Dopo il solenne (emozionante ed esteticamente meraviglioso) funerale di ieri di Sua Maestà la Regina Elisabetta, una bella traduzione della TFP italiana.
"il cerimoniale della monarchia britannica ha conservato il suo antico carattere cattolico in un modo che nemmeno le monarchie cattoliche d'Europa hanno fatto. Ad esempio, I re di Spagna e Belgio non hanno nemmeno cerimonie di incoronazione. [...] In molti altri modi, anche per il semplice fatto di esistere, la monarchia incarna e preserva la nostra eredità cattolica. Ricordiamo appena un fatto, il monarca fa personalmente l'elemosina ai poveri il Giovedì Santo, in una cerimonia che conserva una tradizione cattolica abbandonata nella liturgia della Chiesa nel 1955, quando l'elemosina fu eliminata dal Mandatum".
QUI un bell'articolo sul tema del prof. Roberto de Mattei: "Mentre con papa Francesco il processo di secolarizzazione della Chiesa raggiunge il suo culmine, nei funerali della Regina Elisabetta e nell’incoronazione del suo successore, sopravvivono bagliori di sacralità, che proprio nella Chiesa cattolica hanno la loro fonte primigenia. E’ l’amore per la Chiesa che ci spinge in ultima analisi a stimolare il nostro senso del meraviglioso, nel momento in cui un sovrano muore e a un altro ascende al trono regale".
di Joseph Shaw, PhD*
Lo spettacolo è innegabilmente impressionante, anche se prevedibile e in parte pianificato da tempo. Anche coloro i cui valori non sono in linea con il messaggio di fondo, non possono che rimanere stupiti di fronte alla portata dell'evento e alla profondità dei sentimenti che evoca.
Mi riferisco, ovviamente, alla reazione dei media americani di sinistra alla morte della Regina Elisabetta. Mentre la stampa di altri Paesi, come le loro leadership politiche, ha reagito in modo dignitoso e rispettoso a questo sconvolgente e triste evento nazionale, i media americani di sinistra, guidati dal New York Times, ci hanno dato una dimostrazione di rabbia e di odio un tanto sguaiata. Le ragioni sono molteplici e non intendo approfondirle. Per i non americani, più preoccupante delle farneticazioni della sinistra è il fatto che, come ho scoperto nel corso degli anni, un certo grado di incomprensione e persino di ostilità verso l'istituzione della monarchia non è limitato, in America, a una sola parte della divisione politica. Si estende persino ad alcuni cattolici tradizionali.
In questo articolo voglio quindi cogliere l'occasione per cercare di dare una spiegazione e una difesa della monarchia britannica, almeno ai cattolici di mentalità tradizionale, che dovrebbero essere più aperti al riguardo rispetto alla "grigia signora" di New York. Lo farò in tre fasi. In primo luogo, dirò qualcosa sul ruolo e sull'importanza delle tradizioni umane; poi sulla monarchia come istituzione; infine, specificamente sulla monarchia britannica e sulla regina Elisabetta.
Tradizioni umane
Inizio con le tradizioni umane, cioè quelle non divine, perché l'atteggiamento antitradizionale è così forte nella cultura secolare che persino alcuni cattolici che accettano l'importanza della Tradizione divina con la "T" maiuscola, come fonte di Rivelazione nella teologia cattolica, possono disconoscere qualsiasi altro tipo di tradizione. Una cosa (potrebbero eventualmente dire) è riconoscere che Gesù Cristo ha rivelato agli Apostoli cose che non sono state scritte nelle Scritture, e che quindi ci sono giunte per mezzo della Tradizione; un'altra è sentirsi obbligati a fare (o a credere) delle cose solo perché alcuni esseri umani fallibili nel passato hanno scelto di farle (o di crederle). Ed è questo che sono le tradizioni umane, no?
Beh, non proprio. Definirei le tradizioni come quelle pratiche che sono state eseguite dai nostri predecessori (antenati, predecessori nella fede, precedenti incaricati nei ruoli che ricopriamo, ecc.), che (a) sono state continuate nel tempo dalle generazioni successive (non necessariamente senza interruzioni), e (b) sono state considerate significative, e quindi (c) sono considerate in qualche misura vincolanti per la generazione attuale.
