Ancora interventi del convegno romano della Bussola.
"Il Sinodo è stato snaturato con l’apertura a membri non-vescovi. Nella nuova Chiesa sinodale è il popolo che istruisce i vescovi sul significato della Fede. È il progetto liberale denunciato da Newman, con grave pericolo per le anime".
Luigi
La Nuova Bussola Quotidiana, Gerald Murray
Pubblichiamo di seguito l’intervento integrale (titolo originale: Considerazioni canoniche e teologiche sul Sinodo dei Vescovi dell’Ottobre 2023) tenuto lunedì 3 ottobre dal canonista padre Gerald Murray, al Convegno internazionale “La Babele sinodale”, organizzato dalla Nuova Bussola Quotidiana a Roma, presso il Teatro Ghione.
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Sono grato per l’opportunità di condividere con voi le mie serie preoccupazioni riguardo all’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi (apertasi ieri in Vaticano, ndr).
Le mie osservazioni includeranno anzitutto un’analisi delle modifiche apportate da Papa Francesco alla natura del Sinodo dei Vescovi. Esaminerò quindi l'Instrumentum Laboris (documento di lavoro). E concluderò con una riflessione su quelli che ritengo essere i princìpi animatori che hanno ispirato gli sforzi attualmente in corso per trasformare la Chiesa cattolica in una chiesa sinodale, nella quale la gerarchia sottomette se stessa e l'intero corpo dei fedeli ad un processo continuo, volto a determinare una nuova comprensione del significato della dottrina e della pratica cattolica. Questa nuova comprensione si presuppone emerga dall’ascolto dello Spirito Santo che parla attraverso un gruppo selezionato di fedeli, riuniti a Roma a tale scopo, ora e nell’ottobre 2024.
1. Il Sinodo dei Vescovi e le novità apportate da Papa Francesco
Il Sinodo dei Vescovi è stato istituito da Papa San Paolo VI il 15 settembre 1965, con il Motu Proprio Apostolica Sollicitudo.
Il Sinodo dei Vescovi si fonda sulla comune missione di governare la Chiesa di Dio, che lo Spirito Santo ha conferito sia al Romano Pontefice che ai vescovi in comunione con lui. Il Sinodo dei Vescovi è un mezzo per promuovere la missione di governo della gerarchia, divinamente conferita.
Paolo VI definì la creazione di questa nuova assemblea gerarchica di vescovi rappresentativi scelti, come motivata dalla «Nostra stima ed il Nostro rispetto nei riguardi di tutti i Vescovi cattolici, e per dare ai medesimi la possibilità di prendere parte in maniera più evidente e più efficace alla Nostra sollecitudine per la Chiesa universale».
Il canone 342 del Codice di Diritto Canonico riassume la natura del sinodo. Questo canone identifica i compiti eminentemente episcopali che riguardano le riunioni sinodali: favorire l’unione gerarchica con il Papa, promuovere la fede e la morale, rafforzare la disciplina ecclesiastica e riflettere sulle attività della Chiesa nella situazione attuale. Tutto questo fa parte delle preoccupazioni ordinarie dei pastori della Chiesa.
Il canone 346 §1 è chiaro sui soggetti che appartengono a questa istituzione ecclesiale: «Il Sinodo dei Vescovi che si riunisce in assemblea generale ordinaria è composto di membri, la maggioranza dei quali vescovi che vengono eletti per le singole assemblee delle Conferenze Episcopali, secondo le modalità determinate dal diritto peculiare del sinodo; altri vengono deputati in forza del medesimo diritto, altri sono nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad essi si aggiungono alcuni membri di istituti religiosi clericali, eletti a norma del medesimo diritto peculiare». [Nota: “altri” significa “altri vescovi”]. Gli unici non vescovi che possono diventare membri del sinodo sono i chierici membri di ordini religiosi. Questa eccezione si basa sullo stretto rapporto tra episcopato e sacerdozio e sull’esercizio dell’autorità di governo da parte dei superiori religiosi sacerdoti.
