Grazie a Marco Tosatti per la pubblicazione di queste riflessioni di Mons. Marian Eleganti, Vescovo Ausiliare Emerito di Coira.
The Catholic Thing – Diane Montagna intervista Edward Feser sulla Dignitas Infinita: "Ogni persona umana possiede una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, che prevale in e al di là di ogni circostanza, stato o situazione che la persona possa incontrare". Eppure San Tommaso d'Aquino scrive: "Solo Dio è di dignità infinita, e quindi solo lui, nella carne da lui assunta, poteva soddisfare adeguatamente l'uomo". (Solus autem Deus est infinitae dignitatis, qui carne assumpta pro homine sufficienter satisfacere poterat). …La nuova Dichiarazione sembra fondare questa dignità esplicitamente nella natura, e non solo nella grazia. La Dichiarazione fa quindi crollare la distinzione tra naturale e soprannaturale?".
Luigi C.
30 Aprile 2024
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mons. Marian Eleganti, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni su Dignitas Infinita, la pena di morte e i criteri per la guerra giusta. Buona lettura e condivisione.
Dignità infinita o inviolabile?
L’ultimo documento del Dicastero per la dottrina della fede è “Dignitas infinita” e riconosce all’uomo una “dignità infinita”. Preferisco il termine “dignità inviolabile”. Dovremmo riservare a Dio la categoria “infinito”. Perché vale davvero solo per lui. Tutto ciò che viene creato è “finito” o “contingente”. La “dignità infinita” per gli esseri umani suona patetica e in qualche modo irrazionale, il che è stato sorprendente quando Giovanni Paolo II l’ha usata per la prima volta in questo contesto. Sappiamo cosa si intende. Da questo punto di vista possiamo conviverci.
Secondo il primo libro della Sacra Scrittura, se qualcuno uccide un altro essere umano, merita di morire.
Perché: Perché disprezzava la dignità del prossimo di essere immagine di Dio e non rispettava l’inviolabilità ad essa associata.
Con l’omicidio perde (latae sententiae) il proprio diritto alla vita. Verrà punito con la morte. La pena di morte viene qui giustificata con la dignità dell’uomo come immagine di Dio, mentre nel documento del Dicastero per la Dottrina della Fede viene respinta con la stessa argomentazione.
Questa è una contraddizione. Papa Francesco e il suo protetto e ghostwriter card. Fernandez si allontanano con la loro posizione dalla tradizione e si confrontano con grandi studiosi cattolici che la pensavano diversamente e che utilizzavano la dottrina tradizionale della guerra giusta e della pena di morte con criteri di giustizia razionalmente e teologicamente basati sulla rivelazione. Le loro argomentazioni andrebbero affrontate e controbattute con argomentazioni migliori. Ma lo aspetteremo invano. Allora come può essere giustificata l’autodifesa dell’Ucraina se gli atti di guerra o le guerre non possono essere giustificati in nessuna circostanza, inclusa l’autodifesa (cfr. la tradizionale dottrina della guerra giusta). A questo scopo devono esistere criteri oggettivi e razionali. L’insegnamento tradizionale della Chiesa li ha forniti. Oggi semplicemente si riscrive il catechismo. Non sono un sostenitore della pena di morte, e l’esperienza di come e da chi è stata o è praticata in tutto il mondo nel passato e nel presente dà motivo di metterla in discussione e di rifiutarla in questa forma. Ma chi la mette al bando come ultima ratio in ogni caso mette in discussione la Parola di Dio e, su questa base, la tradizione pedagogica della Chiesa. Presume di saperne di più oggi. I dubbi sono giustificati.
Come promemoria (Catechismo Chiesa Cattolica 1997/2003):
2267: L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Ma se i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere e tutelare l’incolumità delle persone dall’aggressore, l’autorità deve attenersi a questi mezzi, perché corrispondono meglio alle condizioni concrete del bene comune e sono più adeguati alla dignità umana. Tuttavia, grazie alle possibilità che lo Stato ha a disposizione per reprimere efficacemente il reato e rendere innocuo l’autore del reato senza privarlo definitivamente della possibilità di riforma, oggi i casi in cui l’allontanamento del colpevole è assolutamente necessaria” già molto raramente o quasi non esiste più (EV 56).
2309: Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:
— che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;
— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;
— che ci siano fondate condizioni di successo;
— che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.