Alcune interessanti notizie sul vero autore "materiale" di Desiderio desideravi.
Luigi
Lo Spiffero, Eusebio Episcopo 07:00 Domenica 17 Luglio 202
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Voci romane di una certa attendibilità indicano in monsignor Vittorio Viola, vescovo emerito di Tortona, attualmente segretario del dicastero del Culto Divino, l’autore della lettera apostolica sulla «formazione liturgica del Popolo di Dio». Monsignor Viola, biellese, francescano minore, classe 1965, ordinato prete nel 1993, sodale di uno dei più arrabbiati liturgisti, il misericordioso biellese monsignor Alceste Catella che, quando era vescovo di Casale, cacciava in malo modo i fedeli che gli chiedevano, in perfetta obbedienza a papa Benedetto XVI – quella stessa obbedienza che pretendono adesso per papa Francesco – di poter avere la Messa antica. Monsignor Viola pare porti al dito l’anello episcopale di monsignor Annibale Bugnini, autore della riforma liturgica postconciliare, sospettato di appartenere alla massoneria e per questo allontanato da Paolo VI che lo inviò internunzio in Iran.
Per la sua propensione alla commozione, Viola era conosciuto in diocesi come «una lacrima sul viso» ed è noto ai suoi confratelli religiosi per le omelie svenevoli e ampollose che circolano pure in rete.
Preconizzato per Torino come il candidato ideale dei “boariniani”, adesso sembra che a Roma, dovendo occuparsi di scrivere documenti, abbia ritrovato, come tutti i timidi, la grinta del decisore. La lettera Desiderio Desideravi, scritta dal commosso vescovo biellese ha infatti il fine – irrealizzabile – di seppellire e togliere cittadinanza nella Chiesa a quel rito che Benedetto XVI aveva riconosciuto come forma «extraordinaria», alla pari con quella «ordinaria» del Messale di Paolo VI. Non per nulla, nel lungo documento, del papa teologo che ha dedicato alla liturgia testi capitali, non compare nemmeno una citazione. Si potrebbe dire che se il mandante dell’assassinio del rito antico è il papa della misericordia, il killer è il vescovo della lacrima facile. Come possa essere credibile una Chiesa tutta sinodale, democratica, decentrata, una Chiesa in cui, come ha detto Francesco nell’omelia dei santi Pietro e Paolo «tutti partecipano, nessuno al posto degli altri o al di sopra degli altri», che adotta simili provvedimenti, rimane inspiegabile. Fa sempre bene comunque rileggere Sacrosanctum Concilium § 4 dove si dice che: «Il Sacro Concilio, obbedendo fedelmente alla tradizione, dichiara che la Santa Madre Chiesa considera come uguali in diritto e dignità tutti i riti legittimamente riconosciuti; vuole che in avvenire essi siano conservati ed in ogni modo incrementati».
Sul settimanale diocesano di Torino, il principe dei liturgisti nostrani, don Paolo Tomatis ha commentato la lettera del papa – con il consueto e stucchevole refrain dello «stupore» - mettendo in campo quegli argomenti che risuonano da sessant’anni e che hanno dato finora ben scarsi risultati ma sui quali invece bisognerebbe seriamente interrogarsi. Che la riforma liturgica del 1969 sia aderente al dettato del Concilio è argomento tuttora controverso e non sarà Desiderio Desideravi a chiudere la discussione, un po’ come in campo progressista avviene per il sacerdozio femminile ove, nonostante i pronunciamenti solenni e definitivi di San Giovanni Paolo II – di ben altra portata rispetto alla lettera di Francesco – si continua tranquillamente a disquisirne e a farne oggetto di nuove «aperture», vedasi sinodo tedesco e le nostre assemblee presinodali, anche torinesi. In questo caso però lo Spirito Santo soffia dalla parte giusta. La domanda è semplice: se l’unità della Chiesa si fonda sulla fede, chi ama il Messale del 1962 professa la fede della Chiesa?
A Novara, intanto, il vescovo Franco Giulio Brambilla ha scatenato la persecuzione contro don Alberto Secci e un altro sacerdote colpevoli di continuare a celebrare la Messa Antica. Sembra che su di loro arriveranno provvedimenti gravi e “il caso” sia stato deferito a Roma. C’è chi si domanda i motivi di tanta durezza dopo anni di tolleranza. Che il pingue e rubizzo vescovo di Novara, mostrando tanto zelo nella repressione antitradizionale, voglia recuperare quelle benemerenze di cui un tempo godeva presso la corte di Santa Marta e che sono andate scemando nel tempo? Parigi val bene dunque la repressione di qualche ignorante prete di montagna… E poi io sono io…
Un teologo della vecchia scuola romana, da non molto scomparso, si chiedeva come questi vescovi ideologi avrebbero risposto all’Eterno Padre che gli domandava come mai, invece di evangelizzare o pensare a salvar l’anima loro, si accanissero contro la Messa e contro i preti che osavano celebrarla. Iniziavano così a spiegargli le meraviglie della riforma liturgica, dell’ars celebrandi, della creatività, del pensiero di Andrea Grillo, delle sperimentazioni etc. Se poi, nonostante tali portenti, le chiese si erano svuotate e i riti perso ogni significato, la colpa era da addebitare alla mancata educazione dei fedeli i quali, ancora dopo quasi un secolo dal Vaticano II non capivano nulla di liturgia e di bellezza e, naturalmente, a quei cattivi dei tradizionalisti i quali – imperterriti come i modernisti del Novecento – non si arrendevano nemmeno sotto le bombe della persecuzione, aspettando di riavere cittadinanza nell’Ovile di Cristo. Di fronte a tale risposta, il Padre si rendeva conto che la loro presunzione era invincibile ed erano in fondo in buona fede. Così li lasciava ritornare alle placide passeggiate nei verdi pascoli del Paradiso. Ad impossibilia…
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