Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 955 pubblicata da Paix Liturgique l’1 settembre 2023.
L.V.
Abbiamo dedicato la nostra lettera 942 [QUI si MiL: N.d.T.] del 19 giugno 2023 allo scandaloso processo per anticonformismo che la Roma di papa Francesco sta intentando contro mons. Dominique Rey, Vescovo di Fréjus-Tolone. Tuttavia, la conclusione tarda ad arrivare. Nei giorni scorsi, mons. Celestino Migliore, il Nunzio apostolico incaricato di rimettere in riga il Vescovo, ha nuovamente parlato a papa Francesco del suo caso.
Il vero crimine del Vescovo di Fréjus-Tolone
Come abbiamo detto in questa lettera, il vero crimine di cui è accusato mons. Dominique Rey è quello di aver abbattuto le barriere tra sacerdoti «straordinari» e «ordinari».
Questa Diocesi, l’unica in Francia a ignorare la crisi delle vocazioni, aveva applicato il motu proprio Summorum Pontificum in modo esemplare. Nel settembre 2005, due anni prima del motu proprio Summorum Pontificum, ha istituito una propria parrocchia dedicata alla liturgia tridentina, la Parrocchia di Saint-François-de-Paule, affidata alla Société des missionnaires de la miséricorde divine [Società dei missionari della misericordia divina: N.d.T.], che si dedicano anche all’Evangelizzazione dei musulmani.
A quanto ci risulta, mons. Dominique Rey è l’unico Vescovo in Francia ad aver ordinato sacerdoti nella forma straordinaria per la propria Diocesi (si pensava che l’Arcidiocesi di Lione, con mons. Jean-Pierre Batut come Vescovo ausiliare, sarebbe andata in questa direzione, ma l’esperimento è stato interrotto dopo l’ordinazione di un chierico diocesano agli ordini minori). E questo stesso mons. Dominique Rey ha invitato gli ordinandi «ordinari» della sua Diocesi a imparare a celebrare la Santa Messa anche nella forma straordinaria.
È l’unico ad aver permesso ai suoi Parroci di decidere liberamente di rispondere alle richieste di Santa Messa tradizionale provenienti da «gruppi stabili». Infatti, è solo all’interno della consueta cornice parrocchiale che può avvenire l’arricchimento reciproco delle forme liturgiche auspicato da Papa Benedetto XVI e la rinascita di un’unità duratura tra i Cattolici. Laddove lo stesso Parroco celebrava entrambe le forme del Rito romano nella stessa chiesa, come accadeva in alcune Parrocchie della Diocesi di Fréjus-Tolone, questo arricchimento reciproco delle due forme del Rito romano trovava le condizioni giuste per non rimanere solo un pio desiderio.
Così facendo, mons. Dominique Rey ha dato una lezione agli stessi tradizionalisti, esortandoli a uscire dai loro ghetti, per quanto legali e confortevoli possano essere. Come ha detto il Vicario di una buona Parrocchia: «Qui abbiamo riscoperto la pace liturgica. La Santa Messa tradizionale mattutina del sabato è frequentata da una sessantina di persone, mentre la domenica circa quaranta fedeli partecipano alla Messa bassa, celebrata alle ore 9 del mattino secondo il Messale di San Paolo VI. Alle ore 10, la Messa alta nella forma ordinaria del Rito romano è frequentata dal grosso della comunità (120 persone), seguita alle ore 11:30 dalla Santa Messa tradizionale, che sta gradualmente trovando il suo posto. I parrocchiani sono contenti di questa diversità, che rafforza il loro senso di Cattolicesimo e di identità romana.
L’esempio della Diocesi di Fréjus-Tolone è stato anche un punto di riferimento in quanto ha fornito una misura concreta della realtà della domanda dei fedeli per la liturgia tradizionale. Poiché il più delle volte viene negata, e poiché i sondaggi di opinione condotti da professionisti indipendenti vengono boicottati, l’organizzazione di una celebrazione da parte del Parroco stesso è il modo migliore per stabilire che esiste una domanda reale che non aspetta altro che crescere.
Avete detto «Chiesa sinodale»?
Nel giugno del 2022, in un momento in cui la sinodalità era il principale argomento di dibattito in tutte le Diocesi francesi, giunse la sorprendente notizia che il card. Marc Ouellet P.S.S., allora Prefetto del Dicastero per i Vescovi, aveva proibito le ordinazioni che mons. Dominique Rey avrebbe effettuato. È stata quindi avviata una visita canonica, iniziata lo scorso febbraio, sotto la supervisione del Dicastero per i Vescovi, con due visitatori tra i più ostili al Vescovo di Fréjus-Tolone: mons. Antoine Henry Pierre Marie Hérouard, ex Segretario generale della Conferenza episcopale francese, ex Rettore del Seminario francese di Roma, ex Delegato apostolico per il Santuario di Lourdes e recentemente Arcivescovo metropolita di Digione, e mons. Joël Michel Marie Luc Mercier, ex Segretario del Dicastero per il Clero.
