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sabato 22 luglio 2023

La diga è crollata! Intervista a Peter Seewald, biografo di Papa Benedetto XVI #benedettoxvi

Vi proponiamo – in nostra traduzione – l’intervista a Peter Seewald, biografo del Papa, sulla rottura di papa Francesco con Papa Benedetto XVI, pubblicata sul sito Kath.net.
Netto il giudizio: «Gli ultimi sviluppi (in Vaticano), tuttavia, indicano una vera e propria rottura della diga … Questo diluvio potrebbe distruggere ciò che ancora resiste».
Suggeriamo la lettura della monumentale biografia Benedetto XVI. Una vita di Peter Seewald (Milano, 2020, 1296 pagine, 40 euro).
La stessa intervista si può leggere nella traduzione di Marco Tosatti QUI.

L.V.


Kath.net: Signor Seewald, in occasione dell’annuncio dei nuovi Cardinali nominati e del futuro Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, la rivista Der Spiegel ha titolato: «Papa Francesco fa piazza pulita dell’eredità di Benedetto» [QUI: N.d.T]. Il quotidiano Frankfurter Rundschau ha scritto: «Francesco finalmente rompe con Benedetto» [QUI: N.d.T]. È rimasto sorpreso da questi titoli?

Peter Seewald: Non proprio. Da un lato, corrispondono al wishful thinking dei media più importanti, dall’altro, si potrebbe osservare che il percorso di papa Francesco si radicalizza con l’avanzare dell’età, o diciamo: con l’età non matura. Quando poi anche un collaboratore meritevole come l’arcivescovo mons. Georg Gänswein viene cacciato dal Vaticano e allo stesso tempo viene nominato come supremo custode della fede un suo protetto, la cui qualifica per la carica più importante della Chiesa cattolica sembra discutibile, questo è un bell’annuncio.

Kath.net: Il futuro Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, l’argentino mons. Víctor Manuel Fernández, ha definito il suo futuro compito con le parole: «Una crescita armoniosa preserverà l’insegnamento cristiano più efficacemente di qualsiasi meccanismo di controllo».

Peter Seewald: Questa affermazione non solo suona velleitaria, ma addirittura grottesca alla luce della drammatica crisi della Chiesa in Occidente. Deve far riflettere il fatto che papa Francesco dichiari allo stesso tempo che in passato il Dicastero per la Dottrina della Fede «ha usato metodi immorali». Come non vedere in questo un riferimento all’ex Prefetto della Congregazione, il card. Joseph Aloisius Ratzinger? Oltre che un tentativo di legittimare il cambio di rotta.

Kath.net: Nel suo ultimo libro Benedikts Vermächtnis. Das Erbe des deutschen Papstes für die Kirche und die Welt (Hamburg, 2023) [L’eredità di Benedetto. Il lascito del Papa tedesco per la Chiesa e per il mondo: N.d.T.], lei cita ancora le parole di elogio che papa Francesco ha lasciato per il suo predecessore. Lo ha elogiato come un «un grande Papa. Grande per la forza e penetrazione della sua intelligenza, grande per il suo rilevante contributo alla teologia, grande per il suo amore nei confronti della Chiesa e degli esseri umani, grande per la sua virtù e la sua religiosità» [discorso in occasione dell’inaugurazione di un busto in onore di Papa Benedetto XVI, 27 ottobre 2014, QUI: N.d.T.].

Peter Seewald: Mi ha commosso molto. Ed è anche azzeccata. Nessun osservatore esperto non riconoscerebbe in Papa Benedetto XVI uno dei più importanti maestri della Cattedra di San Pietro. Oggi, però, c’è da chiedersi se le confessioni di papa Francesco non siano state solo parole, o addirittura fumo negli occhi. Tutti ricordiamo le calde parole del card. Joseph Aloisius Ratzinger alla Messa esequiale per San Giovanni Paolo II [QUI: N.d.T.], parole che andavano al cuore, che parlavano di amore cristiano, di rispetto. Ma nessuno ricorda le parole di papa Francesco alla Messa esequiale per Papa Benedetto XVI [QUI: N.d.T.]. Erano fredde come tutta la cerimonia, che non poteva essere abbastanza breve per non rendere un centimetro di troppo omaggio al suo predecessore.

