Vi proponiamo – in nostra traduzione – questo interessante articolo di Julian Kwasniewksi, musicista, artista visivo e scrittore, coordinatore del marketing e delle comunicazioni presso il Wyoming Catholic College, pubblicato sul sito OnePeterFive il 26 luglio.
In esso l’autore – partendo dalla propria esperienza personale – descrive la formazione dei Cattolici tradizionalisti cresciuti dopo il Pontificato di Papa Benedetto XVI.
Così i ricordi passano dalla famiglia, in cui i «genitori [vivono] la “vita normale” e la “vita spirituale” come un’unica cosa, senza soluzione di continuità», all’Università, in cui «genitori devono mantenere un delicato equilibrio quando si tratta di promuovere le cose buone nella vita familiare e di consentire un’adeguata libertà ai loro figli», fino alla «musica e i film, il vestiario e il discernimento vocazionale»: tanti esempi e consigli pratici nei quali «l’enfasi è posta sul permettere ai vostri figli di essere liberi di scegliere il bene, riconoscendo che ci sono diversi beni che potrebbero legittimamente scegliere», fino si vantaggi dell’homeschooling correttamente disciplinato.
L’autore, come tutti i Tradizionalisti di seconda generazione, ovvero i venticinquenni che stanno mettendo su famiglia, conclude affermando che «ciò di cui abbiamo bisogno, soprattutto, è che ci venga mostrato il bene: il bene di una vita piena di gioia sostenuta da verità perenni e centrata su relazioni d’amore; il bene di ricevere e usare bene un’eredità del passato; il bene di essere creativi e adattabili nel modo in cui viviamo la nostra ferma fedeltà alle cose permanenti e umane della cultura, della famiglia e della religione».
L.V.
Sono un fedele tradizionalista di seconda generazione, non c’è dubbio. Non riesco a ricordare il Pontificato di Papa Benedetto XVI: quando ho iniziato a prestare attenzione alla mia fede in modo più serio al Liceo, il Pontificato di papa Francesco era già iniziato. Ho un ricordo indistinto legato a San Giovanni Paolo II, in quelli che dovevano essere gli ultimi mesi del suo Pontificato. Dato che scrivo saltuariamente per OnePeterFive dal 2016, Tim Flanders mi ha recentemente chiesto di condividere i miei pensieri e le mie esperienze come Tradizionalista di «seconda generazione».
Anche se l’argomento è complesso e spero di non dipingere con un pennello troppo grande, le mie impressioni generali mi portano a sostenere che i genitori devono fare attenzione a non forzare le pratiche devozionali, ma piuttosto creare una casa calda e amorevole, a basso contenuto tecnologico, dove i bambini possano amare facilmente e liberamente sia i beni naturali che quelli soprannaturali.
Una casa naturale, non devozionale
Ogni persona è profondamente formata dalla sua famiglia e dalla sua casa. I Cattolici desiderosi di formare culture familiari basate su devozioni e pratiche cattoliche tradizionali dovrebbero essere altamente incoraggiati. Tuttavia, rimane un fatto importante: la vita è più che una devozione e un’eccessiva enfasi sulla pietà, per quanto ben intenzionata, può ritorcersi contro. Come ha scritto Joseph Shaw con rinfrescante chiarezza, la cultura familiare deve essere sia «naturale» che «soprannaturale». Egli scrive di questa integrazione:
Un ambiente in cui genitori e figli possano sentirsi veramente a casa non è costruito esclusivamente sulla preghiera e sui sacramenti. La famiglia ha bisogno di cultura. Ha bisogno di una tradizione di cucina, di abbigliamento, di architettura, di decorazione della casa; ha bisogno di canti natalizi e di storie fiabesche… La cultura cattolica è una cultura naturale oltre che soprannaturale, ed è compito della famiglia mantenerla, svilupparla e trasmetterla.
È importante ricordare che la vita è una cosa unitaria, che comprende la preghiera, la devozione e la pietà. Queste non devono essere appiccicate alla vita, perché fanno parte della vita che è un tutto, un’unità. Ciò che mi ha formato crescendo non sono state tanto le devozioni familiari a cui a volte dovevo partecipare (anche se c’è sempre posto per questo, con moderazione), ma i momenti in cui ho visto i miei genitori vivere la «vita normale» e la «vita spirituale» come un’unica cosa, senza soluzione di continuità. Avere una cultura domestica che sia al tempo stesso naturale e soprannaturale è essenziale per un’educazione sana. Un bel ricordo è una Compieta abbreviata che la mia famiglia cantava spesso da piccolo: le preghiere introduttive, l’inno e la lettura, ma senza i salmi. Un Ufficio completo? No. La lunghezza giusta per i bambini, per instillare in loro la sensibilità e la capacità di cantare il canto gregoriano? Sì.
