Il vescovo della diocesi di Bayonne (Francia), Marc Marie Max Aillet respinge le benedizioni a coppie di omosessuali e adulteri conviventi.
In una lunga Nota, riportata sotto, esprime tutte le sue perplessità su Fiducia Supplicans.
Importante perchè, credo, sia il primo vescovo francese a mettersi di traverso nei confronti del famigerato documento DDF.
Di seguito Aillet (traduzione nostra): "Qui arriviamo alla novità della dichiarazione Fiducia supplicans, che non sta nella possibilità di benedire una persona in situazione irregolare o omosessuale, ma di benedirne due che si presentano come "coppia". È quindi l'entità "coppia" che invoca la benedizione su di sé. Sebbene il testo si guardi bene dall'utilizzare i termini "unione", "partnership" o "relazione" - usati dalla precedente Congregazione per il suo divieto - non fornisce una definizione della nozione di "coppia", che è diventata un nuovo oggetto di benedizione. [...] Concedere la benedizione a una "coppia" omosessuale, e non solo a due individui, sembra avallare l'attività omosessuale che li lega, [...] Una parola di San Paolo mi risuona ancora per illuminare il nostro atteggiamento pastorale: "Non lasciatevi modellare da questo mondo, ma lasciate che il rinnovamento del vostro giudizio vi trasformi e vi renda capaci di discernere ciò che è la volontà di Dio, ciò che è buono, ciò che gli piace, ciò che è perfetto" (Rm 12, 2). [...]
- Li invito poi a stabilire un dialogo pastorale e ad avere il coraggio, per il bene delle persone e con la dovuta delicatezza, senza giudicarle e coinvolgendosi personalmente nella relazione pastorale, di dire loro chiaramente la Verità che la Chiesa insegna sulla loro situazione.
- Infine, li invito, se le persone lo richiedono, a impartire loro una benedizione, a condizione che sia rivolta a ciascuno individualmente, chiamandoli alla conversione e invitandoli a chiedere l'aiuto della grazia che il Signore concede a tutti coloro che gliela chiedono per conformare la propria vita alla Volontà di Dio".
Ad oggi molti vescovi hanno già dichiarato che non applicheranno il documento vaticano, lo vietano ai loro sacerdoti e rifiutano di impartire le benedizioni indicate dalla Fiducia Supplicans:
Luigi C.
29, dicembre 2023
"Il Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) ha appena pubblicato, il 18 dicembre 2023, con l'approvazione di Papa Francesco, la Dichiarazione Fiducia Supplicans "sul significato pastorale delle benedizioni".
Salutata come una vittoria dal mondo laico, e in particolare dalle lobby LGBT che vedono in essa il riconoscimento da parte della Chiesa delle relazioni omosessuali nonostante le numerose restrizioni previste dal documento romano, è stata oggetto di una disapprovazione pubblica senza precedenti da parte di intere conferenze episcopali, in particolare in Africa e nell'Europa dell'Est, nonché di vescovi di ogni continente. Inoltre, molti fedeli, compresi quelli che stanno ricominciando da capo, e alcuni sacerdoti, che si trovano ad affrontare situazioni pastorali complesse in una società che sta perdendo i suoi punti di riferimento, e che stanno dimostrando sia fedeltà all'insegnamento del Magistero che carità pastorale, stanno esprimendo la loro confusione e incomprensione.
Di fronte a queste reazioni, e dopo aver preso tempo per riflettere, vorrei inviare una nota ai sacerdoti e ai fedeli della mia diocesi, come vescovo, per aiutarli ad accogliere questa dichiarazione in uno spirito di comunione con la Santa Sede Apostolica, dando alcune chiavi di lettura, pur mettendo rispettosamente in discussione alcuni punti della dichiarazione che potrebbero essere chiariti. Infine, vorrei invitare i sacerdoti della mia diocesi a esercitare la prudenza, la virtù per eccellenza del discernimento. Sono consapevole che questa nota è densa, ma mi sembra importante trattare la questione con sufficiente profondità teologica e pastorale.