Kath.net: Che cosa significa?

Peter Seewald: È molto semplice: se si è seri, si cerca di prendersi cura e di utilizzare l’eredità di un «grande Papa» – non di danneggiarla. Papa Benedetto XVI ha dato l’esempio. Nel gestire l’eredità di San Giovanni Paolo II, ha sottolineato l’importanza della continuità e delle grandi tradizioni della Chiesa cattolica, senza allo stesso tempo chiudersi alle innovazioni. Papa Francesco, invece, vuole uscire dalla continuità. E quindi dalla tradizione dottrinale della Chiesa.

Kath.net: Ma non abbiamo sempre bisogno di cambiamenti, di progresso?

Peter Seewald: La Chiesa è in cammino. Ma non vive di se stessa. Non è una massa di manovra a seconda dei gusti delle rispettive leadership. Per Papa Benedetto XVI, il rinnovamento consisteva nel riscoprire le competenze fondamentali della Chiesa, per tornare a essere la fonte di cui la società ha bisogno per non ristagnare spiritualmente, moralmente e mentalmente. Riforma significa conservare nel rinnovamento, rinnovare nella conservazione, per portare la testimonianza della fede con nuova chiarezza nell’oscurità del mondo. La ricerca di ciò che è contemporaneo non deve mai portare all’abbandono di ciò che è vero e valido e all’adattamento a ciò che è attuale.

Kath.net: E ora è diverso?

Peter Seewald: L’impressione è quella. La nomina del futuro Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede esprime in modo significativo ciò che i titoli citati all’inizio intendono per distruzione dell’eredità di Papa Benedetto XVI. Mentre papa Francesco ha scaricato alla prima occasione il card. Gerhard Ludwig Müller, che era stato nominato da Papa Benedetto XVI, ora fa entrare in carica un suo accolito argentino di lunga data, che ha subito annunciato una sorta di auto-smantellamento. Vuole cambiare il Catechismo, relativizzare le affermazioni della Bibbia, mettere in discussione il celibato.

Kath.net: Mons. Víctor Manuel Fernández è considerato il ghostwriter di papa Francesco.

Peter Seewald: Sì, per discorsi spesso piuttosto vuoti, o anche per la controversa esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia sull’amore nella famiglia. Con elementi che i critici hanno definito «illeggibili e velleitari» e che gli esperti considerano al limite dell’eresia.

Kath.net: Papa Francesco è ancora considerato un «papa riformatore».

Peter Seewald: L’inizio mi ha fatto alzare la testa e prendere nota. Mi ha colpito il suo impegno per i poveri, per i rifugiati, per la protezione irriducibile della vita. Allo stesso tempo, l’opinione pubblica stupita ha osservato che papa Francesco non ha mantenuto molte delle sue promesse, ha detto «gagliardo» e «gagliardo», si è contraddetto più e più volte, causando così una notevole confusione. A ciò si aggiungono i molti casi in cui ha governato con durezza, ha rimosso persone impopolari e ha chiuso istituzioni preziose create sotto San Giovanni Paolo II.

Kath.net: Papa Francesco vede certamente altri compiti per sé rispetto a Papa Benedetto XVI.

Peter Seewald: Non gli si può rimproverare nulla. Tuttavia, gli ultimi sviluppi indicano una vera e propria rottura della diga. E visto il drammatico declino del Cristianesimo in Europa, questo potrebbe trasformarsi in un’inondazione che distrugge ciò che ancora resisteva.

Kath.net: Una parola forte.

Peter Seewald: Le ultime notizie dal Vaticano mi hanno ricordato un saggio di Giorgio Agamben che è diventato famoso. Nel suo testo su Il mistero del male. Benedetto XVI e la fine dei tempi [Roma-Bari, 2013: N.d.T.], il filosofo più discusso del nostro tempo tira in ballo Papa Benedetto XVI. Da giovane teologo, don Joseph Aloisius Ratzinger una volta distingueva tra una Chiesa dei malvagi e una Chiesa dei giusti in un’interpretazione di Sant’Agostino. Fin dall’inizio, la Chiesa è stata inestricabilmente mista. È sia la Chiesa di Cristo che la Chiesa dell’Anticristo. Tuttavia, secondo Giorgio Agamben, esiste anche l’idea del Katéchon

Kath.net: Come dice?

