il suo profumo rammentavano ai nostri padri le lingue ardenti che discesero nel Cenacolo su ciascuno dei centoventi discepoli, come fossero stati i petali sfogliati della rosa divina, che spandessero l’amore e la pienezza della grazia sulla Chiesa nascente. La liturgia è entrata nella stessa idea, scegliendo, per il santo sacrificio, il colore rosso durante tutta l’ottava. Durando di Mende, nel suo Razionale, così prezioso per gli usi liturgici nel Medioevo, c’insegna che nel tredicesimo secolo nelle nostre Chiese, alla Messa della Pentecoste, si liberavano alcune colombe che volteggiavano al di sopra dei fedeli, a ricordo della prima manifestazione dello Spirito Santo sul Giordano; e che, dalla volta, si buttavano giù dei batuffoli di stoppa infiammata e dei fiori, a ricordo della seconda nel Cenacolo.
A Roma la Stazione si tiene nella basilica di San Pietro. Era giusto che si rendesse omaggio in questo giorno al principe degli apostoli, la cui eloquenza, ispirata dallo Spirito Santo, conquistò alla Chiesa quei tremila cristiani di cui noi siamo i discendenti.

MESSA

È venuto il momento di celebrare il santo Sacrificio. Riempita dello Spirito divino, la Chiesa si appresta a pagare il tributo della sua riconoscenza, offrendo la vittima che ci ha meritato un tale dono con la sua immolazione.

EPISTOLA (Atti 2, 1-12) – Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio».

I grandi avvenimenti della storia

L’esistenza della razza umana sulla terra è segnata da quattro grandi avvenimenti; e tutti e quattro testimoniano l’infinita bontà di Dio verso di noi. Il primo è la creazione dell’uomo e la sua vocazione allo stato soprannaturale, che gli dà il possesso eterno di Dio. Il secondo è l’incarnazione del Verbo che, unendo la natura umana a quella divina di Cristo, eleva l’uomo alla partecipazione della divinità, fornendo nel medesimo tempo la vittima necessaria per riscattare dalla prevaricazione Adamo e la sua razza. Il terzo avvenimento è la discesa dello Spirito Santo di cui oggi celebriamo l’anniversario. E finalmente, il quarto è il secondo avvento del Figlio di Dio, che verrà a liberare la Chiesa sua Sposa ed a condurla in Cielo per celebrare con lei le nozze eterne. Queste quattro operazioni divine, di cui l’ultima non è ancora stata compiuta, sono la chiave della storia umana; nulla è al di fuori di esse; ma la parte animale dell’uomo non le vede neppure, né vi pensa. «La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta»¹. Benedetto sia dunque il Dio della misericordia che ci ha chiamato dalle tenebre all’ammirabile luce della fede². Egli ci ha creato figli di questa generazione che «non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati»³. Per questa grazia, eccoci oggi a prestare la nostra attenzione alla terza delle operazioni divine su questo mondo, ossia alla discesa dello Spirito Santo, della cui venuta abbiamo ascoltato il commovente racconto. Quella tempesta misteriosa, quel fuoco, quelle lingue, quella sacra ebbrezza, tutto ci trasporta nel centro stesso dei celesti consigli e ci fa esclamare: «Dio ha dunque amato tanto questo mondo»? Gesù, quando era con noi sulla terra, ci diceva: Sì «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito»⁴. Oggi possiamo completare dicendo: «Il Padre e il Figlio hanno tanto amato il mondo che gli hanno dato lo Spirito Santo». Accettiamo un tale dono e comprendiamo finalmente cosa sia l’uomo. Il razionalismo e il naturalismo pretendono di elevarlo sforzandosi d’imprigionarlo sotto il giogo dell’orgoglio e della sensualità; la fede cristiana c’impone l’umiltà e la rinuncia; ma, quale premio, essa ci mostra Dio stesso che si dà a noi.

VANGELO (Gv 14, 23-31) – In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato.

L’abitazione della Trinità nella nostra anima

La venuta dello Spirito Santo non è un avvenimento che interessa solamente la razza umana considerata in generale; ogni uomo è chiamato a ricevere questa medesima visita che oggi «rinnova la faccia della terra»⁵. Il disegno misericordioso del Signore, sovrano di tutte le cose, si estende fino a voler contrarre un’alleanza individuale con ciascuno di noi. Gesù non ci domanda che una sola cosa: vuole che l’amiamo e che osserviamo la sua parola. A questa condizione, ci promette che anche il Padre ci amerà e verrà insieme con Lui ad abitare nell’anima nostra. Ma non è ancora tutto; ci annunzia la venuta dello Spirito Santo che, con la sua presenza, completerà l’inabitazione di Dio in noi. Così l’augusta Trinità, al completo, farà un nuovo Cielo di questa umile dimora, aspettando di trasportarci, dopo questa vita, in quel luogo ove noi contempleremo l’ospite divino, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che tanto hanno amato la creatura umana.

Lo Spirito Santo dono del Padre e del Figlio

In questo brano, preso dal discorso che indirizzò ai suoi discepoli dopo la Cena, Gesù ci insegna pure che il divino Spirito, disceso oggi su di noi, ci è inviato dal Padre, ma dal Padre «in nome del Figlio»; come in altro luogo Gesù dice che «Lui stesso manderà lo Spirito Santo»⁶. Queste diverse maniere di esprimersi hanno per scopo di rivelarci le relazioni che esistono nella Divina Trinità tra le due prime persone e lo Spirito Santo. Questo divino Spirito è del Padre, ma è anche del Figliolo; è il Padre che lo manda; ma lo invia pure il Figlio; poiché procede dall’uno e dall’altro, come da uno stesso principio.
In questo giorno di Pentecoste, la nostra riconoscenza deve essere la medesima verso il Padre che è la Potenza e verso il Figlio che è la Sapienza; poiché il dono che ci arriva dal Cielo ci viene da tutti e due. Il Padre ha generato da tutta l’eternità il suo Figliolo e, quando venne la pienezza dei tempi, lo diede agli uomini per essere il loro mediatore e il loro Salvatore nella natura umana; eternamente il Padre e il Figlio hanno prodotto lo Spirito Santo e, all’ora segnata, l’hanno mandato quaggiù per essere il principio d’amore come lo è tra il Padre e il Figlio. Gesù c’insegna che la missione dello Spirito è posteriore alla sua, perché è stato necessario che gli uomini fossero iniziati prima alla verità da Colui che è la Sapienza. Ed infatti essi non avrebbero potuto amare ciò che non conoscevano. Ma quando Gesù ha compiuto tutta l’opera sua e la sua umanità si è assisa sul trono di Dio, il Padre suo, d’accordo con esso, invia lo Spirito divino per conservare in noi quella parola che è «Spirito e Vita»⁷ e che è in noi la preparazione dell’amore.

PREGHIAMO

O Dio, che oggi hai ammaestrato i cuori dei fedeli con la luce dello Spirito Santo, donaci di gustare nello stesso Spirito la verità e di godere sempre della sua consolazione.

¹ Gv. 1, 5.
² Cfr. 1 Pt. 2, 9.
³ Gv. 1, 13.
⁴ Gv. 3, 16.
⁵ Cfr. Sal 103 (104), 30.
⁶ Cfr. Gv 15, 26.
⁷ Gv 6, 64.

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