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sabato 25 marzo 2023

Perché il papa elogia gli architetti modernisti

Vi proponiamo – in nostra traduzione – questo interessante articolo del dott. Peter A. Kwasniewski, PhD, pubblicato sul sito OnePeterFive il 22 marzo.
In esso l’autore

L.V.


Nelle sue straordinarie The Face of God: Gifford Lectures del 2012, , il filosofo e musicista britannico sir Roger Vernon Scruton parla della «deturpazione» che si verifica nei templi e negli edifici quando le proporzioni umane, i riferimenti culturali e la ricchezza della bellezza vengono evitati a favore di qualità vuote, bianche, simili a macchine e impersonali. La discussione è affascinante; non posso renderle giustizia in questo breve articolo, ma consiglio vivamente il libro, che è uno dei più interessanti che abbia letto da molto tempo a questa parte. Sir Roger Vernon Scruton affronta la spinta iconoclasta che domina ormai da circa un secolo:

«I luoghi sacri sono i primi ad essere distrutti dagli invasori e dagli iconoclasti, per i quali nulla è più offensivo degli dei del nemico. E dovremmo riconoscere che gran parte della distruzione del nostro ambiente oggi è deliberata, il risultato di un assalto voluto a vecchie e disprezzate forme di tranquillità. Esistono infatti due grandi approcci alla costruzione: la via dell’insediamento e la via dell’interruzione. Spesso, quando ci insediamo, inseriamo la nostra vita in un modello esistente e già consacrato, cerchiamo di ereditare l’ordine stabilito da chi ci ha preceduto e di onorare lo spirito del luogo: in questo senso, come sottolinea Martin Heidegger in un importante saggio [Bauen Wohnen Denken; Costruire, abitare, pensare: N.d.T.], costruire è abitare. Ma l’iconoclasta cerca di sostituire i vecchi dei con nuovi, di disincantare il paesaggio e di segnare il luogo con i segni della sua sfida. Questo spirito iconoclasta può essere visto in molti progetti moderni: non solo nelle facciate senza volto dei nuovi tipi di edifici, ma anche nei desolanti e invadenti parchi eolici che stanno divorando il paesaggio, o nelle imperfezioni postmoderne deliberatamente inserite in schemi urbani consolidati da architetti come Daniel Libeskind e Thom Mayne». (pp. 123-24)

Dobbiamo soffermarci un attimo su alcuni lavori della coppia di architetti citati da Roger Scruton. Ecco due difetti postmoderni inseriti da Daniel Libeskind in strutture classiche, come tumori geometrici o pezzi di metallo appallottolati lasciati cadere da un gigante misantropo:



Ed ecco la Bill & Melinda Gates Hall alla Cornell University, progettata da Thom Mayne:


L’intuizione chiave di Roger Scruton è che l’iconoclastia è un rifiuto degli «dei del passato», cioè della religione che è stata in vigore fino ad ora (e, più in generale, della cultura nata e alimentata dalla religione). L’architettura ecclesiastica modernista non è semplicemente un nuovo modo di fare le cose; è decisamente un rifiuto dei modi tradizionali di fare le cose, e quindi inevitabilmente un rifiuto del significato dei vecchi modi. È un nuovo sistema di simboli destinato a sostituire il vecchio sistema.

La settimana scorsa hanno fatto il giro le foto di due progetti di chiese cattoliche particolarmente orribili, i cui architetti hanno vinto il Premio della Pontificia Accademia di Architettura Sacra (vedi QUI), assegnato loro direttamente dal Papa. Egli «si è poi congratulato con i vincitori del Premio delle Accademie Pontificie per il loro contributo all’architettura sacra»:


«La medaglia d’oro è stata assegnata allo studio OPPS Architettura di Firenze per il lavoro di ristrutturazione di una cappella a Roma appartenente alla Fondazione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena. La medaglia d’argento è andata all’architetto Federica Frino per il progetto di una nuova chiesa dedicata a San Tommaso nella città di Pontedera. I premi delle Pontificie Accademie sono stati assegnati in base ai criteri di «progettazione, allestimento, adattamento liturgico, ristrutturazione e riuso di spazi dedicati al culto, tenendo conto delle nuove esigenze e del linguaggio architettonico contemporaneo».