Peter Seewald: Per quanto riguarda la seconda lettera dell’apostolo Paolo ai Tessalonicesi, questo significa il principio dell’arresto. Un termine che viene interpretato anche come «ostacolo», per qualcosa o per qualcuno che ferma la fine dei tempi. Papa Benedetto XVI era qualcosa di simile a un «frenatore», secondo Giorgio Agamben. Su questo sfondo, le sue dimissioni hanno inevitabilmente evocato una separazione della Chiesa «bella» da quella «nera», quell’arco in cui il grano viene separato dalla pula. Una tesi ripida. Ma il Papa emerito la vedeva ovviamente in modo simile. Doveva rimanere, ha risposto alla mia domanda sul perché non poteva morire. Come memoriale dell’autentico messaggio di Gesù, come luce sulla montagna. «Alla fine, Cristo sarà vittorioso», ha aggiunto.

Kath.net: Lo sviluppo che sta emergendo in Vaticano l’ha sorpresa?

Peter Seewald: Sin dal primo giorno del suo pontificato, papa Francesco ha cercato di prendere le distanze dal suo predecessore. Non era un segreto che i due avessero non solo temperamenti opposti, ma anche visioni opposte sul futuro della Chiesa. Papa Francesco sapeva di non poter reggere il confronto con Papa Benedetto XVI in quanto a brillantezza e nobiltà teologica. Si è concentrato sugli effetti e ha avuto l’appoggio dei media, che non hanno voluto guardare troppo da vicino, per non vedere che dietro il Papa, descritto come aperto e progressista, si nascondeva un reggente a volte molto autoritario, come Bergoglio era già conosciuto in Argentina.
Alcuni giornalisti fanno della messa in scena di un «papa riformatore» un modello di business per i loro libri: il «combattente in Vaticano» che lotta contro i «lupi», soprattutto contro il «Papa ombra» Benedetto XVI e la sua cricca reazionaria. In realtà, non c’è mai stato un papa ombra. Come Papa emerito, Benedetto XVI ha evitato qualsiasi cosa che potesse anche solo lontanamente dare l’impressione di regnare sul pontificato del suo successore. E se si volesse cercare in giro i «lupi», si vedrebbe che sono tutti caduti in disgrazia.

Kath.net: Si diceva che tra l’ex Papa e quello in carica non c’è un pezzo di carta che vada bene.

Peter Seewald: Beh, questo era più che altro un pio desiderio. C’era la foto del primo incontro. Due uomini in bianco. Due Papi, ed entrambi vivi. È stato uno shock da superare. Papa Francesco ha promosso l’immagine di armonia parlando occasionalmente in modo positivo del suo predecessore. Papa Benedetto XVI si fidava di lui. Al contrario, papa Francesco non si è fatto scrupoli a eliminare con un tratto di penna uno dei progetti preferiti del suo predecessore.

Kath.net: Cosa intende dire?

Peter Seewald: La lettera apostolica «motu proprio data» Summorum Pontificum. Ha liberalizzato l’accesso alla liturgia tradizionale. Papa Benedetto XVI voleva pacificare la Chiesa senza mettere in discussione la validità della Messa secondo il Messale Romano del 1969. «È nella gestione della liturgia», ha dichiarato, «che si decide il destino della fede e della Chiesa». Papa Francesco, invece, definisce le forme tradizionali una «malattia nostalgica». C’è il «pericolo» di una reazione retrograda alla modernità. Come se le tendenze, gli aneliti, i bisogni potessero essere controllati da decreti proibitivi. I bolscevichi ci avevano già provato invano.

Kath.net: Si dice che ci sia stato un sondaggio secondo il quale la maggioranza dell’Episcopato mondiale era a favore di un ritiro.

