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sabato 9 settembre 2023

Uomini, animali e piante pari sono. Parola di gesuiti

Sempre gesuiti, casualmente: "La rivista Aggiornamenti sociali ospita un saggio della teologa Elizabeth Johnson, che porta alle estreme conseguenze il concetto di ecologia integrale, arrivando a negare la specificità dell'uomo nel Creato. È la versione cattolica dell'anti-specismo [...] secondo la teologa americana - che aveva già pubblicato di recente uno studio analogo sulla rivista dei gesuiti statunitensi America -, bisogna superare un grande ostacolo, la concezione della “gerarchia dell’essere”".
Luigi

Stefano Fontana, La Nuova Bussola Quotidiana, 4-9-23

La rivista dei Gesuiti di Milano Aggiornamenti sociali pubblica nel numero attuale di agosto-settembre 2023 un articolo di Elizabeth A. Johnson, teologa della Fordham University di New York, nel quale si considera importante che la «ecologia integrale» giunga a negare la «gerarchia dell’essere».
La teologa americana, oggi ottantunenne, lamenta che anche i cattolici oggi non riescono a capire che l’amore di Dio creatore non è destinato esclusivamente all’uomo ma a tutte le creature, comprese le più insignificanti. Dio è presente in solidarietà con tutte le creature schiacciate dal dolore e dalla morte e, riferendosi a San Paolo, la Johnson ricorda che tutta la creazione soffre per le doglie del parto. Gli esseri umani non sono i fini esclusivi del mondo creato: «Tutte le creature formano una sola, amata comunità di creazione». Per la Johnson «esiste una sola comunità di vita sulla Terra. In termini scientifici, c’è una sola biosfera. In termini teologici, c’è una sola comunità di creazione».

Per capire queste novità, secondo la teologa americana - che aveva già pubblicato di recente uno studio analogo sulla rivista dei gesuiti statunitensi America -, bisogna superare un grande ostacolo, la concezione della “gerarchia dell’essere”. La nostra autrice segue qui la linea (a dire il vero molto trita e per niente originale) della de-ellenizzazione: la teologia cristiana avrebbe assorbito dalla filosofia greca la gerarchizzazione del mondo in materia e spirito, corpo e anima, con la conseguente classificazione delle creature: «In fondo si trova la materia inerte, come le rocce; più sopra le piante, che sono vive e generano semi; quindi gli animali, contraddistinti dalla loro capacità di movimento; al vertice si collocano gli esseri umani, dotati di anima razionale e corpo; ancora più in alto gli angeli, spiriti puri senza corpo». L’idea della Johnson è che sia sbagliato pensare che ci sia un più e un meno nell’essere. Se però tutti gli esseri sono uguali e non c’è il più e il meno, bisogna abbandonare il principio secondo cui il meno non può venire dal più, che è il fondamento della creazione. Senza differenziazione e senza gerarchia tutto salta.

L’uomo, collocato in alto, si sentirebbe quindi sdegnoso padrone degli animali e delle piante e questo darebbe vita allo sfruttamento colpevole sugli ecosistemi, nei quali l’evoluzione (paragonata qui alla presenza continua e creatrice di Dio) continua a generare «infinite forme bellissime», «intrise di promesse e gravida di sorprese». Questa mentalità, sempre secondo la Johnson, gocciolerebbe poi anche nella vita sociale, nei rapporti stessi tra gli uomini, per esempio attribuendo agli uomini uno spirito maggiore rispetto alle donne e quindi un certo diritto violento e sfruttatore. Lo stesso schema mentale avrebbe motivato lo sfruttamento delle risorse di altre terre dopo l’epoca delle esplorazioni, l’idea della supremazia dei bianchi sui neri, la schiavitù di milioni di esseri umani.

Lo schema rimane quello della teologia della liberazione, che ora è diventata, da rossa che era, verde. La Madre Terra è sfruttata, come le donne e gli schiavi. Bisogna recuperare un’altra visione nella quale sia stabilito un egualitarismo ontologico, base per ogni altro tipo di egualitarismo. (Ma se giustizia è dare non a tutti lo stesso, ma a ciascuno il suo, l’egualitarismo impedisce la giustizia).

Dai gesuiti siamo ormai abituati a tutto, comunque fa un certo effetto vedere pubblicare nelle loro riviste queste cose che assomigliano, fino ad indentificarsi, alla dottrina della “fine dell’eccezione umana”. Il nome di questa dottrina deriva dal famoso libro del 2002 di Jean-Marie Shaffer, La fin de l'exception humaine (Gallimard). La strada sarebbe quella di non vedere più nell’uomo una qualche superiorità rispetto alle altre specie viventi.

La posizione espressa da Aggiornamenti sociali si avvicina anche alle tesi ideologiche dell’anti-specismo sostenuto per esempio dall'etologo Roberto Marchesini nei suoi libri. Per esse l’uomo non avrebbe il diritto di prendere le distanze dagli animali, elaborando un concetto di perfezione umana che consiste proprio nell’accentuazione di ciò che distingue l’uomo dall’animale, ma dovrebbe rendersi conto non solo di essere un animale, ma anche che la sua attuale identità sarebbe il prodotto di una “co-evoluzione”. Il contatto con gli animali e solo successivamente l’uso della tecnica avrebbero influenzato il decorso tanto dell’evoluzione del genere umano, quanto dello sviluppo di ogni individuo.

La Johnson cita San Tommaso, ma non quando dice che la distinzione e la disuguaglianza delle cose derivano da Dio (I, 47, 1-2). Applicando il suo egualitarismo ontologico a quello sociale si scorda della Rerum novarum secondo la quale «la vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi, e l’impulso principale, che muove gli uomini ad esercitare tati uffici, è la disparità dello stato». Citando, ripetutamente, la Laudato si’ di Francesco, conferma alcuni dubbi su questa enciclica che farebbe eccessive concessioni all’ideologia della “sostenibilità”, da garantirsi non tramite l’uomo come principale risorsa, ma mediante l’indebolimento della sua specificità.