Ecco il progetto del vincitore della Medaglia d’oro:


Ecco il progetto del vincitore della Medaglia d’argento:


I lettori ricorderanno che, già a maggio, ho dedicato due articoli ad articolare le differenze tra chiese tradizionali e chiese moderniste e perché le une riescono dove le altre falliscono (vedi QUI e QUI). Certamente questi architetti premiati dal Pontefice, a prescindere dal clamore IKEA dei loro progetti, meritano di essere chiamati (in stile gnostico) «moderni puri» che evitano del tutto l’onta di essere «indietristi» o arretrati. (Ci è permesso almeno sussurrare che sono, in effetti, quanto di più arretrato possa esistere, dato che il modernismo ecclesiastico era di moda – nella misura in cui lo è mai stato – alcuni decenni fa, mentre oggi suscita per lo più sbadigli di noia o cenni di disgusto?)

Non dovrebbe sorprendere che papa Francesco premi un’architettura come questa, o che celebri la sua Messa quasi ogni giorno in una cappella di orrenda bruttezza: è l’architettura che incarna ed evoca il nuovo cattolicesimo che egli ritiene sia emerso nel e dal Concilio Vaticano II, che ha coraggiosamente intrapreso un nuovo cammino – così nuovo che questa Chiesa deve ripudiare le vecchie forme di culto.¹




Il Novus Ordo, come ho dimostrato in dettaglio, sminuisce in modo significativo la confessione della Santa Trinità e della Divinità di Cristo. Per quanto intenzionale o accidentale, questo svuotamento di contenuti ha spianato la strada a quella che sembra essere una nuova «trinità» confessata dalla religione di cui queste cappelle premiate sono il simbolo: il culto di Padre-Madre-Altro-Sconosciuto, Humanum/Humanitas e Heiliger Zeitgeist. Un Dio senza volto; un Dio con il volto di ogni uomo e donna;² un Dio che si muove e si sviluppa, hegelianamente, con i tempi.

Questo, a sua volta, mostra dove si inserisce lo spettacolo della Pachamama: non si tratta di un bizzarro episodio unico destinato a tenere i popesplainers impegnati a fabbricare scuse fino alla fine dei tempi, ma piuttosto di un elemento perfettamente caratteristico del nuovo culto del nuovo Dio: Lui/Lei deve essere trovato in tutte le religioni e in nessuna, anche se le cappelle premiate sono quasi-omni-religiose perché sono fondamentalmente vuote e quindi «aperte», in attesa di essere riempite con qualsiasi contenuto il «Dio delle sorprese» possa riempirle. Il trono vuoto deve essere occupato da qualsiasi cosa, o chiunque, sia sentito o percepito come «sacro» per qualsiasi cultura.

Per questo il Papa ha lodato il rito dello Zaire come un «legittimo adattamento» del presunto «unico rito romano». Ha incoraggiato un rito maya che porta in alcune chiese messicane un secondo altare alla Madre, davanti alla quale tutti si inchinano (si veda il dettagliato resoconto di Maike Hickson QUI). Ha espresso il suo interesse per un rito amazzonico. Non ha impedito né ai vescovi belgi né a quelli tedeschi di sviluppare le benedizioni gay paraliturgiche. Se, dopo tutto, questo è ciò che desiderano sancire nel loro trono vuoto, e se gli fa comodo nella loro modernità, chi siamo noi per giudicare? Lasciamo che a giudicare siano Padre-Madre-Altro-Sconosciuto, Humanum/Humanitas e Heiliger Zeitgeist. In effetti, questa «trinità» ha già giudicato positivamente permettendo che ciò avvenisse. (Ricordiamo la condannata proposizione LIX del Sillabo dei principali errori dell’età nostra: «Il diritto consiste nel fatto materiale; tutti i doveri degli uomini sono un nome vano, e tutti i fatti umani hanno forza di diritto.»)

Spesso si indica l’entusiasmo di papa Francesco per le devozioni popolari come un segno del suo cattolicesimo. Alla luce del suo sostegno al sincretismo e all’indifferentismo, tuttavia, credo che possiamo vedere più chiaramente che egli sostiene le devozioni popolari perché indicano l’autentica religiosità – qualunque essa sia – di un particolare gruppo razziale o culturale. In altre parole, qualsiasi fenomeno religioso «vivo» è migliore di un fenomeno presumibilmente «morto» come la Santa Messa tradizionale, che è morta non per un segno sensibile o una ragione intelligibile (valutata sensibilmente o intellettualmente, è piena di vita!), ma per il fiat positivistico di coloro che la vogliono morta perché rifiutano i suoi principi antipluralistici e il suo contenuto dogmatico. Per questo motivo papa Francesco si mostra più generoso nei confronti di ebrei, musulmani, indù e animisti che nei confronti dei Cattolici tradizionali.

