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domenica 19 giugno 2022

Benedetto XVI: "Se, in nome di una fede secolarizzata, si abolisse la processione del Corpus Domini, il profilo spirituale di Roma si appiattirebbe".


Grazie all'amico Michelangelo per la segnalazione e la traduzione dell'articolo.
QUI e QUI il forfait del Papa Francesco alla processione per le vie di Roma: solo in Basilica, come l'anno scorso con la pandemia. 
La diocesi di Roma, il cui vescovo è Francesco, non ha avuto processione ufficiale (non poteva farla il suo Vicario, "no Francesco, no party?").
Sotto e QUI il video del Corpus Domini del 1962.
QUI il video Facebook di Benedetto XVI ad una processione del Corpus Domini.
Luigi

Da Redaccioninfovaticana 19 giugno, 2022
Sebbene la festa del Corpus Domini sia ufficialmente celebrata il giovedì successivo alla Solennità della Santissima Trinità, in alcuni Paesi e diocesi viene celebrata il giovedì successivo alla festa della Santissima Trinità. In alcuni Paesi e diocesi, questa festa è stata spostata alla domenica per adattarsi al calendario lavorativo.
Oggi vi proponiamo l'omelia pronunciata 10 anni fa dal Papa emerito Benedetto XVI nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Come fatto curioso, proprio alla fine dell'omelia, l'allora Papa Benedetto XVI avvertì che "se, ad esempio, in nome di una fede secolarizzata e non più bisognosa di segni sacri, questa processione civica del Corpus Domini venisse abolita, il profilo spirituale di Roma si "appiattirebbe", e la nostra coscienza personale e comunitaria si indebolirebbe".

Quest'anno non ci sarà alcuna processione a Roma. È stato sospeso da Papa Francesco a causa del suo disagio fisico.

Vi offriamo l'omelia completa pronunciata da Benedetto XVI:

Cari fratelli e sorelle:

Questa sera voglio meditare con voi su due aspetti interconnessi del Mistero Eucaristico: il culto dell'Eucaristia e la sua sacralità. È importante riprenderli in considerazione per preservarli da visioni incomplete del Mistero stesso, come quelle che sono state date nel recente passato.

Soprattutto, una riflessione sul valore del culto eucaristico, in particolare l'adorazione del Santissimo Sacramento. Questa è l'esperienza che anche noi faremo questa sera dopo la Messa, prima della processione, durante la processione e alla sua conclusione. Un'interpretazione unilaterale del Concilio Vaticano II aveva penalizzato questa dimensione, limitando l'Eucaristia nella pratica al momento della celebrazione. In effetti, era molto importante riconoscere la centralità della celebrazione, in cui il Signore chiama a raccolta il suo popolo, lo riunisce intorno alla duplice tavola della Parola e del Pane di Vita, lo nutre e lo unisce a sé nell'offerta del Sacrificio. Questo apprezzamento dell'assemblea liturgica, in cui il Signore agisce e compie il suo mistero di comunione, rimane ovviamente valido, ma deve essere collocato nel giusto equilibrio. Infatti, come spesso accade, per enfatizzare un aspetto, si finisce per sacrificarne un altro. In questo caso, la giusta enfasi posta sulla celebrazione dell'Eucaristia è andata a scapito dell'adorazione, come atto di fede e di preghiera rivolto al Signore Gesù, realmente presente nel Sacramento dell'altare. Questo squilibrio ha avuto ripercussioni anche sulla vita spirituale dei fedeli. Infatti, concentrando l'intera relazione con Gesù nell'Eucaristia nell'unico momento della Santa Messa, si rischia di svuotare il resto del tempo e dello spazio della loro esistenza della Sua presenza. E così si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina a noi, nelle nostre case, come 'cuore pulsante' della città, del Paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività. Il Sacramento della carità di Cristo deve permeare tutta la nostra vita quotidiana.

In effetti, è un errore mettere la celebrazione e il culto in opposizione l'uno all'altro, come se fossero in competizione. È esattamente il contrario: l'adorazione del Santissimo Sacramento è come l'"ambiente" spirituale all'interno del quale la comunità può celebrare bene e veramente l'Eucaristia. L'azione liturgica può esprimere il suo pieno significato e valore solo se è preceduta, accompagnata e seguita da questo atteggiamento interiore di fede e di adorazione. L'incontro con Gesù nella Santa Messa si realizza veramente e pienamente quando la comunità è in grado di riconoscere che Lui, nel Sacramento, abita nella sua casa, ci aspetta, ci invita alla sua tavola e poi, dopo che l'assemblea si è dispersa, rimane con noi, con la sua presenza discreta e silenziosa, e ci accompagna con la sua intercessione, raccogliendo i nostri sacrifici spirituali e offrendoli al Padre.