Papa Francesco, nella Lettera del 2014 al cardinale Lorenzo Baldisseri, ha descritto l’importanza del Sinodo dei Vescovi: «Il Successore di Pietro deve sì proclamare a tutti chi è “il Cristo, il Figlio del Dio vivente” ma, in pari tempo, deve prestare attenzione a ciò che lo Spirito Santo suscita sulle labbra di quanti, accogliendo la parola di Gesù che dichiara: "Tu sei Pietro..." (cfr Mt 16,16-18), partecipano a pieno titolo al Collegio Apostolico». È questa «comunione affettiva ed effettiva che costituisce lo scopo precipuo del Sinodo dei Vescovi».
Così, la «comunione affettiva ed effettiva» dei vescovi delle diverse regioni del mondo con il Romano Pontefice, il Pastore Capo, si rafforza e trova nuova espressione in un’istituzione che consente al Papa di «prestare attenzione a ciò che lo Spirito Santo suscita sulle labbra di quanti (…) partecipano a pieno titolo al Collegio Apostolico». Si tratta di un incontro episcopale che promuove la sollecitudine comune di tutti i vescovi di insegnare, governare e santificare il Popolo di Dio, in mezzo alle sfide pastorali presentate dall’attuale situazione del mondo.
La natura episcopale e gerarchica del Sinodo dei Vescovi è di fatto terminata con la pubblicazione, il 26 aprile 2023, di un documento non firmato della Sala Stampa della Segreteria Generale del Sinodo, che annunciava l’estensione della partecipazione all’Assemblea sinodale anche ai membri non-vescovi.
Nel documento si legge che «il Santo Padre ha approvato, il 17 aprile 2023, l’estensione della partecipazione all’Assemblea sinodale a “non vescovi”». Non si fa menzione di un decreto pontificio del 17 aprile 2023 che attua tale modifica di legge, e non mi risulta che tale decreto sia stato pubblicato. Il canone 51 recita: «il decreto si dia per iscritto». Il riferimento nel documento ad un’approvazione papale di una modifica delle disposizioni canoniche esistenti non è sufficiente per stabilire certezza giuridica in materia.
Faccio anche notare che l’Ufficio Stampa della Segreteria Generale del Sinodo non possiede l’autorità canonica per derogare né ai canoni del Codice di Diritto Canonico né alla Costituzione Apostolica Episcopalis Communio, che regola il Sinodo dei Vescovi. Nel documento non si legge da nessuna parte che Papa Francesco abbia approvato il contenuto del documento della Sala Stampa e ne abbia ordinato la pubblicazione.
Perciò non si può dire che il documento sia uscito dalle mani di Papa Francesco. Pertanto, l’Assemblea Generale del Sinodo e tutti i suoi atti, in assenza della pubblicazione di un decreto papale che dia valore giuridico all’estensione dell’appartenenza all’Assemblea sinodale dei non vescovi, saranno soggetti alla denuncia tecnica di nullità canonica.
Incredibilmente, il documento afferma che «le modifiche e novità, (…) che si giustificano nel contesto del processo sinodale», non cambiano «la natura episcopale dell’Assemblea». Ciò sarebbe vero solo a condizione che anche i cattolici battezzati che non sono vescovi fossero posti dallo Spirito Santo… «a governare la Chiesa di Dio» (Atti 20, 28). Naturalmente non è così. Ciò che abbiamo ora è un Sinodo di vescovi e non vescovi; non abbiamo più il Sinodo dei Vescovi.
Il documento assicura inoltre che «la specificità episcopale dell’Assemblea sinodale non risulta intaccata, ma addirittura confermata» perché i non-vescovi saranno «meno del 25% del totale dei Membri dell’Assemblea». (Mi chiedo quale percentuale di non-vescovi il Segretariato ritiene sarebbe necessaria per viziare la natura episcopale dell’Assemblea sinodale).
