Una bizzarra querelle in India sull'altare coram Deo, dove - stranamente - Roma "tiene" per i "tradizionali".
QUI The Pillar.
QUI Asia News.
Luigi
Stefano Chiappalone, La Nuova Bussola Quotidiana, 26-8-23
Cyril l’inquisitore: ormai viene definito così l’arcivescovo slovacco Cyril Vasil, inviato dal Papa a riportare all’ovile i preti ribelli (cioè quasi tutti) dell’arcieparchia di Ernakulam-Angamaly, diocesi “madre” della Chiesa sui iuris siro-malabarese. Casus belli è il rifiuto di applicare la versione cosiddetta “unificata” della Messa, che prevede – come stabilito dal sinodo siro-malabarese nel 2021 – il ritorno alla celebrazione rivolti verso Oriente nella parte propriamente eucaristica del rito, laddove invece negli ultimi decenni si era andata diffondendo la recente usanza occidentale di celebrare “faccia a faccia”.
La guerra liturgica esplosa nel 2021 si innesta su precedenti tensioni causate dalle accuse rivolte all’arcivescovo maggiore, il cardinale George Alencherry, indagato a partire dal 2018 per malagestione legata alla vendita di proprietà fondiarie della Chiesa. In realtà i documenti che accusavano il cardinale sarebbero stati falsificati, secondo la polizia del Kerala e gli accusatori si sono ritrovati a loro volta accusati per diffamazione e falsificazione. Anche queste controversie erano finite in Vaticano, dove il porporato era stato scagionato dal Tribunale della Segnatura Apostolica il 31 gennaio di quest’anno. Tensioni che nel 2019 hanno comportato la nomina di un amministratore diocesano e poi – con l’esplodere della questione liturgica – di un vicario arciepiscopale, nella persona di Mar Antony Kariyil, in realtà prodigo di deroghe a favore dei ribelli, rimasto in carica fino al 2022. Quindi Mar Andrews Thazhath è stato nominato amministratore apostolico sede plena. Anche quest’ultimo ha fallito però nel tentativo di persuasione. Né sono bastati il sostegno della Santa Sede e gli interventi dello stesso pontefice che, per lettera, aveva esortato a seguire e applicare le indicazioni del sinodo siro-malabarese. Situazione così incandescente che il cardinale Alencherry si era ritrovato bruciato in effigie dai manifestanti e più volte si era reso necessario l’ausilio delle forze dell’ordine di fronte alle contestazioni.
La questione è approdata in Vaticano, all’attenzione del segretario di Stato Pietro Parolin e del prefetto delle Chiese Orientali Claudio Gugerotti, che il 4 maggio hanno incontrato i leader della Chiesa siro-malabarese. Infine, quale extrema ratio, l’invio di un delegato speciale del Papa. Mons. Cyril Vasil, gesuita, di rito greco-cattolico e già segretario dell’allora congregazione per le Chiese Orientali, è giunto in India il 4 agosto e anche per lui si è reso ben presto necessario l’intervento di un centinaio di agenti di polizia per far fronte ai manifestanti che non hanno gradito né il suo arrivo né le sue intenzioni. Vasil ha infatti dichiarato senza mezzi termini di non essere venuto per discutere, ma per riportare all’obbedienza verso le decisioni del sinodo e della Santa Sede. La lettera – citata da Asia News – che l’arcivescovo ha inviato a tutto il clero dell’arcieparchia contiene praticamente un ultimatum con tanto di appello al Codice delle Chiese orientali e la minaccia di relative sanzioni. La deadline fissata dal delegato papale era domenica scorsa 20 agosto. Ma solo 6 delle 325 parrocchie dell’arcieparchia hanno obbedito e nel frattempo le sanzioni promesse sono scattate, con la rimozione (per ora) di 4 sacerdoti allontanati dal seminario.
La situazione è tale che si paventa il rischio di scisma. Non solo sul piano quantitativo, essendo praticamente un’intera diocesi ribelle al suo arcivescovo, e ora persino all’inviato papale, ma anche perché – come osserva The Pillar – l’arcieparchia è il centro della Chiesa siro-malabarese (per intenderci e, salve le dovute differenze, come Milano per il rito ambrosiano). Poiché di fatto la ribellione a Ernakulam, diocesi ormai ingovernabile, provoca una crisi interna all’intera Chiesa sui iuris. Probabilmente l’unico elemento che attualmente concorre a una possibile pacificazione è l’età avanzata di Alencherry, che a 78 anni è molto vicino al ritiro dal suo ministero.
Mercoledi scorso, 23 agosto, mons Vasil era a Roma dove ha incontrato il pontefice, portandogli i risultati della prima fase della sua mission impossibile che proseguirà al suo ritorno, verosimilmente con le indicazioni che avrà ricevuto personalmente da Francesco. Stupisce, en passant, anche l’interesse del Santo Padre che si è speso più di una volta per una questione, quella dell’orientamento liturgico, cui normalmente non sembra particolarmente incline – anzi, si direbbe il contrario, almeno per quanto attiene alla liturgia latina. A meno di non pensare che, più del rito in sé, gli stia a cuore la decisione (non importa quale) di un sinodo (non importa quale, in questo caso quello siro-malabarese). Ma sia quel che sia, per questa volta la “sinodalità” sembra volgersi nella direzione giusta: verso Oriente.