Sul quotidiano Le Figaro del 3 giugno 2022, il vaticanista Jean-Marie Guénois ha parlato di «scandalo ecclesiastico». «La parola è forte», ha scritto, «ma è giustificata. Come possono il Vaticano e coloro che hanno avallato questa decisione, che a priori prende di mira le opzioni ecclesiali del Vescovo di Fréjus-Tolone, tenere in ostaggio dieci giovani seminaristi [quattro futuri sacerdoti, sei futuri diaconi] che non sono responsabili del problema? Senza dubbio ci sono troppe ordinazioni sacerdotali in Francia…».
Riferendosi al modo di governare dell’attuale Romano Pontefice, don Michel Kubler A.A., del quotidiano La Croix, in una conferenza tenuta a Lourdes il 13 agosto in occasione del pellegrinaggio nazionale sui «dieci progetti di papa Francesco», ha detto di essere in perfetta sintonia con la sua linea ecclesiologica, ma di disapprovare il suo modo violento di governare. Don Michel Kubler A.A., che conosce bene Roma, dove dal 2018 al 2022 ha amministrato il cosiddetto «Les Pieux Établissements de la France à Rome et à Lorette» per conto dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, esprimeva così il pensiero di un buon numero di ecclesiastici «di sinistra». Lo conferma il vaticanista Jean-Marie Guénois nel suo già citato articolo sul divieto di ordinazione: «Le punizioni collettive di tipo autoritario non piacciono alla comunità cattolica francese. Anche a sinistra, che non ha a cuore Mons. Dominique Rey e che si dice sorpresa dalla “violenza” della procedura. Non si può permettere che l’autoritarismo deplorato da molti in Vaticano alla fine del Pontificato di papa Francesco crei una sorta di terrore clericale nella Chiesa cattolica in un momento in cui si parla solo di sinodalità!».
La Chiesa è davvero «aperta e accogliente per tutti»?
Alla cerimonia di accoglienza della XXXVII Giornata mondiale della gioventù a Lisbona, di fronte allo stupefacente raduno di giovani cattolici, soprattutto francesi, la cui sensibilità ecclesiale era ancora più sorprendente per i vertici della Chiesa (che avevano scoperto grazie a un sondaggio del quotidiano La Croix del 25 maggio, su un campione di 4.000 giovani cattolici che si preparavano alla Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, che il 38 per cento, più di un terzo dei giovani francesi pellegrini a Lisbona, diceva di apprezzare «la Santa Messa tradizionale»), papa Francesco, abbandonando le pagine di un discorso accuratamente preparato dai suoi collaboratori, ha improvvisato in spagnolo. Come sempre in questi casi, si è lanciato in considerazioni molto concrete, quasi con i piedi per terra, come gli piace fare per essere in contatto diretto con il suo pubblico. Poi ha lanciato un messaggio di «apertura»: nla Chiesa c’è spazio per tutti, «todos, todos, todos!». Un messaggio che ha fatto ripetere ai giovani entusiasti: «todos, todos, todos!».
Non è forse questo uno dei temi chiave dell’«Instrumentum laboris» per la Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si riunirà a Roma il prossimo ottobre per discutere di sinodalità? In effetti, il numero 26 sembra fare eco al discorso di Lisbona e viceversa: «una Chiesa sinodale è aperta, accogliente e abbraccia tutti. Non c’è confine che questo movimento dello Spirito non senta di dover oltrepassare, per attirare tutti nel suo dinamismo».
Ma soprattutto, applicando il principio alla liturgia, il numero 47 proclama: «è nell’azione liturgica, e in particolare nella celebrazione eucaristica, che la Chiesa fa ogni giorno esperienza di radicale unità nella medesima preghiera, ma nella diversità delle lingue e dei riti: un punto fondamentale in chiave sinodale. Da questo punto di vista, la molteplicità dei riti nell’unica Chiesa Cattolica è un’autentica benedizione, da proteggere e promuovere, come in diverse occasioni si è potuto sperimentare anche durante le Assemblee continentali».
Un «punto fondamentale in chiave sinodale», una «autentica benedizione, da proteggere e promuovere»: la Chiesa, nella celebrazione dell’Eucaristia, sperimenta ogni giorno una radicale unità nella diversità delle lingue e dei riti.
Sinodalità, diversità, apertura a tutti. Eppure, come dice il vaticanista Jean-Marie Guénois, prevale «una sorta di terrore clericale». Il Vescovo francese che ha realmente applicato questi principi è stato eliminato.
Beh, anche i ristoranti sono aperti a tutti, ma se l’avventore si mette a spostare i tavoli, va in cucina e pretende di rifare le ricette perché il cuoco non gli garba e, dulcis in fundo, aggredisce i camerieri e si rifiuta di pagare il conto, io lo sbatto fuori.
RispondiEliminaSe il ristorante, aperto a tutti, invece di servire buoni piatti e buon vino ,com'è scritto nel menù, ti mette davanti un piatto di chiodi ed una bottiglia di candeggina e ti obbliga a mangiare e bere.
RispondiEliminaIl personale di quel locale verrà sbattuto fuori,ove sarà pianto e stridore di denti.
A cominciare dallo chef...
《Anche a sinistra, che non ha a cuore Mons. Dominique Rey e che si dice sorpresa dalla “violenza” della procedura. Non si può permettere che l’autoritarismo deplorato da molti in Vaticano alla fine del Pontificato di papa Francesco crei una sorta di terrore clericale nella Chiesa cattolica in un momento in cui si parla solo di sinodalità!». Se lo dicono loro che sono di "sinistra"...
RispondiElimina