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mercoledì 14 febbraio 2024

Chiesa, prossima fermata: il matrimonio gay? #fernández #fiduciasupplicans #francesco

«Quando uno scrittore afferma che la verità non esiste o che la verità è sempre relativa ti sta chiedendo di non credergli. E tu non credergli» 
(Roger Scruton)

Ancora su Fiducia Supplicans e le sue conseguenze.
QUI MiL sulla visita ai vescovi irlandesi di Padre Martin: "Padre James Martin catechizza i vescovi irlandesi su Fiducia Supplicans e in un tweet "normalizza" i matrimoni gay. A cui la risposta del Papa agli ultimi dubia ha già aperto la strada".

Ad oggi molti vescovi hanno già dichiarato che non applicheranno il documento vaticano, lo vietano ai loro sacerdoti e rifiutano di impartire le benedizioni indicate dalla Fiducia Supplicans: QUI l'elenco e QUI.
Luigi C.

Luisella Scrosati, La Nuova Bussola Quotidiana, 5-2-24
Non c'è mai stato un serio dubbio sul fatto che le benedizioni autorizzate da Fiducia supplicans fossero solo l'inizio di un percorso. E le nuove trovate pionieristiche del gesuita padre James Martin ne sono la conferma. La perseguita ambiguità del documento e dei successivi “chiarimenti” è la cartina tornasole della sua natura volutamente provvisoria, soprattutto se a firmarla è un Papa che ha riassunto la strategia del proprio pontificato in due principi: l'avvio di processi e la superiorità del tempo sullo spazio.
Era stato Francesco stesso, nella risposta al secondo dubium dei cinque cardinali (25 settembre 2023), ad avviare il processo delle benedizioni alle coppie “irregolari” e a quelle dello stesso sesso, battezzando il principio per cui il punto irrinunciabile sarebbe semplicemente quello di mantenere la distinzione tra le benedizioni nuziali e “altre” benedizioni. Principio che appena tre mesi dopo sarà alla base della Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, la quale — è opportuno ricordarlo – contempla precisamente «la possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso».

Tutti i grovigli successivi e le dichiarazioni arrancate che hanno portato a parlare di benedizioni non di coppie, ma di persone che si presentano in coppia, o di benedizioni delle coppie, ma non delle unioni, tutto questo fa parte di un necessario apparente arretramento dal campo aperto per mantenere la trincea, arretramento resosi necessario dalla massiccia opposizione che ha coinvolto un intero continente, numerose conferenze episcopali, singoli vescovi e moltissimi fedeli. Una marea di cattolici, sebbene il Papa abbia cercato di gettare fumo negli occhi, dapprima derubricando la massiccia opposizione africana a una questione culturale e poi, nell'intervista a Domenico Agasso, parlando di «gruppetti» che manifestano «riflessioni di colore scismatico».

Torniamo a padre Martin. Prima il sito canadese Lifesitenews, poi il quotidiano La Verità di venerdì 2 febbraio hanno dato notizia che il gesuita è stato invitato ad intervenire al santuario mariano di Knock, in occasione dell'incontro annuale della Conferenza Episcopale Irlandese. Due giorni in cui si sarebbe parlato, secondo quanto riferito dallo stesso Martin, di «coloro che sono ai margini» e del «ministero della Chiesa nei confronti delle persone LGBTQ». Una fonte irlandese del sito canadese ha confidato che i vescovi avrebbero messo sul tavolo anche le modalità per applicare FS e per cercare di arrivare ai matrimoni gay.

P. Martin sarebbe dunque l'apripista vaticano per cercare di uscire dalla trincea in cui FS è stata costretta nelle ultime settimane, secondo la nota massima che la migliore difesa è l'attacco. Nel contempo, il gesuita mostra alle retroguardie quale sia il vero obiettivo per cui è nata FS: il matrimonio gay e la benedizione della sodomia.