Quando membri non-vescovi aventi diritto di voto vengono introdotti in un’assemblea dei vescovi con diritto di voto, l’assemblea cessa di avere natura episcopale. A coloro che non sono pastori nella Chiesa viene assegnato un ruolo che spetta per natura solo ai pastori. L’Assemblea non è più un Sinodo dei Vescovi. Per analogia, potremmo dire che l’elezione di un papa in un conclave composto da cardinali e da non cardinali sarebbe comunque un atto del Collegio cardinalizio? Chiaramente non potremmo affermarlo.
Il documento descrive il motivo di questo cambiamento rivoluzionario: «Questa decisione rinforza la solidità del processo nel suo insieme, incorporando nell’Assemblea la memoria viva della fase preparatoria, attraverso la presenza di alcuni di coloro che ne sono stati protagonisti, restituendo così l’immagine di una Chiesa-Popolo di Dio, fondata sulla relazione costitutiva tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale, e dando visibilità alla relazione di circolarità tra la funzione di profezia del Popolo di Dio e quella di discernimento dei Pastori».
Faccio notare che l’attribuzione di un ruolo profetico al Popolo di Dio in contrapposizione alla funzione «di discernimento dei Pastori» ignora il fatto che i vescovi esercitano il triplice ufficio (munera) di Cristo - sacerdote, profeta e re - nell’esercizio della cura pastorale per il gregge. Limitare il loro ruolo al semplice discernimento di ciò che il popolo profetico di Dio nel suo insieme potrebbe in qualche modo decidere essere conforme alla volontà di Dio, è un errore di valutazione della natura dell’episcopato.
Il documento afferma inoltre: «È dunque nel registro della memoria che si iscrive la presenza dei non vescovi, e non in quello della rappresentanza. In questo modo la specificità episcopale dell’Assemblea sinodale non risulta intaccata, ma addirittura confermata».
La negazione di una funzione “rappresentativa” ai 70 membri non vescovi è contraddetta dal documento stesso, visto che poco prima si era affermato che sono stati aggiunti i 70 membri non-vescovi «che rappresentano altri fedeli del popolo di Dio».
Il Sinodo dei Vescovi era stato un incontro in cui pastori della Chiesa selezionati si riunivano insieme al Pastore Capo, per discutere ed esaminare ciò che è meglio fare per compiere la missione divinamente conferita loro di insegnare, santificare e governare il gregge di Cristo. Ora invece, abbiamo un’assemblea totalmente diversa, nella quale i laici, che non sono sacramentalmente conformati a Cristo Sommo Sacerdote, mediante l’ordine sacro, saranno trattati giuridicamente alla pari dei vescovi.
I cambiamenti attuati nel Sinodo dei Vescovi ignorano la distinzione essenziale tra ordinati e non-ordinati nella Chiesa. L’istituzione di una Chiesa gerarchica da parte di Cristo significa che certi ruoli spettano ai pastori e non alle pecore.
Creare confusione in questa materia, rendendo i non-vescovi uguali giuridicamente ai vescovi nell’Assemblea Generale del Sinodo, danneggia la Chiesa, occultando i diversi ruoli dei pastori e delle pecore, creando la falsa impressione che l’autorità gerarchica dei vescovi possa essere legittimamente esercitata dai non-ordinati. Una tale comprensione violerebbe la natura della Chiesa divinamente stabilita.
2. Il documento di lavoro
L’Instrumentum Laboris per il Sinodo di ottobre sulla Sinodalità, pubblicato il 20 giugno, incarna lo schema ormai familiare visto nelle varie fasi del processo sinodale. Si pongono alcune domande, altre si ignorano, si danno risposte prevedibili e si fanno crescere aspettative che possa emergere una nuova chiesa, la chiesa sinodale ispirata dallo Spirito Santo, in cui tutti si sentiranno considerati, riconosciuti, accolti, accettati, accompagnati, accuditi, ascoltati, valorizzati, non giudicati, e così via.