Una dottrina immutata sul matrimonio
La Fiducia supplicans inizia ricordando che l'insegnamento della Chiesa sul matrimonio come unione stabile, esclusiva e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta alla generazione di nuova vita, rimane fermo e immutato (n. 4). Per questo, insiste il testo, non è possibile impartire una benedizione liturgica o rituale a coppie in situazione irregolare o dello stesso sesso, che rischierebbe di portare a una grave confusione tra matrimonio e unioni di fatto (n. 5). Questo è il motivo per cui l'ex Congregazione per la Dottrina della Fede, in una risposta ad dubium del 22 febbraio 2021, ha concluso che è impossibile impartire una benedizione alle "coppie" dello stesso sesso.
Distinzione tra benedizioni liturgiche e pastorali
Un intero percorso biblico viene poi proposto per stabilire la distinzione tra benedizioni liturgiche (n. 10) e benedizioni che possono essere definite pastorali, al fine di chiarire la possibilità di concedere una benedizione a una persona che, indipendentemente dalla sua condizione di peccato, può chiedere a un sacerdote, al di fuori del contesto liturgico o rituale, di esprimere la sua fiducia in Dio e la sua richiesta di aiuto per "vivere meglio" e adeguare la propria vita alla volontà di Dio (n. 20). Ciò fa peraltro parte di una elementare e bimillenaria prassi pastorale della Chiesa, soprattutto nell'ambito della devozione popolare (n. 23-24), dove non si tratta mai di esercitare un controllo sull'amore incondizionato di Dio per tutti, né di pretendere un certificato di moralità, fermo restando che si tratta di un sacramentale, che non agisce come un sacramento ex opere operato, ma la cui efficacia di grazia dipende dalle buone disposizioni di chi lo chiede e lo riceve. Finora il testo non aggiunge nulla di nuovo all'insegnamento ordinario della Chiesa su questi temi.
Una benedizione pastorale estesa alle coppie dello stesso sesso
Dalla pratica secolare delle benedizioni spontanee e informali, mai ritualizzate dall'autorità ecclesiale, si passa a quello che nell'introduzione del documento viene presentato come il suo stesso oggetto: "È proprio in questo contesto [quello della "visione pastorale di Papa Francesco] che possiamo comprendere la possibilità di benedire le coppie in situazione irregolare e le coppie dello stesso sesso, senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo il perenne insegnamento della Chiesa sul matrimonio" (Presentazione). Si precisa addirittura che "questo gesto non intende sancire o legittimare nulla" (n. 34).
Così, nella terza parte della dichiarazione, si passa surrettiziamente dalla possibilità di benedire una persona, qualunque sia la sua situazione, alla benedizione concessa a una "coppia" irregolare o dello stesso sesso.
Nonostante tutte le precisazioni sulla natura non liturgica di queste benedizioni e la lodevole intenzione di "associarsi in questo modo alla preghiera di persone che, pur vivendo in un'unione che non può in alcun modo essere paragonata al matrimonio, desiderano affidarsi al Signore e alla sua misericordia, invocare il suo aiuto e farsi guidare verso una maggiore comprensione del suo disegno di amore e di verità" (n. 30), siamo costretti a constatare che non si tratta di una benedizione di coppia. 30), siamo costretti a constatare che ciò è stato recepito, quasi all'unanimità sia dai favorevoli che dai contrari, come "riconoscimento da parte della Chiesa delle relazioni omosessuali" stesse. Purtroppo, è spesso così che viene intesa la pratica - già in uso in alcune Chiese locali - di benedire "coppie" dello stesso sesso, in particolare in Germania e in Belgio, e in modo molto pubblico. C'è da temere che si sentano incoraggiati in questo modo, come hanno già testimoniato alcuni di loro.