L'intervento in Irlanda fa il paio con un'altra prestazione di Martin di qualche giorno fa (vedi qui). Il controverso sacerdote, sempre pronto a commentare su Twitter qualunque cosa sia utile per spingere i cattolici verso il politicamente corretto — ovvero come mettere un piede e quattro dita all'Inferno senza strafare —, aveva pensato bene di non farsi sfuggire la notizia del compagno maschio del segretario per i Trasporti USA, Pete Buttigieg. Il quale aveva reso noto che viaggiava a spese degli States con marito a carico. Il 22 gennaio, il gesuita cinguettava: «Sorprende che la notizia abbia ricevuto così tanta attenzione. Che piaccia o no, Pete Buttigieg è legalmente sposato. Potete non essere d'accordo con il matrimonio tra persone dello stesso sesso (o no). Ma @SecretaryPete è sposato agli occhi dello Stato e della sua chiesa, così come lo è chiunque altro. Affermare il contrario significa ignorare la realtà».

Dunque, per Martin può esistere un vero matrimonio «agli occhi dello Stato» e di una “chiesa” che sia in contraddizione con il matrimonio naturale, voluto da Dio. Si può essere, ai suoi occhi, realmente sposati con persone dello stesso stesso, «come chiunque altro», mentre avere qualcosa da ridire a riguardo significherebbe «ignorare la realtà». È chiaro che in questa prospettiva anche la Chiesa cattolica dovrebbe prendere atto della “realtà” e, se proprio non può equiparare questo matrimonio a quello cattolico, tuttavia dovrebbe riconoscerlo come qualcosa di simile. Il punto è che nella testa di James Martin due uomini o due donne si possono sposare, che il loro è un matrimonio, anche se la Chiesa cattolica non lo può chiamare così.

A ben vedere, anche sotto questo aspetto, Martin non è che un avamposto, per indicare da quale parte la Chiesa deve andare; ed è un avamposto sostenuto dal Papa, che non solo non trova nulla da eccepire alla sua “missione” pro LGBTQ, ma già gli ha fornito il supporto teorico per matrimoni gay “cattolici”.

Il n. 292 di Amoris Lætitia introduceva l'idea di una gradazione della realizzazione del matrimonio cristiano, che «si realizza pienamente nell’unione tra un uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita». L'esortazione post-sinodale riteneva che «altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale», e si può supporre che si tratti delle “unioni” di persone dello stesso sesso, «mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo», probabile riferimento ad unioni more uxorio.

Ma nella risposta al secondo dubium, già richiamata sopra, il Papa non menzionava più questa distinzione e manteneva solamente l'idea di «altre forme di unione» che realizzano il matrimonio «solo “in modo parziale e analogo” (...) per cui non possono essere chiamate strettamente “matrimonio”». Occorre evidenziare che questa risposta riguardava la domanda non sulla possibilità di benedire unioni irregolari generiche, ma specificamente «unioni con persone dello stesso sesso». Il Papa dunque tace sul fatto che queste “unioni” contraddicano radicalmente il matrimonio proprio mentre la domanda gli veniva posta in riferimento a queste “unioni”, che invece diventano realizzazioni parziali e analoghe del matrimonio cristiano.

Non appena il colpo di FS verrà digerito, il prossimo passo sarà dunque quello del matrimonio gay, purché lo si distingua teoricamente e ritualmente da quello sacramentale. James Martin lo sa e, da buon gregario, inizia a preparare la volata. D'altra parte, FS ha già posto tutte le premesse a riguardo, perché l'esistenza di benedizioni impartite da un sacerdote a nome della Chiesa che non siano liturgiche è pura finzione. E perché benedire la coppia significa benedire l'unione che forma quella coppia, il tipo di relazione che forma quella coppia. James Martin può proseguire il suo ministero di spostare avanti l'asticella verso i matrimoni gay, in modo da far digerire le benedizioni di FS come un male minore da accettare, pur di non arrivare al peggio.

Intanto, il 3 gennaio scorso, a seguito della sua performance di benedizione della prima coppia gay dopo FS, il gesuita aveva scritto per Outreach (vedi qui), «che l'enfasi posta sui sacerdoti che benedicono le coppie dello stesso sesso non ha sottolineato quanto le coppie dello stesso sesso abbiano benedetto la Chiesa. Di certo hanno benedetto me». Segnando così l'ultima vera tappa del percorso: la sodomia non è più un peccato, è una benedizione.