Vi proponiamo l’articolo di Franca Giansoldati pubblicato martedì 28 marzo dal quotidiano Il Messaggero, sulla campagna di affissione in vaticano dei manifesti dedicati alla liturgia tradizionale.
QUI la rassegna stampa, italiana ed estera, completa.
L.V.
Di fatto alla base di questa garbata protesta c'è il timore che Papa Francesco possa approvare, con un ulteriore Motu Proprio, il divieto assoluto del latino nella Chiesa
Città del Vaticano – La guerra del latino si arricchisce di una nuova puntata: stavolta riguarda una regolare campagna di manifesti spuntati nottetempo attorno alla zona del Vaticano. Di fatto ha dato il via ad una vibrata protesta per impedire l'abolizione totale del rito 'antico' che prevede l'uso della lingua latina a messa, una liturgia tradizionale approvata e consentita dai precedenti pontefici ma praticamente messa al bando (quasi totalmente) da Papa Francesco.
«Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso» si legge in uno dei tanti manifesti che cita una frase di Benedetto XVI. Gli organizzatori di questa iniziativa - per il momento circoscritta a Roma - è di far emergere la crescente ostilità da parte dell'attuale pontificato nei confronti della liturgia tradizionale che non troverebbe giustificazione né sul piano teologico, né su quello pastorale. «Le comunità che celebrano secondo il Messale del 1962 non sono ribelli alla Chiesa; al contrario, benedette da una costante crescita di fedeli e di vocazioni sacerdotali, costituiscono un esempio di salda perseveranza nella fede e nell’unità cattoliche, in un mondo sempre più insensibile al Vangelo, e in un tessuto ecclesiale sempre più cedevole a pulsioni disgregatrici» afferma il comitato di promotori che raggruppa diverse realtà cattoliche (come i blog Messainlatino e Campari & de Maistre, e le associazioni Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum e Associazione San Michele Arcangelo).
«Lo facciamo per amore del Papa, affinché sia paternamente aperto alla comprensione di quelle periferie liturgiche che da qualche mese non si sentono più ben accette nella Chiesa, perché trovano nella liturgia tradizionale la piena e compiuta espressione della fede cattolica tutta intera». Di fatto alla base di questa garbata protesta c'è il timore che Papa Francesco possa approvare, con un ulteriore Motu Proprio, il divieto assoluto del latino nella Chiesa, come da tempo si sussurra nelle Sacre Stanze benché la notizia di un provvedimento del genere non sia stata ancora confermata.
«L’atteggiamento di rifiuto con cui i pastori sono oggi costretti a subire non è solo motivo di acerbo dolore, ma costituisce anche una grave ingiustizia, davanti alla quale la carità stessa impone di non tacere» aggiungono ancora gli organizzatori dell'affissione. Un altro manifesto collocato sempre vicino a zona Borgo Pio recita: «un silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro che potevano evitarla» (San Gregorio Magno).
Un altro aspetto sollevato dalla protesta è la difficoltà degli aficionados della messa in latino ad essere accettati in una Chiesa che promuove come un mantra «l’ascolto, l’accoglienza e l’inclusione e la comunione ecclesiale con metodo sinodale» salvo poi perseguitare la minoranza dei tradizionalisti. I manifesti romani vogliono mettere in luce che esiste anche un piccolo gregge di fedeli composti da preti, famiglie, giovani che non vuole vedere soffocata la voce tradizionale ma accolta «e tenuta nella giusta considerazione. Chi va alla Messa in latino non è un fedele di serie B, né un deviante da rieducare o una zavorra di cui liberarsi».
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