Vi proponiamo questa acuta riflessione scritta dal prof. Roberto de Mattei in occasione dei festeggiamenti per i settant’anni di regno di S.M. Elisabetta II e pubblicata sul sito Radioromalibera.org l’11 giugno 2022.
In una prospettiva cattolica, l’autore analizza i motivi per i quali la monarchia inglese – e la monarchia in generale – suscita tanto fascino, ritrovandone le radici nella riflessione del prof. Plinio Corrêa de Oliveira: «Non tanto per nostalgia del passato, quanto di certi princìpi dell’ordine naturale che il passato rispettava, e che il presente viola in ogni momento».
L’autore conclude: «Se la monarchia inglese dovesse cadere, perderemo un pezzo di medioevo, perderemo un pezzo di civiltà cristiana, anche se questa monarchia ha contribuito alla distruzione della Civiltà cristiana medioevale. […] Per questo dobbiamo ammirare la monarchia, non solo quella inglese, ma il sistema monarchico in sé stesso, malgrado le colpe o anche i meriti dei sovrani, così come dobbiamo mantenerci fedeli cattolici al di là delle colpe o dei meriti dei Romani Pontefici».
Da parte nostra, pur riconoscendo la condizione scismatica della comunità anglicana d’Inghilterra e del suo capo supremo, ricordiamo che ancora l’ultima edizione inglese del Messale romano tradizionale (1962) riporta la «Prayer for the Queen - in England and Wales only», preghiera che ancora oggi – e quindi ben dopo il 3 novembre 1534 – i fedeli cattolici inglesi e gallesi tradizionali continuano a recitare «after Solemn Mass on Sunday» (di seguito riportiamo la fotografia della preghiera tratta da un Messalino inglese tradizionale).
Mi sono trovato a Londra all’indomani dei festeggiamenti per i settant’anni di regno di Elisabetta II e sono rimasto colpito nell’osservare l’atmosfera di calorosa simpatia che avvolge la figura della Regina nella quale sembra incarnarsi l’istituzione della monarchia inglese.
Sui blog italiani, soprattutto di area tradizionalista, non si riscontra questa simpatia verso la figura della sovrana, proprio perché essa rappresenta la detestata monarchia inglese. Un amico mi ha inviato due immagini efficacemente accostate: da una parte una fotografia della famiglia imperiale del Beato Carlo d’Asburgo, solenne, quasi ieratica; dall’altra l’immagine della Regina Elisabetta che fa colazione con l’orso Paddington un noto personaggio della letteratura inglese per i bambini. Questa immagine fa parte di un clip realizzato dalla BBC e certamente contrasta con la precedente. Forse l’idea della BBC non è stata molto felice, tuttavia negli stessi giorni si è appreso dai mass media che la principessa di Norvegia Marta, figlia del Re Harald di Norvegia, sposerà lo sciamano americano Verrett. Questo episodio, per le caratteristiche dello sposo, un guru esoterico, accusato di essere un ciarlatano, e anche per le dichiarazioni della sposa, che ha annunciato che lavorerà con lui nella formazione in chiaroveggenza e nella comunicazione con gli angeli, scredita certamente la già screditata monarchia norvegese, mentre i settant’anni di regno della Regina Elisabetta, non hanno ridicolizzato, ma hanno consolidato la monarchia britannica, malgrado i tanti sconquassi che hanno accompagnato la storia recente della famiglia reale.
Certo, in una prospettiva cattolica, non di può dimenticare che la Regina Elisabetta è il capo ufficiale della religione di Stato anglicana e che è la discendente di sovrani che hanno duramente perseguitato i cattolici in Inghilterra; né si può ignorare che la stessa Elisabetta ha avallato, come capo dello Stato alcune pessime leggi che pongono l’Inghilterra all’avanguardia del processo di degradazione morale dell’Occidente. Tuttavia grazie alla Regina Elisabetta quello che fu un Impero mantiene la sua identità. La sua figura, come osserva Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera dell’8 giugno, tiene insieme popoli diversi: inglesi, gallesi, scozzesi, irlandesi e milioni di figli del Commonwealth talora arrivati a posizione di potere, come il sindaco di Londra, di origini pachistane e il segretario del partito conservatore, figlio di un’ostetrica africana. La Regina è un fattore di unità e quindi di identità in un mondo caratterizzato dalla caotica frammentazione.