Peter Seewald: Non è vero. Da un lato, solo pochi Vescovi hanno risposto al sondaggio e dall’altro, per quanto ne so, non erano affatto favorevoli al motu proprio Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI. I risultati non sono mai stati pubblicati. E che assurdità che il Papa emerito abbia dovuto scoprire il cambiamento dal quotidiano L’Osservatore Romano. Per lui fu come una pugnalata al cuore. Non si è mai ripreso in termini di salute. Poco dopo la sua morte, il mondo intero ha potuto vedere come papa Francesco abbia stretto ancora di più i tempi.

Kath.net: Si riferisce al caso di mons. Georg Gänswein?

Peter Seewald: Papa Francesco non si è fatto un favore con quello. Lo rende inaffidabile. Non si può continuare a parlare di amore fraterno, rispetto reciproco e misericordia con la Bibbia in mano e allo stesso tempo calpestare queste virtù. La brutalità e l’umiliazione pubblica con cui è stato scaricato un uomo meritevole come mons. Georg Gänswein non ha precedenti. Non è stata rispettata nemmeno l’usanza di offrire una parola di ringraziamento a un dipendente che se ne va, come è consuetudine nelle aziende più piccole.

Kath.net: I media parlano di un «atto di vendetta» contro mons. Georg Gänswein.

Peter Seewald: Ma vendetta per cosa? Perché qualcuno qui, pur osservando la lealtà, non ha mostrato una mentalità da suddito, ma quella maturità che papa Francesco richiede sempre? Perché ha pubblicato un libro importante e necessario alla luce dei continui travisamenti dell’opera e della persona del Papa tedesco? Un libro, tra l’altro, in cui papa Francesco ne esce tutt’altro che male? Papa Francesco ha declassificato mons. Georg Gänswein, ma intendeva colui per il quale mons. Gänswein sta. E la sua eredità, che si vuole mettere da parte, come si è messo da parte il suo più stretto collaboratore. Per la traduzione del libro di mons. Gänswein in tedesco, la casa editrice Verlag Herder, come mi è stato riferito da ambienti editoriali, non ha potuto utilizzare i traduttori per il Vaticano come di consueto. Il lavoro era stato loro severamente vietato.

Kath.net: Ancora una volta sul personale di mons. Víctor Manuel Fernández, il futuro Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede. Quando doveva diventare Rettore della Pontificia universidad católica argentina «Santa María de los Buenos Aires», c’erano delle riserve.

Peter Seewald: La Congregazione per la Dottrina della Fede aveva delle riserve dottrinali e la Congregazione per l’Educazione cattolica (degli istituti di studi) lo considerava inadatto a una posizione di leadership così importante. A spingerlo è stato l’allora Arcivescovo di Buenos Aires: il card. Jorge Mario Bergoglio. Da Papa, Bergoglio gli sta ora spianando la strada verso Roma ridefinendo i compiti di un Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede. Non si tratta tanto di preservare la dottrina, quanto di far crescere la comprensione della verità, «senza impegnarsi in un’unica forma di espressione». In parole povere: senza impegnarsi.
Ciò che serve non è tanto l’ufficio di guardiano, scrive papa Francesco a mons. Víctor Manuel Fernández, ma quello di promotore del carisma dei teologi, qualunque cosa questo significhi. La realtà è sempre più importante dell’idea. In parole povere: ciò che è richiesto al momento. Soprattutto, mons. Fernández dovrebbe «tenere conto del Magistero più recente», cioè quello di papa Francesco. Bergoglio aveva già annacquato in anticipo quell’articolo sull’ordinamento del Dicastero emanato da San Giovanni Paolo II, che riguardava la tutela della «verità della fede e dell’integrità dei costumi».

Kath.net: Come vanno viste le parole di papa Francesco sulle «misure immorali» [«métodos inmorales», QUI: N.d.T.] da parte dell’ex Congregazione per la Dottrina della Fede?

