Riceviamo e pubblichiamo.
Luigi
112ª SETTIMANA: LE SENTINELLE CONTINUANO LA LORO PREGHIERA PER LA DIFESA DELLA MESSA TRADIZIONALE DAVANTI ALL'ARCIDIOCESI DI PARIGI
Un amico mi ha messo davanti agli occhi un numero della rivista gesuita Études dell'ottobre 2019, in cui Jean-Louis Schlegel, lui stesso ex gesuita, editore, sociologo della religione (ha pubblicato l'anno scorso con Danièle Hervieu-Léger, da Éditions du Seuil, Verso l'implosione? Interviste sul presente e sul futuro del cattolicesimo), firmava un articolo che avrebbe potuto essere scritto oggi: «Perché non andiamo più a messa? ".
Lì ha fatto la consueta osservazione: «La caduta della “pratica” – nella sua dimensione liturgica – è impressionante. La frequenza alla messa domenicale è probabilmente ora pari a circa il 3% dei cattolici, se non di meno. Chi l’avrebbe immaginato in Francia negli anni ’60, quando eravamo ancora al 20% o al 25%? Abbiamo allora protestato contro i film di Carl Theodor Dreyer o Ingmar Bergmann che denunciavano la “morte di Dio” nei paesi luterani della Scandinavia, dove il tasso di pratica era già sceso a meno del 2%. Ed eravamo felici che la Francia non ci fosse. Poco più di cinquant’anni dopo, eccoci qui…”
E ha elencato, da cattolico di sinistra quale è, le possibili ragioni del crollo: «Calo del numero dei credenti, esculturazione della Chiesa in una società molto secolarizzata, disaccordi intellettuali (su questioni di bioetica, per esempio) e pratici (deviazioni dalle norme sessuali e coniugali), libertà da obblighi e impegni, pratiche individualiste “à la carte”, crescita esponenziale delle attività ricreative e sportive durante il fine settimana…”
Ed ha anche giustamente osservato: “In questo caso facciamo appello soprattutto a ragioni esterne. Raramente la celebrazione dell'Eucaristia stessa e le forme che essa ha assunto vengono messe in discussione, per il fatto che molti di coloro che abbandonano la pratica (e che sono di tutte le età) potrebbero semplicemente dire "non mi ci rivedo" o “non mi ci ritrovo”. Fin qui, niente da aggiungere infatti...
Ma Jean-Louis Schlegel continuava: «Siamo in un vicolo cieco e dobbiamo cercare le ragioni non in un Concilio che ha sbagliato liturgia o negli eccessi liturgici, ma in una Chiesa che non si è ancora del tutto prolungata e non è all’altezza delle sfide del tempo presente. » Sì, avete letto bene: la riforma liturgica non sarebbe andata lontano abbastanza. Ma se applicassimo il suo radicalismo, finiremmo per addirittura svuotare ciò che resta dei praticanti nelle nostre assemblee sempre più invecchiate. Però, non ha torto quando critica tutti i provvedimenti di "restauro" man mano applicate alla messa di Paolo VI per evitare che essa venisse abusata, e che invece l'hanno resa né carne né pesce, e certamente ancor più insipida e noiosa di quella fabricata dal geniale equipo di Bugnini. Questa è del resto l’esperienza che facciamo quando rischiamo di assistere alla messa a Parigi, a Versailles e in tanti altri luoghi: non ha più la bellezza e il peso teologico dell’antica liturgia, ma si vergogna anche di essere una nuova liturgia. Tende dunque al nulla. Schlegel ha ragione: loro sono in un vicolo cieco.
Sanno però che i giovani sono attratti dalla messa tradizionale quando la scoprono. Alcuni ne gioiscono, come monsignor Eamon Martin, di cui vi ho parlato, arcivescovo di Armagh e primate di tutta l'Irlanda, che intervistato su X/twitter, ha elogiato la messa in latino e il fascino che esercita sui giovani (Monseigneur Martin , primat de toute l’Irlande fait l’éloge de la messe en latin et de son effet sur les jeunes… – Tribune Chrétienne (tribunechretienne.com)). Altri invece finiscono sì per vederlo e ammetterlo, ma perchè vi sono forzati, come Matthieu Lasserre su La Croix del 25 maggio: “Messa “tradizionale”: un rito che attira i giovani cattolici”, che vi avevo pure segnalato.
Ma c'è dell'altro. Il 28 agosto, l’account Twitter vaticano Synod.va si è finalmente deciso a pubblicare i messaggi dei giovani che invocavano massicciamente un ritorno alla fede cattolica: “Non vietate la Messa tridentina”; “Ritorno all'ortodossia e alla tradizione”; “Vogliamo sacerdoti dediti alla loro vocazione”; “I cattolici che trovano la sua realizzazione spirituale nella Messa tradizionale in latino possono essere accettati e autorizzati a partecipare alla Messa di loro scelta. » CatholicSat, che ha partecipato alla GMG, ha scritto che il 90% delle intenzioni contenevano messaggi di questo tipo e si è chiesto perché ci siano state volute 4 settimane per pubblicarli (Le Vatican reconnaît que les jeunes catholiques veulent le rite romain – Gloria.tv).
E nei vescovati di Francia ci si sente ripetere proprio lo stesso. Sappiamo che l’arcivescovo di Parigi e molti suoi pari ammettono – sono sorpresi – che “i giovani amano la messa tradizionale”.
Il che non impedisce allo stesso arcivescovo di Parigi di fare orecchie da mercante alle lamentele di chi mostra il proprio dispiacere per la soppressione della messa dei giovani del mercoledì nella chiesa di Saint-François-Xavier, che era sempre piena, e dove i confessori si vedevano sopraffatti.
Sono in un vicolo cieco. E continueremo a dirglielo, pacificamente, ma senza sosta. Continueremo a recitare il rosario a Saint-Georges de La Villette, ogni mercoledì alle 17, davanti a Notre-Dame du Travail, tutte le domeniche alle 18, e davanti agli uffici arcivescovili, 10 rue du Cloître-Notre-Dame. , dal lunedì al venerdì, dalle 13:00 alle 13:30.