A questo proposito, sono lieto di sottolineare l'esperienza che faremo insieme questa sera. Nel momento dell'adorazione siamo tutti sullo stesso piano, inginocchiati davanti al Sacramento dell'amore. Il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale sono uniti nel culto eucaristico. È un'esperienza molto bella e significativa, che abbiamo vissuto molte volte nella Basilica di San Pietro, e anche nelle indimenticabili veglie con i giovani; ricordo ad esempio quelle di Colonia, Londra, Zagabria e Madrid. È chiaro a tutti che questi momenti di veglia eucaristica preparano la celebrazione della Santa Messa, preparano i cuori all'incontro, affinché diventi ancora più fruttuoso. Stare tutti in un silenzio prolungato davanti al Signore presente nel suo Sacramento è una delle esperienze più autentiche del nostro essere Chiesa, che si accompagna in modo complementare a quella di celebrare l'Eucaristia, ascoltare la Parola di Dio, cantare, riunirsi alla tavola del Pane della vita. Comunione e contemplazione non possono essere separate, vanno insieme. Per entrare veramente in comunione con un'altra persona, devo conoscerla, saper stare in silenzio vicino a lei, ascoltarla, guardarla con amore. Il vero amore e la vera amicizia vivono sempre di questa reciprocità di sguardi, di silenzi intensi ed eloquenti, pieni di rispetto e venerazione, in modo che l'incontro sia vissuto profondamente, in modo personale e non superficiale. Purtroppo, se manca questa dimensione, anche la Comunione sacramentale può diventare, da parte nostra, un gesto superficiale. D'altra parte, nella vera comunione, preparata dal colloquio della preghiera e della vita, possiamo dire al Signore parole di fiducia, come quelle che sono risuonate recentemente nel Salmo responsoriale: "Signore, io sono il tuo servo, il tuo servitore, il figlio della tua serva: tu hai spezzato le mie catene". Ti offrirò un sacrificio di lode, invocando il nome del Signore" (Sal 115, 16-17).

Vorrei ora soffermarmi brevemente sul secondo aspetto: la sacralità dell'Eucaristia. Anche in questo caso, nel recente passato, l'autentico messaggio della Sacra Scrittura è stato in qualche modo frainteso. La novità cristiana del culto è stata influenzata da una certa mentalità secolarista degli anni '60 e '70 del secolo scorso. È vero, ed è ancora vero, che il centro del culto non è più negli antichi riti e sacrifici, ma in Cristo stesso, nella sua persona, nella sua vita, nel suo mistero pasquale. Eppure, da questa novità fondamentale non dobbiamo concludere che il sacro non esiste più, ma che ha trovato il suo compimento in Gesù Cristo, Amore divino incarnato. La Lettera agli Ebrei, che abbiamo ascoltato questa sera nella seconda lettura, ci parla proprio della novità del sacerdozio di Cristo, "sommo sacerdote del bene supremo" (Eb 9:11), ma non dice che il sacerdozio è giunto al termine. Cristo "è il mediatore di una nuova alleanza" (Eb 9:15), stabilita nel Suo sangue, che purifica "la nostra coscienza dalle opere morte" (Eb 9:14). Non ha abolito il sacro, ma lo ha portato a compimento, inaugurando un nuovo culto, che è pienamente spirituale, ma che, mentre siamo ancora in cammino nel tempo, fa ancora uso di segni e riti, che scompariranno solo alla fine, nella Gerusalemme celeste, dove non ci sarà più alcun tempio (cfr. Ap 21:22). Grazie a Cristo, la sacralità è più vera, più intensa e, come i comandamenti, anche più esigente. L'osservanza rituale non è sufficiente; richiede la purificazione del cuore e il coinvolgimento della vita.

Mi fa anche piacere sottolineare che il sacro ha una funzione educativa e la sua scomparsa impoverisce inevitabilmente la cultura, soprattutto l'educazione delle giovani generazioni. Se, ad esempio, in nome di una fede secolarizzata che non ha più bisogno di segni sacri, questa processione civica del Corpus Domini venisse abolita, il profilo spirituale di Roma verrebbe 'appiattito' e la nostra coscienza personale e comunitaria ne risulterebbe indebolita. Oppure pensiamo a una madre e a un padre che, in nome di una fede desacralizzata, privino i loro figli di ogni ritualità religiosa: in realtà finirebbero per lasciare la strada aperta ai molti sostituti presenti nella società dei consumi, ad altri riti e ad altri segni, che potrebbero più facilmente diventare idoli. Dio, nostro Padre, non ha lavorato in questo modo con l'umanità: ha mandato Suo Figlio nel mondo non per abolire, ma per compiere anche il sacro. Al culmine di questa missione, nell'Ultima Cena, Gesù istituì il Sacramento del Suo Corpo e del Suo Sangue, il memoriale del Suo Sacrificio Pasquale. Così facendo, si mise al posto degli antichi sacrifici, ma lo fece all'interno di un rito, che comandò agli Apostoli di perpetuare, come segno supremo del vero Sacro, che è lui stesso. Con questa fede, cari fratelli e sorelle, celebriamo oggi e ogni giorno il Mistero Eucaristico e lo adoriamo come centro della nostra vita e cuore del mondo. Amen.