Questo focus centrato sulle emozioni è il modello dell’auspicata rivoluzione “soft” nella Chiesa, in cui le dottrine cattoliche che contraddicono i decadenti costumi sessuali occidentali e le affermazioni delle femministe radicali circa l’oppressione nella Chiesa, sono inquadrate come obsolete, deplorevoli e inutili fonti di discordia e alienazione, come residui di un passato crudele. Queste dottrine, ovviamente, devono essere abbandonate, affinché nessuno si senta indesiderato.
Nella conferenza stampa di presentazione dell’Instrumentum Laboris, il cardinale Jean-Claude Hollerich, Relatore Generale per l’Assemblea Generale di ottobre, ha risposto alla seguente domanda di Diane Montagna: «[Nell’Instrumentum Laboris] si pongono due domande: come possiamo creare spazi in cui chi si sente ferito e non accolto dalla comunità, possa sentirsi riconosciuto, accolto, libero di porre domande e non giudicato? Alla luce dell'Esortazione Apostolica Post-sinodale Amoris Laetitia, [...] l'unica risposta possibile a queste domande non è quella che, affinché queste persone si sentano accettate, la Chiesa debba modificare il suo insegnamento sull'immoralità intrinseca di qualsiasi uso della sessualità al di fuori di un’unione monogama esclusiva e permanente di un uomo e una donna?».
La risposta di Hollerich rivela perché questo processo sinodale è un disastro che sta portando grandi danni e dolore alla Chiesa: «Non parliamo dell’insegnamento della Chiesa. Questo non è il nostro compito e non è la nostra missione. Parliamo solo per accogliere tutti coloro che vogliono camminare con noi. Questo è qualcosa di diverso».
Davvero diverso. Proclamare la dottrina cattolica non è compito o missione del Sinodo? Qual è allora la sua missione? L'Instrumentum Laboris afferma che il Sinodo costituisce «una opportunità di camminare insieme come Chiesa capace di accogliere e accompagnare, accettando i necessari cambiamenti di regole, strutture e procedure. Lo stesso vale per molte altre tematiche che emergono nelle tracce».
Tra queste «tematiche che emergono», le dottrine cattoliche contestate saranno senza dubbio esaminate sfavorevolmente e giudicate carenti da coloro che sono favorevoli ad «accettare i necessari cambiamenti».
Il vescovo di San Francisco de Macoris, nella Repubblica Dominicana, Alfredo de la Cruz, il 18 settembre scorso ha anticipato cosa potrebbe significare l’espressione “cambiamenti necessari” nell’Assemblea sinodale: «Dobbiamo anzitutto prendere le distanze da tutto ciò che significa fondamentalismo, dal credere che la dottrina non può essere toccata. Questa sarebbe la prima tentazione che potremmo avere, credere che la dottrina non possa essere toccata. La dottrina è lì per riflettere, per guardare».
L’Instrumentum Laboris osserva che: «Alcuni interrogativi emersi dalla consultazione del Popolo di Dio riguardano questioni su cui già esiste uno sviluppo magisteriale e teologico a cui fare riferimento (…). Il fatto che su punti di questo tipo continuino a emergere domande non può essere liquidato sbrigativamente, ma deve essere oggetto di discernimento e l’Assemblea sinodale è un ambito privilegiato per farlo. In particolare, andranno indagati gli ostacoli, reali o percepiti, che hanno impedito di compiere i passi indicati e identificare che cosa occorre per rimuoverli (…). Se invece è dovuto alla difficoltà di cogliere le implicazioni dei documenti per le situazioni concrete o a riconoscersi in quanto da essi proposto, un cammino sinodale di effettiva appropriazione dei contenuti da parte del Popolo di Dio potrebbe essere la risposta appropriata. Altro caso ancora sarebbe quello in cui il ripresentarsi di una domanda fosse il segnale di un cambiamento della realtà o della necessità di un “traboccamento” della Grazia, che richiede di tornare a interrogare il Deposito della fede e la Tradizione viva della Chiesa».
