Post in evidenza

Sono sante le carmelitane scalze di Compiègne, ghigliottinate nel 1794 dai rivoluzionari

Mercoledì scorso, Papa Francesco ha esteso alla Chiesa universale il culto dei martiri di Compiègne: la Beata Teresa di Sant'Agostino e ...

venerdì 2 giugno 2023

È un "segno", il corpo incorrotto della monaca che amava il rito antico

Preghiamo perchè Dio conceda la prima santa "tridentina".
"Ho visto la misericordia di Dio operare qui», dice Jody Carpenter, coordinatrice dei volontari, che frequenta l’abbazia da molti anni e non fa mistero di vedervi un “segno” in tempo di restrizioni papali contro la liturgia tradizionale: «Da quando siamo passati alla Messa tradizionale ho visto una fede più forte nei nostri figli» [...] Jody prega «che il papa e i cardinali vedano cosa sta succedendo qui e continuino a farci celebrare la nostra Messa in latino». Non si sa mai che anche a Gower – come ha già ricordato Luisella Scrosati sui giovani pellegrini di Parigi-Chartres – si manifesti il monito di Gamaliele: «non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio» (At 5,39), cancellando con un colpo di spugna le generose aperture di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, con Ecclesia Dei e Summorum Pontificum, da cui sono scaturiti frutti spirituali e forse anche dei nuovi santi, la prima dei quali potrebbe essere un giorno proprio suor Wilhelmina".
Luigi


02-06-2023, Stefano Chiappalone, La Nuova Bussola Quotidiana

Suor Wilhelmina Lancaster, morta nel 2019 a 95 anni, è stata ritrovata in uno stato di conservazione sorprendente che attira un flusso costante di pellegrini. Straordinaria anche la sua vita, che a 70 anni l'ha portata a fondare una comunità religiosa dopo la riscoperta della liturgia tradizionale.
Non è chiaro se l’inattesa conservazione del corpo di suor Wilhelmina Lancaster sia un fenomeno naturale o se abbia del miracoloso, ma da lunedì scorso la fondatrice delle Benedettine di Maria Regina degli Apostoli – morta nel 2019 a 95 anni – riposa sotto una teca di vetro, invece che in una tomba chiusa, nella sua abbazia di Gower, Missouri. Troppi i pellegrini che hanno pacificamente invaso le sacre mura dal giorno dell’esumazione, avvenuta il 18 maggio.

Ci si aspettava di riportare in monastero nient’altro che ossa, come aveva detto alle

 

monache il personale del cimitero, tanto più che la bara mostrava una crepa da cui erano filtrati sporco e umidità. Ma proprio da quella crepa si vedeva un piede integro, facendo sobbalzare la madre badessa. «La sporcizia caduta all'inizio aveva schiacciato i tratti del viso, soprattutto l'occhio destro, per cui abbiamo applicato una maschera di cera. Ma le ciglia, i capelli, le sopracciglia, il naso e le labbra erano tutti presenti, la bocca accennava un sorriso», racconta una monaca. «Dopo aver ripulito la bara da muffa e funghi, a causa delle condizioni di umidità, sembrava che le avessimo messo addosso l'abito proprio quel giorno» – un elemento significativo conoscendo la vita di suor Wilhelmina e quanto le stesse a cuore l’abito religioso. Quell’evento riservato, pensato per riseppellire i resti in abbazia nel nuovo tempietto di San Giuseppe, dall’intimità del chiostro si è esteso a un fiume inarrestabile di persone (gestito grazie all’aiuto di volontari e della polizia locale) che tuttora si recano a visitare la salma di suor Wilhelmina.

Tra i visitatori c’è stato anche il vescovo di Kansas City, mons. James V. Johnston, che il 26 maggio ha emesso un prudente comunicato annunciando «un’indagine più approfondita» sui resti di suor Wilhelmina e invitando a non trattarli come reliquie, non essendo ancora avviata una causa di canonizzazione – per la quale occorre attendere, salvo dispense, i cinque anni dalla morte. Circa la conservazione della salma, se l’antropologo forense Nicholas Passalacqua la considera «non troppo sorprendente», essendo racchiusa in una bara, si dice invece sorpreso David Hess, docente di scienze mortuarie: «Mi sarei aspettato di trovare il corpo decomposto, magari non proprio ridotto alle ossa, ma pesantemente decomposto», a meno che non fosse imbalsamato. Ma non c’è stata alcuna imbalsamazione, conferma Jack Klein, titolare dell’agenzia funebre che all’epoca si occupò della sepoltura, e oggi esprime altrettanto stupore per le condizioni del corpo, che lasciamo dunque esaminare agli addetti ai lavori. Poiché se questo è certamente un aspetto eclatante, non è tuttavia quello decisivo circa la possibile santità della persona. Molto di più, ricordano le stesse monache, contano «la vita e le grazie ricevute».


