Per oggi ricordiamo il proseguimento della celeberrima saga di don Camillo.
Qui per il nostro post del tempo, che poneva in risalto lo “scontro” ideologico di un giovane prete post conciliare e il nostro sanguigno parroco di Bresciello.
Il film tratto come sempre da un ottimo libro di Guareschi, è molto interessante per alcune scene (sui punti caldi della riforma liturgica da poco approvata); ciononostante non è stato parimenti fortunato come quelli coi grandissimi Cervi e Fernandel (morto poco prima di iniziare le riprese).
Roberto
Ritengo che questo sia il miglior finale che potesse avere la saga. Il '68 ha spazzato via tutto il buonsenso che c'era in entrambi i fronti. Fernandel e Cervi rappresentano l'Italia precedente, quella su cui si sarebbe dovuta continuare a poggiare la Storia del nostro paese. Il clima del film giustamente non è ridanciano, c'è una malinconia di fondo che riporta appieno lo spirito del tempo e soprattutto il pensiero critico di Guareschi su Chiesa e Società. Gli scritti polemici finali della sua carriera non vengono mai riportati, salvo sulla stampa cattolica integrista. Cosiì come questo film viene giudicato spurio e distante dallo spirito dei primi. Infatti lo è, ma giustamente, perchè è il testimone del crollo sociale e della sfiducia che aveva Guareschi. Onore a lui e bravissimo il regista.
RispondiEliminaAlla fine, c’è Gesù che fischietta la canzone rock…come a dire che le rigidità di tanti cattolici “dalla schiena dritta” non è necessariamente ciò che Dio chiede.
EliminaHai ragione, un’ottima conclusione.