Il giudizio sulla verità dell’insegnamento cattolico dipende dalla capacità di ciascuno di «riconoscersi in quanto da esso proposto»? Cosa significa il concetto di «effettiva appropriazione da parte del Popolo di Dio»? Chi decide che c’è un «cambiamento della realtà o della necessità» che richiederebbe, con espressione eufemistica, «di tornare a interrogare il Deposito della fede e la Tradizione viva della Chiesa»?
Nella nuova Chiesa sinodale è il popolo che istruisce i vescovi sul significato della Fede: «Poiché la consultazione nelle Chiese locali è ascolto effettivo del Popolo di Dio, il discernimento dei Pastori assume il carattere di atto collegiale che conferma autorevolmente ciò che lo Spirito ha detto alla Chiesa mediante il senso della fede del Popolo di Dio».
Compito dell’Assemblea sinodale, infatti, sarà quello di «aprire la Chiesa tutta all’accoglienza della voce dello Spirito Santo». Cosa succede se un vescovo non accetta una presunta manifestazione della volontà dello Spirito Santo, espressa attraverso la voce del popolo?
L’Instrumentum Laboris non vuole che si verifichi un comportamento così poco collaborativo da parte dei vescovi: «per non restare sulla carta o essere affidata solo alla buona volontà dei singoli, la corresponsabilità nella missione derivante dal Battesimo ha bisogno di concretizzarsi in forme strutturate. Servono perciò ambiti istituzionali adeguati, così come spazi in cui il discernimento comunitario possa essere praticato in modo regolare. Non si tratta di una richiesta di ridistribuzione del potere, ma dell’esigenza che sia possibile l’esercizio fattivo della corresponsabilità derivante dal Battesimo».
Davvero? Una richiesta del genere è decisamente sfacciata.
L’Instrumentum Laboris elenca i temi emersi nelle varie fasi delle consultazioni sinodali: guerra, cambiamenti climatici, «un sistema economico che produce sfruttamento, disuguaglianza e “scarto”», colonialismo culturale, persecuzione religiosa, «secolarizzazione aggressiva», abuso sessuale e «abuso finanziario, spirituale e di potere».
È sorprendente e preoccupante che l’aborto, l’eutanasia, il suicidio medicalmente assistito, la diffusione dell’ateismo, del relativismo, del soggettivismo, dell’indifferenza religiosa, dell’ideologia di genere, della ridefinizione del matrimonio nelle leggi di molti Stati occidentali, dei programmi coercitivi per imporre la contraccezione nel Sud del mondo non siano neanche presi in considerazione. Né lo sono le crisi riguardanti la pratica sacramentale nella Chiesa oggi: il forte calo della frequenza alla Messa, la scomparsa di fatto della confessione sacramentale in molti luoghi, il calo dei battesimi, delle cresime e dei matrimoni, e il drastico calo nel numero delle ordinazioni sacerdotali nel mondo occidentale.
Da nessuna parte troviamo alcuna menzione della missione fondamentale della Chiesa: la salvezza delle anime. Non vi è alcun accenno al fatto che ciò che è più importante nella vita della Chiesa è la predicazione del dono di Dio della vita eterna, la chiamata di Cristo alla conversione e al pentimento.
L’Instrumentum Laboris chiede: «Come possiamo creare spazi in cui coloro che si sentono feriti dalla Chiesa e sgraditi dalla comunità possano sentirsi riconosciuti, accolti, non giudicati e liberi di fare domande? Alla luce dell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Amoris laetitia, quali passi concreti sono necessari per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità (ad esempio divorziati risposati, persone in matrimonio poligamico, persone LGBTQ+, ecc.)?».
L’utilizzo dell’acronimo LGBTQ+ è sbagliato; dà l'errata impressione che la Chiesa insegni che Dio avrebbe creato categorie distinte di esseri umani con l'intenzione che fossero coinvolti in atti sessuali non procreativi, o che potessero rimanere prigionieri di un corpo sbagliato, o qualunque cosa significhi +.