La vita di Mary Elizabeth (nome secolare di suor Wilhelmina) fu straordinaria sin dall’infanzia, stando a delle memorie scoperte dopo la sua morte: nel giorno della sua prima Comunione Gesù le avrebbe chiesto di essere sua. «Egli è così attraente – disse lei – come avrei potuto dirgli di no?». A 13 anni scrisse alla superiora delle Oblate della Provvidenza chiedendo di esservi ammessa, malgrado la giovane età. Vi entrò poi al termine della scuola e visse complessivamente 75 anni di vita religiosa, nel corso dei quali diede prova di altrettanta determinazione per restare fedele alla sua vocazione. È estremamente significativo il fatto che nella bara si sia conservato anche l’abito, invece di deperire: proprio quell’abito per cui aveva lottato nei turbolenti anni del post-concilio, quando lo si voleva semplificare o accantonare insieme a tanti altri aspetti della vita religiosa. E che la salvò anche fisicamente, poiché fu proprio la “rigida” foggia tradizionale a deviare il coltello brandito da uno studente squilibrato.

La fondazione delle Benedettine di Maria Regina degli Apostoli avvenne proprio per tornare all’osservanza religiosa che aveva scelto da ragazza. Nel frattempo suor Wilhelmina aveva riscoperto la liturgia tradizionale grazie ai sacerdoti della Fraternità Sacerdotale San Pietro (fondata nel 1988, all’indomani del motuproprio Ecclesia Dei, quale espressione della paternità manifestata da San Giovanni Paolo II verso i fedeli legati al rito antico). E fu grazie al loro sostegno se nel 1995, quando aveva già 70 anni, ebbe l’audacia di fare i bagagli e dare inizio insieme a un gruppo di consorelle – dapprima in Pennsylvania, poi dal 2006 in Missouri – a questa comunità monastica “antica e nuova”, che segue l’ufficio divino e la Messa secondo l’antica liturgia ed è caratterizzata da una forte impronta contemplativa e mariana. Il 10 settembre 2018 avvenne la benedizione abbaziale della prima badessa, madre Cecilia Snell. La “buona battaglia” di suor Wilhelmina era compiuta e la tenace religiosa poteva addormentarsi nel Signore l’anno seguente. Era il 29 maggio 2019, ai primi Vespri dell’Ascensione.



Fin qui la biografia “esterna”; quella interiore è una storia d’amore ininterrotta sin da quel primo “incontro” avvenuto nella Prima Comunione: «“Perché ti sei fatta religiosa?”, le chiese il cappellano – a raccontarlo è suor Scolastica Radel – la sua risposta immediata fu: “Perché mi ero innamorata di Nostro Signore”. E si può ben dire che sia rimasta innamorata fino alla fine dei suoi anni». Questo amore si riversava nella devozione alla Vergine e la gente lo percepiva: «Ogni volta che le parlavi della Madonna potevi vedere in lei quella scintilla», ricorda Regina Trout, una ex postulante. Per le consorelle era una «nonna spirituale», dice mons. James Conley, vescovo di Lincoln, in Nebraska, che era solito visitare il monastero quando veniva a trovare i genitori a Kansas City: «Aveva sempre un sorriso sul viso e loro la adoravano, prendendosi cura di lei con così tanto amore». Il presule aggiunge che suor Wilhelmina era «il cuore spirituale dell’intera comunità» e «aveva un gran senso della bellezza della liturgia».

Un «cuore spirituale» che ancora batte nell’abbazia di Gower, stando alle numerose confessioni che i sacerdoti hanno amministrato per ore e ore sul prato e alle testimonianze dei pellegrini. Come Jessica e Jason, una coppia di non vedenti che a suor Wilhelmina hanno chiesto la grazia di un figlio per il loro matrimonio. E altri che invece non hanno chiesto nulla, ma rivelano di aver provato una grande pace e la consapevolezza che Dio opera nella loro vita. «Ho visto donne andarsene in lacrime. Ho visto la misericordia di Dio operare qui», dice Jody Carpenter, coordinatrice dei volontari, che frequenta l’abbazia da molti anni e non fa mistero di vedervi un “segno” in tempo di restrizioni papali contro la liturgia tradizionale: «Da quando siamo passati alla Messa tradizionale ho visto una fede più forte nei nostri figli». La sua è una testimonianza molto schietta che smentisce qualsiasi sospetto “élitarismo”: «Non vogliamo imporre la Messa in latino a nessun altro. E non ci mettiamo al di sopra di nessuno, perché siamo tutti peccatori. Siamo tutti peccatori, credimi, sono ben lontana dall'essere perfetta».

