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venerdì 9 febbraio 2024

"Il compagno don Camillo": quando i preti facevano i preti e i fedeli erano affamati di sacramenti. #doncamillo #guareschi #chiesacattolica #latino

Oggi, quasi a pro memoria per molti (preti e non), riproponiamo questa pagina struggente tratta dal romanzo di Giovannino Guareschi (1908-1968) intitolato "Il compagno don Camillo" (ed Rizzoli 1963). 
In essa un condensato di religiosità e di pietà sia del sacerdote (che non ha paura di compiere il proprio ministero per la salvezza delle anime) sia dei fedeli che bramano (o bisogna ora dire "bramavano"?) i sacramenti e li chiedevano ai loro sacerdoti. 

Sulla figura di Guareschi e sulle sue vicissitudini (procurategli dagli avversari politici del tempo che lo ostacolarono - e incarcerarono - in ogni modo, si può vedere il nostro vecchio post qui).
Come ben sappiamo, nella saga di don Camillo i riferimenti alla liturgia tridentina abbondano; anzi, Guareschi si trovò negli ultimi suoi anni ad essere testimone dei prodromi della riforma post-conciliare, e in più occasioni – come era sua abitudine – non le mandò certo a dire.
E' bene ricordare l'antefatto (che molti conoscono grazie al film omonimo): Peppone, divenuto senatore comunista e funzionario alle Botteghe Oscure, è incaricato di selezionare e accompagnare un gruppo di solidi compagni di sezione per una sorta di viaggio-premio in Unione Sovietica. Fra questi deve suo malgrado inserire, per evitare uno scandalo personale e politico, don Camillo, finto militante comunista, che ha assunto ovviamente un falso nome. Il prete (che ha faticato non poco ad ottenere l’autorizzazione dell'anziano vescovo) porta con sé un breviario-messalino travestito da volume di “massime” di Lenin, nonché un piccolo crocifisso dalle braccia ripiegabili inserito in una finta penna stilografica. 
Stephan, soldato italiano disperso in Russia, originario di un paese vicino a quello di don Camillo e Peppone, si è salvato durante la terribile ritirata del 1941 grazie alle sue eccezionali capacità nel campo della meccanica e a una ragazza polacca che è poi riuscito a sposare. Ora vive a Grevinec, con la moglie, l’anziana madre di lei e i sei bambini frutto di quel matrimonio.
La vecchietta, che sta morendo ed è rimasta cattolica nonostante tutto (cattolica senza Chiesa, senza Messa, senza Sacramenti), pronuncia qualche parola piena di amarezza che la figlia traduce: sul letticciolo veglia una piccola immagine della Madonna Nera. Don Camillo fa allora uscire dalla stanzetta Peppone e Stephan, che vadano a pianterreno a tener compagnia ai sei bambini.

*
«Fuori pioveva che Dio la mandava. 
Don Camillo si strappò il giubbotto, cavò dalla finta stilografica il Crocifisso dalle braccia pieghevoli, l’infilò nel collo d’una bottiglia e lo dispose in mezzo al tavolino che era contro al muro, a fianco del lettuccio della vecchia. 
Trasse il bicchierino di alluminio che fungeva da Calice. 
Un quarto d’ora dopo, allarmati dal lungo silenzio, Peppone e Stephan salivano, si affacciavano alla porta della soffitta e rimanevano senza parola: don Camillo celebrava la Santa Messa. La vecchia, a mani giunte, lo guardava con occhi pieni di lagrime. 
Quando la vecchietta poté ricevere la Comunione parve che la vita le rifluisse d’improvviso impetuosa nelle vene esangui.
“Ite, Missa est...” La vecchia parlò convulsa all’orecchio della figlia che, d’un balzo, raggiunse il marito: 
- “Reverendo” disse ansimando “sposateci davanti a Dio. Ora siamo sposi soltanto davanti agli uomini”. 
Fuori diluviava: pareva che le nuvole di tutta la grande Russia si fossero concentrate nel cielo di Grevinec. (...) 
- “Signore” implorò don Camillo “non badate se mangio qualche parola o qualche periodo”.
Peppone pareva la classica statua di gesso: don Camillo interruppe un momento il rito e lo spinse verso la porta: 
- “Spicciati, porta su tutta la banda!” 
Oramai la pioggia stava decrescendo rapidamente, ma don Camillo era lanciato e pareva una mitragliatrice: battezzò tutti e sei i bambini con una rapidità da togliere il fiato. E non è che, come aveva detto, mangiasse le parole o saltasse addirittura dei periodi interi. Diceva tutto quel che doveva dire, dalla prima sillaba all’ultima. Ma il fiato glielo dava Gesù. (...) 
Don Camillo fu l’ultimo a uscire e, giunto sulla soglia, si volse e tracciò un rapido segno di croce sussurrando:
- “Pax vobiscum”.
 - “Amen” risposero gli occhi della vecchietta