Non spingete
All'università e oltre, la mia esperienza con i coetanei di altre famiglie numerose e conservatrici o tradizionali è stata questa: i genitori devono mantenere un delicato equilibrio quando si tratta di promuovere le cose buone nella vita familiare e di consentire un’adeguata libertà ai loro figli. Da adulto, posso riflettere su alcune delle mie esperienze e offrire suggerimenti ai genitori, anche se non sono io stesso un genitore. Lasciando che si eserciti la discrezione e la prudenza in ogni situazione, la mia inclinazione sarebbe quella di raccomandare ai genitori tradizionalisti di scegliere la libertà; di tenere d’occhio i figli, ma di lasciar loro la libertà di fare la cosa giusta in modi diversi, o anche cose giuste diverse. Mi riferisco a cose come le devozioni e le letture spirituali, gli stili di abbigliamento o il seguire un percorso di vita piuttosto che un altro.
Mi è capitato più volte di incontrare coetanei che «dovrebbero» essere diventati in un certo modo, a giudicare dalla «buona» famiglia da cui provengono. Eppure, il loro comportamento e la loro visione sono stati spesso l’opposto. I genitori sono spesso presentati come repressivi o severi, e purtroppo questa parodia a volte ha del vero. La caricatura «Cosa? Stai guardando un film per bambini, figliolo? Prendi la tua Bibbia!», una caricatura tratta da Sette bugie sull’homeschooling.
Questa tendenza dei genitori – che potrebbero essere essi stessi convertiti o revertiti – a «spingere» o promuovere le cose buone in casa è perfettamente comprensibile. Spesso, avendo sperimentato nella propria infanzia il vuoto o la confusione associati a una casa troppo secolare, vogliono piegare il bastone nella direzione opposta per i propri figli. Un vecchio proverbio ha una saggezza da offrire: «Si prendono più mosche con il miele che con l’aceto». Avere standard elevati di moralità o politiche chiare su quali elementi della modernità sono ammessi in casa è positivo; farli rispettare con frustrazione, amarezza o eccessiva semplificazione no.
I genitori devono stare attenti a non confondere gli elementi essenziali con quelli non essenziali, ricordando che quando i figli crescono ed entrano nella scuola superiore i loro desideri devono essere ascoltati e rispettati, se non sempre accolti. Ho visto studenti universitari che provenivano dalla scuola pubblica, dal Novus Ordo Missae o da famiglie disastrate scoprire, vivere e amare il Cattolicesimo tradizionale, mentre ragazzi cresciuti con i Messali Baronio [il Messale Romano quotidiano del 1962 con le traduzioni in inglese e gli originali in latino: N.d.T.], le gonne di jeans e Taylor Marshall [youtuber cattolico tradizionalista statunitense: N.d.T.] si sono dati al fumo di catena, alla musica rock e al letargo spirituale. La conclusione ovvia è che, volenti o nolenti, non esiste un’equazione facile con cui garantire un «futuro devoto» a chiunque.
Non sto cercando di dire che qualsiasi cosa facciano i genitori, è probabile che sia sbagliata (che a volte è l’atteggiamento che hanno i bambini, almeno a una certa età!). Il dilemma e la sfida consistono nel discernere ciò che è essenziale. Che cosa è essenziale? Un abbigliamento modesto? La buona musica? Film poco frequenti? Niente cellulari? O tutte queste cose sono eccessive? I miei commenti non vogliono rendere nessuno scrupoloso nell’uso della propria autorità morale di genitori, ma ricordare loro, con San Benedetto, di essere prudenti e «memori del santo patriarca Giacobbe, che diceva: “Se affaticherò troppo i miei greggi, moriranno tutti in un giorno”» (Regola di San Benedetto, cap. 64, 18).
Anche con la migliore educazione, i bambini possono abusare del loro libero arbitrio e soccombere alle lusinghe del mondo, della carne e del diavolo. Non esiste una «soluzione magica» contro il peccato. Non c’è nulla che i genitori possano fare perché il peccato o anche scelte di vita non peccaminose ma sbagliate non si verifichino mai (anche se possono pregare e sperare che non accada mai). Non devono incolpare se stessi quando accade, come se dovesse essere necessariamente colpa loro. Ci sono famiglie super-rigorose i cui figli finiscono per essere super-rigorosi come i loro genitori, e altre famiglie in cui i figli dei severi sembrano lassisti, e i figli dei confusi trovano un senso. Sono all’opera sia il desiderio di imitare i propri genitori sia il desiderio di essere diversi da loro, e forse entrambi sono all’opera in ognuno di noi in misura diversa.