È quindi probabile che sentiamo di dover continuare, in un certo senso, varie pratiche culturali ereditate, come le cene del Ringraziamento, gli alberi di Natale, la partecipazione alle opere di Shakespeare e così via. Ci possono essere ragioni per cui non è possibile in una particolare occasione, e può essere che non siamo stati indotti alla tradizione nelle nostre famiglie, ma se ci vediamo come membri di un gruppo culturale storicamente caratterizzato da una certa pratica, possiamo adottarla o farla rivivere.
Queste cose hanno valore perché le pratiche caratteristiche di un gruppo culturale sono segni di identità. Danno ai membri del gruppo esperienze condivise e un senso di appartenenza, sia sincronicamente, con gli altri membri viventi del gruppo, sia diacronicamente, con le generazioni precedenti. Le discussioni sulle origini delle pratiche sono di solito fuori tema. Se i membri di un gruppo le identificano come cose che devono fare, perché sono membri del gruppo, funzioneranno come segni di identità. Per definizione, un gruppo culturale deve avere delle tradizioni che lo distinguano da altri gruppi.
Vogliamo essere membri di gruppi culturali perché questo ci dà un senso di appartenenza. Potremmo soddisfare i nostri bisogni fisici in un albergo insipido e impersonale, ma quello che vogliamo è vivere in una casa. La casa è il luogo in cui possiamo rilassarci ed essere noi stessi; è caratterizzata da elementi che la distinguono dalle case degli altri. Alcuni di questi segni di identità saranno specifici della propria famiglia nucleare, altri di gruppi più ampi di cui si fa parte.
Questi ci collocano in un gruppo che può essere di aiuto pratico (ad esempio, in caso di calamità), in termini di chi ci sentiamo di essere e di dove siamo collocati nella storia. Ci impediscono di essere, secondo l'efficace espressione di Papa Giovanni Paolo II, "prigionieri del presente" (Orientale lumen 8 -1995).
Le istituzioni ecclesiali e politiche includono una serie di gruppi culturali, ma hanno anche una propria manifestazione culturale. Le identità culturali possono essere combinate: si può essere irlandesi, cittadini americani e cattolici allo stesso tempo. Se la Chiesa o le istituzioni politiche si indebolissero come identità culturali, si indebolirebbe il senso di unità dei membri, la loro solidarietà.
Le tradizioni insegnano e manifestano i valori, e l'inserimento nelle tradizioni è allo stesso tempo un inserimento nei valori del gruppo a cui appartengono le tradizioni. Un gruppo con tradizioni condivise, di conseguenza, è un gruppo con valori condivisi. Gli esseri umani non assorbono i valori come astrazioni, ma come incorporati in ciò che fanno.
Per questo motivo, non tutte le tradizioni sono buone. Le tradizioni sono soggette a rivalutazione, rinegoziazione e sviluppo. Questo può avvenire in modo naturale e spontaneo o in modo consapevole, ma se tutte le tradizioni di un gruppo fossero permanentemente in discussione, perderebbero il loro valore come segni di identità e il gruppo culturale si dissolverebbe.
Tutto questo per dire che, se nel Regno Unito si nota un alto grado di attenzione per le tradizioni legate alla comunità politica, ciò è indice di uno Stato con un corrispondente alto grado di solidarietà. Non è nonostante, ma grazie al potere dei segni di identità appartenenti allo Stato, che quest'ultimo può incorporare con successo in sé diversi gruppi culturali, senza distruggere né loro né sé stesso.
La monarchia come istituzione costituzionale
Secondo la mia definizione, le istituzioni politiche sono esse stesse tradizioni. A meno che non siano nuove di zecca, ci sono state trasmesse dai nostri predecessori e coloro che sono sotto la loro autorità sentono di dover continuare le pratiche ad esse associate: elezioni, assemblee e così via. Se sono molto astratte, senza l’aggiunta di cerimonie o eventi culturalmente risonanti, avranno più difficoltà a fungere da perni di solidarietà.