6 commenti:

  1. Fedeli che bramano i sacramenti ce ne sono ancora, così come preti che rischiano anche la vita per portarli.
    A volte basterebbe uscire dalla propria bolla fisica e, soprattutto, mentale e guardarsi un po’ in giro.
    Certo che, quando tutto fa schifo tranne noi che andiamo alla messa tridentina ed il mondo va tutto a catafascio, mica come nel 1950, è un’impresa.

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    1. Forse è lei che dovrebbe uscire dalla sua bolla mentale in cui "tutto va bene, madama la marchesa" (conosce la geniale canzonzina?), in cui la Chiesa è sana, rigogliosa e prospera.
      Già Paolo VI ebbe a dire che il Conciclio non era stato affatto una primavera per la Chiesa. Figuriamoci ora dopo 50 anni.
      E' lei che non si rende conto o non è informato di quanti sacerdoti oggigiorno non vanno più nelle case dei moribondi o al loro capezzale in ospedale a portare loro il viatico o l'estremaunzione, quandi non vanno a pregare il rosario per i morti, ecc. O vai tu da loro (per i sacramenti "comunitari" in giorni prefissati dai parroci) o nulla.
      Idem per le confessioni (un tempo, nelle chiese - eccetto per quelle in campagna ovviamente) c'era sempre almeno un sacerdote (diocesano o religioso) che stava in confessionale.
      Ore per confessarsi bisogna sempre cercare il prete, suonare in canonica (quando sta in canonica e non in giro per gli affari suoi o a fare il giullare con i ragazzi di Azione Cattolica) rincorrerlo o al massimo presentarsi in sacrestica (guai usare i confessionali!!) nelle pochissime ore di un giorno della settimana prefissato... (quando va bene).
      Quindi inutile che faccia dell'umorismo ormai banale e prevedibile: Non siamo nel 1950 (quando sì, la Chiesa era più fiera di sè e faceva la Chiesa, indicando la via per il Cielo, e non si sforzava di piacere al mondo) e purtroppo si vede.
      Non diciamo che va bene solo nell'ambiente tradizionalista (anche lì ci sono gravi colpe e molti difetti!) ma ci auspichiamo che i preti del giorno d'oggi facciano i preti. A prescidere dal rito.

      Certo, ci saranno anche oggi sacerdoti pii e zelanti, certo! Ma una volta quelli come don Camillo era la normalità. Ora sono un'eccezione.

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    2. Che verbosità! Che acidità! Mamma mia. Così difficile confrontarsi con chi la pensa in modo diverso? O quello che dice Roberto è legge e verità assoluta?

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    3. Ma lei che preti frequenta? Io mi sono sempre confessato senza problemi. Certo, piombando a caso in una canonica può capitare che il prete sia impegnato a fare altro (anche se a me è capitato di fare anche quello e sono stato confessato senza problemi), non è che poi bisogna stizzirsi perché non sono tutti lì ad aspettare me.
      Poi questa storia che uno abbia la necessità improvvisa di confessarsi ORA è una vera panzana tradizionalista. Se ci sono degli orari, vai a confessarti in quegli orari. Dove sarebbe il problema?
      E taciamo sulle pessime battutine sull’Azione Cattolica (i tradizionalisti cosa fanno, invece? Oltre ad andare a “riparare” i gay pride, ovviamente).

      I preti come don Camillo erano la normalità? Ma siamo seri? Se proprio lei ha detto che nei paesini di campagna i preti non c’erano neanche prima!
      Cosa non si fa per voler aver ragione a tutti i costi.

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  2. E i sacerdoti missionari che, oggi, sono presenti ad assistere i fedeli anche rischiando la pelle (o avendocela lasciata proprio) sentitamente ringraziano.
    Forse qualcuno dovrebbe imparare che la Chiesa non è finita nel 1958, anche se trova molto comodo il pensarlo.

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    1. Stessi missionari bastonati da Bergoglio che vorrebbe solo assistenza sociale e no conversione a Cristo.

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