Domande che meritano di essere chiarite
Comprendiamo il legittimo desiderio del Santo Padre di dimostrare la vicinanza e la compassione della Chiesa verso tutte le situazioni, anche le più marginali: non è forse questo l'atteggiamento di Cristo nel Vangelo, "che accoglieva pubblicani e peccatori" (cfr. Mt 9,11), e che costituisce buona parte del nostro ministero ordinario? Ci sono però alcune domande che rimangono senza risposta e che devono essere chiarite, sia da un punto di vista dottrinale che pastorale.
Queste benedizioni non sarebbero in contraddizione con il concetto di "sacramentale" che tutte le benedizioni presuppongono?
Va sottolineato che la motivazione addotta nel Responsum ad dubium del 2021 sottolineava non tanto il contesto liturgico della benedizione, quanto la sua natura "sacramentale", che permane in qualsiasi contesto: "Per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su determinate relazioni umane, è necessario - oltre alla retta intenzione di chi vi partecipa - che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere ed esprimere la grazia, secondo i fini di Dio inscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Solo le realtà che sono di per sé ordinate a servire questi piani sono compatibili con l'essenza della benedizione impartita dalla Chiesa" (Nota esplicativa al Responsum). È per questo che l'ex Congregazione per la Dottrina della Fede ha dichiarato illecita "ogni forma di benedizione" nei confronti di relazioni che prevedono pratiche sessuali al di fuori del matrimonio, come le unioni omosessuali. Dobbiamo certamente riconoscere e valorizzare gli elementi positivi di questo tipo di relazioni, ma essi sono messi al servizio di un'unione che non è ordinata al progetto del Creatore.
Non c'è una distinzione da fare tra la benedizione di una persona e la benedizione di una "coppia"?
La Chiesa ha sempre sostenuto che "queste benedizioni sono per tutti e nessuno deve essere escluso" (n. 28). Ma se facciamo riferimento al Libro delle Benedizioni e al Direttorio sulla pietà popolare e la liturgia, vediamo che esse sono essenzialmente, se non esclusivamente, per i singoli, anche se in gruppo, come gli anziani o i catechisti. In questi casi, però, l'oggetto della benedizione non è la relazione che li unisce, che è meramente estrinseca, ma la persona.
Qui arriviamo alla novità della dichiarazione Fiducia supplicans, che non sta nella possibilità di benedire una persona in situazione irregolare o omosessuale, ma di benedirne due che si presentano come "coppia". È quindi l'entità "coppia" che invoca la benedizione su di sé. Sebbene il testo si guardi bene dall'utilizzare i termini "unione", "partnership" o "relazione" - usati dalla precedente Congregazione per il suo divieto - non fornisce una definizione della nozione di "coppia", che è diventata un nuovo oggetto di benedizione.
Ciò solleva una questione semantica che rimane irrisolta: si può ragionevolmente attribuire il termine "coppia" alla relazione di due persone dello stesso sesso? Non siamo stati un po' precipitosi nell'adottare la semantica che il mondo ci impone, ma che confonde la realtà della coppia? Nell'esortazione apostolica Ecclesia in Europa (2003), Giovanni Paolo II scriveva: "Si cerca persino di far accettare modelli di coppia in cui la differenza sessuale non è più essenziale" (n. 90). In altre parole, la differenza sessuale non è essenziale alla costituzione stessa della coppia? È una questione antropologica che va chiarita per evitare ogni confusione o ambiguità, perché se il mondo ha esteso questa nozione a realtà che non fanno parte del disegno del Creatore, la parola magisteriale non dovrebbe assumere un certo rigore terminologico per corrispondere il più possibile alla verità rivelata, antropologica e teologica?
E le relazioni omosessuali?
Concedere la benedizione a una "coppia" omosessuale, e non solo a due individui, sembra avallare l'attività omosessuale che li lega, anche se, ancora una volta, si chiarisce che questa unione non può essere equiparata al matrimonio. Ciò solleva la questione dello status morale delle relazioni omosessuali, che non viene affrontata in questa dichiarazione. L'insegnamento della Chiesa, in accordo con la Sacra Scrittura e con la costante dottrina del Magistero, ritiene queste relazioni "intrinsecamente disordinate" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357): se Dio non disdegna di benedire il peccatore, può parlare bene di ciò che non è concretamente conforme al suo disegno? Questo non sarebbe in contraddizione con la benedizione originaria di Dio quando creò l'uomo a sua immagine e somiglianza: "Li creò maschio e femmina. Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi"" (Gen 1,28)?
