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lunedì 8 febbraio 2010

Echi tridentini: Ippolito Nievo, "Le Confessioni di un italiano".

«Di solito, mezz'ora innanzi la messa quotidiana, io era cercato per servirla a Monsignore, il quale intendeva darmi con ciò un segno della sua speciale deferenza, a scapito dei figliuoli di Fulgenzio. Ma io, che non mi sentiva gran fatto riconoscente di questa distinzione, sapeva prender le mie misure in modo che chi mi dava la caccia tornava il più delle volte colle mani vuote alla sacristia. Di consueto io mi rifugiava presso mastro Germano e non usciva dal suo buco se non quand'era sonata l'ultima campanella. In quel frattempo aveano già messo la cotta a Noni o a Menichetto, i quali coi loro zoccoli di legno correvano sempre il pericolo di rompersi il naso sugli scalini nel cambiar di posto al messale; ed io entrava in chiesa, sicuro di averla scapolata. Siccome poi queste mie arti furono in breve scoperte, così me ne toccarono molte ramanzine per parte di Monsignore dinanzi al focolar di cucina; ma io mi scusava della mia ripugnanza dicendo che non sapeva il Confiteor. E infatti, per giustificare questa mia scusa, le poche volte che era beccato, aveva sempre l'accorgimento di tornar a capo, una volta giunto al mea culpa; e per due tre e quattro volte ripeteva una tale manovra, finché Monsignore impazientato lo finiva lui. Quei giorni nefasti aveva poi la compiacenza di star chiuso in un camerino sotto la colombaia, col libricciuolo della messa, un bicchier d'acqua ed un pane bigio fino a un'ora innanzi i vespri. Io mi divertiva immollando il libro nell'acqua, e sminuzzando il pane ai piccioni; e poi, quando Gregorio, il cameriere di Monsignore, veniva a sprigionarmi, correva da Martino presso il quale era certo di trovare il mio pranzo. Peraltro durante quelle ore aveva il dispetto di udir la voce della Pisana che si trastullava cogli altri ragazzotti senza darsi melanconia pel mio carceramento; e allora mi prendeva una tal bile contro il Confiteor, che lo faceva in pallottole e lo gettava giù nel cortile sopra quei birboncelli assieme a quanti sassuoli e calcinacci potea raccattar nei canti e raspar dalla muraglia colle unghie. Talvolta anche squassava con quanta forza poteva la porta, e le dava addosso coi gomiti coi piedi e colla testa; e dopo un mezz'ora di tali strepiti il fattore non mancava mai di venir a ricompensarmene con quattro sonate di staffile. E questa dose si replicava la sera, quando scoprivano ch'io aveva tutto fradicio e guasto il mio libricciuolo.» 
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Ippolito Nievo (1831-1861; nella foto) è l’autore de Le Confessioni di un italiano (1867) romanzo importante, unanimemente considerato fra i migliori dell’Ottocento italiano; chi gli rimprovera uno stile non compiutamente defi nito e un andamento lento, frenato da troppe digressioni e inutili abbondanze, dimentica che morì a trent’anni senza avere il tempo di adoperare la lima. [Morendo a trent’anni il Manzoni avrebbe lasciato – in tutto – un’ode e quattro inni sacri, di fattura più volenterosa che compiuta. Ariosto, Machiavelli e Cervantes nulla di nulla. Shakespeare (forse) non molto più che un paio di testi teatrali: il Tito Andronico e l’Enrico VI...]. Al netto da ingenuità e incongruenze, Le confessioni di un italiano riescono tuttora a farsi leggere volentieri per la capacità di tenere insieme – cosa non frequente nella nostra letteratura nazionale – il romanzo di formazione, la storia picaresca, il viaggio interiore come scoperta di sé e del mondo, la grande vicenda d’amore (indimenticabile la figura della Pisana, l’anti-Lucia dell’Ottocento), in una cornice storica credibile e con un’intenzione palesemente educativa nella direzione di una religiosità civile non spregevole. La parte forse stilisticamente più compiuta è la prima, dedicata all’infanzia di Carlino, orfano e povero, allevato al castello di Fratta fra servi e signori, in un bizzarro universo concentrazionario interclassista che diviene una specie di luogo dello spirito. Da questa prima parte, e precisamente dal capitolo II del romanzo, abbiamo tratto la citazione riportata sopra. 
Conclusa in pochi mesi la prima stesura, Nievo non fece in tempo a provvedere alla necessaria revisione, soprattutto a causa di impegni politici non lievi: fervente repubblicano, prese parte alla spedizione dei Mille, e non solo come combattente: il generale Garibaldi, nominandolo responsabile dell’Intendenza, gli affidò tutta la documentazione sull’uso dei fondi segreti (somme ingenti, soprattutto frutto della “generosità” del governo inglese, oltre che di ricche ricchissime sottoscrizioni: corrisponderebbero, oggi, a svariati milioni di euro). Cominciamo a capire meglio – si chiedeva ironico Vittorio Messori qualche anno fa – come fece realmente una banda di volenterosi volontari a conquistare un regno mettendo in fuga un esercito di centomila uomini bene armati, riportando appena 78 vittime sui 1162 partiti da Quarto? E capiamo meglio, anche, la dissennata e isterica politica anticattolica del rosso avventuriero e dei suoi inopinati e imprevedibili protettori? In questa situazione esemplare, il povero Nievo ci rimise la pelle: un sabotaggio provocò un’esplosione alle caldaie del piroscafo “Ercole”, su cui – con tutte le sue ricevute e pezze d’appoggio – era imbarcato il nostro Intendente, tornando da Palermo a Napoli al termine della spedizione. 
Povero “Carlino”! Forse avrebbe fatto meglio – nel castello di Fratta – a imparare il Confiteor e servire la Messa a Monsignore... [Il testo integrale delle Confessioni di un italiano è presente in libreria in svariate e ben curate edizioni anche economiche; ma è anche liberamente scaricabile dal sito liberliber.] 
Giuseppe

