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domenica 16 ottobre 2022

Di cosa hanno parlato gli studiosi di Ratzinger allo Schuelerkreis? Dottrina e liturgia

Il 24 settembre, gli allievi di Benedetto XVI hanno tenuto un simposio pubblico, come si fa ormai da qualche anno. Al centro delle riflessioni, lo sviluppo della dottrina e hanno parlato anche di liturgia.
Luigi

Acistampa, Di Andrea Gagliarducci,  28 settembre, 2022 

Gli allievi di Ratzinger, riuniti nello Schuelerkreis, e gli studiosi giovani di Ratzinger, che formano il nuovo Schuelerkreis, si sono riuniti ancora una volta a Roma. Tre giorni di discussioni, dal 22 al 25 settembre, con un simposio pubblico il 24 settembre per discutere in pubblico, a partire dalla teologia di Benedetto XVI, di un tema specifico. E quest’anno il tema era di straordinaria attualità: “Io ho infatti ho ricevuto quello che a mia volta vi ho trasmesso (1 Cor 11,23). Verità vincolanti e sviluppo della dottrina della Chiesa”.
Il professor Helmut Moll, che di Ratzinger è stato allievo e che è stato anche relatore dello Schuelerkreis del 2017, ha discusso sul tema delle radici della teologia e del pensiero di Joseph Ratzinger / Benedetto XVI. E le radici, secondo il professore, sono quattro: il mondo bavarese e la famiglia in cui è cresciuto; la liturgia e la sua importanza nella vita della Chiesa; l’interpretazione canonica della Sacra Scrittura; la religiosità dell’esistenza cristiana.

Inaugurando i lavori, il Cardinale Kurt Koch, che è responsabile dello Schuelerkreis, ha sottolineato che il punto di partenza della dottrina “è il movimento del ricevere, perché la fede della Chiesa è un dono di Dio”, e “la rivelazione di Dio è principalmente indirizzata alla Chiesa, dalla quale viene ricevuta e trasmessa”.

Ma – aggiunge – “la tradizione non deve essere intesa semplicemente come una trasmissione quasi meccanica di credenze ereditate nel senso di archiviare ciò che è accaduto. Piuttosto, è da considerarsi come un ‘processo dinamico’ in cui il tradizionale corpo di fede viene contemporaneamente reinterpretato e sviluppato per adattarsi alla particolare situazione della Chiesa”.

Il professor Uwe Lang ha ricordato: “Nel suo libro Lo spirito della liturgia, Joseph Ratzinger scrive anche in modo impressionante sull'importanza del retto modo di adorare Dio. La comprensione di Dio e del mondo da parte della fede cristiana si esprime nella liturgia della Chiesa, ed è un esercizio di incontro con il Signore, al di là di ogni debolezza e limitazione umana, che nel suo Mistero pasquale «ci attira a sé e ci attira alla comunione chiamate”.

E nella liturgia, “Joseph Ratzinger è diventato un pioniere, ispirando una nuova generazione di ricercatori a sfidare il paradigma dominante che la storia della Messa romana in particolare ha portato dal primo sviluppo dinamico attraverso il declino medievale alla prima stagnazione moderna. Attraverso i suoi importanti contributi, Ratzinger ha anche incoraggiato una riflessione critica sulle riforme liturgiche del XX secolo e uno sguardo sobrio sullo stato attuale del culto cattolico”.

Sul tema della rivelazione, poi – ha sottolineato il vescovo Voderholzer – “l'aver elaborato l'importanza della Chiesa come soggetto di accoglienza e trasmissione della rivelazione e in questo senso come portatrice di tradizione è uno dei più originali e insieme più importanti approfondimenti teologici del giovane professore Joseph Ratzinger. Così facendo, egli – mediato dal cardinale Frings – ha preparato la costituzione rivelativa Dei Verbum in modo significativo e, soprattutto, fondamentale”.

La questione del diritto canonico è stata affrontata dal salesiano Markus Graulich. “Le norme del diritto canonico – ha detto - sono vincolate alla rivelazione e ai fondamenti teologici che ne derivano, che presenta il Magistero vivo della Chiesa. Servono al popolo di Dio per orientarsi verso la meta che gli è stata data dal Signore. Come fede Se non si può fare a meno di professare i dogmi della fede, ma in essi non si esaurisce, allora la pratica della fede non può fare a meno della norma della legge, ma non si limita ad essa.

Concludendo i lavori, il Cardinale Koch ha sottolineato come Benedetto XVI ritenga “possibile lo sviluppo dottrinale solo se realmente è sviluppato nella continuità e non cambiamento nella rottura”, e questa posizione si è vista nelle sue decisioni da Papa, e in particolare nella sua posizione sulla Messa uso antiquor o nella posizione con i lefevbriani.

E ancora, il Cardinale Koch ha notato che “il Vaticano II è stato un concilio di riforma. Non ha creato una nuova Chiesa in rottura con la tradizione, né ha inteso una nuova fede, ma una Chiesa rinnovata e un rinnovamento della fede nello spirito del messaggio cristiano, rivelato una volta per sempre e tramandato nella viva tradizione della Chiesa. Il vero rinnovamento consiste dunque nel ritorno all'originale, che è da considerarsi normativo”.

Ha poi concluso: “Quanto si può dire della riforma della Chiesa vale anche per il rinnovamento e l'ulteriore sviluppo dell'insegnamento della fede. Deve essere basato sulla rivelazione vincolante ed essere reinterpretato nel rispettivo tempo in modo tale da essere utilizzato dalle persone”.