Altro commento sulla ripugnante manifestazione omosessualista di Cremona dei giorni scorso (MiL QUI).
Luigi
8 Giugno 2022, Corrispondenza Romana
La grande stampa ha finto di non accorgersene, si è girata dall’altra parte o ha nascosto la notizia sotto il tappeto delle pagine regionali, ma quanto avvenuto nel corso del Cremona Pride, svoltosi sabato scorso nella città lombarda è di una gravità con pochi precedenti: oltre alle solite ostentazioni più o meno trasgressive, che un tempo avrebbero oltraggiato il comune senso del pudore e fatto indignare, oltre alla foto di papa Francesco “ritoccato” in versione Lgbt, si è giunti ad un’evidente blasfemia con un manichino raffigurante la Vergine Maria in versione sadomaso con tanto di collare a punte attorno al collo, scritte tatuate e seni nudi ostentati. Un’offesa totalmente gratuita alla fede cattolica, che ha scatenato l’indignazione di tutti. Innanzi tutto del vescovo, mons. Antonio Napolioni, lo stesso che nel 2018 non sentì l’esigenza di cancellare, nonostante le proteste ed oltre 2 mila firme raccolte, il «Tavolo di Dialogo tra Diocesi lombarde e Realtà Cattoliche Lgbt» dal titolo «Quale presenza dei giovani Lgbt nella Chiesa?». Questa volta i toni del presule, affidati ad un apposito comunicato, sono stati molto diversi: «Raccolgo lo sconcerto di numerosi cittadini, credenti e non credenti, per la presenza di immagini offensive ed evidentemente blasfeme, che non possono avere alcun valore educativo o comunicativo di valori e diritti», ha scritto, tra l’altro, mons. Napolioni, esprimendo, pur tra note di dialogo e di accoglienza, «il dolore mio e della comunità cristiana» per l’accaduto al Cremona Pride.
Scuse? Nessuna. Prese di distanza? Nemmeno. Parole, parole, ma di concreto nulla. I consiglieri comunali Carlo Malvezzi, Federico Fasani e Saverio Simi di Forza Italia avevano chiesto la revoca del patrocinio del Comune di Cremona alla manifestazione, sarebbe stato quanto meno un segnale chiaro. Ma, al momento, niente! Il Sindaco, Gianluca Galimberti, peraltro ex-presidente diocesano di Azione Cattolica, presente al Cremona Pride, sabato ha parlato entusiasticamente sui social di una sorta di festa della «democrazia inclusiva e accogliente delle diversità». Poi, però, due giorni dopo, sommerso dalle critiche, ha rettificato il tiro con un altro post sul suo profilo: «Essere coerente per me passa dalla condanna ferma di quel gesto blasfemo, ma anche dal considerare che si è trattato di un gesto isolato, che non può e non deve inficiare la bellezza e l’importanza di quel corteo ed è quello che il Comune ha patrocinato». Essere coerente, forse, dichiarandosi egli cattolico, dovrebbe passare anche attraverso una rilettura anche veloce del Catechismo della Chiesa Cattolica, per ripassare cosa vi sia scritto a proposito dell’omosessualità.
Analoga difesa d’ufficio del Cremona Pride è giunta dal segretario provinciale del Pd, Vittore Soldo, che ha sì definito, con toni sin troppo accondiscendenti, «indubbiamente sbagliato e fuori luogo» sfilare con l’immagine blasfema, definendo l’accaduto, però, come una «provocazione, espressione della scarsa intelligenza di quei pochi, che hanno usato una manifestazione bellissima per sporcare il messaggio di tante associazioni serie».