11 commenti:

  1. Non dubito che al successo della spedizione dei Mille abbia contribuito qualche complotto, con generosa "unzione" delle ruote ( tesi della prof. Angela Pellicciari ). Mi chiedo però se la cosa sarebbe andata, se il pensiero cattolico-conservatore non avesse già perduto l'"egemonia culturale". Una piccola spinta, magari un po' ( o tanto ) disonesta può buttare giù un grande albero solo quando il tronco è già indebolito o addirittura fradicio. Questo vale anche per le interpretazioni della Rivoluzione francese come frutto di un complotto massonico.

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  2. Caro Franco, hai ragione. E in effetti non mancano analisi serie - anche di parte cattolica - sugli errori e manchevolezze, culturali e non solo, delle gerarchie ecclesiastiche e degli intellettuali credenti fra XVIII e XIX secolo. Dall'altra parte, invece, ce ne fosse uno - di erede del partito risorgimentale "d'azione" garibaldina - che abbia il semplice coraggio di fare due più due, invece di azzannare qualunque realtà si muova sul terreno del revisionismo!

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  3. Grazie per l'approvazione. Però vorrei precisare ulteriormente. Credo che ci siano crisi "epocali" che prescindono, in apparenza e almeno fino a un certo punto, dalla cattiva volontà o dalla inavvertenza. Faccio l'esempio del Modernismo ( il primo, quello della "Pascendi" ). Il problema della attendibilità storica delle testimonianze bibliche, specialmente di quelle evangeliche, era serissimo. Tuttavia non poteva essere risolto nel breve periodo: occorrevano decine di anni di studio su papiri e codici, oltre che nei cantieri di scavo archeologico, da parte di ricercatori di buona volontà come padre Lagrange. Nel frattempo i giovani della borghesia intellettuale erano "scoperti" rispetto al pungiglione della critica; perciò o avevano una grazia speciale, oppure passavano a qualche surrogato, più o meno lontano dal pensiero autenticamente cattolico: agnosticismo filantropico, modernismo... Ci sono innumerevoli testimonianza di crisi religiose di questo tipo: ad esempio Malegue "Agostino Meridier" e Roger Martin du Gard "Jean Barois" ( citato da Charles Moeller "Letteratura moderna e Cristianesimo" ). Qualcosa di analogo avvenne con l'Illuminismo: lo sviluppo della scienza e della tecnica divenne così rapido da convincere i più, fra i "letterati", che l'"homo faber" stesse per prendere in mano il suo destino, mettendo Dio nel dimenticatoio. Probabilmente è lo stesso oggi per la bioetica: il "senso comune" dice che la gerarchia esagera con i suoi "No"; per dimostrare il contrario ( l'"Humanae vitae" e la bioetica cattolica sono "profetiche" ) ci vorranno tempo e fatica. Nel frattempo si va avanti nella nebbia: "Volete andarvene anche voi?" "Signore, tu solo hai parole di vita eterna!", Probabilmente le apparizioni mariane ( quelle autentiche, ovviamente ) ci sono date perchè abbiamo un "filo" a cui attaccarci quando la matassa sembra imbrogliata. Non sembra un caso che Lourdes 1858 si sia verificata nel paese dove il positivismo stava dilagando, tanto da prospettare una nuova "soteriologia": Comte e, pù divulgativamente, Jules Verne. Dio non citoglie le castagne dal fuoco: ci dà dei segnali che dobbiamo seguire se in cuor nostro ci teniamo. Appunto: le ragioni del cuore, in attesa della chiarezza razionale a venire.