Quella che ho appena descritto può sembrare un’interpretazione estremamente oscura dei dati. Vorrei solo ricordare al lettore che questo tipo di «inculturazione» evolutiva e di «adattamento» verso l’esterno e verso il basso è sempre stato un obiettivo di (almeno alcuni e tra i più importanti) liturgisti che hanno prodotto il Novus Ordo. Non è difficile trovare libri degli anni Sessanta, Settanta e successivi che parlano con entusiasmo di sviluppi quasi illimitati da aspettarsi nella liturgia localizzata, ed il card. Joseph Ratzinger dedica molte pagine scelte per confutarli nel libro Cantate al Signore un canto nuovo (1996) e altrove.

Nel mio articolo Bugnini, Roche, Grillo, and Inculturation Overdrive ho riferito ciò che mi ha raccontato un mio amico sacerdote più anziano, giurando sulla sua veridicità (e da tutto ciò che so di lui, non ho motivo di dubitare della veridicità del suo resoconto; esso coincide con molte altre testimonianze della stessa natura). Aveva studiato al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo a Roma negli anni Settanta e aveva avuto la rara fortuna di poter pranzare un giorno con il card. Annibale Bugnini, poco prima che quest’ultimo cadesse in disgrazia. Dopo una serie di battute, il card. Annibale Bugnini tornò a parlare del suo cavallo di battaglia, la riforma liturgica, e disse al giovane studente quanto segue:

«Quello che dovete vedere è che la nuova liturgia prevede tre fasi. In primo luogo, abbiamo dovuto eliminare il vecchio modo di fare le cose. Questo è stato principalmente il lavoro degli anni Sessanta, e tra trent’anni tutti avranno dimenticato quello che c’era prima. In secondo luogo, abbiamo dovuto creare qualcosa di nuovo per il momento: questo è ciò che si chiama “Novus Ordo”. Ma anche questo deve scomparire, lasciando il posto a una completa inculturazione: ogni liturgia deve essere fatta dalla comunità, per i suoi bisogni immediati. Niente libri liturgici, come nella Chiesa antica! Anche la mia Messa scomparirà, entro l’anno 2000».

Il card. Annibale Bugnini non era un profeta, ma ha i suoi discepoli di oggi, come il card. Arthur Roche, che ha usato esattamente questo tipo di linguaggio, solo modificando la linea temporale e confezionandola in involucri un po’ più anodini:

«Ho detto spesso ai vescovi che abbiamo trascorso gli ultimi cinquant’anni a preparare la traduzione dei testi liturgici; ora dobbiamo passare alla seconda fase, già prevista dalla costituzione Sacrosanctum Concilium, che è l’inculturazione o l’adattamento della liturgia alle altre diverse culture, pur mantenendo l’unità. Penso che dovremmo iniziare questo lavoro ora». [fonte]

Attribuisco a papa Francesco una religione coerente e consistente? No. Da quello che possiamo dire, la sua religione è un gigantesco miscuglio di ingredienti incompatibili e mutevoli. Ma ha un primo principio molto fermo: «Mai indietro!». Mai e poi mai abbracciare e valorizzare la tradizione nella sua forma concreta, sviluppata, ereditata, con tutto lo «scandalo del particolare» e l’esclusione delle alternative che comporta. (Come disse una volta G.K. Chesterton, la scelta di sposare una donna è una scelta di non sposare tutte le altre donne; e si potrebbe dire che ogni tradizione liturgica pienamente sviluppata raggiunge una perfezione nella forma e nel contenuto che esclude necessariamente molti altri modi legittimi di fare le cose, e certamente molti altri modi illegittimi di fare le cose.)

