Del grande Bernanos vedere anche QUI Mil nei Dialoghi delle carmelitane.
Luigi
13-8-23, Paolo Gulisano, Informazione Cattolica
OMAGGIO A BERNANOS
Nell’estate di 75 anni fa si spegneva Georges Bernanos, uno dei più grandi scrittori cattolici del ‘900. Qualcuno potrebbe pensare che la definizione di “scrittore cattolico” sia riduttiva, chiudendo l’artista in una gabbia di tipo confessionale, ma in realtà Bernanos fu letteralmente un cattolico che viveva la sua fede intensa in modo quasi militante, come impegno di testimonianza, di annuncio, di apostolato. Eppure i suoi romanzi si impongono anche al lettore che non è credente, sono fonte di suggestione e, come dire, di disagio, lo scuotono rispetto a tante, troppe “certezze” laiche frettolosamente accettate. Fu un segno di contraddizione per il suo Paese, la Francia, da duecento anni terra di feroci ideologie anticristiane, ma anche dove la pianta buona del Cristianesimo ha continuato a dare frutti straordinari di fede.
Il suo capolavoro fu Diario di un curato di campagna, pubblicato nel 1936. Da esso fu tratto il film omonimo di Robert Bresson. Nel libro sono presenti e convergono due diverse sensibilità spirituali: quella del curato d’Ars e quella di Santa Teresa del Bambin Gesù, entrambi santificati da papa Pio XI nel 1925. Similmente a Giovanni Maria Vianney, il giovane prete protagonista del romanzo è divorato da un forte zelo apostolico, totalmente dedito alla santificazione del gregge a lui affidato. Di Teresa invece segue la via dell’infanzia spirituale. Anche il Tutto è grazia, con cui il romanzo si chiude, non è una frase di Bernanos, bensì della famosa Santa.
La sua opera è intrecciata strettamente con la sua vita. Si possono ripercorrere entrambe grazie al volume Un uomo libero. Vita di Georges Bernanos pubblicato da Oaks Editore.. Un libro che è in parte esegesi critica delle opere del grande scrittore francese, un pò biografia e un po’ commento personale, interpretazione del pensiero di Bernanos da parte di un autore , Luc Estang, che può ritenersi un suo allievo.
Un libro che non è soltanto un tributo a un grande maestro, ma è un vero e proprio viaggio nell’anima di uno scrittore.
Oggi il nome di Bernanos è divenuto sconosciuto alle nuove generazioni, eppure si dovrebbe tornare a leggerlo. Si scoprirebbe la sua capacità di indagare nel profondo, una capacità che aiuta a delineare le psicologie più indifese, lì dove la miseria e l’ignoranza privano la persona umana di ogni possibilità di reazione che non sia la resa, il lasciarsi andare, l’essere inghiottiti dalla indifferenza del mondo.
La testa gettata un po’ indietro sule spalle robuste, azzurro sguardo da visionario che segue la marcia caotica del mondo , voce appassionata che ricerca i termini più adatti a tradurre la visione: questo fu Bernanos. Come ebbe a dire: “io passo il tempo a cercare di comprendere, unico rimedio contro la forma di delirio isterico in cui finiscono per cadere i disgraziati che non possono fare un passo senza inciampare in un’ingiustizia accuratamente nascosta sotto l’erba, come un trabocchetto”.
Qualcuno, anche in campo cattolico, ha voluto liquidare Bernanos come un residuo della fede antica, tradizionale, antimoderna. Invece fu un cristiano autentico e un uomo libero che si impegnò a combattere per quei valori che attraversano i secoli, che hanno a che fare con la costruzione e la difesa di una comunità: «Esiste una borghesia di sinistra e una borghesia di destra. Non c’è invece un popolo di sinistra e un popolo di destra, c’è un popolo solo. L’idea che io mi faccio del popolo non è per nulla ispirata da un sentimento democratico. La democrazia è un’invenzione degli intellettuali, mentre il popolo esige il lavoro, il pane, e un onore che gli sia affine, che assomigli al suo lavoro e al suo pane (…). La società moderna lascia distruggere lentamente, in fondo alla propria cantina, un meravigliosa creazione della natura e della storia (…): È il popolo che dà a ogni patria il suo carattere originale”.
Anche l’anti-intellettualismo di Bernanos viene da questo humus popolare. Non c’è nulla in lui del letterato, nessuna torre d’avorio lo isola dal suo tempo. Da ragazzo, quando faceva parte dei camelots du roi dell’Action française di Charles Maurras, era finito più volte in carcere per scontri e tumulti di piazza, e aveva partecipato a un complotto, miseramente fallito, per ristabilire la monarchia in Portogallo… Volontario nella Grande guerra, nonostante fosse stato riformato alla visita di leva era stato più volte ferito, si era meritato una decorazione… La passione per la velocità e la motocicletta gli varrà varie fratture, fino all’incidente più grave che lo rese invalido, costringendolo a usare le stampelle fino alla morte.
Allo stesso modo, i suoi eroi letterari spingono all’estremo limite la loro verità, sia buona che cattiva; essi hanno già il piede in un’altra dimensione. Sono anime inquiete, o meglio ribelli, che rifiutano di conformarsi alla mentalità di questo mondo. Gli strani eroi di Bernanos sono tutti impegnati a fondo nella loro condizione umana, tutti corrono lo stesso rischio soprannaturale.
Uno dei passaggi più significativi per capire Bernanos è questo, tratto dall’opera Lettres aux Anglais: “Coloro che mi fanno l’onore di leggermi sanno che io non sono affatto un polemista. Mi è accaduta volte di passare per tale perché denunciavo con violenza dei mediocri, giudicati da tutti insignificanti. E certamente, in realtà, essi lo sono. Ma non lo sono i mali che causano. L’ostinazione, la sufficienza e l’imbecillità sono la fonte di tutte le nostre disgrazie e chi ne dubita non ha compreso proprio nulla della natura, della storia e nemmeno della sua stessa vita”
Sono parole profetiche, più che mai vere, di un autore tutto da riscoprire e da rimeditare.