Non ci sono atti che sono intrinsecamente malvagi?
Per porre fine alle controversie che avevano agitato i moralisti cattolici fin dagli anni '70, sull'opzione fondamentale e sulla moralità degli atti umani, Papa Giovanni Paolo II pubblicò un'enciclica magisteriale, Veritatis splendor (1993), su alcune questioni fondamentali dell'insegnamento morale della Chiesa, di cui abbiamo celebrato il 30° anniversario nel 2023. Questa enciclica, che conferma la Parte Morale del CCC e ne sviluppa alcuni aspetti, ricordava in particolare il costante insegnamento del Magistero sull'esistenza di atti intrinsecamente malvagi (n. 79-83) che restano proibiti semper et pro semper, cioè in ogni circostanza. Questo insegnamento è tutt'altro che facoltativo e fornisce una chiave di lettura per discernere le situazioni che ci troviamo ad affrontare nel ministero pastorale. Un comportamento oggettivamente in contrasto con il disegno di Dio non è necessariamente biasimevole dal punto di vista soggettivo - anzi, "chi sono io per giudicare", per usare la famosa espressione di Papa Francesco - ma questo non lo rende moralmente buono. La dichiarazione Fiducia supplicans si riferisce spesso al peccatore che chiede la benedizione - "coloro che riconoscono umilmente di essere peccatori come tutti gli altri" (n. 32) - ma non dice nulla sul peccato particolare che caratterizza queste situazioni. L'esperienza mostra, inoltre, che non è detto che questa possibilità di benedizione "incondizionata" sia un aiuto alla conversione.
L'esercizio della carità pastorale può essere disgiunto dalla missione profetica dell'insegnamento?
È una fortuna che questa affermazione si riferisca al ministero del sacerdote, e dobbiamo ringraziare il Santo Padre per aver creato ogni tipo di opportunità per permettere alle persone lontane dalla Chiesa e dalla sua disciplina di incontrare un sacerdote, come egli stesso auspica nell'esortazione apostolica Amoris laetitia (2016), per sperimentare la vicinanza di un "Dio tenero e misericordioso, lento all'ira e pieno di amore" (Sal 144,8). Ma allora non si può parlare di due persone dello stesso sesso impegnate in attività omosessuali e che si presentano come tali, o di coppie in situazione irregolare, che ricorrono a una benedizione concessa, anche informalmente, senza un dialogo pastorale a cui Papa Francesco incoraggia spesso i pastori.
In questo senso, l'esercizio della carità pastorale non può essere separato dalla missione profetica di insegnamento del sacerdote. E il cuore della predicazione di Gesù rimane la chiamata alla conversione, che ci dispiace non sia menzionata in questa dichiarazione. Quando Gesù mostra compassione per il peccatore, lo esorta sempre a cambiare vita, come vediamo, tra gli altri esempi, nella storia della donna adultera: "Non ti condanno. Va' e non peccare più" (Gv 8,11). Che cosa sarebbe la pastorale se non invitasse i fedeli, senza giudicare o condannare nessuno, a valutare la loro vita e il loro comportamento in relazione alle parole dell'Alleanza e del Vangelo? Queste parole parlano del progetto benevolo di Dio sulle persone, con l'obiettivo di conformare la propria vita ad esso, con la grazia di Dio e secondo un percorso di crescita, chiamato da Giovanni Paolo II: "legge della gradualità o cammino graduale" (cfr. Familiaris Consortio n. 34). La benedizione concessa a due persone in una relazione omosessuale o a una coppia in una situazione irregolare non li porterebbe a credere che la loro unione è una tappa legittima del loro cammino? Giovanni Paolo II ha tenuto a precisare: "Per questo ciò che si chiama legge della gradualità o cammino graduale non può essere identificato con la gradualità della legge, come se nella legge divina ci fossero diversi gradi e forme di precetto a seconda delle persone e delle situazioni" (Ibid.).
