"Una burla del pievano Arlotto" di B. Franceschini, detto il Volterrano, Palazzo Pitti (XVII sec) |
«Quanto più il Piovano Arlotto insegnava e adottrinava uno suo cherico, il quale era grossolano e d’ingegno tardo, tanto più dimenticava e ogni dì faceva nuove pazzie e nulla giovava. Una domenica mattina alla messa viene il Kyrieleison Christeleison, dove si dice nove volte: il valente cherico lo fece dire più di dodici; in quello il Piovano si risentì alquanto e disse: - Kyrieeeeeeeeleison, i’ so pure ch’io ho da essere il sezzo (devo essere l’ultimo). E disse tanto forte che da tutti fu udito per tutta la chiesa, in modo che fe’ ridere quanta gente vi era la mattina.» (XV sec.)
Qualche sera fa, durante la cena in una piacevole serata agostana, con due cari amici sacerdoti, abbiamo ricordato le burle del piovano (pievano) Arlotto.
Al chè è venuto alla mente un vecchio post di MiL su questo personaggio fisso della tradizione popolare toscana (i cui aneddoti e motti sono passati addirittura in proverbio e fanno tuttora parte del folclore contadino della cara regione toscana).
Dietro la tradizione c’era peraltro una persona autentica, un sacerdote di nome Arlotto Mainardi (1396-1484), parroco della chiesa di San Cresci a Macioli, nel Mugello. Una chiesetta molto antica, del secolo X, restaurata nel Quattrocento ma con un campanile che risale al 1273.
Notissimo per le sue burle, i suoi scherzi da prete, lo spirito caritatevole che lo rese popolare e amatissimo dai suoi fedeli, l’arguzia e la spregiudicatezza delle storielle che dispensava ai suoi interlocutori attingendo a un repertorio amplissimo e originale, il Piovano volle persino predisporre per sé un’epigrafe funeraria (sul pavimento dell’attuale Oratorio di Gesù Pellegrino, a Firenze) degna della sua fama:
“Questa sipoltura a facto fare il Piovano Arlocto per se
e per tucte quelle persone le quali drento entrare vi volessino”.
e per tucte quelle persone le quali drento entrare vi volessino”.
Curato da un amico rimasto anonimo, un volume dal titolo Motti e facezie del Piovano Arlotto uscì poco dopo la morte del Mainardi, nei primi anni del secolo XVI. Vi sono raccolte 218 brevi storielle, alcune delle quali molto divertenti, interessanti comunque tutte come documento linguistico della Toscana popolare all’epoca di Lorenzo il Magnifico. [Del volume esiste un’edizione moderna a cura di a cura di G. Folena, Ricciardi, Milano-Napoli, 1995), ma io ne ho consultato un’edizione elettronica nel CD-ROM Letteratura Italiana Zanichelli del 2001 (LIZ 4).]
Nella nostra rassegna il buon Piovano appare (con la sua facezia n. XL) per un motivo contingente: qualche tempo fa, in uno dei dibattiti di questo blog, un lettore polemizzava – se non ricordo male – contro il “malvezzo tridentino” di ripetere tre volte, nel rito della Messa, ciascuna invocazione “Kyrie eleison, Christe eleison, Kyrie eleison" per un totale di nove.
Come è noto, con la riforma Bugnini ogni invocazione (tradotta “Signore pietà, Cristo pietà, Signore pietà”, ma ristabilita in greco da Papa Francesco) viene invece ripetuta due volte. Ecco: “malvezzo”, potrebbe anche essere (!) ma tridentino proprio no: la novellina qui riportata, che dice esplicitamente: “si dice nove volte”, è stata scritta e pubblicata un secolo prima del Concilio di Trento.
Come è noto, con la riforma Bugnini ogni invocazione (tradotta “Signore pietà, Cristo pietà, Signore pietà”, ma ristabilita in greco da Papa Francesco) viene invece ripetuta due volte. Ecco: “malvezzo”, potrebbe anche essere (!) ma tridentino proprio no: la novellina qui riportata, che dice esplicitamente: “si dice nove volte”, è stata scritta e pubblicata un secolo prima del Concilio di Trento.
Con dedica speciale del Piovano Arlotto per i nostri approssimativi, e livorosi, archeologisti da combattimento.
Giuseppe