Libertà per la vocazione e la bellezza
Oltre alle devozioni, tre aree particolari mi vengono in mente quando penso alle pressioni inutili, anche se benintenzionate, dei genitori: la musica e i film, il vestiario e il discernimento vocazionale.
Anche se non ho lo spazio per discuterne in questa sede, ritengo che la stragrande maggioranza della musica e dei film moderni non solo siano inutili, ma anche dannosi sia per i bambini che per gli adulti. Se siete genitori, non volete che i vostri figli ascoltino o guardino queste cose. Ma avete qualcosa da offrire al suo posto (vedi QUI e QUI per le idee)? Vi assicurate che i vostri gusti siano sufficientemente sviluppati per poter dare un buon esempio? Da che tipo di amici vi fate influenzare? L’obiettivo principale dovrebbe essere quello di mettere i vostri figli in grado di conoscere e quindi scegliere la bellezza, piuttosto che trovarsi costretti da regole semi-senza senso.
Molti Tradizionalisti hanno standard di modestia elevati ma non sempre sfumati. Quando sono arrivato all’università, volevo vestirmi bene in modo naturale; coloro che ammiravo lo facevano e io volevo imitarli. I genitori inculcano un atteggiamento positivo nei confronti del vestire bene? Se il «vestito della domenica» o la gonna lunga fino alle caviglie sono solo qualcosa che «si deve fare» per la Santa Messa della domenica, perché farlo o perché vestirsi bene negli altri giorni? In altre parole, l’accento non dovrebbe essere posto sulla domenica come strana eccezione, ma su ogni giorno come opportunità di essere belli, eleganti e curati. Anna Kalinowska ha presentato in modo eccellente il servizio che la modestia rende alla bellezza e la natura formativa dell’abbigliamento. Anche in questo caso, la chiave è la positività: i padri devono dire alle figlie che sono belle e più belle quando sono modeste; i figli devono capire che sono più uomini quando evitano la sporcizia.
La promozione della vita religiosa è l’ultimo punto che mi viene in mente: la possibilità della vita religiosa, del sacerdozio o del matrimonio deve essere sempre associata al completo sostegno dei genitori. Ognuno di questi percorsi è un cammino verso la santità, ognuno richiede sacrifici e ognuno ha bisogno che sia il genitore che il figlio siano distaccati dalle aspettative su ciò che sarà meglio. Sarò per sempre grato per il fatto che non mi sono mai sentito sotto pressione in nessuna direzione da parte dei miei genitori. Quando ho provato la vita monastica per diversi anni, sono stati assolutamente favorevoli alla mia decisione, anche se un po’ malinconici per avermi «perso»; quando ho lasciato il monastero, sono stati ancora altrettanto favorevoli e rispettosi della mia decisione, nonostante un pizzico di malinconia per non avere un figlio sacerdote. Tutti sentimenti del tutto naturali; sempre rispettosi del serio pensiero e della preghiera che ho messo in ogni passo; sempre pronti ad aiutare in ogni modo possibile.
In ognuna di queste aree, l’enfasi è posta sul permettere ai vostri figli di essere liberi di scegliere il bene, riconoscendo che ci sono diversi beni che potrebbero legittimamente scegliere. Dalla musica popolare irlandese al canto gregoriano, dagli sposi alle case religiose, la chiave è il sostegno e l’incoraggiamento di ciò che è buono, vero e bello. Che cosa significhi esattamente «riparare"» e fino a che punto sia una cosa buona, è un argomento per un altro articolo, ma questo è chiaro: promuovere il bene implica anche il dovere di rimuovere il falso, il male e il brutto, per quanto si possa prudentemente fare.
Il rischio di fratture con i figli aumenta se la loro educazione non è coerente. Per esempio, se la musica pop è presente in famiglia qua e là durante la crescita, ma all’improvviso vengono rimproverati perché la ascoltano troppo spesso da adolescenti, questo provoca una contraddizione nella loro mente: se è così cattiva in grandi quantità, perché era presente in sottofondo? Cosa sia da evitare sempre e ovunque e cosa sia problematico solo in eccesso è, ancora una volta, una questione complessa che spero altri con più esperienza possano affrontare.
Vantaggi dell’homeschooling
Sarei negligente se non parlassi dell’homeschooling. Io ho studiato a casa e questa è una delle cose per cui sono più grato. Offre alle famiglie una grande libertà di personalizzare l’istruzione in base alle esigenze e ai talenti dei propri figli. Può andare male a causa di un’eccessiva irreggimentazione, ma d’altra parte può andare molto bene. Mia madre ha seguito un percorso flessibile e rinfrescante tra la «scuola a casa» (cioè la tendenza dei programmi precostituiti a imitare ciò che avviene in una scuola pubblica o privata) e l’«unschooling», in cui non è richiesta alcuna struttura o compito a casa.