Le monarchie sono particolarmente adatte a svolgere questa funzione, perché sono circondate da tradizioni che fungono da segni di identità e trasmettono valori condivisi. Non possono essere create dal nulla; il loro radicamento storico è parte del loro valore. Ma quando esistono, possono svolgere la funzione di istituzioni politiche in modo eccezionale. Per questo motivo le numerose monarchie costituzionali del mondo moderno, come quelle del Giappone, della Thailandia e del Belgio, fungono da elementi stabilizzanti delle loro società. Stati che hanno subito un periodo di trauma nazionale hanno restaurato le loro monarchie, come la Spagna e la Cambogia. Le monarchie si sono dimostrate resistenti in tempi di crisi costituzionale: esempi evidenti sono la Spagna nel fallito colpo di Stato del 1981, la crisi costituzionale in Australia nel 1975 e, dietro le quinte, nel Regno Unito nel 1968.
I valori incarnati nel simbolismo cristiano della monarchia dovrebbero avere un fascino particolare per i cattolici, per lo stesso motivo per cui hanno suscitato l'ostilità dei politici rivoluzionari radicali. Le monarchie cristiane d'Europa hanno trovato un modello nell'Antico Testamento, in cui si sottolinea che il re è in un certo senso nominato da Dio e governa come sostituto di Dio: il suo "vicegerente".
Ciò potrebbe sembrare una ricetta per governare in modo arbitrario, ma, se compreso correttamente, è l'opposto. I re dell'Antico Testamento erano soggetti alla legge di Dio e venivano tenuti sotto controllo da sacerdoti e profeti. Un leader che sostiene di essere il delegato del popolo, invece, può commettere ogni tipo di crimine in suo nome: sia perché, come egli sostiene, esso lo desidera, oppure perchè in beneficio suo.
Ciò che impedisce a qualsiasi leader costituzionale di governare in modo tirannico è il senso che esiste una legge superiore, qualcosa che limita le sue azioni, che assicura sia il fair play in politica sia la giustizia per la gente comune. Questo obbligo, in ultima analisi, è nei confronti di Dio ed è espresso più chiaramente da un capo di Stato che è nominato da Dio, come viene generalmente espresso, piuttosto che da uno nominato dal "popolo".
Il simbolismo religioso della monarchia, quindi, non deve essere visto come la cooptazione della Chiesa al servizio dello Stato, ma come la subordinazione dello Stato a principi di giustizia che sono interpretati in ultima analisi dalla Chiesa. Stalin e i rivoluzionari francesi erano perfettamente soddisfatti di cooptare la Chiesa; ciò che non volevano assolutamente fare era obbedire alla Chiesa.
Resta vero che un'ampia gamma di disposizioni costituzionali sono compatibili con la fede e sono state storicamente benedette dalla Chiesa. Il punto non è che la monarchia sia l'unica forma di governo legittima, ma solo che essa incarna in modo univocamente chiaro la comprensione cattolica dell'autorità politica.
La Monarchia Britannica
Con questo non voglio dire che la monarchia britannica, o i suoi recenti rappresentanti, siano perfetti. Ovviamente, dal 1558, con una breve pausa dal 1685 al 1688, i nostri monarchi sono stati protestanti. Alcuni sono stati responsabili di grandi sofferenze per i cattolici. Tuttavia, nel suo trattamento dell'Irlanda, l'esperienza del Commonwealth di Cromwell (1649-1660), non ci dà motivo di pensare che altre forme di governo sarebbero state migliori. Il problema non era che le isole britanniche fossero governate da monarchi ereditari, ma che lo Stato fosse stato a lungo dominato da un élite protestante intollerante. Quando questa élite si confrontò con un monarca più favorevole ai cattolici negli anni '40 del XVI secolo e con un monarca effettivamente cattolico negli anni '80 del XVI secolo, fu l'élite a trionfare, non il monarca.
La regina Elisabetta II era una devota protestante, che preferiva uno stile di chiesa piuttosto “low Church” (ndt, “corrente dell'anglicanesimo i cui membri propugnano una Chiesa più semplice”). Lo sfarzo della monarchia, integrato da alcuni membri della famiglia reale col cerimoniale della massoneria, sembra aver preso il posto di ciò che l'arcivescovo Laud, anglicano originario della “high Church”, chiamava la "bellezza della santità" (ndt, la high Church, o Chiesa alta, mette un’enfasi nel rituale).
Echeggiando il martire San Roberto Southwell, quando gli fu chiesto se voleva un'invasione spagnola, io vorrei che la famiglia reale e l'intera élite politica si convertissero al cattolicesimo di loro spontanea volontà. È una cosa per cui i cattolici del Regno Unito pregano e fanno penitenza. Nel frattempo, dobbiamo convivere con la realtà attuale.
