Sarà pure che «coloro che hanno rinnegato la fede, che sono degli apostati, che sono i persecutori della Chiesa, che hanno rinnegato il loro battesimo: anche questi sono a casa? Sì, anche questi, anche i bestemmiatori, tutti. Siamo fratelli: questa è la comunione dei santi. La comunione dei santi tiene insieme la comunità dei credenti sulla terra e nel Cielo», come ebbe a dire (insegnare?) nell’Aula Paolo VI Papa Francesco durante la catechesi su San Giuseppe dello scorso 2 febbraio.
Sarà invece vero che la Sacra Scrittura, il Catechismo e la Tradizione insegnano (queste sì, insegnano!) l’opposto.
Ma ci pare che i «teologi-liberi pensatori» si stiano facendo prendere troppo la mano; tra questi, padre Alberto Maggi O.S.M., teologo, biblista, religioso e soprattutto commentatore del Vangelo su Tv2000 (ebbene sì, proprio l’emittente televisiva della Conferenza Episcopale Italiana), senza dimenticare le sue posizioni filo-LGBTQIecc., eccelle per – diciamo così – inventiva: in una sua intervista rilasciata il 23 febbraio sul Quotidiano Nazionale è riuscito ad inanellare una serie di dichiarazioni al limite dell’eresia da record.
Di seguito riportiamo il bel commento di Fabrizio Cannone, pubblicato sul quotidiano La Verità del 25 febbraio.
L.V.
LE SOFFERENZE DEI CATTOLICI
Il biblista padre Alberto Maggi ha rilasciato dichiarazioni al limite dell’eresia. «Bibbia? Non tutti devono leggerla»
Padre Albero Maggi (Ancona 1945) è uno di quei teologi che non sono riusciti a fare una sintesi corretta ed equilibrata tra scienze bibliche e fede ortodossa, né tra ragione e religione. E neppure, per dirla tutta, tra modernità e tradizione. Con un curriculum di tutto rispetto e molte pubblicazioni, il biblista marchigiano, membro dell’antico e glorioso ordine dei Servi di Maria, sembra da anni al servizio di ben altri capitani, padroni e dirigenti. Meno trascendenti certo della madre del Signore, ed assai più profani, mondani, avanzati e redditizi.
Da molto tempo si è messo in luce per dichiarazioni ed uscite al limite dell’eresia, di quelle che trovano un consenso facile sui media nazionali e sui siti internet più à la page. In un’intervista del 23 febbraio su Il Quotidiano Nazionale, coprendosi dietro la dotta cortina fumogena del «contesto storico» in cui i Vangeli furono scritti, della «portata simbolica di molti passi» e dei «generi letterari utilizzati» dagli agiografi, si arriva più o meno a riscrivere la Bibbia. Vediamo come.
Tra le «assurdità» del racconto biblico, padre Maggi mette anzitutto la maledizione del fico operata da Gesù (Mc 11,12-14). Per lui, amante del simbolismo, la cosa non avrebbe senso. Mentre invece è ovvia la condanna della sterilità spirituale dei discepoli. Il commento di don Alberto a quell’episodio è da panico: «O lui (Gesù) era uno scriteriato o l’evangelista gli ha fatto fare una brutta figura oppure c’è dell’altro». Mah.
Un topos del modernismo esegetico è porre in ridicolo il «concetto di inferno come luogo di dannazione eterna». Ed effettivamente, tra i teologi seri, si discute da secoli se sia preferibile parlare dell’inferno come luogo o come stato. Senza automaticamente contrapporre i due concetti. Il Catechismo della Chiesa cattolica (1992), pubblicato sotto Giovanni Paolo II, esattamente 30 anni fa, sembra propendere per lo stato.
Ma ciò che è essenziale, per la fede e la vita vissuta dei cristiani, è la realtà del giudizio divino al termine della vita umana. E la possibilità concreta della dannazione. Il che, il Catechismo, ammette in modo limpido. «La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità» (n. 1035).
