«Di solito, mezz'ora innanzi la messa quotidiana, io era cercato per servirla a Monsignore, il quale intendeva darmi con ciò un segno della sua speciale deferenza, a scapito dei figliuoli di Fulgenzio. Ma io, che non mi sentiva gran fatto riconoscente di questa distinzione, sapeva prender le mie misure in modo che chi mi dava la caccia tornava il più delle volte colle mani vuote alla sacristia. Di consueto io mi rifugiava presso mastro Germano e non usciva dal suo buco se non quand'era sonata l'ultima campanella. In quel frattempo aveano già messo la cotta a Noni o a Menichetto, i quali coi loro zoccoli di legno correvano sempre il pericolo di rompersi il naso sugli scalini nel cambiar di posto al messale; ed io entrava in chiesa, sicuro di averla scapolata.»
Ippolito Nievo (1831-1861; nella foto) è l’autore de Le Confessioni di un italiano (1867) romanzo importante, unanimemente considerato fra i migliori dell’Ottocento italiano; chi gli rimprovera uno stile non compiutamente defi nito e un andamento lento, frenato da troppe digressioni e inutili abbondanze, dimentica che morì a trent’anni senza avere il tempo di adoperare la lima. [Morendo a trent’anni il Manzoni avrebbe lasciato – in tutto – un’ode e quattro inni sacri, di fattura più volenterosa che compiuta. Ariosto, Machiavelli e Cervantes nulla di nulla. Shakespeare (forse) non molto più che un paio di testi teatrali.
Qui, per chi fosse interessato ad un nostro commento di qualche tempo fa.
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Roberto
Il tipo che dice “messa” sul cofano della jeep è puro teatro!
RispondiEliminaUna cosa del genere sarebbe accettabile solo sul campo di battaglia. Ma ormai si sa che i preti tridentini si prestano ad ogni recita che ringalluzisca gli animi del pubblico pagante.
Senza ritegno e senza vergogna.