Continuiamo le meditazioni liturgiche tratte dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger (Le Mans 1841-1866) per il tempo pasquale: domenica dopo l’Ascensione.
L.V.
DOMENICA DOPO L’ASCENSIONE
La domenica dopo l’Ascensione, a Roma, nel Medioevo, era chiamata Domenica delle rose, perché vigeva l’uso, in quel giorno, di spargere rose sul pavimento delle basiliche, quale omaggio a Cristo che si era innalzato al cielo nella stagione dei fiori. Si godeva allora in tutte le armonie del creato. La festa dell’Ascensione, già così ridente e piena di giubilo, quando si considera sotto il suo principale aspetto, ossia il trionfo del Redentore, veniva ad abbellire le giornate radiose della primavera. Si dimenticavano per un momento le tristezze della terra, per non rammentarsi che della parola che Gesù disse ai suoi apostoli, affinché ci venisse ripetuta: «Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre»¹.
Imitiamo questo esempio; offriamo, a nostra volta, la rosa a colui che l’ha creata per abbellirci questo soggiorno e impariamo a servirci della sua bellezza e del suo profumo per elevarci fino a Lui, che ci dice nella divina cantica: «Io sono un narciso di Saron, un giglio delle valli»². Volle essere chiamato Nazareno, affinché questo nome misterioso risvegliasse in noi il ricordo che racchiude: il ricordo dei fiori, di cui egli non ha sdegnato di trarre il simbolo per esprimere l’incanto e la soavità che trovano in Lui coloro che l’amano.
MESSA
EPISTOLA (1Pt 4, 7-11) – Carissimi: siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartiene la gloria e la potenza nei secoli dei secoli.
Carità e prudenza
Mentre i discepoli sono riuniti nel Cenacolo, ormai di un cuore e un’anima sola; mentre aspettano la venuta dello Spirito Santo, il principe degli apostoli, che presiede questa santa assemblea, si rivolge a noi, che pure aspettiamo il medesimo favore, e ci raccomanda la carità fraterna. Ci promette che questa virtù coprirà la moltitudine dei nostri peccati: quale magnifica preparazione per ricevere il dono del cielo! Lo Spirito Santo scenderà, affinché gli uomini si riuniscano in una sola famiglia. S’interrompano, dunque, tutte le nostre dispute, preparandoci a quella fraternità universale che dovrà stabilirsi nel mondo con la predicazione del Vangelo. Aspettando la discesa del Consolatore promesso, l’Apostolo ci dice che dobbiamo essere prudenti e sobri per dedicarci alla preghiera. Accogliamo la lezione: la prudenza consisterà nell’allontanare dai nostri cuori ogni ostacolo che respingerebbe il divino Spirito; e in quanto alla preghiera, sarà essa che li aiuterà ad aprirsi, affinché egli li riconosca e vi si stabilisca.
VANGELO (Gv 15, 26-27; 16, 1-4) – In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio».
«Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato.»
Lo Spirito di fortezza
Alla vigilia di mandarci il suo Spirito, Gesù ci annunzia gli effetti che questo Consolatore produrrà nelle anime nostre. Nell’Ultima Cena, indirizzandosi agli apostoli, dice che questo Spirito renderà testimonianza per Lui, ossia che li istruirà sulla sua divinità e sulla fedeltà che gli dovranno, fino alla morte. Ecco dunque ciò che produrrà in quelle anime quest’Ospite divino che il Maestro, prossimo a salire al cielo, designava loro col nome di Virtù dall’Alto. Prove gravissime li attendevano, alle quali avrebbero dovuto resistere fino a dare il loro sangue. Chi sosterrà questi uomini così deboli? Lo Spirito che sarà venuto a riposarsi in loro. Per mezzo suo vinceranno e il Vangelo si propagherà in tutto il mondo. Adesso sta per venire di nuovo, questo Spirito del Padre e del Figlio; e quale sarà lo scopo della sua venuta se non quello di armare anche noi contro le battaglie della vita e di renderci forti per la lotta? Nell’uscire dal Tempo Pasquale, durante il quale i più venerati misteri ci illuminano e ci proteggono, noi ci ritroveremo di fronte al demonio infuriato, al mondo che ci attendeva, alle passioni che, calmatesi per un momento, vorranno risvegliarsi. Se saremo “rivestiti della Virtù dell’alto” non avremo nulla da temere; aspiriamo, dunque, alla venuta del celeste Consolatore, prepariamoci ad accoglierlo in maniera degna della sua Maestà e, quando l’avremo ricevuto, conserviamolo gelosamente; Egli, come fece con gli apostoli, ci assicurerà la vittoria.
PREGHIAMO
O Dio onnipotente ed eterno, fa’ che abbiamo una volontà sempre a te devota e serviamo alla tua maestà con cuore sincero.
¹ Gv 14, 28.
² Ct 2, 1.
Io chiedo ai liturgisti e pastoralisti tradizionalisti: vi fareste operare da un medico che ha studiato sui libri solo fino al 1875?
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