In particolare, il tempo libero non strutturato per giocare, scrivere, fare musica, disegnare, è stato fondamentale per me. L’homeschooling non è la scuola pubblica a casa: sono fermamente convinto che una concezione dell’educazione che richiede un orario che inizia alle ore 8 o alle ore 9 del mattino e si protrae fino alle ore 3 del pomeriggio sia davvero troppo da chiedere anche ai ragazzi delle superiori, almeno su base giornaliera. I ragazzi hanno bisogno di tempo per entrare in contatto con il mondo reale, non di tempo speso a inculcare nelle loro menti la versione del libro di testo di qualcun altro. Mi viene in mente la visione di John Senior sull’istruzione. Sebbene non sia d’accordo con tutte le sue opinioni, in particolare con il suo sostegno ai collegi, raccomando ai genitori di cercare di imparare dai consigli e dall’esempio di John Senior come educare i giovani e formare la loro immaginazione attraverso la letteratura, la musica e la natura.
Unitamente a una buona quantità di tempo libero, si raccomanda un’educazione «low-tech». Se volete dare ai vostri figli del tempo libero, questo non deve trasformarsi in «tempo libero tecnologico». I vantaggi di un approccio low-tech sono immensi. Ammettiamolo: la parola «amish» viene usata per respingere le obiezioni serie sugli effetti che l’assorbimento del computer, i videogiochi, l’invio continuo di messaggi, i film ecc. possono avere sulla mente e sull’anima, ma questi aspetti vanno davvero tenuti a bada, dall’infanzia fino alla mezza adolescenza. Ho scritto di queste cose altrove, a proposito dell’ospitalità, dell’interazione umana e della nostra crescente barbarie.
L’accento va posto sul low-tech, non sul no-tech. Le obiezioni comuni alle decisioni «low-tech» sono del tipo: «Non voglio che mio figlio arrivi all’università senza saper battere a macchina». Non ho detto: non lasciate che il vostro figlio delle medie scriva dei brevi saggi su un computer portatile e che faccia anche qualche ricerca su internet; non ho detto di non guardare un bel film in famiglia di tanto in tanto; non ho detto di non usare i corsi online quando è vantaggioso. Quello che dico è che non c’è bisogno di videogiochi, di navigare regolarmente su YouTube o di un iPhone personale.
Seconda generazione significa vita, non morte
I Tradizionalisti di seconda generazione hanno ormai venticinque anni e stanno mettendo su famiglia. Il nostro mondo e la nostra Chiesa stanno cambiando, spesso, a quanto pare, in peggio. Dobbiamo renderci conto che i Tradizionalisti di seconda generazione non saranno sempre uguali ai loro antenati. Va bene così: questa transizione dovrebbe significare vita, non morte. Dopo tutto, si tratta di un’altra generazione e la nuova vita includerà sempre elementi vecchi e nuovi, continuità e discontinuità.
Nonostante sia d’accordo con la maggior parte o tutto ciò che dice mio padre, ci sono stati momenti in cui ho sentito il bisogno di distinguermi; sono sicuro che anche altri Tradizionalisti di seconda generazione sentano lo stesso. Ma è importante, sia per i genitori che per i figli, ricordare che questo sentimento non significa un ripudio, ma una continua ricerca del bene che tutti perseguiamo. Le devozioni vanno e vengono, le mode vanno e vengono, le nostre vite vanno e vengono. Alcuni aspetti di queste cose sono molto importanti, altri meno. Alcune persone vorranno naturalmente più di una cosa e meno di un’altra. Un tradizionalismo sfumato aiuterà noi Tradizionalisti di seconda generazione ad andare avanti in modo ponderato e fiducioso. Ciò di cui abbiamo bisogno, soprattutto, è che ci venga mostrato il bene: il bene di una vita piena di gioia sostenuta da verità perenni e centrata su relazioni d’amore; il bene di ricevere e usare bene un’eredità del passato; il bene di essere creativi e adattabili nel modo in cui viviamo la nostra ferma fedeltà alle cose permanenti e umane della cultura, della famiglia e della religione.
Ottimo. Le regole non bastano. Ci vuole una carità vera in ogni rapporto educativo tra genitori e figli, sacerdoti e fedeli, tra giovani e anziani, tra mariti e mogli, carità ben lontana dal moralismo dispettoso e disperato. Vi riconosceranno che siete miei discepoli perché vi amate gli uni gli altri.
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