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domenica 19 novembre 2023

«L’”Inclusività”? Cosa da scienze sociali, non certo da teologia cristiana» dice il capo dei vescovi polacchi #sinodo

La Polonia Fedele resiste.
S. Giovanni Paolo II prega per noi
Luigi

Il Timone, 15 Novembre 2023, di Paola Belletti

Mons. Stanislaw Gadecki, l’arcivescovo a capo della Conferenza Episcopale Polacca, ha rilasciato una lunga intervista al Catholic World Report nella quale riferisce le proprie valutazioni sull’andamento del Sinodo e, oltre alle numerose valutazioni positive, presenta i rischi che vede correre alla Chiesa di oggi, soprattutto in Occidente. Nominato arcivescovo di Poznań, in Polonia, nel 2002 da papa Giovanni Paolo II, nel 2014 è stato eletto presidente della Conferenza episcopale mandato rinnovatogli nel 2019.
Riguardo alla «recente Assemblea sinodale (ha parlato) dei (relativi) aspetti positivi e negativi, della continua spinta per le benedizioni delle coppie omosessuali e dell’estremismo del Synodale Weg (Cammino sinodale, Ndr) tedesco.» La prima notazione, pacata ma puntuale, riguarda il rischio che si è corso a causa dello stile dei lavori sinodali per cui «tutti sono stati invitati a partecipare, indipendentemente dal loro atteggiamento nei confronti della fede e della Chiesa cattolica. Come risultato di questo approccio, a volte la voce “non cattolica” era più udibile di quella “cattolica”. Tuttavia, non è questo il che significa cercare la volontà di Dio».

Tra i numerosi e vari punti di vista che hanno trovato spazio, Mons. Gadecki, sottolinea come quello particolarmente estremo formulato in Germania scorresse – forse in modo pericolosamente torrentizio – parallelo al corso principale del sinodo. Di segno senza dubbio positivo lo spazio e la possibilità offerti alla preghiera e alla meditazione; in un altro passaggio l’arcivescovo osserva come i laici presenti ai lavori si trattenessero in cappella più a lungo dei religiosi. Migliorare le relazioni tra laici e clero è uno degli obiettivi che, soprattutto in Polonia, viene indicato come decisivo e urgente.

Una riflessione articolata e seriamente preoccupata del prelato verte sul tema e sull’introduzione potremmo dire abusiva del concetto di “inclusione” e “inclusività” nelle categorie ecclesiali. La domanda dirimente è questa: «l’insegnamento del Signore Gesù era inclusivo o escludente? Gesù lasciò un messaggio chiaro ai discepoli: “Andate dunque e fai discepoli tutte le nazioni, battezzandole…” (Mt 28:19).»

Il mandato che Cristo ha consegnato alla Sua Chiesa non è di includere, ma di salvare. Ciò che porta, ed è la sola a portare (le chiese occidentali hanno ancora la consapevolezza di poter offrire agli uomini questo messaggio così radicale, unico e decisivo per il destino di ognuno? Il prelato teme di no, o almeno percepisce un’incertezza diffusa in merito a questo che è però il cuore stesso dell’annuncio cristiano).

«La parola “inclusività” sicuramente non si adatta alla teologia cristiana. Ci viene dalle scienze sociali. È qui che sorge il problema. La Chiesa professa il dogma dell’infallibilità del papa. Allo stesso tempo, si può avere l’impressione che alcuni teologi e vescovi credano nell’infallibilità delle scienze sociali, e nemmeno delle scienze, ma di alcuni sociologi e teorie tradizionali, che in pochi decenni saranno menzionati solo nei libri di testo di storia.»

Ciò che lo interroga e spinge a indicare i rischi ai quali la Chiesa sembra esposta è proprio l’allontanamento dalla fonte di vita e di verità che la chiesa è e offre; questo iato lascia pericoloso agio ad altre istanze di farsi strada. In questo senso le pressioni tedesche diventano un motivo di allerta e un richiamo ad una seria vigilanza. Particolarmente emblematica l’insistenza della voce teutonica sul tema del diaconato femminile, ripetuto per ben tre volte nel rapporto di sintesi. Ecco come si esprime al riguardo Mons. Stanislaw Gadecki:

«La Germania sta spingendo duramente per introdurre il diaconato per le donne. Questo argomento si ripete tre volte nel rapporto di sintesi. Tuttavia, non citano argomenti teologici, ma il divieto di discriminazione di genere e di emancipazione delle donne.» Non è questo un esempio calzante della sudditanza alle scienze sociali e al linguaggio più mondano che ecclesiale che segnala nella stessa intervista? «Questa argomentazione suggerisce che ciò che è in questione qui non è il diaconato, ma piuttosto la posizione delle donne nella Chiesa. Di conseguenza, l’introduzione del diaconato femminile non sarebbe una soluzione alla questione, ma infiammarebbe solo la disputa sull’ordinazione delle donne al sacerdozio.»

È necessario dunque occuparsi dei documenti Synodale Weg, secondo Gadecki, perché esiste il rischio concreto che, poiché il vescovo Georg Bätzing ha detto di essere riuscito a includere tutti i postulati tedeschi nella bozza del documento finale del Sinodo (…) i Padri del Sinodo, votando sul documento finale l’anno prossimo, approvino effettivamente le richieste del Synodale Weg, anche se con una formulazione leggermente diversa.

In sintesi la preminenza che le posizioni tedesche hanno assunto nei lavori del sinodo, il cui obiettivo originale è migliorare i rapporti tra consacrati e laici per favorire l’evangelizzazione, è riflesso della crisi che affligge la chiesa tedesca e rischia di insidiare il bene di tutta la Chiesa; ma prevale la certezza – e non potrebbe essere altrimenti – che la luce accesa da Cristo non verrà mai spenta e mai abbandonata a favore di altre false luci.