In primo luogo, è chiaro a tutti, tranne che a una frangia di pazzoidi, che il nuovo re di Gran Bretagna, Carlo III, è il legittimo capo di Stato del nostro Paese. Egli merita la lealtà dei cittadini come qualsiasi altro capo di Stato. Molti cattolici francesi tradizionali si arruolano nell'esercito francese, perché credono nella Francia, anche se non sono particolarmente entusiasti della Rivoluzione che ha creato la Repubblica. Allo stesso modo, i cattolici britannici, anche sotto persecuzione, hanno voluto smentire l'accusa che la loro fede implicasse slealtà, servendo la Corona. Dobbiamo pregare per il Re? Certo che sì. Durante la Messa tradizionale, in Inghilterra, abbiamo recitato preghiere speciali per il monarca fin dall'inizio del lungo processo di "emancipazione cattolica" nel 1778. Va notato che dal XVIII secolo la Santa Sede ha riconosciuto la monarchia britannica come legittima, ribaltando la politica più rigida di San Pio V. Soprattutto dall'emancipazione, i cattolici hanno lavorato per convertire la loro società e il loro sovrano dall'interno.
In secondo luogo, sebbene il monarca e la famiglia reale siano coinvolti in cause politicamente alla moda e il loro ruolo implichi invece che evitino accuratamente la partigianeria politica, essi rimangono un'importante forza culturale. Re Carlo, ad esempio, ha prestato il suo peso significativo alla lotta contro la bruttezza dell'architettura ed è patrocinatore della Prayer Book Society, che difende il culto anglicano tradizionale. Se la monarchia britannica scomparisse, sarebbe una battuta d'arresto catastrofica per i conservatori culturali di ogni tipo, con ripercussioni in tutto il mondo.
In terzo luogo, il cerimoniale della monarchia britannica ha conservato il suo antico carattere cattolico in un modo che nemmeno le monarchie cattoliche d'Europa hanno fatto. Ad esempio, I re di Spagna e Belgio non hanno nemmeno cerimonie di incoronazione. Vedremo quanto sarà mutilata la nostra prossima incoronazione, ma il contenuto storico cattolico sarà maggiore di zero. In molti altri modi, anche per il semplice fatto di esistere, la monarchia incarna e preserva la nostra eredità cattolica. Ricordiamo appena un fatto, il monarca fa personalmente l'elemosina ai poveri il Giovedì Santo, in una cerimonia che conserva una tradizione cattolica abbandonata nella liturgia della Chiesa nel 1955, quando l'elemosina fu eliminata dal Mandatum.
Un cattolico può essere repubblicano? Questa è una domanda sbagliata. L'impostazione predefinita dovrebbe essere quella di sostenere la costituzione esistente del proprio Paese, se funziona ragionevolmente bene. La monarchia britannica ha ricordi e risonanze in Irlanda che non ha altrove, ma anche lì l'amarezza del passato è, sempre più, ormai del passato.
La Latin Mass Society of England and Wales sta organizzando una Messa di Requiem per la defunta Regina Elisabetta, come la disciplina della Chiesa consente, e spero che avremo una Messa di ringraziamento per l'incoronazione. Come britannici onoriamo il nostro capo di Stato; come cattolici lo facciamo, in parte, attraverso la liturgia.
*Il prof. Joseph Shaw ha ottenuto il dottorato in Filosofia presso l'Università di Oxford, dove ha ottenuto anche una prima laurea in Politica e Filosofia e un diploma in Teologia. Ha pubblicato su Etica e Filosofia della religione e ha curato The Case for Liturgical Restoration: Una Voce Position Papers on the Extraordinary Form (Angelico Press). È presidente della Latin Mass Society dell’Inghilterra e del Galles e presidente di Una Voce International. Insegna filosofia all'Università di Oxford e vive nelle vicinanze con la moglie e i nove figli.
Attribuzione imagine By Photograph taken by Julian Calder for Governor-General of New Zealand - Commonwealth Day Message from Her Majesty the Queen Elizabeth II Official portrait, CC BY 4.0, Wikimedia.
Fonte: Onepeterfive, 12 settembre 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.