L’idea moderna di «creare spazi» per le persone che rifiutano vari insegnamenti della Chiesa dà l’impressione che essi non siano «al sicuro» ogni volta che viene ricordato che il loro comportamento è immorale, secondo la legge di Dio. Essere feriti dalla verità è un problema? Tale dolore non è forse un momento purificatore, una grazia di Dio, che ci sfida ad esaminare noi stessi secondo le esigenze della Sua legge, e non secondo le nostre scelte, spesso sbagliate? Le persone che rifiutano l’insegnamento della Chiesa potrebbero ritenere di non essere accolte dai fedeli credenti. Non sono loro ad essere respinti, ma è il loro comportamento immorale ad essere giustamente stigmatizzato.
Perché la Chiesa dovrebbe creare uno «spazio» in cui i poligami possano sentirsi «non giudicati»? Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna questo sulla poligamia: «La poligamia è in contrasto con la legge morale. Contraddice radicalmente la comunione coniugale; essa, “infatti, nega in modo diretto il disegno di Dio”» (§ 2387). Che altro c’è da discutere?
L’Instrumentum Laboris appoggia il malcontento di quelle donne che vogliono essere ordinate diaconesse. La Chiesa ha già studiato questa proposta e l’ha respinta in quanto non possibile.
Si chiede una discussione per porre fine al celibato obbligatorio per i sacerdoti nella Chiesa latina. Questa persistente agitazione per i preti sposati cerca un esito che danneggerebbe gravemente la missione della Chiesa, come hanno dimostrato il Papa emerito Benedetto e il cardinale Robert Sarah nel loro libro Dal profondo del nostro cuore.
L’Instrumentum Laboris pone questa importante domanda: «Come possono le Chiese rimanere in dialogo con il mondo senza diventare mondane?». La risposta chiara è: rimanendo fedeli a Cristo e alla sua dottrina, soprattutto quando essa è osteggiata da coloro che vogliono cambiare vari insegnamenti della Chiesa per far sentire le persone accolte e accettate.
La Chiesa del “Me, io stesso e io”, dove ogni persona riconosce se stessa nel suo insieme di credenze che stabilisce da sé, può promettere soddisfazione. In realtà, si tratta di una religione finta e illusoria di auto-adorazione, in cui Dio è relegato al ruolo di “divino Notaio” di qualunque cosa ciascuno decida di credere. Dio ci risparmi un simile esito.
3. Radici dell’attuale crisi della Chiesa
Senza attendere che l’Assemblea sinodale discuta su come adottare «passi concreti (...) per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità», l’arcivescovo di Berlino, Heiner Koch, ha recentemente autorizzato i sacerdoti nella sua arcidiocesi a impartire benedizioni solenni alle coppie omosessuali.
Curiosamente, ha anche annunciato che egli non avrebbe impartito tali benedizioni finché non avesse ricevuto il permesso esplicito da Papa Francesco. Sembra fiducioso che un giorno tale permesso verrà concesso, ma di certo non ignora che Papa Francesco ha approvato personalmente nel 2021 la pubblicazione di un documento magisteriale della Congregazione per la Dottrina della Fede che vieta tali benedizioni.
Koch sa che questa pratica contraddice chiaramente la dottrina della Chiesa, e per questo non è mai stata autorizzata; tuttavia ritiene che il governo pastorale includa il diritto di ignorare il suo giuramento di difendere gli insegnamenti della Fede e di obbedire alla legge della Chiesa. Vuole invece che i suoi sacerdoti si impegnino nella pratica blasfema di condurre una cerimonia religiosa in cui chiedono a Dio di effondere la Sua grazia su unioni gravemente peccaminose, sottoscritte pubblicamente allo scopo di impegnarsi in atti sessuali contronatura, inequivocabilmente condannati nella Parola rivelata di Dio.
Come siamo arrivati a questo punto nella Chiesa? Koch e coloro che applaudono alla sua infedeltà evidentemente non credono più all’insegnamento della Chiesa sul corretto esercizio della sessualità, ma neanche alla pretesa della Chiesa di insegnare la verità salvifica di Dio senza errori. Essi affermano che la Chiesa, in realtà, si è sempre sbagliata e che i cambiamenti a 180 gradi nella dottrina sono normali e non c’è nulla di cui preoccuparsi.
