Riceviamo e pubblichiamo.
Luigi
82ª SETTIMANA: LE SENTINELLE CONTINUANO LA PREGHIERAIN DIFESA DELLA MESSA TRADIZIONALE DAVANTI AGI UFFICI DELL'ARCIDIOCESI DI PARIGI
È la libertà della liturgia tradizionale che difendiamo. Tutto qua. Abbastanza semplice.
Spesso si fa questo argomento a favore di questa libertà: nella Chiesa convivono pacificamente un insieme di vari riti, maronita, malabarese, malankar, bizantino, etiope, ecc., accanto al rito romano, e tutti convivono assieme benissimo in questa diversità. Nel rito romano c'erano molte sfumature, per non parlare del fatto che conviveva anch’esso pacificamente con altri riti latini, mozarabici e ambrosiani.
Questo argomento mette molto in imbarazzo i nemici della pace liturgica che vogliono veder morire l'antico rito romano. Eppure siamo pronti ad ammettere che è incompleto, perché nel rito romano (e negli altri riti) sono intervenute altre riforme in seguito alle quali il nuovo stato di cose e quello precedente hanno continuato a coesistere.
Va notato che la riforma di Paolo VI ha stravolto radicalmente il rito romano, anche scindendolo in una moltitudine di versioni nazionali e istituendo un'infinità di scelte praticamente per tutti i brani di ogni cerimonia (ciò che rafforza l’argomento precedente: poiché si può ora scegliere, ad esempio nella Messa, la formula penitenziale, in molti casi le letture, la preghiera eucaristica, ecc., perché non potremmo optare anche per i brani della Messa tradizionale?) Infatti, se Benedetto XVI non ha spiegato perché affermasse nel Summorum Pontificum che l'ultima edizione tipo del Messale tridentino, quella del 1962, non era mai stata abrogata, emerge dai suoi scritti che la principale critica che egli formò contro la riforma fu proprio il suo radicalismo: «Le cose andarono oltre quello che era atteso, scrive nella sua autobiografia: il vecchio edificio è stato demolito per costruirne un altro” (Ma vie, Fayard, 2005). Addirittura possiamo aggiungere, con tutte le critiche sostanziali lanciate dal Breve Esame Critico dei Cardinali Ottaviani e Bacci del 1969, che è stato più volte precisato, senza mai ottenere una risposta soddisfacente: “Quanto di nuovo appare nel Novus Ordo Missæ e, per contro, quanto di perenne vi trova soltanto un posto minore o diverso, se pure ancora ve lo trova, potrebbe dar forza di certezza al dubbio - già serpeggiante purtroppo in numerosi ambienti - che verità sempre credute dal popolo cristiano possano mutarsi o tacersi senza infedeltà al sacro deposito dottrinale cui la fede cattolica è vincolata in eterno.”
La forma prevale, dicono gli avvocati processuali. Basta dunque dire, come fece Joseph Ratzinger, che sarebbe diventato il Papa di Summorum Pontificum, che una riforma così radicale lascia intatti i diritti di ciò che ha sconvolto in quanto ha creato "un nuovo edificio". In altre parole, nella misura in cui è molto più di una riforma. La liturgia romana non è stata riformata, ma è stata costruita - il che è ovvio a quanti sono in buona fede - una liturgia romana bis. Quanto a noi, ci limitiamo a attenerci alla liturgia romana. Abbastanza semplice.
E senza cercare di organizzare concerti di pentole per i nostri pastori, come alcuni sarebbero tentati di fare, ci limitiamo a recitare il rosario il mercoledì, alle 17 a Saint-Georges de La Villette, ogni domenica, alle 18:15, davanti a Notre-Dame du Travail, e davanti agli uffici dell'arcidiocesi, 10 rue du Cloître-Notre-Dame, dal lunedì al venerdì, dalle 13:00 alle 13:30, per la libertà della liturgia tradizionale.