Padre Maggi invece, alla domanda retorica: «Quindi nessuno è dannato per l’eternità al termine dei suoi giorni, tra pianti e stridor di denti?», risponde: «Nessuno, nei Vangeli semmai si parla di una vita biologica, che si chiude con la morte». A cui farebbe seguito una imprecisata «esistenza senza fine nello spirito».
Occasione sprecata per far riflettere i lettori? Probabile, visto che lo stesso Catechismo spiega che l’insegnamento della Chiesa sull’inferno non è fatto per mettere paura, ma costituisce «un pressante appello alla conversione».
Poi il nostro biblista parla dei miracoli per ridurli a segni e quindi svuotarli di quell’intensità che solo l’idea di miracolo contiene. Dice infatti che la parola miracolo «è estranea ai Vangeli. Gesù ha compiuto dei segni per favorire la fede, non ha stravolto le leggi della fisica».
E invece no. Gesù ha compiuto, secondo la fede cattolica e la sacra Scrittura, molti «miracoli, prodigi e segni» (Atti degli apostoli, 2,22). Tra questi miracoli, alcuni – come la trasformazione dell’acqua in vino, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, fino alla sua stessa resurrezione – sono certamente delle sospensioni, puntuali, delle leggi della fisica (e della chimica e della biologia).
E questo attesta che la Chiesa crede nelle verità scientifiche. Se la scienza infatti non fosse in grado di dare risultati certi e definitivi, neppure il miracolo sarebbe certo. Ma il fatto che il miracolo sia considerato come sicuro e assoluto, è il segno più lampante che la Chiesa si fida della scienza.
Padre Maggi non crede (più) neppure alla resurrezione di Lazzaro. E non si capisce perché uno, come Cristo, che sarà capace di risorgere, non possa far risorgere un suo amico. Per lui è solo un simbolo, non un fatto realmente accaduto. Ricordo invece un grande teologo, archeologo e biblista domenicano, padre Bernardo Boschi, che insegnò a noi novellini dell’Angelicum, che nella Bibbia «tutto è storico e tutto è simbolico».
È inutile andare avanti quando un biblista, che ha studiato alla prestigiosa École biblique di Gerusalemme, arriva a dire – se ciò che riporta l’intervistatore Giovanni Panettiere è corretto – che i Vangeli «non sono stati scritti per essere letti da tutti».
Ma come? Sono decenni che i teologi del progressismo sembrano prediligere la lettura dell’osannata parola di Dio, in stile Lutero, a qualunque altra opera di carità. E ora ci si dice che la Bibbia sarebbe solo per alcuni, ovvero probabilmente solo per coloro che hanno importanti studi biblici alle spalle. E il fedele comune che fine fa?
Secondo noi quando papa Francesco, come ha ripetuto anche di recente da Fazio, anatematizza gli errori contemporanei dello gnosticismo, del pelagianesimo e soprattutto della «mondanità spirituale» si riferisce a quei teologi che mettono prima la loro (infallibile) scienza biblica, e solo al secondo posto la fede nel Signore.
Guarda caso un altro religioso senza talare, in abiti civili.
RispondiEliminaE' un agente segreto.Lo fa per non farsi riconoscere.
EliminaDove ha studiato? Dai massoni?
RispondiEliminaOhimè. Si tratta di tesi ampiamente insegante in tutti (o quasi) i seminari, fin dagli anni '70.
EliminaEd effettivamente, tra i teologi seri, si discute da secoli se sia preferibile parlare dell’inferno come luogo o come stato. Senza automaticamente contrapporre i due concetti. Il Catechismo della Chiesa cattolica (1992), pubblicato sotto Giovanni Paolo II, esattamente 30 anni fa, sembra propendere per lo stato.
EliminaET /ET E uno stato, e un luogo!
Guardate che non è il solo! quasi tutti i preti della neochiesa la pensano come lui!chi parla più dell'inferno? Chi ancora ci crede? Pure il purgatorio è andato fuori moda!!
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