Jody prega «che il papa e i cardinali vedano cosa sta succedendo qui e continuino a farci celebrare la nostra Messa in latino». Non si sa mai che anche a Gower – come ha già ricordato Luisella Scrosati sui giovani pellegrini di Parigi-Chartres – si manifesti il monito di Gamaliele: «non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio» (At 5,39), cancellando con un colpo di spugna le generose aperture di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, con Ecclesia Dei e Summorum Pontificum, da cui sono scaturiti frutti spirituali e forse anche dei nuovi santi, la prima dei quali potrebbe essere un giorno proprio suor Wilhelmina.

15 commenti:

  1. Altra Santa "Tridentina" (anzi, proprio Lefebvriana).2 giugno 2023 alle ore 20:15

    https://unafides33.blogspot.com/.../katharina-tangari-una...
    > Offrì la vita per il matrimonio cristiano: Katharina Tangari (1906-1989)
    > (diCristina Siccardi) «Non avete letto ciò che dice la Bibbia? Dice che Dio fin dal principio maschio e femmina li creò. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una cosa sola. Così essi non sono più due ma un unico essere. Perciò l’uomo non separi ciò che Dio ha unito» questa la risposta che diede Gesù ai farisei che per metterlo alla prova gli domandarono: «Un uomo può divorziare dalla propria moglie per un motivo qualsiasi?» (MtXIX,3-6).
    >
    > Su questo insegnamento la Chiesa ha istituito il sacramento del matrimonio e in questo comandamento di Cristo hanno creduto miliardi di persone cattoliche in tutti i tempi e in ogni luogo. Molti, anche se sono rimasti soli perché uno dei due sposi ha abbandonato il tetto coniugale, hanno continuato a vivere l’indissolubilità delle nozze con grande dignità ed alcuni con grande eroicità. Fra questi ultimi desideriamo ricordare una figura femminile di forte fede e forte tempra.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho letto il libro sulla vita di Katharina Tangari. Mi ha molto edificato.

      Elimina
  2. Se vogliamo essere precisi, il primo santo “tridentino”, intendendo cioè che ha rifiutato la liturgia di Paolo VI volendo celebrare secondo l’uso antico è san José Maria Escrivà de Balaguer

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma allora i santi canonizzati dopo il concilio sono santi o no? O dipende dalla data di morte?

      Elimina
    2. Veramente nell'articolo si fa riferimento ai frutti (santi compresi) scaturiti da Ecclesia Dei e Summorum Pontificum. Quindi è evidente che si parla di un'epoca successiva a Padre Pio e Josemaria Escrivá

      Elimina
    3. Anonimo3 giugno 2023 alle ore 11:57
      Esatto. Per "santo tridentino" si voleva intendere un santo nato dopo il Concilio, che ha preferito la forma tradizionale del rito romano.

      Elimina
    4. Anonimo3 giugno 2023 alle ore 11:01
      Ma certo che sono santi.
      Forse non ha letto il nostro post.
      Per "santo tridentino" si intende un santo che, pur essendo nato dopo la riforma liturgica, ha scelto la forma tradizionale del Rito Romano grazie ai documenti della S. Sede (Ecclesia Dei, Summorum Pontificum ecc). Tutto qui
      non faccia polemica inutile.

      Elimina
  3. Anche padre Pio è stato un santo tridentino

    RispondiElimina
  4. Incorrotto si fa per dire…

    RispondiElimina
  5. Dobbiamo essere esatti nel parlare. Paolo VI concesse a coloro che volevano, sacerdoti anziani, di usufruire dell'indulto per poter continuare a celebrare con il Messale precedente la riforma, perché impossibilitati da svariati motivi di apprendere la Messa con il rito riformato. P. Pio e San José Escrivà non furono gli unici a usufruire dell'indulto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Padre Pio morì nel settembre 1968, più di un anno prima della promulgazione del nuovo messale.

      Elimina
    2. Nel 1962 Padre Pio aveva chiesto ed ottenuto il permesso di continuare a celebrare con le rubriche usate fino ad allora. Non ha mai usato il Messale del 1962 e successivi (1965, ancora Tridentino ma la liturgia era stata modificata secondo le indicazioni del Vat.II e 1967) Cioè, fin quando ha potuto fisicamente farlo, ha continuato a celebrare secondo il 1960 . Le rubriche del 1960 rendono facoltativo il terzo confiteor, quello del chierichetto prima della Comunione .

      Elimina
  6. E' orribile questo appiccicare aggettivi alla santità per giustificare le proprie opinioni. Un santo è pienamente di Dio e ha dato alla propria umanità la forma di Cristo. Le altre sono chiacchiere.

    RispondiElimina