Elisabetta d’Inghilterra ha oggi 96 anni. Ne aveva 26 quando salì al trono. Ma l’entusiasmo che suscita è il medesimo di quello che, al momento della sua incoronazione, spingeva il prof. Plinio Correa de Oliveira, ad alcune profonde considerazioni.
In tutti i campi della vita odierna – osservava nel 1952 il pensatore brasiliano – si manifesta l’influenza schiacciante dello spirito di uguaglianza: «Attualmente non si dà, per così dire, una sola trasformazione che non abbia come effetto un livellamento, che non favorisca direttamente o indirettamente la marcia della società umana verso uno stato di cose assolutamente ugualitario». Eppure il mondo intero festeggiò l’incoronazione della giovane sovrana inglese, quasi come se le tradizioni che ella rappresentava fossero un valore comune a tutti i popoli. «In un mondo livellato, poverissimo di simboli, regole, modi, compostezza, di tutto quanto significa ordine e distinzione nella convivenza umana, e che in ogni momento continua a distruggere il pochissimo di ciò che a esso resta, mentre la sete di uguaglianza si va saziando, la natura umana, nelle sue fibre profonde, va sentendo sempre di più la mancanza di ciò con cui così follemente ha rotto. Qualcosa di molto intimo e forte in essa le fa sentire uno squilibrio, una incertezza, una insipidità, una paurosa volgarità di vita, che tanto più si accentua quanto più l’uomo si riempie dei tossici della uguaglianza».
Il prof. Correa de Oliveira continuava: L’uomo contemporaneo, ferito e maltrattato nella sua natura da tutto un tenore di vita costruito su astrazioni, chimere, teorie vane, nei giorni della incoronazione di Elisabetta si è rivolto, affascinato verso il miraggio di un passato aristocratico e anti-ugualitario così diverso dal terribile giorno d’oggi: «Non tanto per nostalgia del passato, quanto di certi princìpi dell’ordine naturale che il passato rispettava, e che il presente viola in ogni momento».
Oggi come settant’anni fa, il popolo inglese vede in Elisabetta II il simbolo della gloria nazionale, l’espressione della grazia e dell’eleganza; la rappresentazione visibile e sensibile di ciò che la nazione può produrre di più idealmente distinto. Ma ciò non è dovuto solo al carisma di una persona. Il fatto è che la monarchia inglese, malgrado il ruolo rivoluzionario che ha svolto nella sua storia, conserva ancora un fascino che le proviene dalle origini medioevali, e quindi cattoliche delle sue cerimonie e dei suoi riti. Elisabetta II ha compiuto impeccabilmente il suo dovere di Regina, ma attraverso le cerimonie militari e civili che si sono succedute a Londra settant’anni dopo l’incoronazione, giungono fino a noi gli ultimi riflessi della civiltà medievale. Se la monarchia inglese dovesse cadere, perderemo un pezzo di medioevo, perderemo un pezzo di civiltà cristiana, anche se questa monarchia ha contribuito alla distruzione della Civiltà cristiana medioevale. È un paradosso della storia, ma la storia è ricca di paradossi, anche perché solo Dio ne conosce la direzione. Per questo dobbiamo ammirare la monarchia, non solo quella inglese, ma il sistema monarchico in sé stesso, malgrado le colpe o anche i meriti dei sovrani, così come dobbiamo mantenerci fedeli cattolici al di là delle colpe o dei meriti dei Romani Pontefici.
Prima di criticare la corona inglese pensate alla vostra di “monarchia” vaticanista che ne ha combinate peggio di Bertoldo!!!
RispondiEliminaGiusto! E all’ultimo vero despota d’Occidente, le cui bizze e i cui capricci, che spesso calpestano senza pietà (ma sempre con “misericordia”) la dignità e la stessa esistenza di molti, sono così lodate e pubblicizzate dalla dominante comunicazione mainstream
EliminaÈ il capo della Massoneria
RispondiEliminaIn realtà la monarchia inglese non è quella medievale, bensì quella forgiatasi tra Sei e Settecento e poi nell'Ottocento con il liberalismo e la democrazia.
RispondiEliminaQuindi non c'entra molto il plinianesimo. Ma del resto neanche gli Asburgo sono da difendere a ogni costo, checché ne dicano i pliniani: si veda il libro di Pasqualucci "Infelix Austria".
Tra l'altro non ha senso mettere a paragone due monarchi vissuti in due epoche storiche completamente diverse.
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