Peter Seewald: È una cosa infame. L’affermazione è volta a screditare l’alto livello della Congregazione per la Dottrina della Fede sotto i cardinali Joseph Aloisius Ratzinger e Gerhard Ludwig Müller e per far sperare nel relativismo. È terribile che, così facendo, ci si allacci alla lettura dei media anticlericali del «cardinale carrarmato» e «integralista» Joseph Ratzinger.
La rivista Der Spiegel lo ha subito ripreso e ha parlato ancora una volta dell’ex «poliziotto della fede», responsabile anche del ritiro dell’abilitazione all’insegnamento di Hans Küng. Una vera e propria assurdità, come la maggior parte dei luoghi comuni sull’ex Cardinale. Come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. Joseph Aloisius Ratzinger si considerava tutt’altro che un persecutore e non certo uno che opera con «metodi immorali».
Subito dopo il suo insediamento, i Vescovi, i teologi e i sacerdoti che offendevano non venivano più rimproverati, come era prassi in precedenza, ma in casi significativi venivano invitati a Roma per affrontare personalmente le opinioni divergenti. Il card. Joseph Aloisius Ratzinger rafforzò i diritti degli autori e per la prima volta diede ai teologi accusati di deviazione dogmatica il diritto di difendersi. Inoltre, non ci fu mai, come vuole una leggenda nera, un divieto formale di silenzio nei confronti di Leonardo Boff. Inoltre, la disputa non riguardava la teologia della liberazione, ma le discutibili affermazioni cristologiche di Boff.

Kath.net: Invece di una Chiesa dall’alto o dal basso, Papa Benedetto XVI raccomandava una «Chiesa dall’interno».

Peter Seewald: Soprattutto in tempi instabili, ha spiegato, la Chiesa deve riflettere doppiamente su se stessa. Solo attraverso la sua etica risoluta può diventare un vero consigliere e partner nelle difficili questioni della civiltà moderna. A differenza di altri teologi, come il teologo liberale di Monaco Eugen Biser, «che hanno scartato una pietra dopo l’altra dal vecchio edificio perché non si adattava al loro nuovo edificio», Papa Benedetto XVI è sempre rimasto «fedele all’origine». Ha preso sul serio l’eterno avvertimento di Gesù alla sua Chiesa, che Cristo ha espresso con una parola drammatica a San Pietro, secondo il Vangelo di San Marco: «Vattene, Satana! Tu vuoi farmi cadere, perché non hai in mente ciò che vuole Dio, ma ciò che vogliono gli uomini».

Kath.net: Si dice che mons. Víctor Manuel Fernández abbia inizialmente rifiutato la nomina a Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede.

Peter Seewald: Solo quando papa Francesco gli assicurò che non avrebbe dovuto occuparsi degli abusi sessuali nella Chiesa, diede il suo assenso. Anche qui, una chiara differenza di orientamento. Mentre mons. Víctor Manuel Fernández ha abdicato alla responsabilità degli abusi, il card. Joseph Aloisius Ratzinger, in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, li ha fatti rientrare nel suo ambito perché ha visto che altrove i reati venivano nascosti e le vittime lasciate sole. Mons. Fernández, tuttavia, non è estraneo alla questione. Il quotidiano argentino La Izquierda Diari ha riferito del futuro Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede che, come Arcivescovo di La Plata, aveva coperto almeno undici casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti «in varie forme». Il caso più noto è quello di padre Eduardo Lorenzo, ex cappellano del carcere, che si è suicidato nel 2019 per evitare l’arresto da parte della polizia.

Kath.net: Fare i conti con gli abusi è un lato oscuro del Pontificato di papa Francesco?

