Un interessante articolo di Camillo Langone sulle influenze culturali del modernista Don Ernesto Bonaiuti sul Papa Francesco
Luigi
17 Aprile 2022 , Il Giornale, Camillo Langone
Ci voleva un mangiapreti per scoprire il vero ispiratore del capo di tutti i preti ossia Papa Francesco: un prete eretico nato a Roma nel 1881. Ci voleva Giordano Bruno Guerri per identificare in Ernesto Buonaiuti la fonte segreta di tante arcinote prese di posizione del pontefice argentino. Lo scrive in Eretico o santo (La nave di Teseo, pagg. 400, euro 24; in libreria dal 21 aprile) che è l'aggiornamento di un libro uscito nel 2001 con il titolo Eretico e profeta. Nuovissimo, ovviamente, il capitolo sulle scelte moderniste, dunque buonaiutiane, di colui che ventun anni fa era solo un cardinale di Buenos Aires.
È una storia vecchia quella di Buonaiuti, ogni tanto bisogna rinfrescarla perché è una storia che purtroppo non finisce mai essendo la storia del cedimento della Chiesa al mondo. Nato in una via di Ripetta, al tempo non turistica e anzi plebea e soggetta ad alluvioni, figlio di un tabacchino forse di origine ebraica e di sicuro povero (morto di tisi a 42 anni come nell'Italia umbertina poteva capitare), il piccolo Ernesto venne spinto in seminario dalla madre ingenuamente devota: cominciò molto presto a polemizzare coi superiori ma ugualmente ne uscì prete e professore. E collettivista. Guerri assicura che non era comunista e però ventenne scrisse per l'abolizione della proprietà privata e sessantenne cominciò un libro in questo modo: «Il cristianesimo è nato comunista, e il comunismo è nato cristiano». Non era iscritto al Partito comunista, d'accordo, ma conosco anticomunisti più convincenti... Lo storico Pietro Scoppola definì il suo pensiero «una delle più originali e sconcertanti sintesi del cristianesimo con le affermazioni del socialismo moderno». Insomma era come minimo un cattosocialista, ma non è per questo che nel 1926 venne scomunicato. Il busillis non fu politico bensì teologico: Buonaiuti era un modernista, la punta di diamante, grazie alla pubblicazione di libri quali Il programma dei modernisti e Lettere di un prete modernista, di un movimento sedicente cattolico che Pio X definì «sintesi di tutte le eresie». Cosa volevano siffatti eretici? In estrema e brutale sintesi: che la Chiesa si modernizzasse e che per farlo buttasse a mare miracoli e sacramenti, apparizioni e dogmi. Tutta paccottiglia medievale, ai loro occhi tanto aggiornati. Non è certo un caso che a pronunciarsi contro i modernisti sia stata addirittura la Madonna, in anni recenti perché la storia di Buonaiuti è davvero, come dicevo, tanto vecchia quanto attuale. Ne parlò a Medjugorje nel 2010: «Satana non dorme e attraverso il modernismo vi devia e vi guida sulla sua via». E poi nel 2015: «Voi, figlioli, pregate e lottate contro le tentazioni e contro tutti i piani malvagi che Satana vi offre tramite il modernismo». Giustamente Padre Livio, che di Medjugorje è l'ambasciatore radiofonico, sull'argomento ha scritto un libro intero: L'inganno del modernismo.
Bene, ma tutto questo con Papa Francesco cosa c'entra? Secondo Guerri c'entra moltissimo. Nel capitolo intitolato pari pari Francesco, papa gesuita e modernista vengono elencate le idee e le espressioni del prete eretico condivise dal pontefice argentino. Non sono poche, in effetti. Gli strali contro la «religione convenzionale, esteriore, formale». La svalutazione relativista dei Comandamenti, non più ritenuti principi assoluti. L'insistere sulla libertà di coscienza, lasciando al singolo non la scelta fra bene e male ma, estremo soggettivismo, la definizione di bene e male. La transitorietà dei dogmi, da considerarsi legati a contingenze storiche. L'accondiscendenza nei confronti del paganesimo. Eccetera. «Benché non lo abbia mai citato Papa Francesco sembra incarnare lo spirito più profondo del messaggio buonaiutiano». Guerri sottolinea onestamente che Bergoglio, che pure è uomo assai loquace, il nome del prete modernista non l'ha fatto mai. Ed è strano. Non può essere un silenzio opportunistico, dettato dal timore di venire associato a un eretico patentato e recidivo, visto che il Papa ha citato tante volte, e non per condannarlo, lo scismatico Lutero. Io francamente non credo che un gesuita abbia bisogno di Buonaiuti per cedere al mondo, essendo questa una specialità dell'ordine almeno dal Seicento, dall'epoca in cui i padri della Compagnia andarono in Cina per evangelizzare e ne vennero sinizzati. Non vorrei risalire fino a Pascal (anche se Pascal quando si parla di gesuiti fa sempre gioco, ci prende sempre), rimango nell'ambito della filosofia francese ma arrivo ai nostri giorni e cito Chantal Delsol: «Papa Francesco è influenzato dai tempi, cosa non insolita storicamente per i gesuiti, che sono sempre sotto la seduzione delle mode e delle atmosfere». Quelli di Buonaiuti e di Bergoglio possono essere pertanto due percorsi paralleli, vicini ma indipendenti, sebbene guidati da comuni sensibilità (al mondo) e insensibilità (al sacro).
Un lettore con sensibilità diversa, magari un lettore conservatore, leggendo il libro di Guerri cosa può estrarre di buono dalla vicenda del prete eretico? Senz'altro la libertà intellettuale. Buonaiuti nel 1931 fu uno dei pochissimi professori universitari che si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo, perdendo immantinente posto e stipendio. In seguito, con una coerenza che non si può non ammirare, si rifiutò di abbandonare ufficialmente la Chiesa che pure lo aveva scomunicato, ed era la precondizione per ottenere la cattedra di Storia del cristianesimo alla facoltà teologica di Losanna. In un periodo in cui i franchi svizzeri gli avrebbero fatto molto comodo.