Finora, Papa Francesco non ha dato istruzioni all’arcivescovo Koch di invertire la rotta, né ha riaffermato, nonostante il pubblico rifiuto dell’insegnamento cattolico da parte di vari ecclesiastici, l’immoralità intrinseca degli atti omosessuali e la conseguente impossibilità di benedire le unioni omosessuali. Al contrario, diversi ecclesiastici, colpevoli di tale infedeltà, sono stati promossi da Papa Francesco in posizioni di autorità e influenza.
Il fenomeno del dissenso dall’insegnamento della Chiesa è giustamente descritto come il progetto cattolico liberale, nel senso proposto da John Henry Newman, nel suo Biglietto Speech del 1879: «Il liberalismo in campo religioso è la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro, e questa è una convinzione che ogni giorno acquista più credito e forza. È contro qualunque riconoscimento di una religione come vera. Insegna che tutte devono essere tollerate, perché per tutte si tratta di una questione di opinioni. La religione rivelata non è una verità, ma un sentimento e una preferenza personale; non un fatto oggettivo o miracoloso; ed è un diritto di ciascun individuo farle dire tutto ciò che più colpisce la sua fantasia».
Il progetto liberale consiste inoltre nello sforzo di eliminare il cattolicesimo come religione dogmatica rivelata, incentrata sulla salvezza eterna delle anime, e di trasformarlo in una religione di benevolenza umana, che promuove la realizzazione personale, l’armonia sociale e il benessere materiale.
La salvezza eterna di tutti è ormai data per scontata. Dio è troppo buono e amorevole per condannare qualcuno all’Inferno. Gesù non va preso alla lettera quando parla di anime punite in eterno. Questo è ovviamente un tipo di iperbole rinforzante, anche se sconcertante, per attirare l’attenzione della gente, non qualcosa che dovremmo prendere alla lettera.
La fede in dottrine immutabili a cui bisogna credere per essere salvati è un artefatto di un passato da dimenticare, in cui i credenti erano ingenuamente ossessionati dall’idea errata che l’insegnamento di Cristo sia l’unico modo divinamente rivelato, e quindi normativo, di vivere in unione con Dio. Dio non sarebbe mai stato così esclusivo. Egli è il Dio inclusivo, che ama tutti così come sono. Qualsiasi dottrina o legge della Chiesa che crei barriere e separi le persone le une dalle altre deve essere accantonata.
L’attuale crisi della Chiesa è il risultato del fatto che questo progetto liberale ha preso il sopravvento a causa della decisione di Papa Francesco di non considerarlo come quella minaccia mortale che esso è. Piuttosto, garantisce ai sostenitori del progetto liberale grande libertà di seminare dubbi e confusione tra i fedeli, condannando nel contempo coloro che resistono a questo progetto come “reazionari”, stigmatizzandoli come nostalgici, quando non squilibrati, “indietristi” che soffrono dell’attaccamento malsano a un’ideologia.
Il Sinodo sulla Sinodalità promette di essere l’occasione tanto attesa per tentare una volta per tutte di seppellire il cattolicesimo centrato sulla salvezza eterna delle anime in Cristo, per sostituirlo con il nuovo e perfezionato cattolicesimo di una convivenza umana libera da giudizi, in cui il principale obiettivo è far sentire tutti inclusi, apprezzati e confermati in qualunque scelta personale facciano nella vita, a meno che non si scelga di abbracciare il Cattolicesimo fondato sulla salvezza eterna delle anime in Cristo.
In conclusione, l’Assemblea Sinodale ha tutto il potenziale per causare un danno immenso alla vita e alla missione della Chiesa. È nostro dovere, in obbedienza alla rivelazione di Dio e nella carità per le anime, resistere fermamente a qualsiasi tentativo che possa emergere da questa Assemblea Sinodale di cambiare l’insegnamento della Chiesa.
* Sacerdote e canonista