Come la stessa Cristianità, la forma cristiana e cattolica della tradizione ereditata si estingue agli occhi di questo papa, superata, irrilevante, ostruzionistica e, per questo, dannosa per l’uomo moderno (o umano postmoderno). Per questa novità sono necessari nuovi riti e nuove credenze. Questa prospettiva, a mio avviso, è presente nella struttura di pensiero alla base del motu proprio Traditonis Custodes. È solo un tassello del programma più ampio di un pontificato totalmente pervaso dall’interpretazione più radicalmente progressista del Concilio Vaticano II, un pontificato tanto più efficace per la sua tattica peronista di usare parole e gesti contraddittori per favorire l’anarchia ecclesiale, la confusione dottrinale e il lassismo morale, spianando la strada al trionfo di quella religione il cui «ambiente sacro» si vede nelle sterili cappelle postmoderne dove Jorge Mario Bergoglio si sente a casa.

NOTE

¹ La stessa cosa si vede nella sua opzione preferenziale per paramenti orrendamente brutti. Nel cuore della Chiesa di Roma, erede di secoli di alta cultura, optare per qualcosa di meno bello è una dichiarazione ideologica, un non serviam.

² Francesco ha detto la settimana scorsa, nell’udienza generale del 15 marzo: «Chi è più importante, nella Chiesa: la suora o la persona comune, battezzata, non battezzata, il bambino, il vescovo …? Tutti sono uguali, siamo uguali».

12 commenti:

  1. Ma basta con queste polemiche!
    Cosa vuol dire “architetti modernisti”? Sono architetti di oggi e progettano secondo le mode e gli stili di oggi, come sempre è avvenuto nella storia.

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    1. E pensa che ci fu un periodo in cui buttavano giù chiese con secoli di storia perché le volevano costruite secondo lo stile all’ultima moda.

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    2. Si, ma fanno schifo lo stesso. Tanto vale risparmiare i soldi e incaricare un bravo geometra qualsiasi.

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    3. Risparmiare i soldi per fare…?
      Mi sembra di sentir riecheggiare parole simili dette in altro contesto. Poi sappiamo come andò a finire.

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  2. A parte la bruttura oggettiva, aggiungo. Ma si accorgono che più fanno così e più le chiese si svuotano? I numeri parlano chiaro! Ogni anno il numero dei fedeli diminuisce!! Altro che primavera conciliare! La religione sta scomparendo!! O forse è proprio questo ciò che vogliono?

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    1. La chiesa in cui sono stato battezzato è “così”. Non è assolutamente vuota! C’è una comunità numerosa, multietnica e multigenerazionale, che partecipa alla fede con semplicità e gioia.
      La tiritera delle “chiese vuote” è uno dei tantissimi miti raccontati dai tradizionalisti per attrarre gli allocchi e continuare ad esistere.

      Per esempio, quest’anno 74 catecumeni adulti verranno battezzati nel duomo di Milano, ho visto su siti francesi che, nella diocesi di Amiens, ci saranno una sessantina di battesimi di adulti. E il vescovo ha pure ammesso un costante aumento di battesimi di adulti negli ultimi anni.

      Mica male per “i fedeli che scappano” e “l’effetto Francesco”.

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    2. Tutto va bene ,ben 74 catecumeni a Milano ed una sessantina ad Amiens , l'effetto Francesco si riaffaccia.Peccato che in Francia la Chiesa sia in uno stato comatoso,anche ad Amiens, ed a Milano non se la passi granché bene.

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  3. Nessuno è uguale all’altro , siamo simili….

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  4. Quale sarebbe il problema?

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    1. Che si buttano soldi della Chiesa per costruire delle brutture "allontana fedeli".

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  5. Mi rattrista molto guardare queste due opere che non hanno alcuna bellezza, nessuna elevazione al Cielo, somigliano a cappelle cimiteriali.
    Si dice: la bellezza salverà il mondo!
    Dov'è il posto centrale di Dio?
    San Giovanni Bosco senza soldi, con tanta Fede nella Provvidenza di Dio, con tanto amore a Gesù ed alla Santa Vergine Maria Aiuto dei Cristiani, fece erigere un bellissimo Santuario che parla e racconta ai fedeli l'Amore e la bellezza del Dio fatto uomo per noi, e la vita dei dei santi.
    Amiamo la bellezza, la grandezza e l'onnipotenza del nostro Creatotre!

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  6. E se invece di dare spazio all'estro di architetti in cerca di novità ci si dedicasse al salvataggio e al recupero delle tante chiese che versano in condizioni di abbandono e cadono in rovina, non sarebbe "più meglio", per tutto e per tutti?

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