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Da un nostro caro amico lettore.
"E' curioso come questa nouvelle vague clericale parli spessissimo di fratelli ebrei salvo poi nel proprio cuore detestare la loro religiosità, insultarla nelle omelie, rigettare le loro credenze e soprattutto l'eredità che ci hanno lasciato e in cui si è incarnato Cristo. Una eredità che dal Tempio di Gerusalemme prosegue viva e feconda ancora oggi nella Messa di sempre".
I nuovi antisemiti del Novus Ordo Missae, anche vestiti di rosso (vedere QUI MiL).
Luigi
Caro MiL,
leggo con interesse l'articolo sulla visione anti-ebraica della nuova liturgia uscito pochi giorni fa su MiL, perché è una constatazione che da tempo vado facendo a seguito della semplice frequentazione delle nostre chiese e dell'ascolto delle omelie.
In particolare qualche settimana fa mentre partecipavo a una Messa novus ordo in una chiesa della periferia est di Roma, ascoltavo il vice-parroco fare una tremenda omelia in cui criticava l'idea del rispetto dei precetti e di una religiosità che deve obbedire a qualcuno o fare qualcosa per obbligo, per contrapporvi invece una adesione per puro desiderio (che poi si risolve nel fare qualcosa con Dio o per Dio solo quando stiamo bene o ne abbiamo voglia o bisogno). Nell'argomentare questo ragionamento il sacerdote opponeva la religiosità degli ebrei, dipinta in modo tetro e indietrista, a quella di noi cristiani - si intende solo noi cristiani di oggi, perché già quelli di ieri o avantieri erano anche loro ossessionati dai precetti e quindi non veri cristiani. L'amore per i precetti ebraico era dipinto come qualcosa di sbagliato da superare.
L'omelia prescindeva da qualsiasi riferimento al fatto che Gesù frequentava la sinagoga o alla sua predicazione ("Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento."). Mentre la ascoltavo pensavo che se ci fosse stato un ebreo avrebbe in sintesi pensato che il prete gli stava dando del troglodita e del bigotto.
Ma il cuore dell'omelia in fondo era il paragone tra un Dio che chiede ed è esigente, quello degli ebrei, e invece un Dio che dà solamente, che sarebbe quello dei Cristiani. Peccato che questo non è l'insegnamento della Chiesa. Dio è uno solo e nella storia ha rivelato in modo progressivo il suo volto, senza per questo contraddirsi.
La critica ai precetti e agli obblighi è molto comune nella parrocchia in cui ho ascoltato questa omelia - e non fa strano dunque che nel giro di una decina d'anni i partecipanti alle Messe domenicali sono quasi dimezzati, e i giovani sono pochissimi. Il parroco, nonostante sia un un quartiere multietnico dove si potrebbero attrarre tante anime in cerca di pace e verità, ha come tipico tema di predicazione l'inutilità dell'appartenenza alla Chiesa ai fini della salvezza.
Negli anni poi ho sentito molte volte un altro tema omiletico nel novus ordo, davvero ovunque fra religiosi e parroci in diverse parti d'Italia: il Dio che castiga, che punisce i peccati, sarebbe una deformazione del vero Dio e chi crede un queste cose è "un idolatra" (ascoltato questo termine almeno una decina di volte) che si è fatto una sua immagine falsa della divinità. Insomma il popolo ebraico sin dai tempi più antichi sarebbe un popolo di idolatri a sentire questi preti. Dal numero di volte in cui ho sentito questo tema deduco che ci sia stata una formazione comune nei seminari o altrove tesa a dividere un Dio dell'Antico Testamento, deformato dalla visione ebraica, e un Dio del Nuovo Testamento che invece noi, nati ieri ma molto più furbi, avremmo finalmente capito bene chi è.
E' curioso come questa nouvelle vague clericale parli spessissimo di fratelli ebrei salvo poi nel proprio cuore detestare la loro religiosità, insultarla nelle omelie, rigettare le loro credenze e soprattutto l'eredità che ci hanno lasciato e in cui si è incarnato Cristo. Una eredità che dal Tempio di Gerusalemme prosegue viva e feconda ancora oggi nella Messa di sempre.
Aldo (fedele romano)