Peter Seewald: Due esempi. Il card. Godfried Maria Jules Danneels [già Arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles: N.d.T.] è balzato agli onori della cronaca nel 2010 perché, da Arcivescovo, ha coperto abusi su minori da parte di sacerdoti e poi ha coperto un Vescovo che ha abusato del suo stesso nipote. Questo non ha impedito a papa Francesco di nominarlo membro sinodale della Conferenza sulla famiglia a Roma nell’autunno 2014. Il card. Danneels era una delle forze trainanti della cosiddetta «Mafia di San Gallo», un gruppo di Cardinali che già nel Conclave del 2005 volevano spingere il card. Jorge Mario Bergoglio a diventare Papa; cosa che è quasi riuscita.
Papa Francesco non ha avuto problemi a nominare il card. Theodore Edgar McCarrick, l’ex Arcivescovo metropolita di Washington [ora dimesso dallo stato clericale: N.d.T.], noto per essere un abusatore, negli organi del Vaticano. Papa Benedetto XVI aveva preso provvedimenti contro il card. McCarrick, ma papa Francesco gli ha affidato i negoziati con la Repubblica Popolare Cinese. Questi hanno portato a un accordo che ha subordinato la Chiesa cattolica clandestina, che Papa Benedetto XVI stava ancora promuovendo, alle autorità statali. Da allora, nelle chiese cinesi sono stati appesi striscioni con scritte come «Ama il Partito Comunista». All’inizio di aprile di quest’anno, i comunisti hanno nominato un nuovo vescovo per Shanghai senza coinvolgere il Vaticano. Il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, ha protestato, papa Francesco, invece, ha deciso di «sanare l’irregolarità del diritto canonico», in altre parole: di chiudere il caso.

Kath.net: Che effetto duraturo può avere l’elezione dei nuovi candidati, che saranno creati Cardinali nel Concistoro di settembre?

Peter Seewald: Nel frattempo, circa il 70 per cento degli elettori del futuro Papa sono stati elevati alla carica da papa Francesco. «A differenza dei suoi predecessori San Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI», ha analizzato l’osservatore vaticano Ludwig Ring-Eifel dellagenzia di stampa Katholische Nachrichten-Agentur [QUI: N.d.T.]«Francesco ha chiamato nel Collegio cardinalizio in gran parte uomini che sono sulla sua linea teologica». Il Collegio cardinalizio sta diventando «sempre più un riflesso del suo pensiero e della sua formazione».
Ciò che colpisce non è solo la percentuale notevolmente aumentata di ispanici, ma anche l’età dei nuovi portatori della porpora. La maggior parte di loro ha circa sessant’anni e ci si aspetta che influenzino non solo il prossimo Conclave, ma anche quello successivo. Tuttavia, come è noto, lo Spirito Santo ha ancora qualcosa da dire al riguardo. E molti di coloro che oggi si rallegrano perché papa Francesco si sta liberando dell’eredità di Papa Benedetto XVI, domani potrebbero piangere amaramente per questo.

Kath.net: Grazie per l’intervista!

5 commenti:

  1. Tanti progetti ben architettati e portati avanti con la massima determinazione alla fine falliscono.Per fortuna il Signore ha sempre l'ultima parola.

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  2. C’è da più di cinquant’anni chi se ne esce con queste boutade disfattiste! Ogni Papa da Giovanni XXIII in poi stava operando per “distruggere la Chiesa” che è perennemente “sul ciglio del burrone”…nel frattempo, c’è chi ci guadagna con conferenze, articoli e libri.

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    1. Chi non ci guadagna e' la Chiesa, con seminari e istituti religiosi senza vocazioni (o con vocazioni alquanto equivoche), parrocchie mezze vuote (quando non piene d'aria fritta), fedeli che non capiscono piu' cosa sia la "fede" se non un generico "ama il prossimo" (peraltro con definizioni equivoche e post-sessantottine di "amore"), ed un mondo in decadenza che non ha piu un faro per guidarlo. Il crollo e' iniziato nel diciottesimo secolo e oramai siamo agli sgoccioli. I "bonaccioni" che sperano nel lieto fine dovrebbero rileggersi l'Apocalisse di Giovanni e pregare Iddio che quantomeno ci accorci le sofferenze che pure ci meritiamo.

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    2. Su seminari e ordini religiosi non metto bocca, perché non conosco la situazione, ma le parrocchie sono tutt’altro che vuote! Qui si ripete a pappagallo la stessa tiritera di Lefebvre anni ‘70!

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  3. Speriamo bene. La confusione regna sovrana negli 0,44 km quadrati. Ed è inquietante. Ma non sarebbe la prima volta che li Spirito Santo stravolge i piccoli piani umani di chi non lo ha coinvolto in decisioni e scelte determinanti per la Chiesa e il mondo.

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