Si possono contrapporre pastorale e dottrina?
Inoltre, possiamo contrapporre la cura pastorale all'insegnamento dottrinale, come se l'intransigenza fosse dalla parte della dottrina e dei principi, a scapito della compassione e della tenerezza che dobbiamo pastoralmente ai peccatori? Di fronte ai farisei che lo mettono alla prova sul tema del divorzio e dell'atto di ripudio acconsentito da Mosè, Gesù fa riferimento senza concessioni alla "Verità del principio" (cfr. Gen 1 e 2), affermando che se Mosè ha acconsentito alla loro debolezza, è stato a causa della "durezza del loro cuore" (cfr. Mt 19,3-9). Gesù sembra addirittura il più intransigente. Va detto che l'antica legge non ci rendeva giusti: ma con Gesù siamo ora sotto il regime della nuova legge, che San Tommaso d'Aquino ha definito, ispirandosi a San Paolo, come "la grazia dello Spirito Santo data a coloro che credono in Cristo" (Summa Theologica I-II 106, 1). Ogni atto del ministero, comprese le benedizioni, deve quindi essere posto sotto il regime della nuova legge, in cui tutti siamo chiamati alla santità, indipendentemente dalla nostra condizione di peccato.
Come ha sottolineato il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in una lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale degli omosessuali (1986): "Bisogna chiarire che prendere le distanze dall'insegnamento della Chiesa o tacere su di esso non è segno né di un vero senso di responsabilità né di una vera cura pastorale. Solo ciò che è vero può essere in definitiva pastorale. Ignorare la posizione della Chiesa significa privare uomini e donne omosessuali dell'attenzione di cui hanno bisogno e che meritano" (n. 15).
E San Giovanni Paolo II avverte: "La dottrina della Chiesa e, in particolare, la sua fermezza nel difendere la validità universale e permanente dei precetti che vietano gli atti intrinsecamente malvagi è spesso intesa come il segno di un'intransigenza intollerabile, soprattutto nelle situazioni estremamente complesse e conflittuali della vita morale dell'uomo e della società di oggi, un'intransigenza che contrasta con il carattere materno della Chiesa. La Chiesa, si dice, manca di comprensione e di compassione. Ma, in realtà, il carattere materno della Chiesa non può mai essere separato dalla missione di insegnamento che essa deve sempre svolgere come Sposa fedele di Cristo che è la Verità in persona (...) ""In realtà, la vera comprensione e la naturale compassione devono significare amore per la persona, per il suo vero bene e la sua autentica libertà. E tale amore non può certo essere vissuto nascondendo o indebolendo la verità morale, ma proponendola con il suo significato profondo di irradiazione dell'eterna Sapienza di Dio, giunta a noi in Cristo, e con la sua portata di servizio all'uomo, di crescita della sua libertà e di ricerca della sua felicità" (Familiaris Consortio n. 34). Allo stesso tempo, la presentazione chiara e vigorosa della verità morale non può mai prescindere dal rispetto profondo e sincero, ispirato da un amore paziente e fiducioso, di cui l'uomo ha sempre bisogno nel suo cammino morale, spesso reso difficile da difficoltà, debolezze e situazioni dolorose. La Chiesa, che non può mai rinunciare al principio di "verità e coerenza, in virtù del quale non accetta di chiamare bene ciò che è male e male ciò che è bene" (Reconciliatio et paenitentia n. 34), deve sempre stare attenta a non spezzare la canna accartocciata e a non spegnere lo stoppino che ancora fuma (cfr. Is 42, 3). Paolo VI scriveva: "Non sminuire in alcun modo la dottrina salvifica di Cristo è una forma eminente di carità verso le anime. Ma questa deve essere sempre accompagnata dalla pazienza e dalla gentilezza di cui il Signore stesso ha dato l'esempio nel trattare con gli uomini. Venuto non per giudicare ma per salvare (cfr. Gv 3,17), egli fu certamente intransigente con il male, ma misericordioso verso gli uomini" (Humanae vitae n. 29)." (Veritatis splendor n. 95).