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  4. "Sabotaggio" del piroscafo? Non è dimostrabile né dimostrato... Andiamoci cauti, prima di fare sempre il complottismo.

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  5. Interessante il libro del pronipote Stanis Nievo "Il prato in fondo al mare" sull'esplorazione subacquea del relitto della nave.

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  6. <span>Caro Luca,</span>
    <p><span>il complottismo non piace neanche a me, e del resto la mia conoscenza della storia del risorgimento è quella di un onesto dilettante. La frase che ho usato poteva forse essere un po’ meno diretta, ma in molti ambiti tendo a fidarmi di Vittorio Messori, e anche stavolta mi sono fidato delle parole scritte dal noto e benemerito apologista: “Recenti esplorazioni subacquee hanno confermato che il naufragio della nave del poeta fu davvero un atto doloso” .</span>
    </p>

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  7. <p><span>Caro Franco,</span>
    </p><p><span>dopo aver letto le tue argomentazioni delle 15.47 di ieri mi son preso una pausa di riflessione, perché avevo bisogno di farle sedimentare un po’ nella mia coscienza. Quel che scrivi mi sembra sensato ed equilibrato, ed anche per questo avevo parlato, nel post, delle scelte del giovane Nievo con molto rispetto (“<span>un’intenzione palesemente educativa nella direzione di una religiosità civile non spregevole”).<span>  </span>Aggiungerei però una sottolineatura: fermo rimanendo che non spetta a noi giudicare le persone, bisogna pur dire che in questo mondo è attiva una presenza forte, maledettamente intelligente e determinata al male. Satana, scimmia di Dio e principe di questo mondo, ha sempre mostrato un’oscena capacità di entrare nei fermenti, nelle inquietudini e nei grandi spartiacque della cultura – partiti magari con le migliori intenzioni – e trasformarli in strumento di caos, ribellione al disegno divino, apostasia e dannazione. Si comincia con “liberté égalité fraternité” e si finisce rapidamente negli orrori e nel Terrore. Si comincia con l’idealismo e si finisce ai lager e ai gulag. Nel percorso, rapido o lento, che prende le mosse dalla (eventuale) buona fede iniziale e sfocia nell’aperta collaborazione con Satana, ci muoviamo tutti col batticuore, il cuore e i sensi tesi a cogliere i segnali divini e la mano tesa di Maria. Ma dovremmo sapere bene che giochiamo in territorio nemico, che non tutti i “segnali” sono di origine divina e che certi ottimisti veneratori della propria coscienza rischiano di combinare disastri apocalittici.</span></span>
    </p>

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  8. Purtroppo però non parla di esplorazione subacquea, ma di sedute spiritiche per scoprire come fossero andate le cose...

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  9. Sì, però Messori ha la discutibile abitudine di sentenziare un po' troppo facilmente, spacciando le proprie opinioni per verità indiscutibile, ad esempio quando fraintende l'espressione "casta meretrix" riferita alla Chiesa oppure quando magnifica l'Impero austriaco come fosse un paradiso terrestre violato dal tentatore (non era così: le città italiane che più a lungo furono sotto dominio austriaco, Trieste e Gorizia - specialmente Trieste - sono le più scristianizzate!).

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  10. Caro Luca,
    sono ben lontano dal voler estendere l'infallibilità agli scritti di Vittorio Messori (per il quale, peraltro, confermo stima e gratitudine): il genere "letterario" della polemica giornalistica ha i suoi criteri e le sue esigenze: a volte una forzatura può essere richiesta dalla situazione. Esempio: dopo quasi due secoli di propaganda nazionalistica che identificava l'impero austriaco con la crudeltà determinata ed efferata, per ristabilire un minimo d'equilibrio potrebbe essere opportuno calcare un po' la mano nella direzione opposta.
    Del resto, mi pare che tu faccia qualcosa di non dissimile, nel momento in cui attribuisci il livello di scristianizzazione di Trieste e Gorizia alla durata della loro dipendenza da Vienna. ;)
    (Mi piace, questa "polemica" secca ma rispettosa). Ciao

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  11. :)  del  romanzo mi ricordo la fanciulla con i piedini nell'acqua della fonte  e lui che piano piano s'innamora perdutamente.....grande grandissimo passaggio bucolico.
    del bene e del male  meglio non parlare perchè sono , per me , tutt'uno, come il giorno e la notte, il bianco ed il nero, l'alto e il basso.
    c'è bisogno di tutto per necessità.

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