Il consiglio comunale di Cremona, riunitosi due giorni dopo il Cremona Pride, ha approvato (con due sole astensioni, quelle di Lapo Pasquetti di Sinistra per Cremona e di Stella Bellini di Radicali +Europa) un ordine del giorno, in cui è stata espressa, tra l’altro, «in maniera unanime la più ferma condanna per l’episodio di blasfemia, prendendo le distanze da quei manifestanti, che hanno avuto comportamenti provocatori e oltraggiosi, offendendo la comunità cristiana». Un testo che, alla fin fine, sposa però la tesi del fatto isolato, quindi piuttosto lontano da quanto trionfalisticamente, ma anche frettolosamente dichiarato da Carlo Malvezzi di Forza Italia: «Abbiamo ottenuto quello che volevamo – ha esultato –. Portare in discussione e fare votare un odg, per evidenziare che il problema non sta solo nei quattro, cinque, dieci soggetti, che hanno inscenato questa cosa, ma emerge una precisa responsabilità degli organizzatori, del servizio d’ordine e di tutti quei politici, che sfilavano con la bandiera del Pd e non hanno fatto niente per costringere chi portava quella statua ad uscire dal corteo». Magari questo è ciò che sogna, ma l’ordine del giorno dice un’altra cosa e sostiene anzi la tesi ufficiale, quella che vuol circoscrivere il problema a pochi facinorosi. Ma forse la foga di una concitata seduta del consiglio comunale ha appannato anche le lenti politiche del Centrodestra…
Poi c’è stato chi, come Lapo Pasquetti di Sinistra per Cremona, ha ricamato sull’evento una sorta di spy story, sostenendo di saper «per certo che chi ha portato in giro la statua della Madonna (sic!) non è riconducibile al Pride e lo ha fatto, inserendosi a volto mascherato nel corteo per veicolare messaggi del tutto estranei alla finalità dell’iniziativa», raggiungendo così i limiti del grottesco. Anche Luca Burgazzi, assessore comunale alla Cultura, sostiene la tesi che ritiene gli artefici dell’immagine blasfema «persone in contrasto con l’organizzazione del Pride rispetto alla piazza, che portava invece messaggi di inclusione e di festa. Ma in questi anni abbiamo visto brandire rosari nei comizi politici, baciare santini in favore di telecamera e invocare l’intercessione dei santi per un risultato elettorale». Poco ci è mancato che dell’accaduto desse la colpa a Salvini…
Se fosse vera l’ipotesi del caso isolato non si capirebbe perché fatti simili, agli eventi, per così dire, “di settore”, rappresentino una sorta di costante, dall’“aureola” arcobaleno della Vergine Nera di Częstochowa col bambino in braccio al modello agghindato da Madonna transessuale sino alla caricatura blasfema della Via Crucis con Cristo in versione tanga e drag.
Le reazioni sono state le più varie, dall’organizzazione di una raccolta-firme online «per dire basta a questi continui attacchi blasfemi finanziati con soldi pubblici» alla preghiera di riparazione, tenutasi in piazza del Duomo, a Cremona, con oltre cento cattolici e tre sacerdoti, all’indomani del Cremona Pride. Con un post su Instagram, Giorgia Meloni, leader nazionale di Fratelli d’Italia, si è chiesta: «Quali diritti si rivendicano, offendendo la fede cristiana?».
Ha notato Alex Galizzi, consigliere regionale della Lega: «Curioso che nessuna delle associazioni, che hanno organizzato la sfilata, abbia preso le distanze da tale scempio». Già, durante il corteo, nessuno ha avuto da ridire. Tutti distratti, evidentemente, salvo poi puntare l’indice, ma isolare il problema.
Si è chiesta via social Cristina Cappellini, ex-assessore alla Cultura di Regione Lombardia: «Quei rappresentanti istituzionali e politici, che si dichiarano cattolici e poi patrocinano e promuovono con orgoglio questi eventi, in cui sempre più spesso immagini sacre della religione cattolica (chissà perché non di altre religioni) vengono irrise o addirittura profanate, si sentono la coscienza a posto?».
La domanda più ovvia, ma che nessuno degli “addetti ai lavori” si è posto, è quella formulata dal noto imprenditore e mecenate cremonese Giovanni Arvedi, domanda ripresa dalla stampa locale: si è chiesto «per quale ragione non si sia intervenuti per evitare che una simile immagine, che nulla ha a che vedere coi temi della manifestazione, continuasse a sfilare per le vie di Cremona, perfino davanti a luoghi sacri, che meritano rispetto e attenzione». Se fosse vero, come Comune e organizzatori sostengono, che l’immagine blasfema è stata l’infame trovata di quattro o cinque balordi, come mai nessuno ha avuto nulla da eccepire, come mai nessuno li ha allontanati dal corteo? Le tante bandiere – rigorosamente della Sinistra, da Rifondazione al Pd, da Sinistra Italiana ad Alternativa Comunista, dall’Arci all’Anpi, da Legambiente ai sindacati –, che pure erano presenti, come mai non hanno isolato e neutralizzato la “scheggia impazzita”?
Una brutta faccenda, insomma, che ha avuto un solo merito: far emergere equilibristi, clown e giocolieri.