"Non prendete a modello il mondo attuale".
So bene che la questione è delicata, e sottoscrivo pienamente l'insistenza del Santo Padre sulla carità pastorale del sacerdote, chiamato a portare l'amore incondizionato di Dio vicino a tutti, anche alle periferie esistenziali dell'umanità ferita di oggi. Ma penso a quelle luminose parole dell'apostolo Paolo a Tito, che sentiamo proclamare nella liturgia della notte di Natale e che riassumono tutta l'economia della salvezza: "La grazia di Dio infatti si è manifestata per la salvezza di tutti gli uomini. Essa ci insegna a rinunciare all'empietà e alle concupiscenze di questo mondo e a vivere con senno, giustizia e pietà in questo tempo presente (...) Egli infatti ha dato se stesso per noi per riscattarci da tutti i nostri peccati e purificarci, per fare di noi il suo popolo, desideroso di fare il bene" (Tito 2, 11-12, 14). La carità pastorale che ci spinge - "Caritas Christi urget nos" (2 Cor 5, 14) - a raggiungere tutti gli uomini per mostrare loro quanto sono amati da Dio - la prova è che Cristo è morto e risorto per tutti - ci spinge, in modo inseparabile, ad annunciare loro la Verità del Vangelo della Salvezza. E la verità è espressa in queste parole di Gesù a tutti coloro che vogliono diventare suoi discepoli: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la troverà" (Mt 16,24). San Luca chiarisce che lo diceva "a tutti" (Lc 9,23) e non solo a un'élite.
Una parola di San Paolo mi risuona ancora per illuminare il nostro atteggiamento pastorale: "Non lasciatevi modellare da questo mondo, ma lasciate che il rinnovamento del vostro giudizio vi trasformi e vi renda capaci di discernere ciò che è la volontà di Dio, ciò che è buono, ciò che gli piace, ciò che è perfetto" (Rm 12, 2). Tutte le persone, comprese le coppie irregolari o dello stesso sesso, aspirano al meglio, perché l'inclinazione al bene, al vero e al bello è iscritta da Dio nel cuore di ogni essere umano: riconoscerlo significa rispettarne la dignità e la libertà fondamentale. E vale la pena di "mettersi in gioco" per aiutare tutti, qualunque sia la loro situazione di peccato o di contraddizione con il disegno di Dio rivelato dal Decalogo e dal Vangelo, a scoprirlo e a camminare verso di esso, attraverso processi di crescita e con l'aiuto della grazia di Dio. E questo non può avvenire senza la Croce.
Atteggiamento pastorale pratico
In conclusione, e dato il contesto di una società secolarizzata in cui stiamo vivendo una crisi antropologica senza precedenti, che inevitabilmente porta a persistenti ambiguità:
- Invito i sacerdoti della diocesi, quando hanno a che fare con coppie in situazione irregolare o con persone in relazione omosessuale, a mostrare un'accoglienza piena di gentilezza: le persone non devono sentirsi giudicate, ma accolte con uno sguardo e un ascolto che esprimano l'amore di Dio per loro.
- Li invito poi a stabilire un dialogo pastorale e ad avere il coraggio, per il bene delle persone e con la dovuta delicatezza, senza giudicarle e coinvolgendosi personalmente nella relazione pastorale, di dire loro chiaramente la Verità che la Chiesa insegna sulla loro situazione.
- Infine, li invito, se le persone lo richiedono, a impartire loro una benedizione, a condizione che sia rivolta a ciascuno individualmente, chiamandoli alla conversione e invitandoli a chiedere l'aiuto della grazia che il Signore concede a tutti coloro che gliela chiedono per conformare la propria vita alla Volontà di Dio".
Marc Aillet, vescovo di Bayonne, Lescar e Oloron
Bayonne, 27 dicembre 2023
Festa di San Giovanni Apostolo